UN ASSURDO GIRO A MEDIA QUOTA NEL MONTE COGLIA

NUOVI ITINERARI dal 2014 ad oggi
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Premessa: Il percorso descritto di seguito, effettuato il 14 luglio 2018, è destinato esclusivamente ad escursionisti molto esperti che conoscono già la zona.

E’ un percorso che presenta difficoltà di percorrenza in alcuni tratti ripidi rocciosi ed erbosi ma soprattutto è un itinerario che mette a dura prova le capacità di orientamento di coloro che avranno il coraggio di ripercorrerlo, si svolge per gran parte attraversando tratti arbustivi intricati, in molti tratti bisogna andare “a senso” senza alcun itinerario tracciato, si trova in una zona selvaggia e di difficile raggiungimento che metterebbe in difficoltà anche eventuali soccorritori.

Insomma non è un itinerario dove si va “tanto per provare” le proprie capacità ma necessita di una adeguata preparazione preventiva.

Con ciò riporto la descrizione di tale itinerario solo a titolo di cronaca esonerandomi dalla responsabilità nei confronti di chiunque voglia ripeterlo senza la dovuta esperienza mettendosi in condizioni di difficoltà e rischio, per questo motivo e perché qualcuno (senza fare polemiche o nomi) non gradisce  che si aprano nuovi percorsi per far conoscere più approfonditamente i Monti Sibillini, abbiamo deciso di non lasciare alcuna segnalazione lungo il percorso, ne ometti di pietre ne bolli di vernice o altri segnali indelebili che possano facilitarne la percorrenza.

            Soprattutto l’intenzione principale è quella di dimostrare agli appassionati che la montagna è un mondo difficile e rischioso, dove bisogna mettere in gioco le proprie capacità psichiche e fisiche e la dovuta esperienza, anche negli itinerari, come questo che si svolge su pendii mediani della montagna, e non sulle alte cime e creste, che a prima vista sembrano banali e senza alcun senso e quindi senza alcun rischio.

            La montagna è un mondo che necessita di persone disposte all’impegno mentale e fisico prolungato  e soprattutto che hanno una immensa voglia di scoprire ed esplorare questo meraviglioso pianeta che abbiamo a disposizione anche a costo di sacrifici fisici e anche di mettersi di fronte a dei rischi.

            Uno dei motivi per cui abbiamo percorso questo itinerario selvaggio e di difficile percorrenza è, oltre alla nostra esigenza di confrontarci con le difficolta della montagna, di interesse botanico.

Durante il tragitto abbiamo infatti trovato delle stazioni di due specie botaniche piuttosto rare.

1- Allium flavum

Accesso: L’itinerario prevede come base di partenza la frazione di Meriggio di Acquacanina, posta sul versante orografico sinistro del fiume Fiastrone, dove è presenta anche la Abbazia di Santa Maria di Rio Sacro attualmente gravemente danneggiata dal terremoto dell’ottobre 2016.

La frazione si raggiunge dal Capoluogo del Comune di Acquacanina, Pie di Colle, seguendo le indicazioni, mediante la strada che scende al fiume per poi risalire nel versante opposto.

 Raggiunto il nucleo abitato (si fa per dire, gran parte delle abitazioni sono danneggiate) si parcheggia l’auto in uno spiazzo in corrispondenza di una fontana sulla destra (350935,3 E – 4765380,5 N; 705 m.).

Descrizione: Si percorre la strada interna che attraversa la frazione e 100 metri prima di arrivare all’ultima casa si prende un tratturo sulla sinistra che in lieve discesa, si dirige verso sud (351006,8 E – 4765350,4 N; 715 m).

Si segue il tratturo superando alcuni tratti franati dove si trasforma in un sentiero.

Dopo circa 700 metri il tratturo devia verso ovest entrando nel versante nord-est del Monte Coglia.

Dopo altri 150 metri si incontra una deviazione (351315,1 E – 4764958, 8 N; 715 m) , a destra si sale verso il cosiddetto “Casco di Coglia” o “Balzo Pisciatore” una piccola cascata che si raggiunge in 10 minuti di salita.

A sinistra invece ci si addentra nel boscoso fosso, si supera un piccolo torrente e si risale il versante opposto, attraversando con attenzione un ennesimo tratto franato fino a raggiungere un campo sottostrada ormai incolto caratterizzato all’ingresso da un grande palo di legno forato che formava probabilmente un lato di un cancello.

            Si segue sempre l’evidente tratturo che lentamente, in costante salita, e sempre all’interno di tratti boschivi,  passa di fronte alla frazione di Vallecanto (fontana di Acquacanina) nella zona denominata “Cocorozzo” e gira versante immettendosi in quello della Valle di Rio Sacro.

2- La Fonte della Pernice con i depositi travertinosi laterali ormai asciutti.

