FORESTE CASENTINESI – BOSCO DI SASSO FRATINO

Due giorni di escursioni nel Parco delle Foreste Casentinesi:

14 ottobre 2022= Santuario di La Verna

15 ottobre 2022= Da Badia Prataglia all’Eremo e Santuario di Camaldoli

16 ottobre 20220= Da Prato alla Penna al Bosco di Sasso Fratino fino al Poggio Scali (1520 m.)

Di seguito le immagini delle due escursioni.

Vanessa pavone ancora in giro nonostante siamo alla metà di Ottobre.
Santuario de La Verna.
Eremo di Camaldoli

FORESTE CASENTINESI

FUNGHI DELLE FORESTE CASENTINESI




C’ERA UNA VOLTA IL LAGO DI PILATO……

I Monti Sibillini sono ricchi di leggende, la Sibilla, il Guerrin Meschino, ormai ci sono anche delle favole, e come tutte le favole iniziano con.. C’era una volta…….

Si è cosi, ormai dovremo dire ogni estate che nei Monti Sibillini c’era una volta il Lago di Pilato.

E presto avremo anche delle sponde boscose intorno al Lago, alcune specie di alberi tra cui Salix caprea, Salix apennina e Atadinus alpina (o Rhamnus alpina), già indicate in una mia precedente escursione e tenute sotto controllo da circa dieci anni a questa parte, stanno crescendo di anno in anno e presto arriveranno a fare ombra intorno al Lago.

Di seguito le toccanti immagini della escursione del 6 ottobre 2022 confrontate con le immagini del 30 ottobre 2010.

1- Castelluccio emerge dalla nebbia visto da Forca Viola
2- Il versante Est del Monte Argentella visto da Forca di Pala.
3- I ghiaioni del versante Est di Quarto San Lorenzo
4- 5- Il Pizzo del Diavolo
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6 – 9 – In questa conca c’era una volta il Lago di Pilato
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10- 11 – Il Salix caprea più grande, ha circa 10 anni ed è alto più di due metri, è cresciuto molto in questi tre ultimi anni
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12- L’Atadinus alpina o Rhamnus alpina
13- Altro Salx caprae sotto al Pizzo del Diavolo
14- Salix caprae e Salix apennina con lo sfondo del Castello.
14-15- Il secondo Lago anch’esso prosciugato con i molti massi caduti dal Pizzo del Diavolo dopo il terremoto del 2016
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16- Il Castello visto dai grandi massi a Sud del Lago di Pilato.
17- Il Lago o i laghi di Pilato visti dalla sommità del masso più grande a Sud della conca.
18- La parete Nord della Cima del Lago
19- Tracce ancora visibili lasciate da un masso caduto dalle pareti dopo il terremoto del 2016
20- La conca del Lago di Pilato
21- Salix retusa in frutto, questo salice strisciante è tipico delle alte quote ed è sempre stato presente intorno al Lago, al contrario degli altri salici delle foto 10-14.
22- Notevole stazione di Salix retusa di diversi metri quadri di superficie con le foglie già in versione autunnale.
23- La stazione di Salix retusa della foto n.22 ed il grande masso dalla cui sommità sono state scattate le foto n.16-20.
24-25- La grotta situata alla base del grande masso della foto n.23
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26- Il Pizzo del Diavolo visto dalla grotta del grande masso a Sud del Lago di Pilato.
27- Luce pomeridiana sul Gran Gendarme.
28- La Valle del Lago di Pilato con il Monte Sibilla sullo sfondo
29-30 -Atadinus pumilus (o Rhamnus pumila) anch’esso in versione autunnale vive abbarbicato sulle rocce..

COME SONO LONTANE LE IMMAGINI DEL LAGO DI PILATO GELATO DEL 30 OTTOBRE 2010 ACCOMPAGNATO DAL NOSTRO AMICO BRUNO E CON LA PRIMA NEVE DELLA STAGIONE

Il sito della foto n.13 dove attualmente è presente il grande arbusto di Salx caprea, nel 2010 era invisibile perché alto qualche decina di centimetri.



MONTE PATINO E MONTE DELLE ROSE Da Castelluccio

Su richiesta di alcuni lettori che giustamente mi rimproverano di descrivere nel sito itinerari sempre piuttosto impegnativi, stavolta propongo un percorso ad anello facile, adatto a tutti anche se lungo 15 chilometri ma con soli 450 metri di dislivello.

Il percorso ad anello non è indicato nella bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini.

ACCESSO: L’itinerario prevede la partenza dalla Piazza di Castelluccio (1432 m.) dove si parcheggia l’auto e permette di raggiungere come altezza massima il Monte delle Rose e il Monte Patino, con ritorno per la parte superiore della Val Canatra.

SALITA: Dalla Piazza di Castelluccio si prende la strada sterrata che sale nel versante Est del Monte Veletta, verso sinistra, sopra al Cimitero, e che conduce al punto di decollo dei parapendii. Raggiunte le pendici Sud di Poggio di Croce, nei pressi delle Coste i Forconi dove è presente la manica a vento del punto di decollo dei parapendii si prosegue la strada fino ad arrivare al pianoro di quota 1800 metri dove la sterrata si snoda in direzione Nord-ovest (foto n.8).

Si prosegue la sterrata deviando per sentiero (foto n.11) verso sinistra in direzione di Forca di Giuda (1794 m.) dove si raggiunge la cresta del Monte delle Rose che si risale fino alla cima (1887 m.).

Dal Monte delle Rose, dove paradossalmente non c’è neppure una pianta di rose selvatiche, si prosegue in discesa fino alla sella e si risale la cresta rocciosa verso la grande croce di Monte Patino (1883 m.).

DISCESA: Dal Monte Patino si ritorna indietro alla sella tra il Monte delle Rose e si taglia il versante Nord-ovest e successivamente quello Nord per comodo sentiero in quota che attraversa anche un vasto mirtilleto fruttificante, piuttosto raro a queste quote (foto n.22-23).

