MONTE SIBILLA VERSANTE NORD – Ancora effetti del terremoto del 2016 – Torrione di Mèta

Il 16 luglio 2022, dopo quasi sei anni dal terremoto del 2016, ho visitato un ennesimo luogo dove sono visibili i disastrosi effetti di tale evento.

Su indicazione del mio amico geologo Pietropaolo ho raggiunto il primo torrione della zona denominata “Mèta” sul versante Nord del Monte Sibilla, dove il terremoto ha provocato una profonda spaccatura della sommità del torrione di cui una parte si è pericolosamente piegata verso valle e sta incombendo nel bosco sottostante. Non si può stabilire se e quando cadrà ma certamente la visione non è delle più rassicuranti.

Il sito geologico si raggiunge salendo dal Rifugio Sibilla per la forcella del Monte Zampa quindi scendendo per il sentiero de “Le Calle della Sibilla” situato nel versante opposto, riportato nella bibliografia dei Monti Sibillini.

Il sentiero che attraversa tutto il versante Nord del Monte Sibilla fino al fosso Le Vene prosegue poi per il Casale Lanza per poi risalire al Casale della Sibilla, raggiungere la cresta e quindi la cima del Monte Sibilla e scendere per la cresta Est chiudendo così il grande giro.

Una volta raggiuto il primo torrione di Mèta si scende dal sentiero e si raggiunge la sua sommità che presenta tre cime distinte, la faglia si trova nella cima del terzo torrione più a sinistra, chiaramente si raccomanda la massima attenzione per raggiungere la zona del distacco in quanto si trova proprio sulla parte esterna laterale del torrione, a piombo sul sottostante bosco di Mèta con quasi 500 metri di salto.

Una volta visitato il sito si consiglia di proseguire il giro del versante come indicato sopra.

1- Il versante Nord del Monte Sibilla con i tre Torrioni di Mèta e il Torrione de Le Vene a destra. Il sito geologico è situato sulla cima del torrione in primo piano, parzialmente il ombra.
2- La Valle dell’Infernaccio con, da destra, il Monte Priora, Pizzo Berro, Monte Bove Sud e Cima Cannafusto.
3- Il sentiero de Le Calle della Sibilla, prima di raggiungere il primo torrione di Mèta.
4- Il sentiero della foto n.3 visto dalla cima del primo torrione di Mèta.
5- Dalla forcella del Monte Zampa, il sentiero de “Le calle della Sibilla” il più in alto, si dirama in tornanti per scendere verso i torrioni del Monte Zampa.
6- La caratteristica “corona” del Monte Sibilla e il primo torrione di Mèta, la faglia si trova nel lato opposto della cima più alta.
7- Il Pizzo visto dal primo torrione di Mèta, a destra i torrioni Nord di Monte Zampa.
8- Veduta verticale dal primo torrione di Mèta con la sommità devastata dal terremoto.
9- la prima cima del torrione, completamente distrutta dal terremoto e con grandi massi ancora in bilico.
10- La parete della prima cima del torrione.
11- La seconda cima del torrione.
12- La seconda cima e il Monte Sibilla sullo sfondo, la faglia si trova nella parte opposta di questa cima
13- Una grotta sotto alla seconda cima.
14 -Veduta verticale dal primo torrione di Mèta nel sottostante bosco omonimo, si vedono distintamente le ombre dei torrioni del Monte Zampa.
15- Di fronte, nel costone boscoso, il Romitorio di San Leonardo.
16- La terza cima del torrione con l’enorme spaccatura prodotta dal terremoto del 2016.
17- Il pinnacolo rimasto in piedi.
18 – 19- La parte esterna del torrione piegata verso valle, per fare la foto mi sono messo seduto sulla sommità del torrione, a sinistra avevo il vuoto.
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20- Le dimensioni del sito geologico.
21- Il sentiero continua verso i Fossi di Mèta e le successive Vene.
22- La sommità del secondo Torrione di Mèta.
23- Pecore al pascolo verso la Corona del Monte Sibilla.
24- La parete del primo Torrione di Mèta vista da secondo torrione.
25- La valle dell’Infernaccio con il torrione de Le Vene franato a sinistra ed i Grottoni a destra ed il sottostante Fosso di Mèta 1.
26- La traccia di sentiero che sale di quota rispetto al sentiero de “Le Calle della Sibilla” ed il sovrastante sentiero che corre parallelo più in alto, i tre sentieri proseguono paralleli anche nel ripidissimo versante de Le Vene
27-28-29-30 Noduli di pirite e stratificazioni di Rosso Ammonitico nella sommità del primo torrione di Mèta, in corrispondenza del sentiero stesso (foto n.30).
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31- Veratro nero, velenoso (Veratrum nigrum).
32-33- Parnassius apollo su carduus.
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34- veduta dell’itinerario proposto dalla Cengia delle Ammoniti.
35- Pianta satellitare dell’itinerario proposto.



SASSO DI PALAZZO BORGHESE – Canale Nord salita estiva.

Il canale Nord del Sasso di Palazzo Borghese lo abbiamo già salito in invernale con Stefano il 27 gennaio 2022 a cui rimando.

Il 16 luglio 2022 ho ripetuto la salita risalendo il canale Nord su roccette e ghiaia fino alla cima, scendendo dapprima dalla sella di Sasso Borghese verso la parete Nord fino quasi al sentiero che sale dal Laghetto quindi prendendo l’imbocco del canale che, man mano che si sale, si fa più ripido fino all’uscita, su pendii di 45 gradi.

In occasione di questa salita ho effettuato una variante finale, risalendo un canalino roccioso sul lato sinistro che conduce a pendii erbosi paralleli al canale e con uscita poco più a destra del termine del canale Nord.

Di seguito le immagini della salita.

