MONTE ROTONDO E MONTE ACUTO dalla Pintura di Bolognola.

Il 14 luglio 2024, con una giornata di fresca brezza in quota e monti ancora verdi, dalla Pintura di Bolognola con Elia e Gilberto abbiamo risalito la strada fino al Rifugio del Fargno quindi al Monte Rotondo per la cresta Sud, ridiscesi per la stessa cresta siamo poi saliti dalla Forcella del Fargno al Monte Acuto e ridiscesi per la cresta Est fino a Forcella Bassete, quindi ripreso la strada per la Pintura, con 17 chilometri e 900 metri di dislivello totale.

Di seguito le immagini della giornata.

1- Il Monte Rotondo visto dalla strada del Fargno.
2- La cresta Sud del Monte Rotondo.
3- La Valle del Fargno con le sorgenti del Fiastrone, a destra il M. Castel Manardo.
4- La cresta Sud del Monte Rotondo.
5 – 6 – Verso la cima del Monte Rotondo
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7- A destra il Monte Acuto e a sinistra il Monte Castel Manardo con la strada che sale al Rifugio del Fargno dalla Pintura di Bolognola.
8- La Forcella Cucciolara da cui si scende alla nascosta Val di Tela.
9- La Val di Tela con il Monte Cacamillo a destra e il Monte Pietralata a sinistra, tra i due si vede una piccola porzione del Lago di Fiastra.
10- La Cima Bambucerta chiuse ad Est la Val di Tela.
11- La cima del Monte Rotondo.
12- L’Antecima Sud del Monte Rotondo.
13- Il Monte Bove Nord e Sud e la Val di Panico sulla sinistra.
14- Veduta verso Est dalla cima del Monte Rotondo
15- Veduta verso Nord
16- Veduta verso Sud.
17- Fioritura di Sedum sulla cresta Sud del Monte Rotondo, in fondo il Rifugio del Fargno.
18- Il Pizzo Tre Vescovi visto dalla cima del Monte Acuto.
19- Arriva Gilberto sulla paretina finale del Monte Acuto.
20- Il Pizzo Regina ed il Pizzo Berro visti dal Monte Acuto.
21- La stretta cima del Monte Acuto.
22- Camoscio sulla ripidissima parete Nord del Monte Acuto, a destra la cresta Sud del Monte Rotondo salita al mattino.
23 – 24 – La bellissima cresta Est del Monte Acuto che scende verso Forcella Bassete.
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L’INFERNACCETTO DELL’AMBRO E LA SALA DEL TRONO – LE MERAVIGLIE DI ROCCIA DEI MONTI SIBILLINI.

Uno dei luoghi più spettacolari dei Monti Sibillini ma sicuramente anche dell’intero Appennino centrale è l’Infernaccetto dell’Ambro e la Sala del Trono, situate nel tratto della Valle dell’Ambro posta tra i bastioni rocciosi delle Roccacce e della Travertina, un chilometro circa più a valle delle sorgenti dell’Ambro, qui la natura ha creato una forra davvero spettacolare ed incredibile difficile da descrivere finché non si entra nel suo interno. Una immensa sala tra pareti altissime e una vera e propria fessura tra le rocce formata dall’acqua quasi inaccessibile caratterizzano queste forre.

L’itinerario fino all’ingresso dell’Infernaccetto dell’Ambro è relativamente facile ed adatto ad escursionisti che si sanno muovere su terreno sconnesso, con calzature adatte a terreni scivolosi e caschetto ma poi il proseguimento fino alla sala del Trono è adatto SOLO ED ESCLUSIVAMENTE AD ESCURSIONISTI ESPERTI in quanto bisogna attraversare pendii molto ripidi e risalire e scendere tratti su roccia.

ACCESSO: Da Montefortino si raggiuge in auto il Santuario della Madonna dell’Ambro e si parcheggia nell’ampio piazzale.

DESCRIZIONE: dal piazzale si prende il tratturo in salita dietro al Santuario (Sentiero 226), si prosegue in salita si raggiunge una zona in frana quindi una captazione di acquedotto recintata oltre la quale si raggiunge una deviazione a sinistra in netta discesa che in breve riporta al torrente a tratti asciutto (la deviazione a destra conduce verso il Casale S.Giovanni Gualberto) . Si segue il greto del torrente su traccia di sentiero ed in circa due ore di cammino tra i massi si raggiunge la strettoia rocciosa dell’Infernaccetto dell’Ambro. A seconda dell’altezza delle pozze d’acqua presenti si può entrare nella fessura fino a trovare un salto roccioso che si può superare facendo scaletta a mano al primo salitore, si consiglia di portarsi poi una scaletta di corda con nodo finale da incastrare sulla roccia per agevolare la salita e la discesa dei compagni, la discesa dell’ultimo verrà fatta da questo abbracciando il masso e scivolando in modo controllato verso valle mentre i compagni sotto lo tengono per i piedi.

PARTE CONSIGLIATA SOLO AD ESCURSIONISTI ESPERTI: Visitata la strettissima forra dell’Infernaccetto dell’Ambro si ritorna al suo ingresso fuori delle pareti (foto n.1) dove si nota a destra una traccia di sentiero che sale subito molto ripida nel bosco, (foto n.11) dopo circa 100 metri la traccia devia con un tornante (foto n.12) ed inizia a traversare il bosco in quota in direzione Ovest, passa sopra ad una fascia rocciosa (non prendere la deviazione in piano ma la traccia che risale ancora) fino a scavalcare lo spigolo ed entrare in un ripido vallone che, con una delicata discesa, riporta nel greto del torrente (foto n.13), in un tratto più ampio a monte dell’infernaccetto (foto n.14). Raggiunto questo tratto si può scendere verso valle nella forra che va restringendosi fino a passare sotto ad un grande masso incastrato per affacciarsi sul punto di calata (catena a destra) sopra alla fessura dell’Infernaccetto (punto davvero spettacolare ma da fare con molta attenzione, foto n.5-19).