Giunti di nuovo alla Forca di Giuda si riprende la sterrata percorsa in salita fino al pianoro di quota 1800 m. e si prosegue verso Sud-est

Qui, giunti ad una deviazione si prosegue il tratturo di sinistra (foto n. 25) che si inoltra verso la valletta nella zona denominata Coste i Valloni attraversando vetusti lembi di faggeta (foto n. 29-30). Il tratturo gira nella valletta e percorre le in direzione Nord le pendici di Colle Bernardo, nella parte superiore di Valle Canatra, (foto n.33) per cambiare di nuovo direzione dirigendosi verso Est verso Coste le Prata (foto n.35) per congiungersi con la strada sterrata percorsa in salita nei pressi di Monte Veletta da cui in breve si raggiunge Castelluccio chiudendo così il percorso ad anello.

Oppure si può decidere di scendere per la bellissima Valle Canatra, una volta raggiunta la zona Coste i Valloni anziché proseguire il tratturo si scende direttamente nella valletta boscosa sottostante su traccia di sentiero, dapprima stretta poi man mano si allarga e gira verso destra da cui si apre la vista verso il Pian Perduto, fino a scendere alla Fonte Valle di Canatra.

Dalla grande fontana si sale lievemente al margine del bosco sulla destra e si prende un tratturo che conduce direttamente all’abitato di Castelluccio.

1- Nebbia mattutina al Pian Perduto, sullo sfondo il Monte Porche e il Monte Palazzo Borghese.
2- Nebbia al Piano Grande
3- Veduta aerea del Paino Grande con i Monti della Laga sullo sfondo.
4- Il sole sorge dalla Cima del Redentore
5- Lentamente il Piano Grande viene illuminato da sole.
6- Bellissima pianta di Astragalus sempervirens ai lati della strada nel versante est del Monte Veletta
7- Il Monte Castello e, a destra, il Monte Ventosola
8- Il pianoro ad Ovest del Poggio di Croce con i Monte Patino a sinistra e il Monte delle Rose al centro.
9- Veduta di Camerino dal Monte delle Rose, a destra il Monte San Vicino.
10- Il Monte Lieto visto dal Monte delle Rose.
11- La sterrata che si snoda verso il Monte delle Rose, in alto si nota a sinistra il sentiero per Forca di Giuda.
12- Veduta dal Monte delle Rose del versante Ovest dei Monti Sibillini, dalla Croce di Monte Rotondo a sinistra fino al Monte Argentella a destra.
13- Veduta dal Monte delle Rose del versante Ovest dei Monti Sibillini, dal Monte Porche a sinistra fino alla Cima del Redentore a destra.
14- Il Monte delle Rose e, a sinistra, il Monte Patino con la grande croce.
15- Il Monte Patino.
16- Veduta verso Nord con le cime arrotondate del Monte Fausole, Monte Colventoso, Monte Prata e Monte La Bandita con il Monte Cardosa che svetta sullo sfondo.
17- L’ultimo tratto di cresta rocciosa del Monte Patino.
18- La Valle di Patino con la Montagna Fusconi.
19- Veduta di Norcia e del Piano di Santa Scolastica dal Monte Patino.
20- L’enorme croce del Monte Patino.
21- Affioramenti ad Ossidi di Ferro lungo il sentiero per il Monte Patino.
22-23- Rarissimo mirtilleto fruttificante a quota 1700 metri nel versante Nord del Monte delle Rose.
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24- Colchicum alpinum con due lepidotteri
25- La sterrata che scende a Castelluccio passando le le Coste I Valloni.
26- La sterrata della foto n.25 che si inoltra in bellissime e vetuste faggete è percorsa dal Sentiero Italia,
27- Nella vetusta faggeta delle Coste I Valloni sono presenti grandi formazioni del raro lichene Lobaria pulmonata.
28- Vecchia ceppaia di Faggio con enormi radici.
29-30- La sterrata che serpeggia verso le Coste I Valloni.
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30- Strane formazioni rocciose assomiglianti a dei Menhir nella Costa I Valloni.
31- Un Sorbus aucuparia è cresciuto stranamente all’interno di un tronco cavo di Faggio
32- Il lungo fusto del Sorbus aucuparia della foto n.31 percorre tutto il tronco cavo del Faggio che lo ospita, fino al terreno.
33- La sterrata curva sopra Colle Bernardo, sopra la Valle Canatra, per dirigersi verso Coste Le Prata, sullo sfondo il Monte Lieto..
34- La Valle Canatra con il Pian Perduto e i boschi del San Lorenzo sullo sfondo, sotto al Monte Porche.
35- il Pianoro sotto Coste Le Prata
36- Veduta di Castelluccio e della Cima del Redentore dalla strada sotto a Monte Veletta.
37- I campi coltivati del Piano Grande in versione di fine estate.
38- Ragnatela nel bosco di Coste I Valloni.
39- Il 2 gennaio 2023, in assenza ancora di neve, abbiamo ripercorso l’itinerario e, tra le rocce del versante Sud del Monte Patino, abbiamo ritrovato dei resti di un Camoscio, corna e pelo, visibile più in alto e diverse ossa sparse.
40- La cima del Monte Patino
41- La Valle Canatra
42- La Fonte di Valle Canatra con il Piano Grande sulla sinistra, sulla destra al margine del bosco c’è il tratturo per Castelluccio.
43- Il versante Sud del Monte Lieto con il canale di salita, tra luce ed ombra, descritto in un altro itinerario.
39- Pianta satellitare del percorso proposto ROSSO: Itinerario di salita GIALLO: Itinerario di discesa.



MONTE LIETO – DIRETTISSIMA

Il pomeriggio successivo all’escursione al Monte Castel Manardo, approfittando delle limpide giornate, ho salito di pomeriggio il ripido canale che si apre nel versante Est del Monte Lieto, nella Val Canatra.

L’escursione è breve, può essere fatta in mezza giornata, non presenta difficoltà ma è piuttosto ripida, in soli 2,2 km di salita si effettuano ben 650 metri di dislivello.

ACCESSO: Si raggiunge con l’auto il Pian Perduto salendo da Castelsantangelo sul Nera, si prosegue in direzione di Castelluccio e una volta arrivati all’imbocco della Val Canatra si parcheggia nello slargo della strada.

SALITA: Dallo slargo della strada si risale la Val Canatra per traccia di tratturo. Giunti alla base del canalone Est del Monte Lieto ci si dirige verso l’intaglio che esso forma nel versante della montagna.

