Trascorso l’inverno in cui abbiamo effettuato solo alcune salite classiche ma, per diversi motivi, nessun nuovo itinerario alpinistico invernale, continuiamo il nostro viaggio nei Monti Sibillini alla scoperta di luoghi insoliti e selvaggi.
Il 27 maggio 2018 abbiamo esplorato delle cavità presenti nell’alta Val di Panico, o più dettagliatamente due grotte parallele poste nella parte centrale della Val di Panico e un profondo pozzo posto nella testata della valle.
Come di consueto anche questo itinerario per raggiungere le due cavità esplorate non è descritto in alcuna guida dei Monti Sibillini in commercio anche se, esclusi i tratti terminali di raggiungimento, il percorso è un classico di fondovalle usato per raggiungere la testata della Val di Panico.
Addirittura queste cavità, come altre già esplorate da noi ed altre da esplorare, sono incredibilmente indicate come possibili rifugi in caso di emergenza in una applicazione per smartphone di navigatore satellitare, nonostante la loro difficoltà di accesso.
Considerato che entrambe le cavità sono poste in quota rispetto al fondovalle, al termine di ripidi pendii rocciosi o detritici si consiglia di ripetere l’itinerario proposto in tarda primavera quando gli accumuli di neve, come quelli da noi incontrati possono facilitare sia la salita che la successiva discesa al fondovalle.
In ogni caso l’itinerario proposto è adatto ad esperti escursionisti con conoscenze di tecniche alpinistiche in quanto può presentare qualche difficoltà tecnica soprattutto per la discesa o la salita su neve dura fino alle cavità descritte.
Accesso: L’itinerario prevede come base di partenza la frazione di Casali di Ussita che si raggiunge in auto anche se con attenzione per la strada ancora dissestata dal terremoto dell’ottobre 2016 .
Itinerario: Dal parcheggio antistante la devastata chiesina di Casali si prosegue la strada, chiusa con sbarra, che permette l’accesso alla Val di Panico per le sorgenti del torrente Ussita.
Dopo circa 30 minuti si supera il tratto finale del fosso de La Foce e dopo 10 minuti il fosso della Costa dell’Asino dove a primavera, nella parete in alto sopra strada, si forma una cascatina.
Poco dopo si giunge sopra le rumorose sorgenti del torrente Ussita.
Qui la strada curva decisamente ed in corrispondenza del cambio di versante (353209,3 E – 4756140,2 N, 1210 m.), la si lascia per risalire il pendio erboso sovrastante su sentiero non segnalato (come del resto ormai la maggior parte dei sentieri del parco dei Monti Sibillini !) ma abbastanza visibile, che prosegue in direzione sud verso la testata della Val di Panico superando poco dopo le sorgenti di Panico poste sulla destra.
Si continua la risalita della valle superando il fosso di Fonte Angagnola e l’ultimo bosco di faggi sulla sinistra e si raggiunge Monte Cascino, non riportato sulle carte, in corrispondenza dello sdoppiamento della val di Panico con la valle Vipera che si insinua sotto alle pareti rocciose del versante ovest di Pizzo Berro (353793 E – 4754923 N, 1580 m.).
Qui si lascia a sinistra un evidente sentiero che devia nettamente verso destra e conduce a Forca Cervara (o Forcella della neve).
Si prosegue invece la salita verso destra nella più aperta Val di Panico in direzione delle pareti nord del Monte Bove Sud, dove d’inverno si forma la famosa cascata “Torre di Luna”.
Qualche centinaio di metri più avanti non si può non notare la doppia cavità in alto a sinistra, sotto ad una lama rocciosa che scende dalla cresta centrale di Monte Cascino che separa i tratti terminali delle due valli.
Giunti sulla verticale delle due cavità si risale il ripido pendio fino alla loro base (353875 E – 4754640 N, 1700 m.).
Il giorno della salita abbiamo trovato un grande accumulo di neve che copriva l’ingresso della cavità posta più in basso, ciò ha facilitato il raggiungimento della cavità in quanto abbiamo notato poi che alla base essa presenta una breve ma verticale paretina rocciosa che complicherebbe la successiva discesa in assenza di neve.