1- Il Monte Palazzo Borghese visto dal sentiero che sale da Capanna Ghezzi.
2- Il Monte Argentella e la bellissima conca nivale ancora verde tra questo monte ed il Monte Palazzo Borghese.
3 – 4 -La parete il canalone Est del Sasso di Palazzo Borghese.
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5- La stretta parete Nord di sasso di Palazzo Borghese con il ghiaioso canalone di salita estiva ed invernale, al centro della fascia rocciosa il canalino roccioso che ho risalito per prendere i pendii erbosi paralleli al canale Nord.
6- fase di discesa dalla sella di Monte Palazzo Borghese all’attacco del canalone Nord.
7- Inizio della salita del canalone Nord.
8- Il Monte Porche visto dal canalone Nord di Sasso di Palazzo Borghese.
9- A destra il Monte Sibilla.
9- A sinistra il canalino risalito per prendere i pendii erbosi paralleli al canalone Nord.
10- L’uscita del canalino sinistro.
11- La cima del Sasso di Palazzo Borghese con i massi smossi e spaccati dal terremoto del 2016.
12- Veduta verticale dalla parete di Sasso di Palazzo Borghese verso il sottostante “Laghetto”.
13- Il Piano Grande e Castelluccio visti dal Sasso di Palazzo Borghese.
14- Le dimensioni degli escursionisti sulla cima del Sasso di Palazzo Borghese paragonate alle dimensioni della parete.
15 – 16 – 17 -Camosci nella parete Sudest di sasso di Palazzo Borghese, la prima volta che li vedo in questa zona.
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18- Uno dei due camosci ha trovato rifugio sotto alla cima, a debita distanza dagli ignari escursionisti.
19- La cima gemella parallela al Sasso di Palazzo Borghese completamente distrutta dal terremoto del 2016 e con massi ancora in bilico.
20- L’intera parete Sudest di Sasso di Palazzo Borghese con il ripido canalone est già salito da noi, vista dalla cima gemella.
21- La cima gemella, più piccola e situata più a Sud, a destra il Monte Sibilla.
22- La cima di Sasso di Palazzo Borghese e la cima gemella più bassa
23- La cima gemella con escursionisti e la faglia aperta dal terremoto del 2016 poco sotto il sentiero di cresta.
24- Cherleria (ex Minuartia) capillacea
25 – 26- Geranium argenteum dell’unica stazione dei Monti Sibillini, la più a Sud d’Italia.
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27- Potentilla apennina
28- Campanula scheuchzeri
29- Masso isolato nella valletta tra Monte Argentella e Monte Palazzo Borghese con Sempervivum arachnoideum
30- Dettaglio della foto n.29
31- Fringuello alpino (Montifringilla nivalis) morto, è già il terzo che trovo questt’anno.
32- La strada del San Lorenzo vista dall’alto con il grande Faggio della Forca di Gualdo.
33- Epipactis atrorubens con Imenotteri.
34- Digitalis ferruginea con Bombi e Xylocopa violacea (Bombo del legno)



MONTE VETTORE – ANTICIMA NORD

Salita classica dalla Valle Santa, per evitare l’orribile e degradato sentiero che sale da Forca di Presta, alla cima massima dei Monti Sibillini quindi successiva discesa fino all’anticima Nord del Monte Vettore e ritorno per lo stesso itinerario.

Di seguito le immagini della giornata.

1- Il versante sud della Cima del Lago e della Punta di Prato Pulito visto dalla Valle Santa.
2- Inutile ometto di pietre sulla “strada” per il Rifugio Zilioli, come se non fosse sufficientemente visibile.
3- La Punta di Prato Pulito a sinistra e la Cima del Lago a destra, viste dalla cima del Monte Vettore.
4- La Cima del Redentore ed il Pizzo del Diavolo, a sinistra la Cima del Lago e a destra la Cima dell’Osservatorio.
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5- La cresta da Quarto San Lorenzo alla Cima di Forca Viola., a destra il Monte Argentella.
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6 – 7 – Veduta verso Sud con foschia nelle valli ed il Gran Sasso che emerge imponente.
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8- Il Monte Camicia ed il Monte Prena.
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9- I Monti Gemelli.
10- Il versante Nord della Cima del Lago
11- I ghiaioni tra Forca di Pala e Quarto San Lorenzo
12- La Valle del Lago di Pilato vita dall’Antecima Nord del Monte Vettore.
13- L’imponenza del Pizzo del Diavolo con i segni delle frane sulle pareti e nei ghiaioni alla base prodotte dal terremoto del 2016.
14- Il torrione del “Portico”, uno dei luoghi più particolari della Valle ma anche uno dei più pericolosi.
15- Le pareti Nord del Pizzo del Diavolo
16- Zoom della foto n.15 con i massi ancora in bilico mossi dal terremoto del 2016
17- La cima del Pizzo del Diavolo con escursionista sulla cresta tra la Cima del Lago e la Cima del Redentore.
18- Zoom della foto n.1 con i massi ancora in bilico mossi dal terremoto del 2016
19- 20- La cresta che scende dall’Anticima Nord del Monte Vettore al Monte Torrone.
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21- La cresta tra il Monte Torrone ed il Monte Banditello.
22- La cima del Monte Vettore vista dall’Anticima Nord.
23- La ripidissima cresta che sale tra il Fosso di Casale ed il Fosso di Colleluce con il Sassone e, dietro, il Sasso Spaccato.
24- Zoom sul Sassone e, dietro, sul Sasso Spaccato
25- La Cima di Pretare con la catena del Gran Sasso sullo fondo.
26- Escursionisti sulla Cima di Pretare
27- Escursionisti sulla Cima del Redentore.
28- Il Lago di Pilato visto dalla cima del Monte Vettore con gli arbusti di Salix caprae che, da diversi anni, stanno crescendo nelle sue sponde.
29- Veduta verso Nord della catena dei Monti Sibillini con, da sinistra, La Cima Vallelunga che si confonde con il PIzzo Berro, il Pizzo Regina e il Monte Sibilla con l’orribile strada.
30- Il canale Nord di Quarto San Lorenzo, usato per divertenti salite invernali.
31 – 32- Sfinge colibrì (Macroglossa stellatarum) in volo su Garofano (Dianthus Sylvestris)
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33- La Stella alpina dell’appennino (Leontopodium nivale)
34- Armeria magellensis
35- Saxifraga exarata subsp. ampullacea su cuscino di Silene acaulis
36- Cuscinetto di Saxifraga exarata subsp. ampullacea
37 – 38 – 39-Campanula tanfanii.
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EVENTO

La mostra sarà aperta all’interno dell’Orto Botanico di CAMERINO in Viale Giacomo Leopardi, tutti i giorni del mese di Luglio dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18.




MONTE BOVE SUD – Itinerario alternativo a picco sulla Val di Panico

L’itinerario che propongo non è un vero e proprio nuovo tracciato ma un modo diverso di vivere il Monte Bove Sud, si può definire come un itinerario alternativo.

Anziché raggiungere semplicemente la cima del Monte Bove Sud deturpata dalla vecchia stazione della funivia, dai cavi a dai piloni, propongo un giro intorno al plateau sommitale della cima, destinato tanti anni fa ad un folle progetto di trasformarlo in pista da sci, ma passando ad una quota in modo da non vedere più quelle orribili strutture e nello stesso tempo avere una visione verticale della sottostante Val di Panico.

Ho evitato deliberatamente di fotografare la stazione della vecchia funivia e gli orribili piloni rimasti a sorvegliare l’area faunistica protetta del camoscio dell’appennino poiché purtroppo sicuramente conosciuti da tutti i frequentatori di questa zona dei Monti Sibillini.

Forse prima di liberare i camosci nella zona era opportuno rimuovere i cavi, i piloni e perché no, anche la vecchia stazione della funivia.

Molte immagini, per far notare la verticalità dei pendii, riprendono volontariamente i miei scarponi proprio per far capire che sono state scattate dall’alto verso il basso e non per pubblicizzarli.

L’itinerario alternativo proposto si snoda nel perimetro della cima, scendendo dai prati sommitali dapprima verso le pendici del versante Nord, verso il cosiddetto “Canale Maurizi”, canale di salita noto ai frequentatori invernali di questa montagna, per poi proseguire in quota su ripidi pendii erbosi con vista verticale sulle sottostanti pareti rocciose che formano la testata sinistra (orografica) della Val di Panico, superando in quota il canale Nord e raggiungendo la sommità dell’uscita della via invernale alla Cascata “Torre di Luna”.