Si risale all’interno del canale superando alcune facili formazioni rocciose alternate ad erba e massi fino ai più ripidi pianori sommitali, in 1,5 ore dall’auto si raggiunge la cima di Monte Lieto (1940 m.).

DISCESA: Si ritorna all’auto visibile dalla cima percorrendo il pendio erboso al lato sinistro (in discesa) del canale stesso senza tracciato.

1- Il canale Est del Monte Lieto visto dalla strada del Pian Perduto, all’imbocco della Val Canatra.
2- La prima parte del canale meno ripida.
3- Fase di salita del canale e la strada per Castelluccio con la mia auto nello slargo in alto a sinistra.
4 – 5 – Il fondo del canale con erba e tracci rocciosi.
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6- La Cima del Redentore vista dalla parte mediana del canale.
7- L’ultimo tratto ripido del canale con roccette prima dei pendii erbosi sommitali.
8 – Le rocce al lato del canale che formano una piccola grotta, al lato il Monte Porche e il Monte Palazzo Borghese
9- La grotticella vista dal lato destro.
10- I facili risalti rocciosi finali.
11- Tutto il canale visto dall’inizio del pendio erboso sommitale.
12- Il Monte Porche, Monte Palazzo Borghese e Monte Argentella con il pendio di discesa con pendenza costante di 40°.
13- Veduta dalla cima di Monte Lieto verso il gruppo Nord dei Monti Sibillini da sinistra la Croce di Monte Rotondo, La Croce di Monte Bove , il Monte Bove Nord, il Monte Bove Sud, Pizzo Berro, Pizzo Regina e la Cima di Vallinfante.
14- Veduta dalla cima di Monte Lieto, da sinistra il Monte Bove Sud, Pizzo Berro, Pizzo Regina e la Cima di Vallinfante, Cima Vallelunga, Monte Porche e Monte Palazzo Borghese.
15- Veduta dalla cima di Monte Lieto, da sinistra il Monte Argentella, Forca Viola, Cima di Forca Viola, Quarto San Lorenzo, Cima dell’Osservatorio, Cima del Redentore e Cima del Lago con il sottostante Scoglio dell’Aquila.
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16- Veduta dalla cima di Monte Lieto verso Castelluccio.,
17- Veduta dalla cima di Monte Lieto verso il Piano Grande, Monte Macchialta e Monte Guaidone con i Monti della Laga sullo sfondo.,
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18- Veduta dalla cima di Monte Lieto verso il Monte delle Rose e Monte Patino.
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19- Veduta dalla cima di Monte Lieto verso il Monte Cardosa.
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20- Veduta dalla cima di Monte Lieto verso Camerino,
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21- Il canale di salita visto durante la discesa nel pendio erboso al lato sinistro.
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22- La parte iniziale del canale di salita visto da Castelluccio
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23- La parte mediana del canale di salita.
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24- La parte finale del canale di salita.
25- Il canale Est di salita al Monte Lieto
26- Pianta satellitare del percorso proposto ROSSO: Itinerario di salita GIALLO: itinerario di discesa



WEEKEND AL GRUPPO DEL GRAN SASSO

Il 17 settembre abbiamo raggiunto il Monte Brancastello per l’itinerario classico passando per Vado di Corno sotto un vento sferzante ad 80-90 km/h e nebbia che ha reso più emozionante la facile ascensione. Poi al pomeriggio, approfittando di un miglioramento del tempo abbiamo raggiunto la vecchia Miniera di bitume alle pendici sud-est del Monte Camicia partendo dalla fiumana che si incontra sulla strada per il Rifugio di Fonte Vetica.

Il 18 settembre invece il tempo è migliorato nettamente regalandoci una giornata limpidissima dove, dalla Vetta Occidentale del Corno Grande, si vedeva il Mare Adriatico ed il Mare Tirreno.

Di seguito le immagini delle due splendide giornate.

MONTE BRANCASTELLO DA VADO DI CORNO

1- Il parcheggio per Vado di Corno, sulla destra.
2- La cresta da Vado di Corno al Monte Brancastello.
3- Il Corno Grande coperto di nebbia.
4- Il Monte Aquila a sinistra ed il Corno Grande a destra, per tutto il giorno sono stati coperti dalla nebbia.
5- Verso il Monte Brancastello
6- In prossimità della cima si vede in lontananza il Vado di Corno.
7- La cima del Monte Brancastello con tanto di targa in acciaio, mica la scritta con il pennarello su una pietra come nei Monti Sibillini.
8- La cresta continua verso le Torri di Casanova ma con il forte vento non è opportuno proseguire.

MINIERA DI SCISTO BITUMINOSO NEL VERSANTE SUDEST DEL MONTE CAMICIA

9- Le rocce dove sono state girate delle scene del film “Lo chiamavano Trinità” con Bud Spencer e Terence Hill, con tanto di cerchio di pietre per il fuoco e padella a sinistra.
10- La fiumana che scende tra il Monte Prena e il Monte Camicia
11- Il versante sudest del Monte Camicia con i ruderi della vecchia miniera di Bitume a sinistra alla base del canalone detritico
12- Paesaggio lunare verso il Monte Prena.
13- 14- 15 – I ruderi della vecchia Miniera di Scisto Bituminoso.
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16- La miniera con il Monte Camicia sullo sfondo.
17- Il pozzo di accesso alla Miniera.
18- Le costruzioni della miniera ed il Monte Bolza sullo sfondo
19- Il canalone sudest del Monte Camicia visto da una delle finestre degli edifici della miniera che ancora resistono al tempo.

