RIOSACRO – VAL DI FIBBIA

ITINERARIO PROPOSTO DA MANUEL SU MIA RICHIESTA IN QUANTO L’HO PERCORSO TANTI ANNI FA E NON DISPONGO DI DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

Itinerario effettuato sabato 13 novembre 2021, non riportato sulla bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini. Il percorso è indicato (come sentiero secondario) sulla cartografia ufficiale del Parco dei Monti Sibillini, ma versa in stato di abbandono da molti anni ed è totalmente privo di segnaletica in loco.

PER RAGGIUNGERE IL PUNTO DI PARTENZA: Si percorre la Strada Provinciale n.47 che dal Lago di Fiastra sale verso Bolognola. Si raggiunge il comune di Acquacanina con le sue varie frazioni quindi dopo la frazione di Oppio si supera il fontanile presente al lato sinistro della strada e la frazione di Vallecanto, dopo circa 300 metri in una diretta si incontra il tratturo chiuso con sbarra che scende a destra con indicazione per la Valle di Rio Sacro dove si parcheggia (351965,6 E – 4764318,5 N; 770 m.).

Si oltrepassa la sbarra e si scende per la strada sterrata, proseguendo su di essa e percorrendo la Valle del Rio Sacro fino ad oltrepassare la zona denominata “I Cascinali”. Una ventina di minuti dopo aver oltrepassato questa zona, e poco prima di intercettare sulla sinistra il più conosciuto sentiero che sale verso il Casale Gasparri, si incontra sulla destra del tratturo un ponticello in cemento, che permette di oltrepassare il Rio Sacro e raggiungere il sentiero in oggetto (foto 1).
(Foto 2) Stralcio carta IGM (1:25000), dove è riportata con tratto e punto la traccia del sentiero.
L’inizio del sentiero (foto 3) è ben evidente, tuttavia dopo pochi metri ci troviamo nel fitto del bosco senza riferimenti. Inizialmente ci si ritrova su un tratto abbastanza pianeggiante, dove sono presenti alcuni faggi contrassegnati con vernice rossa (come da foto 4). Non sono indicazioni sentieristiche ma riferimenti sulla crescita degli alberi che venivano utilizzate dai boscaioli. Sulla sinistra si avrà una depressione che è il letto asciutto del fosso, colmo di vegetazione, che ci sarà di aiuto in quanto basterà costeggiarlo per procedere nella giusta direzione.