Quindi si ritorna indietro e si risale obbligatoriamente il greto del torrente (foto n.20-21) che aumenta di pendenza, si risalgono massi e due paretine attrezzate con corda (foto n.22) e catena (foto n.26) e la forra si va restringendosi sempre di più fino ad arrivare alla grande Sala del Trono dove le altissime pareti chiudono la prosecuzione. Godetevi questo luogo magico perché veramente non è facile trovare eguali in Appennino (40 minuti dall’Infernaccetto).

RITORNO; Stesso itinerario oppure se si vuole fare un anello, molto consigliato, dalla Sala del Trono si ridiscende il greto del torrente fino a raggiungere l’ampio canalone da cui si è discesi, qui, a sinistra sopra il greto, si notano degli ometti di pietra che indicano una traccia di sentiero che risale la sponda sinistra orografica anche qui su pendio piuttosto ripido e con alcuni tornanti ma che, in breve, conduce al bosco sovrastante dove un sentiero ben tracciato prosegue, con ulteriori tornanti in salita, fino a Fonte Feletta ricongiungendosi con il sentiero n.226. Da qui facilmente per sentiero ben evidente si arriva al Casale S. Giovanni Gualberto, si prosegue passando sotto le pareti del Balzo Rosso e si ridiscende al Santuario della Madonna dell’Ambro per sentiero ben segnalato (ritorno ore 2) .

Per facilitare l’escursione ho riportato anche il tracciato GPS anche se nei tratti più stretti della forra ci sono stati inevitabili echi di segnale ed è difficile indicare le coordinate e quote giuste.

1- L’ingresso dell’Infernaccetto dell’Ambro, poco più a valle, sulla destra orografica sale il sentiero per la Sala del Trono.
2 – 10 – L’infernaccetto dell’Ambro.
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INFERNACCETTO DELL’AMBRO – PARTE SUPERIORE

11- Il primo tratto di salita nel bosco del versante destro orografico che dall’ingresso dell’Infernaccetto conduce verso la Sala del Trono.
12- Dopo un tornante si cambia direzione e i prosegue sempre su pendio molto ripido verso Ovest.
13- Il canalone di discesa, scendere verso destra, non dove si sta affacciando Gilberto (al centro della foto), proprio sopra alla parte superiore dell’Infernaccetto
14- La parte superiore dell’Infernaccetto con il grande masso incastrato
15- La catena di calata per chi fa Torrentismo.
16- Veduta verticale nella “fessura” della parte superiore dell’Infernaccetto dell’Ambro.
17 – 19- Il passaggio sotto al grande masso incastrato
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LA SALA DEL TRONO

20- Il tratto di valle più aperto tra l’Infernaccetto e la Sala del Trono.
21- La valle si va restringendo sempre di più man mano che ci si avvicina alla Sala del Trono.
22- il primo tratto attrezzato con una corda.
23 – 25 – Si continua tra pareti sempre più alte e strette e con massi incastrati.
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26- Il tratto attrezzato con una catena
27 – 28 – Risalita di grandi massi
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30 – 42 – E finalmente si arriva all’immensa e straordinaria Sala del Trono.
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43- 45 – Fasi di discesa
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46- I giganteschi Faggi di Fonte Feletta.
47- Il ritorno alla base del Balzo Rosso.



LE CASCATELLE DEGLI SCIANCI E LA GROTTA DEL TASSO – IL SENTIERO DE “LA PRESA” Due brevi itinerari intorno a Montemonaco.

Per concludere una giornata di escursione in cui si attraversa in auto il territorio comunale di Montemonaco propongo due brevi itinerari poco conosciuti.

LA CASCATA DEGLI SCIANCI E LA GROTTA DEL TASSO – LE “LAME ROSSE” di Isola: Da Montemonaco si prosegue in auto in direzione del M. Sibilla-Isola S. Biagio, si supera la deviazione per il Rifugio Sibilla e la frazione di Isola e si prosegue per la frazione di Colle Regnone fino ad incontrare una deviazione in discesa verso destra che conduce a le Cese. Si scende in auto fino al primo tornante dove si parcheggia e si prosegue a piedi sul tratturo sottostante (foto n.1) con cartello indicante le Cascatelle. Dopo circa 200 metri un secondo cartello indica di salire nel bosco a destra ed in breve si raggiungono le Cascatelle degli Scianci, la Grotta dell’Orso si trova salendo ancora un po’ sopra le cascatelle e rimane piuttosto nascosta (foto n.7). L’itinerario è facilissimo ed adatto a tutti.

Al ritorno dalle cascatelle nel tratturo si nota a sinistra un sentiero che sale verso un rimboschimento a pini, faticosamente si guadagna quota costeggiando un ampio canalone dove alla sua sommità di trovano dei caratteristici torrioni di conglomerato bianchi e rossi denominate localmente “Lame Rosse” anche se molto più piccoli e ben diversi dalle più conosciute Lame Rosse della Valle del Fiastrone. Si può raggiungere la base di questi torrioni attraversando faticosamente il canalone detritico su breccia molto scivolosa e folta vegetazione, questo itinerario invece è adatto ad escursionisti con un po’ di esperienza in più.