CORNO GRANDE – VETTA OCCIDENTALE DA CAMPO IMPERATORE PER LA VIA NORMALE

20- Il Corno Grande visto dal Lago Pietranzoni.
21- Campo Imperatore visto dal sentiero per la Sella di Monte Aquila.
22- Il Corno Grande visto da Campo Pericoli.
23- Il Pizzo Cefalone visto da Campo Pericoli.
24- Il Pizzo d’Intermesoli.
25- Il Corno Piccolo con il Mare Adriatico ai lati.
26- L’ultimo tratto di salita più impegnativa per la Vetta Occidentale del Corno Grande.
27- Il Corno Piccolo ancora più basso sull’orizzonte man mano che si sale
28- Veduta verso Ovest con un tratto di Mare Tirreno visibile.
29- L’inevitabile coda domenicale di escursionisti.
30- La cima Occidentale del Corno grande.
31- La cima Orientale e la conca del Calderone.
32- Il Ghiacciaio del Calderone nonostante la calda estate tiene duro.
33- La cresta della cima Occidentale.
34- Veduta di Campo Pericoli dalla cima Occidentale del Corno Grande.
35- Veduta di Campo Imperatore dalla cima Occidentale del Corno Grande con la Majella sullo sfondo a destra.
36- Veduta verso Nord con i Monti della Laga e i più lontani Monti Sibillini dalla cima Occidentale del Corno Grande.



MONTE CASTEL MANARDO risalita completa della cresta Est e discesa per la cresta Nord.

Approfittando di due pomeriggi consecutivi di cielo limpido, che non accadeva da Aprile, ho effettuato due salite brevi ma inedite e di rilevante dislivello nel breve tempo che richiedono.

La prima, la presente che descrivo, è un percorso ad anello che coinvolge le due creste parallele del Monte Castel Manardo, la est in salita, inedita, e la nord classica in discesa, con un dislivello totale di 600 metri in soli tre chilometri di tragitto, effettuati in meno di un’ora e 30 minuti in sola salita.

La salita è adatta a tutti e non presenta difficoltà, può essere effettuata in mezza giornata oppure prolungata scendendo a Forcella Bassete e ritornando indietro per la strada Pintura-Casale Grascette-Casale Bassete-Casale Rinaldi.

ACCESSO: L’itinerario prevede il raggiungimento in auto alla Pintura di Bolognola e si prosegue per la strada sterrata, a destra del Ristorante La Capanna, che conduce a Garulla. Si prosegue nella faggeta per circa un chilometro e, appena essa si dirada ed inizia un tratto con pini ed abeti di rimboschimento, si parcheggia, in corrispondenza di un cartello triangolare di rischio caduta massi, dove, sulla scarpata, sale una traccia di sentiero. (357831,7 E – 4760236,7 N; 1320 m.; foto n.1).

SALITA: Dalla scarpata si sale sulla traccia di sentiero che si dirige verso un costone erboso, nella zona denominata Rocchette, dove si cambia subito versante (foto n.2) , il sentiero, allargato e sdoppiato dal passaggio di bovini al pascolo estivo, costeggia il bosco sottostante conducendo, in circa 10 minuti, alla base di torrioni rocciosi (358362,4 E – 4760271,8 N; 1435 m.; foto n. 5-6), su superano alcuni ripidi canaloni (foto n. 8-9) per poi proseguire verso prati più aperti, in altri circa 20 minuti si raggiunge la cresta Est, in corrispondenza di quello che in alcune cartografie viene indicato come Pizzo di Monte Berro (358671,5 E – 4760397,6 N; 1485 m.; foto n. 10) dove si cambia versante e si scopre il Monte Amandola.

Si sale la meno ripida cresta erbosa che sale verso destra per altri 15 minuti fino a raggiungere il Monte Berro (358358,7 E – 4759986 N; foto n.13-14; 1608 m.) dove si intercetta la strada sterrata Pintura di Bolognola-Casale Grascette-Casale Bassete-Casale Rinaldi.

N.B. Recentemente sui social ho visto un video dove, da alcuni non ben identificati soggetti, veniva raggiunta la cima del Monte Berro con la neve, passando appunto dalla strada indicata, chiamandola Cima Venosa anziché con il vero nome riportato su tutte le carte topografiche dei Monti Sibillini.

Faccio notare che anche in precedenza avevo indicato che altre cime dei Monti Sibillini erano state contrassegnate con tanto di pennarello sulle pietre, di nomi di fantasia senza alcuna base storica o toponomastica (Pizzo Pae, Cima Felix)

Io vorrei sapere anzitutto dove questi strani soggetti hanno trovato questo nome, non esiste ne sulle carte ne sulla bibliografia, non ha alcun riferimento alla zona, è un puro e cretino nome di fantasia e non capisco come la gente si permetta, sui social, di attribuire nomi di fantasia a luoghi che invece hanno nomi centenari se non millenari, riportati su libri o cartografie, del resto mancando del tutto la segnaletica sul posto è chiaro che ognuno di senta padrone di assegnare il nome che vuole ad una cima come se fosse il primo ad averla raggiunta.

L’adeguata e indiscutibile segnaletica sembra non esistere nei Monti Sibillini, al contrario, come ho dimostrato in recenti reportage, di quanto accade in altri Parchi dell’Italia Centrale.

Una volta raggiunta la strada sterrata si prosegue la cresta erbosa (foto n. 18-19) soprastante in corrispondenza della curva di cambio di versante, senza tracciato, dapprima in lieve salita quindi si innalza e si inizia ad incontrare delle piccole trincee parallele prodotte probabilmente da vecchi terremoti. In circa 20 minuti dalla strada si raggiunge una piccola trincea dove si apre un buco di 30 centimetri di diametro (foto n.20) che non avevo mai notato prima (Vedasi l’articolo IL BUCO DI MONTE BERRO 15 Giugno 2020), dopo altri 30 metri di raggiunge una più profonda trincea dove si nota nel suo margine destro il Buco di Monte Berro, un pozzo largo circa 50 centimetri che si inoltra nelle viscere della montagna (foto n.21; 357911 E – 4759404 N; 1780 m) .

Dal Buco si prosegue la salita in cresta fino ad una paretina rocciosa che si risale a sinistra e in breve ad intercettare una vecchia strada che conduce alla Fonte Gorga, a circa 450 metri sulla destra, dove è presente una captazione con il tetto sfondato ed un fontanile che, ormai anch’esso come molte altre fonti dopo il terremoto del 2016, non porta più acqua ma la zona comunque è piena di piccole vene di acqua (357238,3 E – 4759171,4 N; 1845 m).