Quindi si cambia lentamente versante dirigendosi verso i pendii del lato Est sorvolando nel vero senso della parola la testata della Val di Panico sottostante la Forca Cervara.

Quindi si consiglia di proseguire tutto il versante, scendere per il sentiero della Forca Cervara e raggiungere la cima che sovrasta la Forcella stessa in modo da avere una visione di tutto il versante Est del Monte Bove Sud appena traversato.

Quindi si risale in cima per il sentiero Monte Bove Sud-Forca Cervara, anche in questo caso, se si vuole, tenendosi bassi in modo da avere la visione dei piloni ma inevitabilmente rimarrà comunque in vista la Stazione della ex funivia.

1- Cavali al pascolo al mattino presto sulla salita per la sella di Monte Bicco.
2- Camoscio curioso giunto fino a 10 metri da me, tra poco ci brucheranno l’erba sulle mani.
3- Salendo verso il Monte Bove Sud, con la frana prodotta dal sisma del 2016.
4- La Val di Bove ed il Monte Bove Nord.
5- L’uscita del canale invernale Maurizi al Monte Bove Sud., di fronte il Pizzo Berro.
6- Le pendici Nord della cresta Monte Bove Nord-Monte Bove Sud nella Val di Panico ed il Monte Rotondo a destra.
7- Le pendici sovrastanti la cascata Torre di Luna, lo spigolo a picco sulla Val di Panico.
8- Veduta verticale sui cavalli al pascolo in val di Panico
9-10- Veduta verticale verso le doline della parte laterale della Val di Panico, i pendii sotto i miei piedi rasentano la verticalità.
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11- La testata della Val di Panico con il vecchio sentiero che sale in diagonale alla Forca Cervara.
12- La cima che sovrasta Forca Cervara
13- I pendii sovrastanti dal punto più basso raggiunto sopra la Torre di Luna, a destra l’uscita del Canale Maurizi, i piloni non sono più visibili.
14-15- A sinistra la cresta che scende verso Forca Cervara
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16- La forca Cervara vista dallo spigolo sopra la torre di Luna.
17- La cima che sovrasta la Forca Cervara vista dalle pendici Est del Monte Bove Sud.
18-19 – Veduta verticale dall’uscita del Canale Est del Monte Bove Sud, oggetto di mia salita alpinistica invernale di molti anni fa, riportato a pagina 119 del mio secondo libro IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI.
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20-21 – Il plateau sommitale del Monte Bove Sud è ricco di bellissimi esemplari di Genziana lutea.
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22- La cresta che scende dal Monte Bove Sud alla Forca Cervara.
23- La testata della Val di Panico ed il versante Ovest del Pizzo Berro.
24- La ardita cima senza nome (sperando che nessuno gli assegni un nome di fantasia) che sovrasta Forca Cervara, vista dal versante Est del Monte Bove Sud.
25- Le vallette umide del plateau sommitale del Monte Bove Sud ospitano popolazioni estese di Gentiana lutea, di fronte il Pizzo Berro.
26- Vista verticale sulla testata della Val di Panico scendendo verso la cima che sovrasta Forca Cervara.
27- Il sottile tratto di cresta che collega il Monte Bove Sud con la cima che sovrasta Forca Cervara
28- Veduta verso Sud, in fondo la strada Passo Cattivo – Capotenna.
29- La bastionata rocciosa Est del Monte Bove Sud con il canale di salita invernale salito da me anni fa.
30-31 – La cima senza nome che sovrasta Forca Cervara con il Pizzo Berro di fronte.
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32- Veduta della Val di Panico dalla cima di Forca Cervara
33- I cavalli della foto n.8 visti da due angolazioni diverse.
34- Il Pizzo Berro e Forca Cervara vista dalla cima sovrastante.
35-36 – Vista verticale sulla testata della Val di Panico.
37- La Val di Panico, sullo sfondo il Monte Rotondo a sinistra ed i Pizzo Tre Vescovi a destra
38- Le pareti Nord del Monte Bove Sud nella zona della Cascata Torre di Luna.
39- Panoramica verso Sud sulle altre cime dei Monti sibillini fino al Monte Vettore al centro e Cima del Redentore a destra.
40- Inachi Io o Pavone di giorno, una delle più colorate farfalle della fauna europea.
41 -42 – Ottimi Psalliota marcrospora.
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43 -44 – Cerastium in corso di identificazione che si trova solo nelle pareti Nord del Monte Bove Sud.
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45- Frutto di Anemone alpina.
46- La piccolissima felce di alta quota Botrichium lunaria
47- E la piccolissima orchidea di alta quota, Coeloglossum viride.
48- Il Giglio Rosso: Lilium bulbiferum subsp.croceum
49-50 – La faglia che attraversa il versante Ovest del Monte Bicco con il lieve abbassamento del terreno di circa 20-30 centimetri evidenziato dalla riga bianca alla base della placca rocciosa.
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51- Versante Nord del Monte Bove Sud con il tracciato effettuato ed i relativi punti fotografici.
52-53- Versante Est del Monte Bove Sud con il tracciato effettuato ed i relativi punti fotografici.
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MONTE CARDOSA Per la cresta Est.

Il Monte Cardosa si trova al margine dei Monti Sibillini, sulla verticale Ovest di Castelsantangelo sul Nera ed è escursionisticamente accessibile sia dalla frazione di Rapegna per ripido sentiero che risale il vallone omonimo che da Visso tramite una lunga carrareccia.

Il mio amico Giuseppe Salvucci propone un itinerario inedito e impegnativo, ripido e di oltre 1000 metri di dislivello, che risale la cresta Est del Monte Cardosa che avevo osservato da tempo ma che non avevo mai avuto modo di salire .

ACCESSO: Si raggiunge in auto l’abitato di Castelsantangelo sul Nera passando per Visso quindi superata la piazza con le attività commerciali si prosegue in direzione di Castelluccio, alla prima curva quando inizia la salita, una deviazione a destra conduce alla frazione di Rapegna. Si prosegue in auto la strada di fondovalle per altri 600 metri  fino ad incrociare una ripida salita a destra che termina più in alto in corrispondenza di alcune case diroccate e stalle dove si parcheggia (348928,7 E – 474956,5 N; 790 m.).

DESCRIZIONE: Si continua a piedi il tratturo che sale ripido nel bosco costeggiando sulla sinistra il fosso della Valle di Rapegna per 1500 metri fino ad uscire su un prato con sorgente d’acqua (1 ora, 347561,3 E – 4748831,4 N; 1180 m.). Si sale sopra al prato a destra fino ad intercettare un ampio stradone che, in piano, ad una quota di circa 1180 metri, si inoltra nel bosco, in direzione Est (347543,9 E – 4748889,2 N).

Si segue il tratturo in leggera salita per circa 1,5 chilometri, superando tre ampi valloni boscosi fino ad uscire su una zona più aperta proprio in corrispondenza della cresta Est (30 minuti, 348192 E – 4750312,4 N; 1335 m.).