Appena passato questo iniziale tratto pianeggiante, il letto del torrente disegna una “S”, facendo una curva a destra subito seguita da un’altra curva a sinistra. In questo punto, dove il fondo del fosso è caratterizzato da un ghiaione, è meglio attraversare in quanto dall’altra parte si ritrova subito la traccia del vecchio sentiero. Abbiamo anche incontrato alcuni omini in pietra, messi di recente da qualcuno, che ci hanno aiutato. Appena prima dell’attraversamento sopra indicato, si incontra sulla destra una lieve traccia di sentiero che però va evitata. In effetti, osservando la carta IGM prima riportata (foto 2), subito dopo l’attraversamento del Rio Sacro è segnato con linea tratteggiata un sentiero che sale sulla destra portandosi sopra la zona dei cascinali (potrebbe essere uno spunto per future “esplorazioni”). Dopo aver ritrovato la traccia giusta e costeggiato per un pò il greto (sempre asciutto) del torrente si arriva all’unico punto dove il sentiero si discosta leggermente (foto 5, bivio segnalato con omino in pietra), il sentiero a questo punto procede su tratti erbosi facendo qualche curva ma diventando allo stesso tempo più evidente. Poi più in alto si riprende a costeggiare il fosso. In questo tratto abbiamo trovato anche i resti di un  muretto a secco (foto 6).
Salendo ancora, si raggiunge l’unico tratto un po’ difficoltoso a causa delle numerose piante abbattute dalle piene, che ostacolano il passaggio. In questo tratto, risalendo faticosamente su un piccolo canale sulla destra, ho rinvenuto quella che sembra una vecchia sorgente, non segnalata sulle carte ma comunque completamente in secca (foto 7). Dopo aver oltrepassato il tratto più disagevole, si arriva finalmente in una zona più aperta con la traccia del torrente che piega verso destra (foto 9). Si deve salire ancora un poco prima di piegare anche noi verso destra, si arriverà così al fontanile senza nome segnato sulla carta. Purtroppo insieme al fontanile ci si trova davanti a tre enormi orribili serbatoi, davvero brutti anche se sicuramente utili in periodi di siccità. Durante la nostra visita autunnale, l’acqua sgorgava però naturalmente da una piccola sorgente posta poco sopra la fonte. Nei pressi della fontana abbiamo anche trovato una pietra sulla quale era raffigurata curiosamente una faccia di lupo. Noi ci siamo fermati qui, ma a sinistra della fonte è facilmente individuabile la traccia del sentiero, scavata nella roccia, che prosegue risalendo l’ultimo tratto di bosco verso le rovine del Casale Piscini, completamente abbattuto dal terremoto del 2016, dal quale poi è facile raggiungere il pian del Capriolo ed eventualmente le creste del Monte Coglia ed il Monte Val di Fibbia.
Il fontanile con le orribili cisterne per l’acqua, sulla destra le pendici del Monte Val di Fibbia (foto 10).
Foto del fontanile (11 e 12).
La sorgente e la cascatella poco sopra il fontanile (13,14 e 15).
La pietra “faccia di lupo” (foto 16).
A lato della fonte, l’imbocco della traccia che prosegue verso il Casale Piscini (foto 17).
L’ultimo tratto di sentiero, ben evidente sui prati, verso le macerie del Casale Piscini (foto 18 scattata dal Monte Val di Fibbia nel novembre del 2017).
Scendendo lungo la via del ritorno, salendo con lo sguardo ho individuato una traccia di sentiero a mezzacosta proprio sotto la cima del Monte Val di Fibbia, anche di questa se ne ritrova riscontro sulla carta IGM (foto  19).
Infine, un confronto tra la vista satellitare attuale ed una vista aerea del 2000 (foto 20 e 21), dove si vede come il sentiero risultasse ancora ben evidente una ventina di anni fa. Gli eventi alluvionali del 2007 e del 2013 che hanno reso inaccessibile la zona per molto tempo, hanno portato all’abbandono della zona da parte dei vecchi boscaioli ed al conseguente degrado dei sentieri.

Ottimo lavoro Manuel, grazie.

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8- Vista satellitare del percorso proposto.
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LA GROTTA DI SANT’ANGELO – VAL DI PANICO.

Itinerario facilissimo e breve ma che si va ad aggiungere agli altri tre itinerari alla ricerca di grotte e cavità della Val di Panico arricchendoli di una ulteriore esplorazione ad una cavità, utilizzata anticamente dai carbonai della zona di Casali di Ussita, anch’essa non riportata ne il cartografia ne in bibliografia.

Gli altri itinerari citati nella zona alla ricerca di grotte, di cui ho riportato descrizione nel mio sito, sono :

  • Le grotte della Val di Panico
  • Il sentiero de Le Cute alto e la grotta di Peppe matto
  • Itinerario del ferro intorno a Casali di Ussita

ACCESSO: Si raggiunge in auto la frazione di Casali di Ussita dal capoluogo e si parcheggia nei pressi della chiesa, d’estate all’ombra del grande Ippocastano secolare.

DESCRIZIONE: La Grotta di Sant’Angelo si raggiunge percorrendo a piedi la “super” strada (recenti lavori l’hanno trasformata inspiegabilmente in una strada a tre corsie nonostante sia chiusa al pubblico !!!) per la Val di Panico fino alla ampia curva dove si intercetta il fosso de La Foce (30 minuti, 352516,8 E – 476819,7 N; 1160 m.) che scende dal caratteristico canyon visibile più in alto. In questo punto si scende sotto strada a destra nel bosco su una traccia di sentiero che si dirige in discesa verso il sottostante torrente Ussita di cui ancora non si sente il rumore.

Si scende nella radura mantenendo il fosso sulla sinistra (asciutto d’estate) quando si inizia a sentire il rumore del torrente posto più in basso la radura si allarga e ci si mantiene sulla sinistra dove si segue la traccia che attraversa il fosso e si inoltra nel bosco, dopo 100 metri si supera faticosamente un tratto di bosco con alberi capovolti da slavine ed in breve si raggiunge una caratteristica piattaforma in piano di una antica carbonaia, guardando in verticale verso monte si nota una fascia di rocce 50 metri più in alto dove si apre la grotta (20 minuti dalla strada, 352675 E – 4756585 N; 1130 m.).