Dalla Fonte o anche dal pendio erboso prima, si risale in direzione sud-ovest per prati fino alla cima del Monte Castel Manardo (1917 m.) contrassegnata da un palo con vernice bianco/rossa (15 minuti dal Buco).

DISCESA: Dalla cima del Monte Castel Manardo si ridiscende in poco più di un’ora per l’itinerario classico (usato normalmente in salita) passante per la cresta Nord , la Porta di Berro e i Campi da Sci di Bolognola, già indicato su altri itinerari del presente sito.

Una volta raggiunti gli impianti, anziché prendere la strada sterrata che proviene da M. Berro, intercettata in salita e che conduce alla Pintura di Bolognola, si continua a scendere lungo le piste da sci verso destra, fino allo skilift “Pintura 2” situato sulla strada Pintura di Bolognola-Garulla da dove si è partiti. Giunti sul prato sovrastante la cabina di trasformazione dell’impianto di risalita anziché scendere e prendere la strada sterrata percorsa con l’auto si segue un sentiero (foto n. 39) che costeggia il bosco a destra per poi ridiscendere sulla strada 400 metri prima dell’auto chiudendo così il percorso ad anello.

1- Il punto di partenza dalla strada Pintura di Bolognola – Garulla.
2- Il prato con il punto di cambio versante ed il sentiero che costeggia il bosco.
3- L’abitato della Pintura di Bolognola visto dal sentiero della cresta Est del Monte Castel Manardo.
4- Il pendio erboso prima dei torrioni rocciosi.
5- Il sentiero prosegue verso le rocce.
6- Il passaggio sotto ai torrioni rocciosi.
7- La Valle Tre Santi sottostante.
8 – 9- Il passaggio nei ripidi canaloni erbosi prima della cesta Est.
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10- La cresta Est del Monte Castel Manardo nel punto denominato Pizzo di Monte Berro dove si scopre il Monte Amandola.
11-I ripidi canaloni della foto n. 8 visti in salita dalla cresta sovrastante.
12- I ripidi pendii della foto n. 9 visti in salita dalla cresta sovrastante con il Pizzo di Monte Berro a destra. dove termina la traccia del sentiero in salita.
13- Il Monte Berro dove si intercetta la strada Pintura di Bolognola-Casale Grascette-Casale Bassete-Casale Rinaldi
14- Fantastica veduta fino al mare dal Monte Berro, in una giornata limpida che non si vedeva da molti mesi.
15- La cresta Nord di Monte Castel Manardo usata per la discesa, vista dalla cresta Est, sullo sfondo il Monte Rotondo.
16- La cresta Est di salita molto al di sopra della strada Pintura di Bolognola-Casale Grascette.
17- Veduta verso Nord con la strada sottostante ed il dosso erboso più verde di salita.
18- La cresta di discesa con tutto il versante del Nord del Monte Castel Manardo.
19- Il primo Buco, che non avevo mai trovato prima.
20- Il Buco di Berro.
21- Il tubo dell’acqua dell’abbeveratoio dello stazzo vicino a Monte Berro che scende da Fonte Gorga, passa sospeso in aria proprio nella trincea dove si apre il Buco di Berro.
22- Una lunga trincea poso sotto al tratturo per fonte Gorga, a destra la Pintura di Bolognola.
23- Il tratturo per Fonte Gorga.
24- Zoom verso il mare con una nave all’orizzonte.
25- Zoom verso il Monte Conero.
25- Il Monte San Vicino a destra e addirittura il Monte Titano a San Marino a sinistra.
26- La cresta Nord di discesa con il Monte Cacamillo sullo sfondo.
27- Il Pizzo Regina visto dalla cima del Monte Castel Manardo.
28- Il Pizzo Berro ed il Casale Rinaldi a destra sotto alla parete Nord.
29- Il Pizzo Tre vescovi ed il Monte Acuto.
30- Il Monte Sibilla e la cima del Monte Vettore a destra.
31. Il Monte dell’Ascensione.
32- La prima parte della salita della cresta Est
33- La seconda parte della salita della cresta Est
34- La parte finale della salita della cresta Est
35- La salita vista dalla Pintura di Bolognola
36- La cresta Nord di discesa sopra alla Porta di Berro.
37- La cresta Nord verso la cima del Monte Castel Manardo.
38- Il tratto di strada della foto n.1 dove si parcheggia ed inizia il tracciato proposto, visto dalla Porta di Berro durante la discesa..
39- Il sentiero sopra la bosco che permette di raggiungere l’auto senza passare sulla strada sterrata.
40- Pianta satellitare del percorso proposto: PERCORSO ROSSO: Salita PERCORSO GIALLO: Discesa



LA GROTTA DEL CAVALLONE e altri luoghi da visitare nel Massiccio della Majella.

La Grotta del Cavallone, situata nella Valle di Taranta, nel versante Est della Majella, si raggiunge con una comoda bidonvia da Taranta Peligna e con una finale scaletta da brivido che si innalza su delle pareti rocciose verticali.

Di seguito le immagini dell’escursione alla grotta e di altri luoghi da visitare intorno alla Majella.