            In altri 30 minuti si raggiunge una zona aperta caratterizzata da tratti rocciosi ripidi con vegetazione arbustiva alternata a tratti erbosi aridi, in questa zona abbiamo ritrovato una rigogliosa stazione di Allium flavum dalla corolla gialla piuttosto raro nel gruppo dei Monti Sibillini.

Si rientra nel bosco ed in altri 10 minuti si raggiunge un luogo storico e magico, la “fonte della Pernice”, già descritta nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” Anno 2014, itinerario n.1, riportata anche in alcune carte topografiche ma non raggiunta da alcun itinerario descritto nella bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini (351430,5 E – 4763461,8 N; 960 m.).

Non ci si immagina che in un luogo cosi isolato e dimenticato e di alcun interesse ci possa essere una fontana così  grande.

Basta conoscere la storia della valle per capire il motivo della presenza di una così importante fontana, essa si trova nel sentiero percorso per centinaia di anni che da Acquacanina conduceva nella  valle di Rio Sacro dove era presente fin dall’anno 1100 un monastero Benedettino di cui rimangono ancora dei ruderi ma ormai totalmente ricoperti dalla vegetazione  e dove, fino a 60 anni fa questo tratturo era percorso dai pastori di Acquacanina che d’estate conducevano le loro greggi nei cosiddetti “cascinali” casette estive di ricovero (assimilabili ad un locale alpeggio) anch’esse ormai ricoperte dalla vegetazione e dall’ignoranza di chi gestisce queste zone che probabilmente non sa neppure della loro esistenza.

            La fonte, ormai asciutta, è caratterizzata ai lati da grandi depositi travertinosi di calcare detto localmente “pietra spugna” ad evidenziare l’elevata quantità di calcare disciolto nell’acqua.             Questo tratto di percorso descritto non presenta alcuna difficoltà , anzi, considerata la sua importanza storica, è consigliato e può essere percorso da chiunque, volendo, dalla fonte,  si prosegue l’evidente sentiero per scendere, con alcuni tornanti, fino al torrente di Rio Sacro. (vedi descrizione riportata nel mio libro come indicato sopra).

3- Il tratto nella zona rocciosa di scaglia rossa scivolosa con Lecci.

Raggiunta la strada di fondovalle che costeggia il fiume si consiglia di ritornare indietro per lo stesso itinerario in modo da non allungare di troppo il tragitto.

Per chi invece ha veramente tanta voglia di mettere alla prova le proprie capacità tecniche e di orientamento in montagna (rileggere attentamente la premessa), dalla fontana si ritorna indietro per circa 200 metri (351557 E – 4763627,5 N; 985m.) fino a raggiungere la zona rupestre erbosa aperta, qui si lascia il sentiero e si sale in verticale in direzione delle rocce rosse poste circa 200 metri di dislivello sopra al sentiero e che diagonalmente, dalla valle di Rio Sacro, salgono verso il versante est della montagna.

Faticosamente, senza tracciato, in circa 30 minuti, superando ripide zone rocciose e tratti arbustivi,  si intercetta una traccia di sentiero (vedi descrizione riportata nel mio libro come indicato sopra) ma che si ignora, tuttalpiù va tenuta in considerazione come possibile via di ritorno in caso di difficoltà.

Proseguendo ancora per intricati tratti alberati si raggiunge la fascia rocciosa di scaglia rossa che in realtà rappresenta una faglia geologica che ha generato anche alcune scosse sismiche di magnitudo non superiore al 4 durante la crisi sismica dell’Ottobre 2016, da dove iniziano le difficoltà tecniche (351168 E – 4763694,4 N; 1190 m.).

Qui, alla base delle rocce, si individua una lievissima traccia probabilmente prodotta dal transito di animali (dubito che negli ultimi 20-30 anni sia passato qualcuno) che segue fedelmente la faglia, dapprima salendo ripidamente nel pendio roccioso quindi in piano, attraversando tratti rocciosi e alberati molto ripidi, giunge nella alberata cresta est che dalla Punta (o Sasso) di Coglia scende verso Vallecanto di Acquacanina denominata “Costa Acquarda”.

La traccia gira oltre la Costa Acquarda per immettersi nel boscoso versante del grande imbuto est del Monte Coglia, ad una quota di circa 1200 m.

Qui, oltre alle difficoltà tecniche, iniziano anche quelle di orientamento (N.B.)

Infatti, ben presto, all’interno del bosco, la traccia scompare totalmente in corrispondenza di tratti erbosi ripidissimi (falasco) ad alto rischio di scivolamento, è consigliabile l’uso di una piccozza.

Nella zona è presente una stazione di Dictamnus albus, specie botanica rara nei Monti Sibillini.