IL SENTIERO DE “LA PRESA” : Da Montemonaco si scende in direzione di Foce, superata la frazione di Rocca si prosegue fino al restringimento della valle dove è presente una nota sorgente che esce da un tubo conficcato nella roccia, si parcheggia di lato cinquanta metri prima in corrispondenza di un lungo parapetto in pietra sopra il quale è presente un rimboschimento a pino e un alto traliccio di ferro (foto n.18), qui una traccia sale nel bosco dapprima verso destra per poi ripiegare nettamente in salita verso sinistra fino a condurre, in 10 minuti, sotto a delle pareti dove parte una cengia con una galleria in lontananza. Si prosegue nel tracciato in piano con un panorama aereo sulla valle di Foce e sulla strada sottostante fino alla terza galleria oltre la quale non vale più la pena proseguire. L’itinerario è adatto a chi non soffre di vertigini.

Di seguito le immagini delle due escursioni proposte

LE CASCATELLE DEGLI SCIANCI , LA GROTTA DEL TASSO E LE LAME ROSSE

1- Il tornante sotto a Colle Regnone dove parte il tratturo per le Cascate degli Scianci e la Grotta del Taso.
2- 5 – La cascatella degli Scianci buca un potente banco di Travertino.
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6- La cascatella vista da sopra.
7- Sopra la cascata, nella parete di destra, si apre la Grotta del Tasso, non facilmente visibile.
8 – 11 – La Grotta del Tasso, con un ingresso molto stillicidioso.
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12- All’interno della grotta è presente un a sorgente che esce da un foro nella parete.
13- Le “Lame Rosse” di Isola San Biagio.
14 – 16 – Le Lame Rosse sono torrioni costituiti da breccia bianca e rossastra
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17- Le Lame Rosse e il Monte Banditello sulla sinistra

IL SENTIERO DE “LA PRESA” DI FOCE

18- Il punto di salita al sentiero de La Presa, poco prima ella sorgente sulla strada.
19- Il sentiero de “La Presa” si snoda con tre gallerie in quota sopra alla strada che conduce a Foce.
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22- La strada proprio sotto ai piedi.
23- La seconda galleria
24 – 25 – La terza galleria
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26- la terza galleria e la strada per Foce.
27- La terza galleria con un grande albero all’uscita
28- Per concludere, una curiosità geologica, una immagine dal Piano della Gardosa, veduta verso Sud nella Valle di Pilato con il suo caratteristico profilo glaciale ad “U”.
29- Nello stesso punto girando le spalle verso Nord, verso il Monte Sibilla, la valle prosegue con il profilo fluviale a “V”.



CASTELLUCCIO: L’altra fioritura – foto notturne con luna piena e in luce UV.

La notte del plenilunio del 21 giugno sono uscito a fare delle foto alla fioritura dei campi coltivati di Castelluccio.

Ormai le immagini diurne della fioritura sono banali, anche perché ogni anno, forse a causa dei cambiamenti climatici, sta diminuendo di intensità, per cui ho pensato di fare una cosa diversa, foto notturne con la luna piena e in luce UV di una lampada artificiale, di seguito le prove che ho fatto.

L’unico inconveniente è stato che la luna piena era offuscata dall’aria sahariana con sabbia del deserto in sospensione che diffondeva troppo la luce e quindi ha reso le immagini nebbiose, poco nitide.

1 – 4 -campi fioriti prima del tramonto
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5 – 6- Papavero (Papaver rhoeas)
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7 – 8- Fiordaliso (Centaurea cyanus).
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9 – 10- Papavero in luce Ultravioletta
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12 – 14 – Fiordaliso in luce Ultravioletta
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15- Capsula di papavero in luce Ultravioletta
16- La fioritura in luce artificiale
17 – 18- La fioritura in luce lunare, sullo sfondo il paese di Castelluccio.
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19 – 20- La Cima del Redentore in luce lunare
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21- La luna piena non si riesce a distinguere a causa della diffusione causata dalla sabbia del deserto in sospensione nell’aria (Scattering), risalta la mia auto, compagna fedele delle mie avventure.



MONTE ACUTO E PIZZO TRE VESCOVI

Finalmente oggi, 22 giugno 2024, dopo giorni di afa e aria del deserto, una giornata limpida ci ha regalato la possibilità di una bella e facile escursione.

Dalla Pintura di Bolognola abbiamo raggiunto la Forcella del Fargno percorrendo la strada chiusa al traffico veicolare per poi salire al Monte Acuto (Pizzo Senza Nome in alcune carte o erroneamente Pizzo Acuto) e successivamente al Pizzo Tre Vescovi per il sentiero del versante Nord.

Quindi siamo scesi alla Forcella Angagnola e raggiunto l’Antecima Nord del Pizzo Berro per ritornare alla Pintura di Bolognola passando per il Rifugio del Fargno, per una lunghezza di 16 chilometri e 700 metri di dislivello.