Da qui si risale liberamente il ripido prato sopra al tratturo  mantenendosi verso il filo di cresta fino a raggiungere una barriera rocciosa continua che obbliga a deviare nettamente sulla sinistra fino ad un canalino erboso con grande cespuglio di alberi alla base che permette di scavalcarla (20 minuti, 347873,7 E – 4750030,3 N; 1485 m.).

Si sale su ripido prato passando al centro di altre formazioni rocciose isolate, questo è il tratto più ripido del percorso ed è consigliato l’uso di una piccozza.

Oltre questa seconda barriera rocciosa si devia lentamente verso destra per ripidi prati per tornare a riprendere il filo di cresta oltre la sommità del poggio roccioso appena superato (15 minuti, 347765,3 E – 4750078,4 N; 1580 m.).

Da questo punto la cresta si fa meno ripida e con altri 700 metri di salita costante si raggiunge la croce della cima del Monte Cardosa (30 minuti, 347145,9 E – 4749926,9 N; 1820 m.).

DISCESA: Dalla cima del Monte Cardosa si scende liberamente per prati e tratti alberati nel versante Sud-ovest in direzione della strada sterrata che si vede sottostante.  Raggiunta la strada ci si dirige verso sinistra (Sud-est) fino ad incontrare il tratturo che scende nel vallone sottostante fino alla sorgente e da qui si scende per il sentiero di salita del fosso fino a Rapegna.

1- La seconda parte dell’itinerario, nel tratto di salita della cresta Est.
2-3- Dettaglio dell’itinerario nel tratto più impegnativo per il superamento della barriera rocciosa.
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4- Dettaglio dell’ultimo tratto di cresta Est prima della cima.
5- Veduta di Castelsantangelo sul Nera dal tratto aperto sopra al tratturo nel bosco.
6- Il punto dove si apre il tratturo nel bosco e si inizia la salita.
6- La Cresta Est., in alto la barriera rocciosa che si supera a sinistra.
7- Avvicinamento alla barriera rocciosa, sul margine sinistro si nota il grosso cespuglio alla base del canalino erboso di risalita.
8- La barriera rocciosa
9 – 14- Fasi di salita con veduta di Castelsantangelo sul Nera sempre più in basso.
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15- Il Poggio posto sopra alla barriera rocciosa, visto dalla cresta sovrastante.
16- L’ultimo tratto di facile cresta prima della cima del Monte Cardosa.
17- La croce di vetta del Monte Cardosa.
18- Pianta satellitare del percorso proposto. ROSSO: Itinerario di salita GIALLO: Itinerario di discesa



IL NEVAIO DI BUGGERO – 2022 Immagini nel tempo.

La zona denominata “Buggero” situata nel versante Nord del Monte Cacamillo, nel gruppo Nord dei Monti Sibillini, è un ambiente selvaggio e poco conosciuto che regala luoghi inusuali come le Grotte omonime e i ruderi della chiesina dei Frati di Rio Sacro riscoperte poco tempo fa.

L’imbuto del Monte Cacamillo regala invece la magia di un enorme nevaio di accumulo delle grandi slavine invernali che scendono dai ripidi pendii erbosi sovrastanti, alto delle volte anche oltre 25 metri, ad oggi l’unica zona dei Monti Sibillini che, grazie ad un buon innevamento invernale, conserva ancora neve nonostante le alte temperature di questi ultimi due mesi e nonostante la quota di appena 1400 metri.

In questa raccolta di immagini mie e dei miei amici ho voluto documentare l’evoluzione di questo nevaio dall’inizio della primavera ad oggi.

In questo sito sono già riportati diversi articoli che riportano immagini del sito, anche invernali, e descrivono l’itinerario di accesso alla zona a cui rimando.

Ricordo anni passati con inverni molto nevosi che il nevaio rimaneva fino ad Ottobre inoltrato e solo un anno rimase una chiazza di ghiaccio che arrivò ad essere ricoperta dalla successiva neve invernale.

Mio nonno mi raccontava che il fratello che vendeva granite ad Acquacanina, d’estate si recava a Buggero e alla Valle dell’Acquasanta per prelevare il ghiaccio necessario alla sua attività.

Un grazie di cuore ai miei amici Manuel O. e Patrizio R. che mi hanno concesso le loro immagini permettendomi di realizzare questa particolare galleria.

Sarò grato a chi vorrà continuare a monitorare lo sviluppo del nevaio inviandomi nuove immagini.

28 MARZO – Ph. Patrizio R.

16 APRILE – Ph. Patrizio R. – Gianluca Carradorini

Man mano che la neve si compatta inizia a galleggiare l’erba trascinata dalle slavine.

25 MAGGIO – Ph. Patrizio R.

Ph. Patrizio R.

15 GIUGNO – Ph. Patrizio R.

Ormai ad inizio estate la neve non si vede più in quanto completamente sommersa dall’erba trascinata dalle slavine che magicamente “galleggia” sopra e nello stesso tempo la difende dai raggi solari rallentandone lo scioglimento.

2 LUGLIO – Ph. Manuel O.

7 LUGLIO – Ph. Gianluca Carradorini

10 AGOSTO Ph. Gianluca Carradorini – Manuel O.

Interessante Leontodon spp. in corso di identificazione che colonizza le pareti verticali stillicidiose di Buggero.
Un piccolo capriolo annegato nel canale della centrale elettrica

21 AGOSTO il nevaio, nonostante la torrida estate ancora tiene duro, grazie a Nicola M. di Perugia per il contributo.




ROTTE FERRARA

Rótte Ferrara, come denominata localmente, è una grotta di cui si era persa la memoria se non fosse per pochi anziani della zona che raccontano di esserci andati addirittura quando erano ragazzi.

Due anni di ricerche e quattro tentativi falliti, ma finalmente è stata riscoperta ed è un ritrovamento sensazionale. È proprio vero: i Monti Sibillini sono lunghi poco più di 30 chilometri e larghi appena 5 ma non finiscono mai di stupirci.

La grotta è particolarissima e del tutto sconosciuta alla letteratura ufficiale: non è menzionata né riportata in alcuna bibliografia, cartografia o catasto speleologico. Si apre nel selvaggio versante Nord del Monte Priora, tra Il Pizzo ed il Pizzo Regina, nell’alta valle dell’Ambro.

L’itinerario di raggiungimento si svolge su terreni ripidissimi, è scomodo, impegnativo e adatto solo ed esclusivamente ad escursionisti esperti. È consigliabile portare una piccozza soprattutto per l’attraversamento dell’ultimo tratto di pendio e per la discesa del canalone prima della grotta.

Ringrazio di cuore chi mi ha indicato questo magico luogo pur volendo restare nell’anonimato.

ACCESSO:  Si raggiunge la frazione di Vetice di Montefortino in auto.

DESCRIZIONE: Da Vetice si prende il classico e conosciuto sentiero n.224 che risale i Campi di Vetice in direzione de Il Pizzo-Sorgenti dell’Ambro.