1- Le pareti laterali della Valle di Taranta.
2- 3 -La bidonvia che sale nella Valle di Taranta verso l’ingresso della Grotta del Cavallone.
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4- La parete dove, in alto, si apre l’ingresso della Grotta del Cavallone.
5 – 6- L’ingresso in piena parete della Grotta del Cavallone con l’incredibile scaletta che bisogna percorrere a piedi per entrare nella cavità.
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7- La testata della Valle di Taranta vista dall’ingresso della Grotta.
8 – 9- La ripidissima e stretta scaletta con cui si raggiunge l’ingresso della Grotta del Cavallone.
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10- 11- Veduta dall’ingresso della Grotta
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12- Veduta dalla scaletta verso Taranta Peligna
13- L’Aquilegia magellensis, endemismo che cresce all’ingresso delle grotte solo sul massiccio della Majella, da cui deriva il suo nome, fiorisce in primavera.
14- L’ingresso della Grotta dove le guide accolgono i visitatori.
15 – 19- Immagini dell’interno della Grotta del Cavallone.
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20- Stalattiti annerite da inclusioni di bitume.
21- Il massiccio del Monte Morrone visto dalla Majelletta.
22- Polyommatus dolus, lepidottero delle quote alte della Majella.
23- La Cima delle Murelle vista dalla Majelletta.
24- L’anfiteatro delle Murelle
25- Pino mugo nel versante Est della Majelletta, con una visione incredibile su tutto l’Abruzzo fino al mare.
26- Le estese mughete della Majelletta lungo il sentiero Montanelli-Porreca.
27- Il Rifugio Pomilio alla Majelletta.
28- Cymbalaria pallida, altro endemismo dei ghiaioni della Majella all’Orto Botanico “Daniela Brescia” a S.Eufemia a Majella.
29- Ricostruzione di Tholos, antica costruzione a secco fatta dai pastori, all’Orto Botanico “Michele Tenore” a Lama dei Peligni.
30- Tholos originali nelle praterie di Roccamorice.
31- Interno di un Tholos.
32- Veduta del versante Ovest della Majella, Monte Pesco Falcone
33- La sella dei Tre Portoni
34- Il Monte Amaro, la cima più alta, 2793 metri.
35- Il Fondo Majella
36- L’ottima cartellonistica del Parco Nazionale della Majella, come del resto di tutti i parchi d’Abruzzo !!!!!!!!
37- Addirittura sono segnalate anche le zone di interesse floristico come per le Orchidee spontanee intorno a Palena.
38- Veduta notturna del versante Ovest della Majella vista da Pacentro.



MONASTERI RUPESTRI DELLA MAJELLA

La “Montagna Grande”, la Majella non è solo un grande massiccio montuoso del Sud dell’Abruzzo ma storia di eremiti e Papi come Pietro da Morrone che dapprima frequentò le grotte della Majella fondando monasteri rupestri per poi diventare Papa Celestino V nel 1294.

Ho visitato due monasteri rupestri, il Monastero di San Martino in Valle nelle vicinanze di Fara San Martino e Santo Spirito a Majella detto anche Eremo di Celestino V, raggiungibile da Roccamorice.

Di seguito le immagini delle due escursioni:

SAN MARTINO IN VALLE da Fara San Martino

1- Fara San Martino e la Valle di Macchialunga dove è presente il Monastero di San Martino in valle
2- La Val Serviera ed il noto pastificio di Fara San Martino
3- Cavità all’ingresso della Valle di Macchialunga
4- Le alte pareti all’ingresso della valle.
5- L’ingresso della forra della Valle di Macchialunga
6 – 7 – 8 – La Forra della Valle di Macchialunga
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9 – 10 – I ruderi dell’eremo di San Martino in Valle
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11- Una freschissima fontana sotto ad un grotta nella Valle di Macchialunga
12- Il grande Carpino nero cresciuto sotto alla grotta della foto n.11
13- La falesia di Fara San Martino con arrampicatore in azione, in alto sullo sfondo il paese di Civitella Messer Raimondo.
14 – 15 – Altre cavita e pareti della valle
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SANTO SPIRITO A MAJELLA o EREMO DI CELESTINO V da Roccamorice

16 – 17 – L’ingresso del Monastero ancora integro ed utilizzato.
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18- 22 – I vari ambienti del Monastero, al riparo sotto grandi tetti di roccia.
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23- Il campanile del Monastero
24- Gli ex orti di piante officinali del Monastero
25- La Campanula fragilis subsp. cavolini, endemismo della Majella.



LE MONTAGNE ISPIRANO

Le montagne non sono solo ascensioni, libertà, impegno fisico, panorami, piante, animali, minerali, tradizioni, cultura, storie, persone, suoni, profumi (che però non si possono riprodurre nel web) ma anche poesia.

Mi è stata inviata questa poesia sui Monti Sibillini che ho trovato fatta con il cuore da una persona che ha captato in pieno lo spirito dell’andare in montagna e voglio proporla ai frequentatori del mio sito.

Grazie a Romina Vittori.

Ai Sibillini

Oh miei amati Monti Sibillini,

padre e madre della Marca.

A pochi passi da questa vetta,

vi dev’essere la porta del paradiso.

Verde pace tutt’intorno,

silenzio ed eternità.

Profumo semplice del creato.

Fiori d’ogni specie e insetti laboriosi.

Come nell’Eden,

abbandono i dolori della terra,

per rifugiarmi nell’assoluto incontro

della beatitudine.




MONTE ARGENTELLA – Nel cuore della grande e selvaggia parete Est – Grotte del Fosso dell’Argentella.

Un giorno il nostro amico Paolo Petrini, recentemente scomparso, definì il nostro modo di realizzare alcuni nuovi itinerari estivi (come molti riportati nelle mie pubblicazioni e nel presente sito) come un Escursionismo Estremo Esplorativo che può essere definito dalla sigla EEE in quanto non si effettua una vera e propria salita alpinistica ma non può essere neppure paragonato ad una escursione impegnativa e con difficoltà alpinistiche come definita dalla sigla EEA.

E’ un modo diverso, alternativo di vivere la montagna che si pone tra queste due forme di attività sportiva ma che ovviamente è destinato esclusivamente a persone esperte che sappiano affrontare itinerari EEA e che, lentamente e con cautela, si spingono oltre questo limite delle escursioni e che hanno anche le basi dell’alpinismo classico per saper affrontare salite o discese su roccia applicando tecniche alpinistiche.

Questo itinerario è uno di quelli che si possono definire EEE perché si svolge in un ambiente grandioso, selvaggio, senza alcun sentiero, su terreno ripidissimo e senza alcuna indicazione su bibliografia, dove abbiamo applicato conoscenze di alpinismo nella progressione e su calate in corda doppia, neppure gli anziani della zona sono riusciti a darci indicazioni precise e non sapevano dell’esistenza di tre grotte menzionate invece in modo impreciso nel Catasto delle Grotte della Regione Marche forse a causa delle difficoltà di ricezione del segnale GPS all’interno del Fosso, per questo motivo anche io non ho potuto inserire le coordinate precise delle cavità .

Siamo quindi saliti in esplorazione, abbiamo trovato le tre grotte indicate ed un passaggio per esplorare e salire la grande e selvaggia parete Est del Monte Argentella.