In realtà la grotta è costituita da una lunga fascia rocciosa stratificata con un grande tetto roccioso che forma un riparo dagli agenti atmosferici con evidenti tracce di antichi fuochi che ne hanno annerito pareti e soffitto.

DISCESA: Dalla grotta anziché ritornare per lo stesso itinerario si prosegue la traccia di sentiero che dalle cavità prosegue verso la Val di Panico, raggiunge una zona aperta devastata dal slavine che costringe ad una difficoltosa tra alberi rovesciati, con una bellissima vista sulla parete Nord ed Est del Monte Bove Nord posta di fronte a poca distanza, fino ad un pianoro erboso con grandi Faggi e una stradina che scende a sinistra quindi si scende al torrente e si prosegue fino alle sue sorgenti, da qui si riprende la strada della Val di Panico sovrastante e si ridiscende a Casali.

1- La piattaforma di una antica carbonaia, in alto verso monte si notano le rocce stratificate che formano la Grotta di Sant’Angelo.
2 – 3- La fascia rocciosa sovrastata da un grande tetto che forma la grotta.
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4- Argilliti verdi escono dagli strati di roccia calcarea.
5 – 6 – 7- Le pareti ed il grande soffitto della Grotta recano segni di antichi fuochi.
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8- La fascia di rocce con tetto prosegue per circa 100 metri
9- Tronco con tracce lasciate da larve di coleotteri Blastofagi.
10- Il Monte Bove Nord con le evidenti chiazze bianche delle frane prodotte dal terremoto del 2016.
11- A sinistra la cima dello Spalto Centrale con la grande frana e a destra lo Spalto Occidentale, nella parete Nord del Monte Bove Nord.
12- La cresta Ovest dello Spalto Occidentale dove corre la Via della Mitria, con la cosiddetta “cengia dei Camosci” erbosa alla sua base.
13- La parte iniziale del canale dello Spalto Occidentale dove sale la via su roccia “Maurizi Taddei” nel punto in cui è presente la caratteristica “finestra” esattamente al centro della foto.
14- Ingrandimento della foto n.13 con la volta della grande “finestra” visibile a destra del canalone.
15- La “finestra più piccola”, con una bella vista verso i Campi di Casali, foto del 2003.
16- La grande “finestra” della via Maurizi-Taddei, prima del terremoto del 2016 , sullo sfondo il Pizzo Tre Vescovi.
17- La grande “finestra” vista dal canale di salita.
18- Parte centrale dello Spalto Orientale della parete Nord del Monte Bove Nord con la ferita bianca del Gendarme “La Pera” mozzata dal terremoto del 2016, al centro della foto.
19- Il grande Gendarme chiamato “La Pera” prima del terremoto del 2016 con la sua caratteristica parte superiore che ormai non c’è più.
20- La lunga striscia di alberi abbattuti dalle frane cadute dalla parete Nord del Monte Bove Nord con il terremoto del 2016
21- Tramonto verso la Valnerina vista dall’imbocco della Val di Panico..
22 – 23 – 24- Il cosiddetto “foliage” come viene chiamato da qualche anno, nei dintorni di Casali.
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25 Pianta satellitare del percorso: GIALLO: Percorso di raggiungimento – ROSSO: Percorso proposto per raggiungere la Grotta – VERDE: Percorso di Ritorno



MONTE CACAMILLO – SENTIERO PER I CAMPI DI BUGGERO – VECCHIO RIFUGIO DEI FRATI

Grazie a delle informazioni ricevute da un anziano di Bolognola e a delle foto del versante Nord-est del Monte Cacamillo con una spolverata di neve che mette in risalto i vecchi sentieri all’interno del bosco, abbiamo ritrovato il millenario sentiero che collegava l’Abbadia di Rio Sacro con Bolognola da cui poi i frati eremiti proseguivano per la Madonna dell’Ambro. Il tragitto contemplava anche un rifugio in pietra a circa metà percorso.

Molti lettori mi chiedono di inserire le tracce GPS dei percorsi che propongo, non metto le tracce perché, secondo me, toglierei quel fascino dell’avventura e dell’esplorazione che, percorsi come questo, possono dare.