Prima di giungere a Prato Porfidia il sentiero si dirama, e si prosegue a sinistra in salita nel bosco per il tracciato che conduce a Il Pizzo (o Monte Pizzo). [indicazione in vernice rossa su un albero]

Giunti all’ultimo tornante, il sentiero curva verso sinistra, uscendo su un prato e poi rientrando nel bosco (1 ora, 358517,2 E – 4756222,6 N; 1495 m.).

Dal prato che si apre a destra (Jacciu de le Murelle) si risale senza traccia il dosso erboso costeggiando alla vostra sinistra il bosco, per circa 200 metri (foto n.1; 70 metri di dislivello) fino ad affacciarsi sul versante ovest (358374 E – 4756111,6 N; 1575 m.); da qui si individua chiaramente la traccia che inizia a traversare in piano su ripidi pendii.

La traccia continua netta in quota, entra in un canalone con fondo ghiaioso, segue due curve del pendio e prosegue per l’unico punto possibile di passaggio, montando su uno sperone di roccia molto esposto dove il sentiero è stato intagliato nella pietra per superare una cresta rocciosa verticale (foto n.2-3; 358241,3 E – 4756078 N; 1580 m.).

Superato questo stretto e obbligato passaggio il sentiero prosegue su ampi ma ripidi prati in quota in lieve e costante salita, fino raggiungere quasi la base delle rocce sovrastanti  e superando ben 10 canaloni ghiaiosi denominati “I Cavù”. Questo è il vecchio sentiero che attraversa tutta la zona denominata “Li Cavù”, collegando la zona delle Murelle alla zona della Regina.

In corrispondenza dell’ultimo canalone il pendio si fa ancora più ripido e si perde il tracciato ma si è già in vista delle prime rocce, chiamate localmente “La Travertina”, sulla dirittura delle Roccacce che si trovano nel lato opposto della valle,  sotto le quali si apre la grotta (1 ora, 357719,5 E – 4755904 N; 1655 m.).

Si prosegue in leggera salita passando su un terreno degradato e reso scivoloso dalle slavine facendo molta attenzione, dirigendosi sopra al ripidissimo canalone erboso, il Ravaro di Ferrara, che precede le prime rocce de La Travertina.

Superato il canalone si ridiscende su un dosso erboso più comodo (le pogghiette, 357400,8 E – 4756018 N; 1635 m.) verso la cima dei primi torrioni sottostanti (la travertina).

Consigliamo qui un affaccio sul versante della Regina (foto n.18).

Dal dosso erboso si inizia a scendere nel ripidissimo canalone erboso del Ravaro di Ferrara, prima attraversando sopra alle rocce in direzione est, poi piegando a nord per entrare completamente dentro al vallone dove è bene tenersi verso la sponda di sinistra meno inclinata aggirando così le prime roccette. Sempre sulla sinistra, dopo essere scesi per 30 m circa, si nota una cengia erbosa in leggera salita da cui però è impossibile vedere l’ingresso della grotta fin quando non vi si è arrivati di fronte, in quanto si trova alla fine della salitella, nascosto dai rovi e ribassato rispetto al livello del terreno.

Si risale la cengia erbosa e con rovi  ma essendo l’ingresso della grotta molto basso la si nota sono quando si è arrivati di fronte (30 minuti, 357452,7 E – 4756041,5 N; 1595 m.).

Il pavimento della grotta è formato da un terriccio rosso probabilmente contenente minerali ferrosi, da cui forse prende il nome (Ferrara perché contenente ferro) è molto umido ed è infatti ricoperto di epatiche e presenta anche una pozzetta d’acqua rossa riempita con lo stillicidio delle gocce d’acqua che scendono dal soffitto.

Evitare assolutamente di calpestare le epatiche presenti nel pavimento dentro alla grotta.

Sulla destra è presente una spaccatura che segue le pieghe della roccia, da cui filtra la luce, altre spaccature creano numerose nicchie al suo interno.

Sulla sinistra c’è la cavità più grande profonda oltre 6 metri.

RITORNO: Stesso itinerario 2,5 – 3 ore. Per chi è pratico di alpinismo si può anche suggerire una discesa in coda doppia, assicurata sugli alberi, lungo il Ravaro di Ferrara, il canalone sottostante le grotte, tenendosi inizialmente sulla sinistra per rischio di caduta massi dal versante orografico destro fino ad intercettare il, molto più comodo ma molto più in basso, sentiero Vetice – Sorgenti dell’Ambro nella zona dell’Acqua Arva.

1- Il dosso erboso (Jacci delle Murelle) oltre il quale si individua il sentiero.
2- Il sentiero sopra al bosco si fa netto e, di fronte a destra, si vedono gli scogli che nascondono le Rotte Ferrara, denominati La Travertina, sullo sfondo il versante Est dl Pizzo Tre Vescovi, già oggetto di nostra salita.
3- Il ripidissimo passaggio obbligato attraverso la cresta rocciosa
4- La traccia prosegue passando alla base delle rocce delle Murelle, superando i vari canaloni de I Cavu’.
5- Ci avviciniamo sempre di più, si vede bene la zona sopra alle rocce, denominata Le Pogghiette, caratterizzata da verdissima erba, che bisogna raggiungere per scendere alle grotte.
6- Veduta della valle di fronte, con il Pizzo Tre Vescovi a sinistra, il Monte Acuto ed il Monte Castel Manardo a destra, al centro la formazione rocciosa denominata Le Roccacce.
7- Il Monte Castel Manardo con i ripiani della zona denominata Pescolla e il Casale Ricci
8- Il Monte Amandola e il Balzo Rosso (non quello dell’ultimo itinerario del Pizzo di Mèta).
9- Gli interminabili ghiaiosi e ripidi canaloni de I Cavù.
10 – 11- Torrioni di varie altezze sopra al sentiero.
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12- La Travertina, con la ancora più netta zona de Le Pogghiette caratterizzata da verdissimo falasco .
13- Giunti all’ultimo ripidissimo canalone si nota anche l’ingresso della Rotte Ferrara, alla fine della cengia erbosa che risale dal canalone.
14- Sguardo su tutto il versante de Li Cavù appena attraversato con i numerosi canali e le imponenti rocce sovrastanti.
15- Le Pogghiette e la sommità de La Travertina.
16- Veduta d’insieme verso il versante Nord del Pizzo Regina da Le Pogghiette.
17- 18- La sommità de La Travertina da cui si scopre la testata della Valle dell’Ambro con il versante Est del Pizzo Tre Vescovi e la strada che va verso il Casale Rinaldi.
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19- Sguardo su tutto il versante de Li Cavù appena attraversato con i numerosi canali e le imponenti rocce sovrastanti, da le Pogghiette si vede anche il Poggio della Croce..
20-21-22- Il Ravaro di Ferrara, il ripidissimo canalone che bisogna scendere nel lato sinistro per raggiungere Rotte Ferrara, qui occorre prestare la massima attenzione.
21- Panorama dalla grotta.
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23- Dal canalone (a sinistra) risalendo una cengia erbosa si arriva all’ingresso della Rotte Ferrara, visibile solo all’ultimo.
24-25- L’ingresso della Rotte Ferrara è ricoperto da una folta vegetazione di rovi.
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26-27-28- La Rotte Ferrara, con il pavimento caratterizzato da terra color ruggine (da cui il nome) con pozze di acqua di stillicidio e rivestito di Epatiche, si consiglia di prestare attenzione a non calpestare le rare formazioni vegetali
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29- 30- La fenditura interna da cui filtra la luce
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31- 32- Veduta di fronte dell’itinerario dal Monte Castel Manardo.
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33- 34- Dettaglio dell’ultimo tratto di raggiungimento alle Rotte Ferrara
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35- Pianta satellitare dell’itinerario proposto:
PERCORSO IN ROSSO: Itinerario, andata e ritorno.
36- Dettaglio satellitare dell’ultimo tratto di raggiungimento alle Rotte Ferrara