Questa escursione, che faccio almeno due o tre volte l’anno, in tutte le stagioni, per me oggi ha avuto un fascino particolare perché esattamente 45 anni fa fu la mia prima uscita oltre i 2000 metri nei Monti Sibillini. La cima di Monte Acuto è una delle poche cime dei Monti Sibillini che da in pieno la sensazione di stare in alta montagna probabilmente perché è un terrazzino lungo 30 metri e largo alcuni metri sospeso in aria, tutti i pendii della cima sono estremamente ripidi. Ogni volta che salgo lassù rivivo le stesse sensazioni di quando sono salito la prima volta, è un po’ come salire su una macchina del tempo che mi riporta 45 anni indietro. La montagna non è cambiata, è sempre la stessa, del resto 45 anni di tempo geologico non sono nulla, solo qualche segno del terremoto in lontananza sulle pareti del M.Bove Nord ma del resto tutto è come sempre, gli stessi fiori, gli stessi canti di uccelli, dei grilli, gli stessi profumi. Chiudo gli occhi e mi sembra di ritornare ragazzo poi mi rendo conto che per me sono passati gli anni e non sono più quel ragazzo, dentro e fuori. Delle volte vorrei ritornare alla prima volta in modo da cambiare quello che non è andato come volevo nella mia vita ma ormai è l’inevitabile scorrere lento del tempo.

Di seguito le immagini dell’escursione

1- Una rosa canina in piena fioritura ci accoglie nella Valle del Fargno, in lontananza a sinistra il Monte Acuto, a destra la Cima di Costa Vetiche.
2- Farfalline della specie Zygaena affollano una scabiosa
3- e su una orchidea Anacamptis pyramidalis
4- Gruppo con varie tonalità di colore di Anacamptis pyramidalis
5- Tafano con “occhi” verdi.
6- Cavolaia su Linaria purpurea
7- Armeria canescens conn lo sfondo del Monte Bove Nord
8- Culbianco
9- Il sentiero che sale dalla Forcella del Fargno al Monte Acuto e Pizzo Tre Vescovi.
10- Il Pizzo Tre Vescovi visto dalla paretina di accesso al Monte Acuto.
11- Il mio amico non se la sente di salire il tratto più ripido per il Monte Acuto, sullo sfondo il Rifugio del Fargno.
12- Il Monte Rotondo e la Croce di Monte Rotondo a sinistra visti dalla cima del Monte Acuto.
13- La strettissima cima del Monte Acuto.
14- Il Pizzo Regina (M.Priora) ed il Pizzo Berro a destra con il verde bellissimo del versante Est del Pizzo Tre Vescovi.
15- Il Pizzo Tre Vescovi ed il Pizzo Berro a destra.
16- Dianthus carthusianorum nsulla cima del Monte Acuto.
17- Il Monte Acuto visto dal Pizzo Tre Vescovi, a destra il Monte Castel Manardo.
18- Il Monte Bove Nord
19- La Val di Panico ed il Monte Bove Sud.
20- Il Pizzo Berro visto dal Pizzo Tre Vescovi.
21- La croce di Pizzo Tre Vescovi vista dalla cresta che scende diretta verso il Rifugio del Fargno ma adatta solo ad esperti
22- Le pareti rocciose della cresta Sud del Pizzo Tre Vescovi ospitano una delle poche stazioni della rara Saxifraga porophylla
23- Il Monte Bove Nord emerge dalle rocce della cresta Sud.
24- Il Monte Bove Nord con un Atadinus pumilus (Rhamnus pumila) sulle rocce in primo piano la cui foto di 30 anni fa è presente a pagina 114 del mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI”-
25- Saxifraga exarata subsp. ampullacea, caratteristica specie delle rocce.
26 -27 – Il Pizzo Berro e la Forcella Angagnola.
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28- Le curiose formazioni rocciose della cresta Sud del Pizzo Tre Vescovi.
28- Il Pizzo Regina, versante Nord.
29- Il Monte Rotondo e fioritura di Eliantemi in primo piano alla Forcella Angagnola.
30- La Forcella Angagnola e l’Antecima Nord del Pizzo Berro, il bellissimo prato verde in primo piano mi ricorda una etichetta adesiva che andava di moda anni ’90 con la scritta “L’erba dei Sibillini è più verde”.
31 – 31 – Le rocce della Forcella Angagnola con il Pizzo Tre Vescovi.
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33- veduta verticale dalla Forcella Angagnola sul Casale Rinaldi nella testata della Valle dell’Ambro.
34- Saxifraga callosa con lo sfondo del Monte Bove.
35- Il Pizzo Regina visto dalla Forcella Angagnola.
36- L’Anticima Nord del Pizzo Berro vista dalla Forcella Angagnola.



CAMOSCIARA E VAL FONDILLO – PNALM

Una escursione alla Camosciara e alla Val Fondillo , nei pressi del Lago di Barrea, nel Parco Nazionale Abruzzo-Lazio -Molise, regala sempre molte emozioni sia per i paesaggi che per la flora e la fauna.

In particolare le due valli sono due delle poche stazioni dell’ Appennino della rarissima orchidea Cipripedyum calceolus, un’altra stazione la si ritrova sulla Maiella e poi solo nell’arco alpino.

Di seguito le immagini delle due escursioni fatte con Romina, Lucia e Massimo.