Del resto se io ho percorso questi sentieri senza alcuna descrizione in bibliografia e senza traccia GPS tutti possono essere in grado di ripercorrerli seguendo la mia sola descrizione.

Il 13 novembre 2021, con Federico, siamo saliti dalla Centrale idroelettrica di Bolognola verso il Puntone Piemà per il sentiero che sale a tornanti di fianco alla condotta forzata quindi abbiamo ritrovato il vecchio sentiero che ci ha condotto ad una spianata all’interno del bosco dove abbiamo ritrovato dei ruderi e abbiamo proseguito fino al Fosso di Buggero, siamo saliti fin sotto la cascata e ripreso il sentiero di discesa passando per il canale di accumulo della centrale effettuando così un giro completo del selvaggio versante della montagna.

ACCESSO: La centrale idroelettrica di Bolognola si raggiunge dalla Strada Provinciale n.47 che dal Lago di Fiastra sale verso Bolognola. Si raggiunge il comune di Acquacanina con le sue varie frazioni quindi dopo la frazione di Oppio si supera il fontanile presente al lato sinistro della strada e la frazione di Vallecanto, dopo circa 300 metri in una diretta si incontra il tratturo chiuso con sbarra che scende a destra con indicazione per la Valle di Rio Sacro, si prosegue per altri 400 metri fino a trovare una stretta deviazione asfaltata a destra che scende e la si segue fino ad un tornante con slargo a destra, prima del ponte della centrale, dove si parcheggia (352190,2 E – 4763361,8 N; 750 m.).

DESCRIZIONE: Dallo slargo si scende a piedi verso la centrale, al ponte si scende al fiume e si costeggia il perimetro del muro di cinta, con molta attenzione, fino al suo termine, nella parte posteriore ella centrale, dove, oltre la recinzione, parte un sentiero che sale nettamente nel bosco. Il comodo sentiero si snoda con numerosi tornanti in salita (24 in totale fino alla casetta Piemà), giunti al tredicesimo tornante (è necessario contarli ma abbiamo anche posizionato un ometto di pietre, (40 minuti, 352182 E – 4763098 N; 895 m.) si va verso la condotta forzata, si sale alcuni metri fino al sostegno di cemento posto poco sopra il tornante che permette di superarla e ci si addentra nel bosco di fronte dove si evidenzia immediatamente una traccia di sentiero in piano.

(( NOTA del 10 Agosto 2022: Dal tornante n.22 (il terzo in discesa, il primo nel bosco, senza radure erbose, all’incirca alle coordinate 352144 E – 4763053 N; 950 m.) si può invece intercettare , a sinistra scendendo nel bosco, nel versante opposto Nord verso Rio Sacro, il tratto di sentiero che sale da Rio Sacro verso il Puntone Piema, il sentiero, ben visibile effettua dapprima un lungo traverso verso sinistra in costante discesa per 200 metri (foto n. 34) quindi effettua un primo tornante, prosegue per altri 300 metri in discesa mai ripida verso destra (foto n. 35-36) passando accanto a delle sorgenti che fuoriescono dal terreno nel bosco, simili risorgive e che, nonostante la torrida estate del 2020, il 10 agosto ancora portavano molta acqua, quindi con un altro tornante ripiega verso sinistra per altri 200 metri; giunti nei pressi del torrente Rio Sacro di cui si sente il rumore, ripiega di nuovo verso destra tra alcune rocce e scende infine nel greto del torrente.

Qui la fitta vegetazione non rende evidente l’uscita ma è necessario percorrere la sponda sinistra (destra orografica) verso monte per altri 100 metri quindi difficilmente si deve trovare il posto più agevole per guadare il torrente e si risale la sponda opposta tra alberi e rovi fino a raggiungere la strada sterrata di fondovalle (foto n. 37-38) . Se non si risale a sufficienza la sponda del torrente, una volta attraversato si trovano delle pareti rocciose sopra le quali passa la strada per cui è necessario traversare alla loro base verso sinistra fino a trovare il passaggio più agevole . Dalla strada di Rio Sacro si raggiunge facilmente la strada Provinciale n.47 che si percorre verso Bolognola per scendere alla carrozzabile per la Centrale idroelettrica dove si è parcheggiata l’auto.