Il canale dell’Argentella che esce poco più a destra della cima, d’inverno, è invece una impegnativa e lunga salita alpinistica su ghiaccio menzionata nel libro GHIACCIO D’APPENNINO di Cristiano Iurisci (Canale d’Argento, già salito nel 1983 e addirittura disceso con gli sci nel 2000).

La cresta Nord posta tra il Canale dell’Argentella ed il Fosso Mozzacarne è risalita da un itinerario EEA già riportato in bibliografia che inizia dal Piano della Gardosa e raggiunge la cima del M.Argentella.

Mentre la cresta Est è stata risalita da noi in un itinerario anch’esso EEA descritto a pagina 72 del mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI”.

ACCESSO: Il versante Est del Monte Argentella si raggiunge da Foce di Montemonaco. Si parcheggia l’auto alla fine del paesino (il proseguimento con auto verso il Piano della Gardosa è vietato !!!) e si continua la strada sterrata a piedi che conduce verso il Lago di Pilato.

DESCRIZIONE: Si percorre tutto il Piano della Gardosa (20 minuti) fino ad arrivare sulla verticale del Fosso dell’Argentella. Nel prato a destra della strada si nota un tratturo (358040,3 E – 4746606,4 N; 1120 m.) che sale dritto verso il fosso e che veniva usato per prelevare gli alberi abbattuti dalle slavine invernali. Si prende il tratturo e si risale faticosamente il ripido pendio che attualmente presenta numerosi arbusti che obbligano molte deviazioni. Dopo circa 30 minuti di salita dalla strada si raggiunge, sulla sinistra, un alto sperone roccioso oltre il quale il canale si biforca.

Si traversa verso sinistra per raggiungere la base del torrione dove si apre una prima cavità poco profonda ma caratterizzata da una volta perfettamente circolare, che, secondo il Catasto delle Grotte della Regione Marche dovrebbe essere identificata come la “Caverna nel Fosso dell’Argentella” (foto n. 2-3; 357587,7 E – 4746807,3 N; 1350 m.).

Si prosegue la cengia di sinistra che corre alla base dei torrioni rocciosi e che prosegue dalla prima grotta, dopo 100 metri si risale un po’ e si raggiunge una grande caverna, alta almeno 4 metri e profonda una decina che secondo il Catasto delle Grotte della Regione Marche dovrebbe essere identificata come la “Caverna presso il Fosso dell’Argentella” (foto n. 4-5-6-7, coordinate imprecise).

Si ritorna indietro e si riprende il Fosso dell’Argentella che, poco più a monte dello sperone roccioso si divide in due rami. Il ramo sinistro (in salita) si presenta ripidissimo e caratterizzato da saltini rocciosi e massi instabili (foto n.10) che non permettono la sua risalita. Il ramo destro (in salita) si presenta caratterizzato da un fondo erboso anche se molto ripido (foto n.11).

Qui abbiamo salito in esplorazione questo ramo del canale dove la sponda destra rappresenta la cresta che si percorre nell’itinerario EEA già riportato in bibliografia che dal Piano della Gardosa raggiunge la cima del M.Argentella risalendo appunto la cresta Nord dell’Abbandonata posta tra il Canale dell’Argentella ed il Fosso Mozzacarne (indicato nella pianta satellitare n. 47 e 49, foto n. 1A-17A ).

Si risale il canale fino al suo termine (357545 E – 4746947,5 N; 1435 m.) dove delle rocce obbligano a deviare verso sinistra risalendo un ripido pendio erboso e dirigendosi sempre verso sinistra in direzione dell’altro ramo parallelo del canale traversando su terreno molto ripido dove è consigliato l’uso di una piccozza (30 minuti; foto n.13-14-16).

Si superano due valloni erbosi con isolati alberi fino a raggiungere la sponda del ramo sinistro del Fosso (foto n. 19-20-21-22).

Qui dapprima la ripidità del Fosso e le incombenti stratificazioni di rocce sovrastanti sembrano precludere il proseguimento invece salendo in verticale la sponda destra (in salita) del Fosso fino alla base delle rocce ( 357311,6 E – 4746822,1 N; 1550 m.) si nota, con estremo stupore, una lieve traccia di un vecchio passaggio che taglia in quota il ripidissimo pendio destro del Fosso per entrare in esso e raggiungere così il cuore della parete Est del M. Argentella (foto n.28-29-30-31).

Si entra quindi nel canale caratterizzato da un fondo detritico e pareti rocciose laterali fino ad una grande stratificazione oltre la quale le sovrastanti pareti verticali impediscono la risalita (20 minuti).

Secondo anziani della zona il tracciato dovrebbe proseguire verso la sommità della Ripa Grande situata sulla sinistra del Fosso ma non abbiamo trovato traccia ne possibilità di traversata nonostante le nostre ricerche.

Dal cuore della grande parete Est del M. Argentella abbiamo visto però la possibilità di raggiungere la sovrastante zona denominata “l’Abbandonata” risalendo in diagonale verso destra i ripidissimi prati alternati da caratteristiche lunghe fasce rocciose affioranti facilmente superabili fino ad uscire sulla cresta Nord del Monte Argentella posta appunto tra il Fosso dell’Argentella ed il Fosso Mozzacarne e raggiungere la cima seguendo l’itinerario già menzionato riportato in bibliografia e che abbiamo percorso anni fa.

Per motivi di tempo e per la minaccia di temporali pomeridiani la nostra esplorazione è proseguita ancora per un centinaio di metri di quota ma poi si è fermata qui ma ciò non toglie che la porteremo a termine in altra occasione.

Durante la discesa effettuata per lo stesso itinerario di salita siamo ritornati di nuovo alla confluenza dei due rami del Fosso dell’Argentella e abbiamo quindi ricercato la terza cavità indicata nella zona, costeggiando il bosco alla destra del canale (in discesa, a valle delle prime grotte raggiunte) siamo passati sotto ad una grande parete franata quindi costeggiato in discesa uno sperone roccioso ed infine abbiamo risalito in cordata un ripidissimo canale boscoso devastato dalle frane del terremoto del 2016 fino al suo termine dove, sotto alla parete rocciosa, abbiamo ritrovato la terza piccola cavità che secondo il Catasto delle Grotte della Regione Marche dovrebbe essere identificata come il “Buco del Fosso dell’Argentella” (foto n.38-39-40-41-42; 357707,6 E – 4746626,7 N approssimate per difficoltà di ricezione GPS, 1295 m:).