1- Il monte Marsicano visto dall’ingresso della Camosciara
2 – 4 – Il Cipripedyum calceolus che fiorisce nell’Appennino solo nella Camosciara e Val Fondillo.
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5 – 6 -La cascata delle tre cannelle
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7- La orchidea saprofita Neottia nidus avis
8- Un’altra rara orchidea, la Corallorhiza trifida
9- La endemica esclusiva della Camosciara è la rarissima Pinguicula vallis regiae che cresce nelle rupi stillicidiose.
10- Salendo dalla cascata delle tre cannelle verso il Rifugio Belvedere della Liscia si incontrano alte splendide cascate.
12- La foresta della Camosciara
13- L’Eriophorum latifolium.
14- La Foresta della Camosciara salendo verso il Belvedere con faggi altissimi
15 – 16 – Cervo maschio tranquillamente al pascolo vicino al Lago di Barrea.
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17 – 18- Cerva femmina e cerbiatto nei pressi dell’abitato di Barrea ad un centinaio di metri dal nostro albergo.
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19 – 20 – Il Lago di Barrea al tramonto
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21- Strana forma di Ophrys apifera alla Val Fondillo
22- Dactylorizha fuchsii
23 – La grotta delle Fate alla Val Fondillo
24 – 25 – La Foresta Vetusta della Val Fondillo con Faggi secolari.
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26 – Campanula fragilis subsp. cavolini nei muri di Aielli insieme a tanti murales.



IL SENTIERO DELLE ACQUE – PIEVETORINA

Il sentiero delle acque è un percorso che si snoda praticamente in piano lungo un torrente, da Pievetorina fino alla frazione di Fiume, con visita al ponte romano, l’Eremo dei Santi e il Mulino ad acqua, oltre alle cascate, molto conosciuto di recente anche se non particolarmente entusiasmante.

E’ adatto alle famiglie con bambini in quanto presenta dei percorsi sensoriali mentre l’interesse naturalistico si concentra solo nella parte finale in corrispondenza delle cascate e delle vasche termali anche se di termale non hanno nulla in quanto non ci sono sorgenti calde o di acque saline ma sono semplicemente delle cascate di acqua molto calcarea che, tramite la presenza di muschi del genere Eucladium e Palustriella, formano delle colate travertinose, come in molti altri luoghi dell’Appennino.

Infatti, al contrario di conosciuti siti termali quali Saturnia e Bagni San Filippo, dove le vasche termali, per l’alta temperatura e salinità, sono senza alcuna vegetazione, queste cascate sono ricoperte dei sopraddetti muschi.

Raggiunto il ponte romano si può abbinare la visita all’Eremo dei Santi o di Sant’Angelo di Prefoglio, del XII secolo, situato oltre il ponte, più a monte e dopo aver oltrepassato la strada che collega Pievetorina con Fiume.

Il sito è stato lesionato dal terremoto del 2016, completamente abbandonato a se stesso, è possibile entrare in quanto le porte dell’eremo e dei locali adiacenti sono tutte aperte e con finestre rotte e con totale assenza di segnaletica di divieto o di pericolo.

Forse qualcuno dovrebbe intervenire per la protezione del sito, abbiamo cercato di bloccare la chiusura della porta della chiesa per evitare l’ingresso ai visitatori meno esperti (bambini).

L’eremo è stato costruito inglobando una grotta, non censita nel Catasto delle Grotte della Regione Marche, lunga oltre 30 metri che si apre sulla parete a ridosso dell’eremo.

Interessante è che all’interno della grotta abbiamo trovato la presenza di una coppia di Geotritoni (Speleomantes italicus), anfibio alquanto raro e che ormai, vista la non più frequentazione religiosa dell’eremo, si sta appropriando del suo ambiente.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1 – 2 -La maggio parte dell’itinerario costeggia un torrente di scarso interesse.
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3 – 4 -Uno strano pioppo che trasuda acqua da una lesione della corteccia.
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5- Una piccola cicalina
6- Il Ponte Romano e l’Eremo in alto.
7 – L’Eremo di Sant’Angelo in Prefoglio, con porte aperte e finestre rotte ed assenza di segnaletica di divieto o pericolo.
8- La lapide posta sulla parete anteriore dell’Eremo.
9- La descrizione della storia dell’Eremo.
10 – L’interno dell’Eremo.
11 – La statua dell’Arcangelo Michele
11- La Grotta si apre sul fondo della chiesa, oltre l’altare
13- L’altare
14- La grotta si apre oltre il muro dell’altare
15 – 18 – L’interno della lunga grotta
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19 – 20 – la coppia di Geotritoni scoperti dentro la grotta.
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21 – 27 – Poi ci siamo divertiti a fotografare le Damigelle (Calopteryx) in volo sopra al torrente
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28- Felci nella sponda Nord del torrente
29 – 32 -Le cosiddette “vasche termali” di travertino ricoperte di muschi del genere Eucladium e Palustriella.
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33 – 36 -Le cascate di Sant’Angelo di Prefoglio
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37 – Un curioso torrione nei pressi della deviazione cascate – Fiume.
38- 39 -Il Mulino ad acqua di Fiume.
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LA FIORITURA SPONTANEA DEL PIANO GRANDE

Verso la metà di Maggio i prati del Piano Grande di Castelluccio, nella zona verso il Fosso Mergani, si colorano di strisce di giallo e bianco grazie alla fioritura primaverile e pressoché sconosciuta della flora spontanea, costituita principalmente da Ranuncoli, Tulipani gialli (Tulipa australis) e Narcisi (Narcissus poeticus).