Da Rio Sacro il sentiero di salita è di difficile ritrovamento a causa del taglio del bosco effettuato da diversi anni che ne ha nascosto la traccia e dall’abbandono a se stesso del greto del torrente ma che collegava l’Abbadia di Rio Sacro con Bolognola. ))

Proseguendo invece il sentiero oltre la condotta si raggiunge, dopo circa 200 metri, il fosso roccioso del troppo pieno del canale di accumulo, che il giorno dell’escursione a causa dell’interruzione del funzionamento della centrale, ci ha costretto a scendere un po’ per evitare il notevole flusso d’acqua e le rocce scivolose quindi in lieve discesa si raggiunge una zona aperta sovrastata da delle rocce (30 minuti dalla condotta, 352539 E – 4763034 N; 850 m.), visibile anche dalla strada di fronte che conduce a Bolognola.

Da questa zona si prosegue per traccia stavolta in piano in direzione Est, si scavalca il crinale boscoso del monte cambiando leggermente direzione ed andando verso Sud-est e dopo circa 500 metri ci si imbatte in alcune inconfondibili piattaforme di antiche carbonaie dove abbiamo trovato ancora frammenti di carbone (altri 30 minuti).

E’ incredibile pensare come, nel passato, la gente di montagna era costretta, per motivi di sopravvivenza, a spingersi nei boschi così lontano dai centro abitati dove viveva, delle volte immagino di sentire l’odore del carbone e vedere il fumo levarsi nei boschi, di vedere i viavai di montanari segnati dalla fatica che con i loro asini o muli percorrevano questi boschi, ormai abbandonati, trasportando la carbonella fino a Bolognola per un misero e sudato guadagno, le loro voci, le loro storie, ormai immagini di un passato lontano.

Proseguendo ancora in piano e oltrepassando un secondo crinale dirigendosi verso Sud in breve (altri 15 minuti) si raggiunge una spianata più aperta nel bosco, tale zona dovrebbe essere quella che in zona chiamavano anticamente Sasso Bianco (forse dalle pietre bianche con cui era realizzato il rifugio) o Campi di Buggero, caratterizzata da un grande ginepro arboreo.

Poco sotto verso sinistra si notano delle pietre bianchissime accumulate in una unica zona (Aretta), non ben visibili in quanto interamente ricoperte di muschio.

Le pietre possono sembrare normali all’interno di un bosco di montagna ma ad uno sguardo più attento si nota anzitutto che non ci sono scogli nelle vicinanze da cui possono essere cadute spontaneamente e esaminando meglio il cumulo si nota anche una traccia di muretto con pietre allineate (foto n.11-16, 352856 E – 4762518 N; 920 m.).

Molto probabilmente abbiamo raggiunto il rifugio che indicava l’anziano di Bolognola, realizzato dai Frati-eremiti di Rio Sacro a metà del loro percorso, ricordo che la costruzione della prima Badia di Rio Sacro è datata nell’anno 1000 e la costruzione del primo rifugio potrebbe essere anch’esso datato nei primi secoli dell’anno 1000.

Il rifugio, secondo quanto ci è stato riferito, fu anticamente saccheggiato e quindi distrutto da cercatori di tesori della zona per cui, a parte il cumulo di pietre e un breve muretto, non ne rimangono altre tracce evidenti, riporto una citazione che forse richiama proprio questo luogo:

” Dal libro di Domenico Francesconi BOLOGNOLA: storia – testimonianze – documenti

a cura dell’Amministrazione Comunale di Bolognola, 1982

In data 6 gennaio 1280, infatti, il Signore Guglielmo di Bertoldo stipula l’atto di vendita dei propri beni e diritti nei Castelli di Acquacanina e Bolognola a favore di Giacomuccio di Gualtieri da S. Maroto. La somma pattuita ammonta a 1.400 libre ravennati o anconetane, integrata da vari appezzamenti di terra che l’acquirente possiede nel Comune di Amandola.

Giacomuccio di Gualtieri, nato a S. Maroto nei pressi della Sfercia, svolse ruoli di primo piano nelle vicende di Amandola di cui fu Podestà dal 1261 al 1268. Per le benemerenze acquisite ne ottenne la cittadinanza in data 31 gennaio 1270, e la gratifica di 100 modioli di terra e un mulino nella campagna e una casa nella piazza del paese. Egli, per contro. s’impegnò a restare in Amandola al servizio del Comune fornendogli, in caso di guerra, due cavalli e due militi equipaggiati. Risulta presente in terra amandolese fino al 1281, epoca in cui, già vecchio, dovette tornare nei nuovi possedimenti comperati l’anno avanti.