I TERRAZZI DA BRIVIDO DEI MONTI SIBILLINI – Parte 4 – I TORRIONI NORD-EST DI PIZZO DI META

La cresta Nord-est del Pizzo di Méta precipita verso la vallata sottostante per circa 800 metri di dislivello, dai 1556 metri della cima ai 737 metri di Piobbico, se si prende come riferimento l’inizio della strada che da Sarnano sale a Sassotetto costeggiando la cresta, ed è formata da una serie di imponenti torrioni molto diversi tra di loro in quanto formati da rocce distinte.

Si parte dallo spettacolare Balzo Rosso, (foto n.1-4, da non confondere con il Balzo Rosso a Sud-est del Monte Amandola) che incombe sulla vallata tra Terro e Piobbico, due frazioni di Sarnano, formato da calcare rosso (scaglia rossa) da cui il nome, a quello centrale denominato dagli arrampicatori “Il Duomo”, (foto n.14-16) formato da placche di calcare disposte in strati verticali, palestra di arrampicata attrezzata dal CAI Sarnano, al torrione finale, posto un centinaio di metri sotto la cima del Pizzo di Mèta, a cui ho attribuito il nome del “torrione dell’altare” per la presenza di un grande masso perfettamente piatto simile ad un altare sulla sua sommità (foto n. 36-38).

Da un pò di tempo si osserva sui social l’abitudine di attribuire nomi di fantasia a cime del Monti Sibillini come le inesistenti Pizzo Pae e Cima Felix, vista la mia frequentazione dei Monti Sibillini, con oltre 1100 ascensioni, mi sono permesso di denominare, ma non di scrivere il nome con il pennarello sul posto come fanno alcuni di cui non faccio commenti, questo singolare masso “l’altare “, visto che poco al di sotto è presente un torrione denominato in zona “Il Duomo”.

Le sommità dei tre torrioni possono essere raggiunte in una unica ascensione e permettono di affacciarsi da dei terrazzini da brivido e godere di una visione aerea delle vallate sottostanti fino alla costa.

Il Torrione dell’Altare è interessante anche perché nelle rocce della sommità si trovano delle mineralizzazioni a Ossidi di ferro e Quarzo, altrimenti molto rare o forse uniche nel resto della Catena dei Monti Sibillini.

L’itinerario descritto non è particolarmente lungo e faticoso ma comunque consigliato ad escursionisti esperti in quanto si devono salire alcuni tratti piuttosto ripidi.

Se poi si vuole salire il torrione del Duomo per una delle sue vie alpinistiche si deve disporre di esperienza di salita su roccia e del materiale necessario quale corda, rinvii e chiodi.

ACCESSO: L’itinerario che descrivo per salire la cresta Nord-est del Pizzo di Mèta parte dalla strada Sarnano-Sassotetto. Da Sarnano si prende la Strada Provinciale n.120 che sale verso la frazione di Piobbico e quindi prosegue per Sassotetto. Dopo Piobbico, giunti al quarto tornante in salita, proprio di fronte all’imponente Balzo Rosso, è presente una piccola area pic-nic (con un solo tavolo) e una fontanella, ormai quasi asciutta, dove si parcheggia, considerare che al massimo ci sono due posti auto (357254,6 E – 4764376,4 N; 1105 m.).

DESCRIZIONE: La salita prevede nella prima parte, per raggiungere la sommità di Balzo Rosso, due possibilità (foto n. 64 e 66):

1A- Dall’area pic-nic si sale su traccia di sentiero il pendio di fronte in direzione del Balzo Rosso, arrivati fin quasi alle falde rocciose si sale al margine del bosco su pendio molto ripido e quindi usciti dal bosco si devia verso destra fino a raggiungere la cresta rocciosa, poco sopra la cima del Balzo Rosso, che si deve scendere per affacciarsi dalla sua sommità (10 minuti).

2A- Dall’area pic-nic a piedi si ritorna indietro per la strada per circa 200 metri fino a raggiungere il canalone boscoso che scende dalla curva della strada, sotto strada si trova una traccia di sentiero che, dirigendosi verso sinistra, inizia a costeggiare la base dell’imponente muraglione roccioso strapiombante che termina con il Balzo Rosso, ignorare la traccia che scende a valle ma mantenersi a ridosso della parete, al di sotto della quale è presente anche una vecchia vasca di raccolta delle acque di stillicidio che cadono dalla parete stessa. Si prosegue faticosamente sotto alle rosse pareti su pendio ripido alternato ad erba e roccette per circa 600 metri, si supera la base del torrione e si continua a costeggiare la parete fino a che il bosco dirada e ci si trova su un pendio erboso molto ripido che forma un imbuto tra due cime. Si sale direttamente il pendio con alberi isolati al centro dell’imbuto con attenzione deviando leggermente verso sinistra fino a raggiungere il dosso erboso che sovrasta la cima del Balzo Rosso, quindi scendendo la cresta erbosa si raggiunge la cima del Balzo Rosso (45 minuti dall’area pic-nic). Questa variante, effettuata per la prima volta diversi anni fa, è consigliata solo ad escursionisti esperti.

Una volta raggiunto il Balzo Rosso (357353,3 E – 4764623,6 N; 1170 m.) ed essersi affacciati, con molta cautela, dalla sua cima, si deve risalire la cima erbosa sovrastante per facile cresta (5 minuti, 357308,7 E – 4764776,2 N; 1280 m.).

Dalla cima si trova una traccia di sentiero che scende in direzione opposta, verso Sud-ovest, fino ad una forcella, (357198,4 E – 4764696.3 N; 1265 m.) qui il tracciato, il cosiddetto “Sentiero della Fienara”, (foto n.7 e 10), riportato in bibliografia si fa più netto e continua in piano sotto alla cresta ma, giunti in questo punto conviene ignorarlo in quanto più avanti porterebbe fuori obiettivo, inoltre la zona, essendo rimboscata, presenta numerosi ripiani confondibili con sentieri e che inducono facili in errori.