Questa fioritura non ha nulla a che fare con la più conosciuta ed appariscente fioritura estiva dei campi coltivati intorno alla collina di Castelluccio, che si sviluppa intorno ai primi di luglio, costituita principalmente da Senape selvatica (gialla), Papaveri rossi, Fiordalisi blu e margherite bianche, specie legate esclusivamente alle coltivazioni, e che ormai, essendo troppo fotografata, sta perdendo il suo fascino, ricordo che la famosa Lenticchia di Castelluccio ha fiori bianchi piccolissimi e non porta alcun contributo alla fioritura estiva.

Non troverete mai infatti alcun Fiordaliso o Papavero fiorito verso il Piano Grande dove si effettua solo lo sfalcio dell’erba ma nessuna coltivazione.

Poi se arrivate al mattino presto quando ancora non si è dissolta la nebbia che si forma spesso nel Piano Grande, si possono osservare le meravigliose opere d’arte della natura, le ragnatele, trasformate in altrettante meravigliose collane di rugiada.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- I campi coltivati sono alla collina di Castelluccio e i residui della nebbia notturna.
2 – 8 -Ragnatele trasformate in collane di perle dalla rugiada notturna.
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9- Uno stelo d’erba trasformato in un palo di collegamento
10- Un seme di Tarassaco intrappolato in una ragnatela.
11 – 16 – La fioritura spontanea primaverile del Piano Grande
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17 – Gli artefici della fioritura primaverile : Tulipa australis
18 – 19 – Gli artefici della fioritura primaverile : Narcissus poeticus
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20 – Gentiana utriculosa
21 – 22- Gli artefici della fioritura primaverile : Bistorta officinalis
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23- Orchis morio
24 – Ragnatele di ragni acquatici nei laghetti del Piano Grande
25- Uno dei diversi laghetti temporanei del Piano Grande, il giorno della foto pullulavano di millimetrici Nauplii di Chirocephalus diaphanii.
26- I campi coltivati di Castelluccio con le prime fioriture di Sinapsi arvensis, anticipa la fioritura estiva di Papaveri e Fiordalisi.



LE MARMITTE DEI GIGANTI E LA GOLA DEL FURLO

Facile gita per osservare le meraviglie naturalistiche delle montagne del Nostro Appennino, caratterizzate da profonde gole e forre rocciose.

MARMITTE DEI GIGANTI:

Si raggiunge in auto il paese di Fossombrone (PU) e si prosegue prendendo le indicazioni per la Via Marmitte dei Giganti, raggiunto il ponte si parcheggia oltre e si prosegue a piedi la via e quindi il sentiero in discesa di deviazione per scendere al fiume Metauro.

Le Marmitte dei Giganti sono profonde depressioni a forma di pozzo nelle rocce, che nascono dall’erosione fluviale nelle località che erano ricoperte da ghiacciaio. Molto più ampie di quelle che ho già segnalato nel torrente Fluvione nell’Ascolano nell’articolo “Torrente Fluvione – Forre e Mulini”, sono davvero spettacolari.

GOLA DEL FURLO:

Dopo questa breve escursione consiglio di fare una passeggiata nella Gola del Furlo, distante pochi chilometri dalle Marmitte in direzione Acqualagna, formata dal fiume Candigliano, affluente del Metauro, percorrendo a piedi la strada che costeggia il lago per vedere la stretta gola, il Chiavicotto di epoca Romana e la Grotta del Grano.

Per gli appassionati di botanica, oltre alle particolarità paesaggistiche della zona, nelle pareti verticali della Gola del Furlo si può anche ammirare la Moehringia papulosa, specie endemica delle gole calcaree dell’Appennino marchigiano. È stata rinvenuta per la prima volta nella Gola del Furlo e successivamente nella Gola di Frasassi e in quella della Rossa; sono queste le uniche località ove cresce la specie, non solo delle Marche ma di tutto il mondo.

Ho riportato, nel Giugno del 2020, nell’articolo:

ESCURSIONI BOTANICHE IN APPENNINO.

ASCENSIONI CLASSICHE DAL 2018 AD OGGI GIUGNO 14, 2020

Le indicazioni per osservare la Moehringia papulosa anche nella Gola della Rossa e di Frasassi, gli altri due siti Marchigiani dove cresce.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- 3 – Le Marmitte dei Giganti viste dal ponte sul fiume Metauro
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4- Il ponte sul Fiume Metauro
5- Un facile sentiero permette di scendere alle Marmitte
6 – 7 -Le profonde Marmitte
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8 – La pianta alloctona invasiva Amorpha fruticosa o falso indaco originaria del Nordamerica che sta colonizzando anche l’entroterra delle Marche
9 – 12 – Si prosegue fino al greto del fiume, facendo attenzione ai passaggi scivolosi
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13- Una Marmitta profonda solo qualche metro
14- Nella Gola del Furlo è possibile ammirare, sulle pareti verticali della strada, la Moehringia papulose, pianta endemica delle Marche, la si ritrova solo nelle Gole di Furlo, Frasassi e della Rossa.
15- Campanula tanfanii, endemismo dell’Appennino Centrale.
16- Il Muscari tenuiflorum, altra pianta rara che si può osservare nei pendii rupestri della Gola del Furlo.
17- Il Lago del Furlo con le sue pareti verticali
18- Il cosiddetto “Chiavicotto”, forra laterale della gola convogliata nl fiume tramite un’opera idraulica di epoca Romana.
19- Un tranquillo Airone Cinerino nelle acque del Lago del Furlo.



LA GROTTA DELLE FATE DEL MONTE SPINA DI GUALDO ED IL SENTIERO DELLA BATTAGLIA DI PIAN PERDUTO NELLA VALLE DELL’ACQUA GILARDA

La Valle dell’Acqua Gilarda è una vallata poco conosciuta a cui si accede da Gualdo di Castelsantangelo sul Nera.