Invece l’accumulo di neve ci ha permesso di raggiungere la grotta dapprima effettuando una ripida salita in cordata su neve dura (senza ramponi !!!) e successiva discesa sempre su neve.
Nella cavità più in basso, nonostante la difficoltà di accesso, abbiamo notato dei segni di tane di animali, poco dopo sopra di noi si è affacciato un maschio di camoscio appenninico, probabilmente la cavità è usata come riparo dall’animale che non ha certo problemi a raggiungere tali posti inaccessibili rispetto invece ad altri mammiferi come cinghiali o volpi.
La seconda cavità. posta più in alto di 30 metri, sulla verticale della prima, si raggiunge invece salendo delle roccette alternate ad erba dieci metri più a sinistra della prima cavità, fino a raggiungere una barriera rocciosa. Quindi con una delicata traversata verso destra si raggiunge l’ultimo ripido pendio erboso da cui si accede alla seconda cavità che risulta più piccola della prima.
Un albero cresciuto dentro la seconda cavità permette una rapida e facile discesa effettuando una calata in corda doppia (sono sufficienti due mezze corde da 30 metri) fino al punto di salita.
Visitate le due cavità, dalla grotta posta più in basso ci si dirige verso le pareti del versante nord del Monte Bove Sud senza scendere nel fondovalle ma intraprendendo una lunga traversata in quota passando alla base di paretine rocciose su terreno ripido.
Dopo 15 minuti si raggiunge il plateau centrale della Val di Panico, di fronte si aprono le rocce del versante nord della Forca Cervara e al lato destro le imponenti pareti del versante nord del Monte Bove Sud con i sottostanti lunghi ghiaioni.
Giunti ad una lunga cresta rocciosa (353705,7 E – 4754011 N, 1800 m) si nota, sotto alle pareti del M. Bove Sud, un sentiero che si innalza nei ghiaioni. Lo si raggiunge (353769,1 E – 4753857,5 N, 1825 m.) e si percorre in salita fino a raggiungere la verticale del primo torrione (10 minuti) quindi lo si lascia e ci si innalza fino a raggiungere la base delle pareti rocciose, si prosegue sempre in salita e si giunge in vista della ampia parete rocciosa stillicidiosa dove d’inverno si forma la famosa cascata ghiacciata denominata “Torre di Luna” conosciuta dagli alpinisti invernali della zona (353570 E – 4753827 N, 1865 m.)
Alla base della parete della cascata, a sinistra, si apre un profondo ed impressionante pozzo.
Il pozzo, profondo circa sei metri, era praticamente colmo di neve e ad un primo esame, non sembra proseguire lateralmente. Per la colorazione nerastra delle sue pareti ed in memoria del nostro amico scomparso nel novembre 2017 lo abbiamo battezzato il “Pozzo Bruno”.
L’accumulo di neve ci ha permesso di entrare nel pozzo ma non la discesa fino al fondo visibile.
La eventuale discesa estiva senza neve richiederebbe l’attrezzamento di una calata in corda di non facile realizzazione per la friabilità della roccia quindi conviene raggiungere il pozzo con una squadra di diversi componenti che siano così in grado di sorreggere un esploratore mentre si cala nel pozzo.
Anche qui, il giorno dell’esplorazione, abbiamo sfruttato i grandi e ripidi accumuli di neve ancora presenti sia per raggiungere la base della cascata ed il pozzo che la successiva discesa al fondovalle.
Ritorno: Dalla base dei ghiaioni sottostanti le pareti nord del Monte Bove Sud (vedi foto sopra) si percorre il fondovalle su tracce di sentiero fino alle sorgenti del torrente Ussita dove si intercetta la strada di accesso ed in 1,30 ore si raggiunge Casali.
GIANLUCA CARRADORINI – FAUSTO SERRANI -.ANTONIO GALDI
27 Maggio 2018