Dalla forcella si lascia il sentiero a sinistra e si riprende invece la ripida cresta che si presenta di fronte, evitando un primo salto roccioso. Proseguendo, la cresta si fa rocciosa in leggera salita e costeggia nel versante destro (Nord) il bosco. Quindi con un ultimo tratto all’interno di un boschetto si raggiunge la base del secondo imponente torrione detto Il Duomo (30 minuti, 356957 E – 4764542,5 N; 1320 m.).

Anche qui si hanno due possibilità (foto n.67-68).

1B- Si costeggia a sinistra tutto il torrione passando alla sua base boscosa fino al termine delle rocce oltre il quale si apre un ripidissimo canalone (356886 E – 4764367,8 N,1315 m.), boscoso nella prima parte, che si risale, passando al di sotto di curiose formazioni rocciose (foto n.17), e, con una ultima risalita su ripida erba e facili roccette, conduce alla sommità del torrione stesso (20 minuti, 356859,7 E – 4764483,2 N; 1360 m.) da cui potersi affacciare e ridiscendere.

2B- Chi arrampica può salire la cresta nord-est del torrione su una via di roccia chiodata che presenta passaggi di IV grado su placche alternate a fessure erbose, che ho risalito molti anni fa ma di cui non ricordo dettagliatamente al punto tale da riportarne la descrizione per non indurre errori ai ripetitori, nel Duomo sono presenti 4 vie di IV-VI grado di due tiri ciascuna di cui però purtroppo non si trova descrizione neppure in bibliografia, comunque costeggiando la base del torrione si scorgono le chiodature.

Una volta giunti al termine della base del Duomo (oppure raggiunta la cima si deve ridiscendere alla sua base per il canalone descritto al punto 2A) si inizia a traversare verso sinistra su pendio ripido in lieve salita seguendo in quota la linea di boschetti isolati presenti in zona passando alla base di formazioni rocciose fino ad una parete rocciosa caratterizzata da due piccole cavità (15 minuti, foto n.18, 356799 E – 4764253,6 N; 1360 m.). Aggirando a destra lo spigolo della parete si apre un ripido canalone erboso dove in alto si notano le formazioni paravalanghe presenti poco sotto la cima del Pizzo di Mèta . Si risale con attenzione il ripido pendio erboso fin quasi a raggiungere le barriere metalliche quindi deviare nettamente a destra per raggiungere il primo torrione dove è presente una mineralizzazione ad Ossidi di ferro e Silice. Dal torrione (20 minuti, 356720,1 E 4764386,8 N; 1425 m.)si osserva, verso Nord, la cima leggermente più bassa del torrione parallelo, il Torrione dell’Altare (356659,5 E – 4764478,2 N: 1415 m.), dove è presente il masso che appunto sembra un altare.

Nelle rocce dei due torrioni paralleli si trovano gli affioramenti mineralizzati a ossidi di Ferro con noduli di Calcedonio e cristallini di Quarzo, come riportato nelle foto n. 43-55

Dal torrione dell’Altare si risale il ripido pendio erboso sovrastante fino alla cima del Pizzo di Mèta caratterizzato da una croce metallica (10 minuti, 356502,2 E – 4764308,5 N; 1556 m.).

DISCESA: Dal Pizzo di Mèta si può ridiscendere per la strada sterrata del versante Ovest fino ai campi da sci di Sassotetto, il classico itinerario di raggiungimento alla cima, quindi proseguendo la strada asfaltata in discesa per almeno 5 chilometri in direzione di Sarnano si raggiunge il tornante con l’area pic-nic di fronte a Balzo Rosso dove si è parcheggiato l’auto.

Oppure, per chi conosce la zona, si scende liberamente nel versante Est senza tracciato fino ad un pianoro sottostante (foto n.60-62) dove si scorge un sentiero, seguendolo fedelmente si scende sulla strada Sassotetto-Sarnano, sulla verticale di Fonte Lardina.

1- Il Balzo Rosso nel versante Nord-est del Pizzo di Mèta, dalla sommità si osservano tutte le Marche fino alla costa.
2- Il Balzo Rosso con i due tratti boscosi paralleli di raggiungimento proposti.
3- L’imponenza del terrazzo del Balzo Rosso co la sua base strapiombante.
4- Il Balzo Rosso visto dalla frazione di Brilli di Sarnano.
5- Veduta aerea dal Balzo Rosso
6- Veduta della strada Sarnano-Sassotetto dalla sommità di Balzo Rosso.
7- Il sentiero della Fienara nel pendio erboso in primo piano, a sinistra Il Duomo e il Torrione dell’Altare in successione uno dietro l’altro.
8- La cima erbosa a monte del Balzo Rosso, al lato destro il pendio di risalita proposto nella variante 2A.
9- Ed il Balzo Rosso visto dalla cima erbosa sovrastante.
10- La forcella a monte del Balzo Rosso ed il sentiero della Fienara a sinistra che occorre evitare e proseguire per la cresta rocciosa sovrastante
11- Il selvaggio e roccioso versante Est del Monte Ragnolo, nulla a che fare con i più conosciuti ed erbosi piani omonimi del versante Ovest.
12- La valle del Rio Terro e la zona delle Grotte di Soffiano.
13- Il Balzo Rosso visto dalla cima del Duomo, sullo sfondo l’abitato di Terro.
14- Il secondo torrione della cresta, il cosiddetto “Duomo”, più in alto il torrione dell’Altare con le barriere antivalanghe poste sotto alla cima del Pizzo di Mèta.
15- La base del Duomo
16- Il lato Est del Duomo con, a sinistra, il canalone boscoso di risalita per raggiungere la cima, sulla cresta alla sinistra le strane formazioni rocciose che si incontrano durante la salita.
17- Le strane formazioni rocciose a strati verticali poste sulla cresta a monte del Duomo.
18- La parete con le grotticelle posta prima del canalone (a sinistra) di risalita al Torrione dell’Altare.
19-Il canalone erboso visto dal suo termine e il Torrione dell’Altare in alto a sinistra con la prima barriera antivalanghe, in basso il Duomo e l’inconfondibile Balzo Rosso..
20-Il canalone erboso finale e il Torrione dell’Altare
21- La bellissima farfallina Nemophora metallica
22- E la Inachis Io o Pavone di giorno.
23-28 Mentre ero intento a fotografare le mineralizzazioni un camoscio ignaro della mia presenza mi è giunto fino ad una decina di metri.
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29- Il Balzo Rosso e il Duomo visti dal Torrione dell’Altare.
30- Il gruppo Nord dei Monti Sibillini visti dal Torrione dell’Altare, da sinistra il M.Castel Manardo, Pizzo Regina, Pizzo Berro, M.Acuto, Pizzo Tre Vescovi e M.Rotondo nel margine destro.
31- La cima del Torrione dell’Altare vista dal torrione della mineralizzazione.
32- La forcella tra i due torrioni finali con vista sulla valle di Rio Terro.
33- 35 Veduta in verticale dal Torrione dell’Altare sulla valle di Rio Terro sottostante.
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36- Il Torrione con il masso che sembra un Altare a destra.
37-38- L’Altare
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39- Il Monte Ragnolo con il pendio erboso a sinistra che degrada verso i Piani omonimi.
40- L’ultimo pendio erboso prima di raggiungere la croce della cima del Pizzo di Mèta, nelle rocce di fronte è presente una interessante mineralizzazione a Ossidi di Ferro e Silice.
41- Le rocce del torrione presentano u filone mineralizzato fino sotto al Faggio
42- Il filone della mineralizzazione dove si notano le rocce di colore marrone ad Ossidi di Ferro.
43-44- Le spalmature ad Ossidi di Ferro dal caratteristico colore ruggine.
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45-50- I noduli di Calcedonio con cristallini di Quarzo inglobati nel calcare .
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51-54- Geodi di cristallini di quarzo evidenziate mediante acidatura della roccia che sciogliendo il calcare mette in risalto i noduli silicei insolubili nell’acido.
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55- Ed addirittura un cristallo centimetrico di Quarzo
56- Il Torrione dell’Altare visto dalla cima del Pizzo di Mèta.
57- L’altare a sinistra con lo sfondo del paese di Terro.
58-59- La croce della cima di Pizzo di Mèta.
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60- Il pendio Est del Pizzo di Mèta con l’abitato di Sassotetto in alto a destra, da cui si può scendere per raggiungere più rapidamente la strada Sassotetto-Sarnano prendendo il sentiero che si nota nel pianoro in fondo, poco più in basso dell’abitato.
61- Il Pizzo di Mèta visto dal sentiero che scende verso Sassotetto, con il profilo del Torrione dell’Altare e, più in basso, il Duomo.
62- Il Monte Sassotetto devastato dai ripetitori e dalle pisce da sci, visto dalla valletta da cui si può scendere per abbreviare il percorso del ritorno all’auto.
63- L’itinerario proposto visto dal pendio Est del Pizzo di Mèta in una splendida alba di alcuni anni fa con un mare di nebbia sottostante.
64- L’itinerario proposto visto dalla frazione Brilli (strada Sarnano-Piobbico) di Sarnano.
65-L’itinerario proposto vista dalla strada Piobbico-Sassotetto
66-La prima parte dell’itinerario proposto vista dalla strada Piobbico-Sassotetto.
67-68- La seconda parte dell’itinerario proposto vista dalla strada Piobbico-Sassotetto.
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69- Il particolare dell’ultimo canalone da risalire per raggiungere il Torrione dell’Altare e quindi la cima del Pizzo di Mèta.
70- Pianta satellitare del percorso proposto, in giallo le due varianti 1B e 2B ed in verde gli itinerari di discesa all’area pic-nic indicata come punto di partenza.