Ho riportato nel 2019 un altro interessante itinerario in questa valle poco conosciuta:

LA GROTTA “BOCCA LARGA” DELLA VALLE DELL’ACQUA GILARDA E L’ANELLO DELLE TRE CIME (GUALDO DI CASTELSANTANGELO).

In questo itinerario propongo la visita ad una piccolissima ma particolare cavità denominata in zona la “Grotta delle Fate” e la salita da Gualdo alla Spina di Gualdo e Madonna della Cona per un vecchio sentiero che veniva usato per salire al Pian Perduto prima dell’apertura dell’attuale strada carrozzabile e che, molto probabilmente, è stato usato dalle truppe di Visso per la storica battaglia del Pian Perduto contro i Norcini il 20 luglio 1522 : una battaglia provocata dalla contesa di un pascolo perduto da Norcia e conquistato da Visso e dalle sue Guaite di Ussita e Castelsantangelo.

Secondo il poema il casus belli , un antico poema popolare che secondo la tradizione sarebbe stato composto in ottave agli inizi del Seicento da Berrettaccia di Castelsantangelo, uno di quei pastori-poeti celebri per la loro capacità di comporre versi e di recitare a memoria interi poemi,  sarebbe stato un certo Giorro che un giorno si recò in bosco per abbattere un faggio e impadronirsi del tronco. Sorpreso da un guardiano di Norcia che esige il pagamento di uno scudo minacciandolo di farlo rinchiudere in prigione, Giorro reagisce a suon di bastonate, per cui il guardiano fa ritorno a Norcia coperto di ferite, provocando l’ira e la sete di vendetta dei suoi concittadini che si armarono e decisero di marciare contro i Vissani, ma questi anche se inferiori di numero risposero con le armi in pugno, misero in fuga i Norcini e li costrinsero a rinchiudersi nel castello.

Dopo questa prima schermaglia, i Vissani chiesero di riportare indietro i loro feriti, ma furono maltrattati e bastonati dai Norcini. Tornati al loro campo, i Vissani fecero suonare le campane a stormo per radunare il popolo che era impegnato nei lavori agricoli. Accorsero al suono dei tamburi per unirsi ai soldati di Visso, guidati dagli uomini di Castelsantangelo, che avevano come condottiero Buzio, un uomo di aspetto fiero e spaventoso, figlio del Conte e con l’immagine dell’Arcangelo San Michele come insegna. Si unirono ai Vissani anche gli uomini di Ussita, che avevano come simbolo una volpe, insieme a quelli di Montemonaco e Montefortino.

Anche Norcia radunò uomini dalle sue contrade, guidati dal capitano Arbillo. I due eserciti si scontrarono con grande violenza sull’altopiano, in un bagno di sangue. I Norcini, desiderosi di sottomettere Visso e avendo abbondantemente mangiato e bevuto prima dello scontro, furono sconfitti, perdendo le armi e la loro bandiera. I Vissani ringraziarono i loro santi protettori per la vittoria ottenuta per cui il toponimo “Pian Perduto” si riferisce proprio al fatto che in questa battaglia Norcia perse la proprietà di questo piano che, ancora adesso, ricade nel comune di Castelsantangelo sul Nera.

Secondo la tradizione Giorro alla sua morte fu seppellito nei pressi della sommità del Monte della Spina.

Le due escursioni proposte possono essere effettuate nella stessa giornata vista la vicinanza.

ACCESSO PER LA GROTTA DELLE FATE: Per raggiungere questa piccolissima cavità conviene raggiungere in auto la Forca della Spina e parcheggiare nel piazzale antistante l’ex Hotel la Fiorita distrutto dal sisma del 2016.

DESCRIZIONE: Dal piazzale, con l’Hotel alle spalle, si entra nel bosco in corrispondenza di un piccolo edificio recintato, scendendo verso destra in direzione Sud per aggirare, dopo un centinaio di metri, lo spigolo Ovest del Monte Spina di Gualdo ed immettersi nel ripido bosco di questo ultimo versante e per proseguire in direzione Nordovest scendendo dalla quota dell’auto a 1340 metri fino a quota 1200 metri fino a delle rocce alle seguenti coordinate:

42° 52′ 27,9” N – 13° 10′ 26,3” E / 42.874417 – 12.173976

dove è presente un grande terrazzo roccioso con vista sul Monte Cardosa e dove si apre questa piccola cavità nella parete rocciosa, caratterizzata da uno stretto antro in cui prende posto una sola persona e che prosegue poi con uno strettissimo budello nelle viscere della montagna che meriterebbe una ulteriore esplorazione.

Non è possibile fare una descrizione dettagliata dell’itinerario di raggiungimento della cavità in quanto non è possibile lasciare segnali e nel bosco non ci sono punti di riferimento, anche noi l’abbiamo trovata con fatica ispezionando tutto il versante non avendo indicazioni precise.

Secondo alcuni sensitivi della zona, che ce l’hanno indicata, dalla cavità uscirebbe un forte flusso di energia tellurica, in effetti dal cunicolo di proseguimento esce un filo di aria fredda, nella piattaforma rocciosa posta davanti alla cavità ci sarebbero impresse, tra l’erba, delle forme di piccoli piedi, che la fantasia fa attribuire a leggende sulle frequentazioni di questa cavità da parte di fate dei Monti Sibillini.