Dalla cavità, per facilitare la discesa su questo tratto ripidissimo e pieno di ostacoli (massi, arbusti e alberi abbattuti) siamo scesi in corda doppia facendo sosta su alberi per poi raggiungere il tratto boscoso iniziale del canale fino al prato da dove siamo risaliti e ritornare quindi a Foce per il Piano della Gardosa (foto n. 45-46).

1- Il primo tratto del Fosso dell’Argentella prima del suo sdoppiamento, in basso la strada del Piano della Gardosa
2- Lo sperone roccioso oltre il quale il canale si sdoppia, a sinistra la prima cavità raggiunta (Ph. Valerio).
3- La prima cavità che secondo il Catasto delle Grotte della Regione Marche dovrebbe essere identificata come la “Caverna nel Fosso dell’Argentella”, poco profonda ma caratterizzata da una perfetta volta circolare.
4-5 – La seconda grotta più a sinistra della prima e più ampia che secondo il Catasto delle Grotte della Regione Marche dovrebbe essere identificata come la “Caverna presso il Fosso dell’Argentella”
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6-7 – veduta dall’interno della grotta.
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8- Lasciamo la cengia che forma le due grotte per proseguire la salita del Fosso dell’Argentella.
9- Al lato sinistro della cengia domina la parete Est della Ripa Grande.
10- Il ramo sinistro (in salita) del Fosso dell’Argentella caratterizzato da salti rocciosi e massi instabili che impediscono la salita in sicurezza.
11- Proseguiamo per il ramo destro (in salita) erboso anche se molto ripido, di fronte la cresta Ovest del Monte Torrone (già oggetto di salita descritta nel mio sito) e la zona de Le Svolte sul sentiero per il Lago di Pilato.
12- Risaliamo ancora nel canale mantenendoci sulla sinistra.
13- Siamo giunti al termine del ramo destro, ormai si devono risalire i ripidissimi pendii erbosi con roccette affioranti che si vedono di fronte, in alto a sinistra la cima del M. Argentella.
14- Foto n. 13 vista dall’albero sovrastante nello spigolo destro.
15- La Ripa Grande in primo piano ed il M.Torrone e l’Antecima Nord del M. Vettore sullo sfondo (Ph. Valerio).
16- Il pendio di risalita sopra al ramo destro del Fosso dell’Argentella.
18- Bellissima immagine di Valerio che racchiude il senso dell’amicizia e della passione per la montagna che ci accomuna.
19- Fasi di risalita del primo vallone verso il cuore della parete Est (Ph. Valerio).
20- In alto la cima del M.Argentella (Ph. Valerio).
21- Grandi placche rocciose caratterizzano il Fosso dell’Argentella.
22- Ci apprestiamo ad affrontare il secondo vallone per raggiungere il cuore della parete.
23- Sopra le nostre teste la zona denominata “L’abbandonata” che dice tutto, con le lunghe fasce rocciose affioranti e dove è possibile una risalita a destra dello spuntone, fino alla cresta sovrastante già risalita anni fa.
24- La ripidità del pendio a 45° costanti e, di fronte, la cresta Est che risale tra il Fosso dell’Argentella ed il Fosso Mozzacarne, situato oltre la cresta,
25- Raggiungiamo così la sponda destra 8in salita del Fosso dell’Argentella.
26- Il Monte Banditello e la Cima delle Prata visti dal Fosso dell’Argentella.
27- Guardiamo titubanti il pendio sovrastante che, all’apparenza, non offre possibilità di proseguimento poi, raggiungendo il ginepro a destra, si scopre una vecchia lieve traccia che entra nel fosso.
28-29-30-31- Iniziamo la traversata su terreno ripidissimo che ci ricorda il Fosso La Foce.
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30 – (Ph. Valerio).
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32-33 – Ed entriamo nel Fosso, in un luogo magico nel cuore della grande Parete (Ph. Valerio).
33- In alto la cima del M. Argentella (Ph. Valerio).
34- Le sovrastanti pareti impediscono dentro al Fosso una sicura prosecuzione estiva.
35- Per cui decidiamo di ridiscendere, anche per il sopraggiungere della nebbia in quota che poi alle 14 scenderà fino a circa 1300 metri di quota.
36- La sommità della Ripa Grande che, secondo un anziano della zona, si può raggiungere da questo versante, ritorneremo !!!.
37- Le condizioni di traversata nel bosco della parte destra (in discesa) del Fosso dell’Argentella per ricercare l’ultima cavità di cui abbiamo notizia, in questo tratto le frane prodotte dal terremoto del 2016 hanno devastato il bosco lasciando integro questo altissimo Faggio.
38-39 – Quindi con una arrampicata di sicurezza in un tratto di bosco distrutto dalle frane raggiungiamo la terza cavità.
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40- La friabilissima parete che forma la terza cavità che secondo il Catasto delle Grotte della Regione Marche dovrebbe essere identificata come il “Buco del Fosso dell’Argentella”
41-42 – La piccola e bassa ma profonda cavità raggiunta (Ph. Valerio).
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43- Veduta dall’interno del “Buco”.
44- Il Piano della Gardosa con tende di Scout visto dalla terza cavità.
45-46 – Approntiamo una serie di corde doppie per agevolare la discesa su terreno sconnesso.
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IMMAGINI DELLA SALITA DELLA CRESTA NORD DAL PIANO DELLA GARDOSA Luglio 2013 insieme al nostro amico Bruno (Itinerario riportato in altra bibliografia).

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17A- Fausto e Bruno nei pressi della cima del M. Argentella.
Il Fosso dell’Argentella in versione invernale.
47- Pianta satellitare del percorso proposto.
48- Dettaglio satellitare delle cavità visitate.
49- Posizione delle cavità secondo il Catasto delle Grotte della Regione Marche.
49- Il percorso proposto visto dalla Cima delle Prata.
50- Dettaglio delle cavità visitate.
51- Il Canale d’Argento, percorso invernale di salita al Fosso dell’Argentella.