Si traversa il ripido pendio nord – est alternando tratti alberati con tratti erbosi scendendo di pochi metri fino ad intercettare un canale aperto il cui bordo opposto è formato da una fascia rocciosa diagonale che obbliga a scendere fino alla sua base dove si ritrova la lieve traccia di percorso (350806,6 E – 4763851 N, – 1195 m.), fino a questo punto è possibile una scappatoia verso l’alto (vedi foto n.6-7).

La traccia prosegue in un tratto boscoso caratterizzato dalla presenza di Lecci costeggiando pareti di scaglia rossa, (foto n.3) qui è necessario fare molta attenzione in quanto il ripidissimo terreno trattenuto dalle piante non è compatto ed è molto scivoloso ed una perdita di equilibrio in questo tratto potrebbe mettere in serio pericolo l’escursionista e non vi è possibilità di scappatoie di emergenza.

La traccia quindi scende e continua per altri 300 metri in quota sempre tra alberi e tratti rocciosi fino ad uscire dalle difficoltà, in breve ci si addentra in un ripido bosco misto caratterizzato dal fondo detritico, con alberi sempre più alti tra cui Tigli oltre a grandi esemplari di Taxus baccata.

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4 – 5 Il versante est del Monte Coglia – M. Val di Fibbia con, in rosso, il percorso effettuato.

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Osservando bene nel bosco si nota una vecchissima traccia di sentiero che, con numerosi tornanti, scende collegando tra loro numerose piazzole di antiche carbonaie dove è possibile trovare ancora del carbone, nel bosco si ha di nuovo una scappatoia verso l’alto in caso di difficoltà (vedi foto n.6-7).

Sempre in discesa si raggiungono le ultime due piazzole e, dal bordo di quella di sinistra, parte in piano un sentiero molto più evidente.

(Più in basso di questo punto dovrebbe trovarsi l’imbocco di un sentiero che scende verso il Colle di Meriggio e quindi alla frazione dove si è lasciata l’auto ma nel giorno della traversata non è stato ritrovato, sarà nostra cura in futuro percorrere in salita il sentiero che parte dal cimitero di Acquacanina nei pressi della frazione di Meriggio e sale al Colle di Meriggio per trovare il punto di collegamento).

Lo si percorre in lieve discesa fino ad un cambio di versante dove si scopre il vallone che scende dal Monte Val di Fibbia denominato Valle Trocca ed in alto il rimboschimento a conifere della cesta sommitale del  Monte Coglia.

Il sentiero si trasforma in breve in un tratturo, si dirige verso la Valle Trocca e, dopo aver superato una piazzola con addirittura una panchina realizzata con un grande tronco di legno, percorre tutto il lungo versante opposto denominato “Le Coste”, ed in 30 minuti si intercetta la strada che da Fiastra sale verso il ripetitore del M. Coglia nella zona denominata “Coldefora”.

Dalla strada si scende in breve alle prime case e quindi all’abitato di Trebbio di Fiastra (altri 20 minuti).

Da Fiastra si scende per la strada che porta al Lago e subito al termine dei giardini pubblici si scende a destra per un tratturo sconnesso fino ad intercettare la strada asfaltata in prossimità della frazione Boccioni.

Quindi percorrendo sempre la strada asfaltata in 30 minuti si raggiunge la frazione di Meriggio di Acquacanina.

L’intero giro è lungo poco più di 12 chilometri e con “soli” 500 metri di dislivello in salita.

(N.B.) In caso di difficoltà di orientamento o di traversata salire in verticale il pendio alternato a bosco ed erba o il bosco successivo fino a raggiungere la sommità della Punta di Coglia anche se allungherete di molto il tragitto almeno uscirete su pascoli erbosi aperti dei Piani di Coglia (350311,1 E – 4763461,3 N; 1500 mJ che vi permetteranno la visione del tragitto di uscita.

Dai Piani di Coglia a qui si scende in direzione nord per prati caratterizzati da numerosi alberi isolati al Casale di Coglia (349667,5 E – 4764044,6 N; 1245 m.) nei pressi di Fonte Trocca da cui per comoda strada in piano sempre in direzione nord conduce in 30 minuti alla Fonte Pozzo di lato alla strada Fiastra – Monte Coglia.

Percorrendo in discesa la strada si raggiunge, in 40 minuti, l’abitato di Fiastra.

Evitare Assolutamente di scendere istintivamente all’interno dell’imbuto perché il terreno è troppo ripido e scivoloso e poche centinaia di metri sotto al percorso ci sono alte pareti rocciose.

GIANLUCA CARRADORINI, FAUSTO SERRANI.  14 Luglio 2018

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6 – 7- Il versante nord- est del Monte Coglia con  il percorso effettuato in rosso e quello da seguire in caso di difficoltà in arancio.

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8- Il versante nord- est del Monte Coglia con  il percorso effettuato in rosso e quello da seguire in caso di difficoltà in arancio.
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