Ovviamente riporto queste indicazioni così come ci sono state fornite senza commenti.

Per il ritorno si può salire in verticale nel bosco fino alla cresta del Monte Spina di Gualdo per scendere poi verso la Forca della Spina.

ACCESSO PER IL SENTIERO GUALDO-SPINA DI GUALDO: Si scende in auto dalla Forca della Spina alla frazione di Gualdo dove si parcheggia.

DESCRIZIONE: Da Gualdo si prosegue la strada sterrata che si immette nella Valle dell’Acqua Gilarda, si tralascia la deviazione a destra per la Valle di Corveto-Nocelleto e si prosegue per circa 1,2 chilometri fino a raggiungere una radura erbosa sulla sinistra, sovrastata da ampio canale ghiaioso, un centinaio di metri prima dei ruderi della chiesetta della Madonnella di Gualdo che si incontrano sulla destra di fianco alla strada.

Qui (351004,1 E – 4748101,7 N; 1075 m.) si nota una rampa erbosa delimitata da alcuni grandi massi caduti a valle dopo il sisma del 2016 dagli scogli superiori, che rappresenta l’inizio del vecchio sentiero per la Forca di Gualdo (foto n.18-19).

Prima di iniziare la salita del sentiero consiglio di dirigersi verso sinistra del vallone dove è presente un alto torrione di roccia dove alla sua base si aprono altre piccole cavità (foto n. 14-17) per poi ridiscendere alla base del ghiaione dove parte il sentiero proposto. Alla base del torrione una traccia di sentiero riporta verso Gualdo.

Si risale la rampa erbosa che si immette in breve all’interno di un bosco, nonostante il tracciato sia ampio e sembra una vecchia mulattiera le piante cresciute nel suo fondo rendono difficoltosa la salita, dopo circa 20 minuti il sentiero cambia versante attraversando un canale.

Dopo circa 40 minuti di ripida salita si esce dal bosco in corrispondenza di una radura, si continua ancora in netta salita su prato fino a raggiungere un caratteristico passaggio tra delle rocce, denominato Sasso Tagliato (351646,2 E – 47471648,8 N; 1325 m.; foto n.23-25).

Poco dopo il Sasso Tagliato, nel sentiero, sembra essere presente un tumulo di rocce dove la leggenda narra della sepoltura di una persona uccisa nella zona con tanto di un piccolo tesoro in monete o forse la stessa sepoltura di Giorro narrato nel poema indicato sopra (foto n.26).

Il sentiero quindi prosegue evidente a mezza costa su prato fino a raggiungere la strada poche centinaia di metri prima della Spina di Gualdo.

DISCESA: Per lo stesso itinerario oppure, una volta raggiunta la Spina di Gualdo si incontra più in basso, sulla curva del tornante finale, verso destra un sentiero che si addentra nel bosco, lo si prende e dopo circa 200 metri si incontra una deviazione verso destra che scende ripidamente nel bosco e che, in circa 30 minuti, permette di raggiungere il fondo della Valle dell’Acqua Gilarda dove si intercetta la strada sterrata di salita.

            Con altri 30 minuti si raggiunge l’auto superando una captazione di acqua (Fonte delle Scentelle perché ci andavano a bere e pettinarsi le fate che frequentavano la grotta) e i ruderi della Madonnella.

1- Il bosco del versante Ovest del Monte Spina di Gualdo
2- nel bosco sono presenti grandi vecchi faggi
3 – 4 – e una vasta zona di alberi secchi, all’apparenza senza cause di valanghe o altro, forse attaccati da parassiti
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5- La rupe nascosta da alberi dove si apre la piccolissima cavità della Grotta delle Fate.
6 – 8 – La Grotta delle Fate con il suo stretto cunicolo di proseguimento.
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9- Veduta del Monte Cardosa dal terrazzino roccioso prospiciente la grotta
10- Il terrazzino della grotta
11- Il Monte Pagliano posto di fronte alla grotta
12- La Grotta Boccalarga già descritta in questo blog.
13- Il fungo Tremella sabinae che cresce sui rami di ginepro.
14- Il torrione roccioso posto nei pressi dell’inizio del sentiero per la Forca di Gualdo
15 – 17 – Le piccole cavità presenti alla base del torrione.
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18 – 19 – L’erboso inizio del sentiero per la Spina di Gualdo con i massi che lo indicano, nella radura della strada poco prima della Madonnella.
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20 – 21 – La Madonnella distrutta dal sisma del 2016.
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22- Anche nel sentiero che sale dalla valle dell’Acqua Gilarda alla Forca di Gualdo ci sono grandi faggi.
23 – 24 – Il caratteristico passaggio oltre il bosco denominato Sasso tagliato
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25- Il Monte Cardosa sullo sfondo e il Monte Spina di Gualdo sulla destra visti dal Sasso tagliato.
26- Il sentiero continua a mezza costa nel prato verso la strada per la Forca di Gualdo. a sinistra quello che sembra un tumulo di una tomba sul terreno.
27- 28 – La Valle dell’Acqua Gilarda con il sentiero che si intravede nel bosco a mezza costa al centro della foto.
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29- Planimetria satellitare con il percorso per la Grotta delle Fate.
30- Planimetria satellitare del vecchio sentiero della Valle dell’Acqua Gilarda.
31- Planimetria della Valle dell’Acqua Gilarda con i due percorsi proposti in rosso, percorso di discesa in giallo.