PIANI GRA – IL ROSETO DEI MONTI SIBILLINI

Questa che descrivo è, contrariamente alla maggior parte degli itinerari che propongo, una facilissima escursione adatta a tutti e anche alle famiglie e a chi ama la natura ed in particolare le rose e che permette di immergersi nel più grande roseto dei Monti Sibillini.

Il periodo migliore per l’escursione va da metà giugno ai primi dieci giorni di luglio a seconda delle temperature della stagione ma consiglio di effettuare due escursioni ai margini del periodo proposto in quanto le fioriture delle varie specie di rose non avvengono contemporaneamente.

Inoltre consiglio di ripetere l’escursione verso la fine di agosto dove si possono osservare le, non meno belle, diverse infruttescenze dei vari tipi di rose che compongono il roseto, dette Cinorroidi.

I Piani Gra si trovano nel versante Sud del Monte Valvasseto, nel gruppo Nord dei Monti Sibillini, ad una quota media di 1400 metri, facilmente raggiungibili a piedi dalla Pintura di Bolognola proseguendo la strada sterrata che sale verso le case più alte.

Le rose che crescono nei piani sono di diverse specie, a fiori bianchi, rosa chiaro, rosa scuro e rossi e con relativi frutti, detti Cinorroidi, diversi, sferici di colore rosso scuro, sferici con spine, allungate rosso chiaro e rosso scuro, la cui distinzione botanica, non facile, lascio agli esperti.

Il roseto, sicuramente il più esteso e ricco che abbia mai visto nell’intero gruppo dei Monti Sibillini, presenta una alta concentrazione di piante, di specie diverse, per ettaro, come visibile dalle foto n.1-2 del 23 agosto 2021, si è sviluppato rigoglioso grazie al pascolo estivo di bovini ed equini nella zona che provvedono alla loro concimazione, inoltre essendo spinose, non vengono brucate dagli animali.

Dal roseto poi si può salire facilmente, per traccia di sentiero, al sovrastante Monte Valvasseto da cui si può ammirare la sua estensione.

D’inverno la zona è conosciuta come la pista di sci di fondo della Pintura di Bolognola.

Nei pressi, al lato destro dei Piani, è presente la bellissima faggeta di Macchia Tonda e il faggio secolare già descritta in diversi articoli nel mio sito:

-Monte Valvasseto e Macchia Tonda con Galaverna, articolo del Gennaio 2022 e del Febbraio 2021.

– Il Faggio di Macchia Tonda, articolo del Novembre 2020.

Di seguito le immagini del roseto della primavera del 2022 e dell’estate 2021.

12 GIUGNO 2022

1- I Piani Gra con il versante Est del Monte Rotondo sullo sfondo
2- I Piani Gra con il versante Nord del Monte Castel Manardo.
3- Il Monte Valvasseto ed i Piani Gra con cavalli al pascolo.
4- Le grandi Rose canine al margine sud dei Piani Gra
5- Alcune piante di rose canine sono sicuramente secolari.
6-10- Le rose bianche, le prime a fiorire
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11- Le rose rosse
12- 14- E le rose in diverse tonalità di rosa
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15- 16- E le rose canine, le ultime a fiorire
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17- In zona è presente abbondante anche la Genista tinctoria, usata anticamente per la tinta dei tessuti ed in particolare della lana.
18. Dianthus deltoides
19. Il particolarissimo fiore della Polygala.
20- In zona è presente anche il raro Lepidottero Anthocaris euphenoides
21- il Coleottero Neoclytus acuminatus
22- E la rarissima Adela reamurella, una piccolissima farfallina di colore grigio metallizzato, lunga alcuni centimetri con antenne lunghe oltre il doppio del proprio corpo, ci vogliono buoni occhi per vederla.
23- In volo anche se sfuocata, le dimensioni delle antenne sono ben visibili.
24-25- Quando volano in gruppo si assiste ad una danza anche se con la fotocamera, viste le loro dimensioni, è impossibile metterle a fuoco ma l’immagine rende l’idea.
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26-29- Da posata già è più facile immortalarla.
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23 agosto 2021.

1- I Piani di Grà visti dal Monte Valvasseto.
2- Le chiazze verde scuro sono i vari roseti.
3- I cinorroidi rosso scuro
4-5- I Cinorrroidi spinosi
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6- I Cinorroidi sferici
7- I Cinorroidi oblunghi
8-9- I classici Cinorroidi della Rosa Canina, usati per la preparazione di ottime confetture.
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