Dal rogito in questione, reperto nell’archivio di Stato di Parma, trascritto e pubblicato da G. Pagnani, apprendiamo che i beni bolognolesi dei Falerone, ceduti da Guglielmo nel 1280, sono ancora assai consistenti. Si tratta, infatti, di una torre, di almeno sedici case di abitazione — tante sono le famiglie vendute con i relativi mansi — e di diversi appezzamenti seminativi, pascolivi e boschivi.

Oggetto di vendita sono, inoltre, i diritti di pesca lungo il corso del Fiastrone, su entrambe le sponde, a partire dal luogo dove si era soliti battere il frumento (la pagliara) fino alla confluenza del fiume stesso col torrente Rio Sacro, nonché il giuspatronato sulle chiese di S. Angelo, la parrocchiale, e di S. Giovanni di Buggero.

L’accenno al diritto di patronato sulla chiesa di S. Angelo costituisce la riprova certa della sua antichità: primi decenni del secolo XIII, se non addirittura verso la fine del precedente, e la sua fondazione ad opera dei Signori di Falerone.

Della chiesa di S. Giovanni di Buggero, sita nella Costa dei Frati chiamata, allora, la Romita e ufficiata da religiosi francescani della Congregazione dei Clareni, non esiste più nulla, ed è sin’anche difficile individuarne l’esatta ubicazione.

In questa zona abbiamo poi notato delle strisce di plastica, una volta di colore bianco-rosso ma ormai scolorite quindi annodate negli alberi diversi anni fa, che segnalano una traccia di sentiero che invece sale nettamente verso monte, lo abbiamo percorso per un tratto ma poi lo abbiamo abbandonato ipotizzando che lo avremo intercettato più monte in corrispondenza del canale di accumulo della centrale in quanto rappresenta quello che ci hanno decritto come il sentiero del guardacanale”.

Non sappiamo che ci ha preceduto in questa riscoperta ma non abbiamo trovato traccia nella bibliografia o sul web della descrizione di tale itinerario per cui l’ho riportato nel mio sito come itinerario inedito.

Seguendo ancora il sentiero, che in questo tratto si fa più evidente, ci si addentra in discesa verso il Fosso di Buggero, che scende verso il sottostante Fiastrone.

Raggiunto il selvaggio fosso (352863 E – 4762424 N; 905 m.) si può percorrerlo in discesa per un tratto fino ad una sottostante forra oltre la quale è necessario scendere in tecnica di torrentismo.

Il sentiero invece attraversa il fosso e riprende netto nel versante opposto (destro orografico del fosso) per raggiungere una spianata caratterizzata da un alto bosco misto di notevole pregio forestale in quanto presenta addirittura faggi e querce secolari a breve distanza.

Dopo una breve salita si intercetta un tornante della vecchia strada costruita diversi decenni fa che veniva utilizzata per recuperare con i trattori il legname accumulato dalle slavine nel Fosso di Buggero ma ormai non più utilizzata dopo l’alluvione del 2007 che ha distrutto il sottostante ponte sul Fiastrone.

Dalla strada si prosegue in salita superando un altro tornante e salendo ripidamente verso la testata della valle di Buggero fino alla base delle cascate dove passa il canale, in questo tratto sotterraneo, per la centrale idroelettrica di Bolognola.

Dalla testata di Buggero si prende sul versante di destra la strada del canale, dopo circa 1 chilometro si giunge al tratto scoperto del canale dove, circa 30 metri prima a sinistra, abbiamo ritrovato altre strisce di plastica legate ai rami che rappresentano l’uscita del sentiero trovato più valle di cui avevamo salito un tratto (sentiero del guardacanale).

DISCESA: Costeggiando il canale si raggiunge Casetta Piema’ dove si riprende il sentiero a tornanti (25) in discesa che riporta alla centrale idroelettrica chiudendo così un percorso ad anello di interesse storico.

1- La condotta forzata all’altezza dell’11° tornante con il blocco di cemento che permette di superarla per andare nel bosco del versante opposto.
2- Il primo tratto di sentiero ben visibile nel bosco tra la condotta e la cascata del troppo pieno.
3- La cascata del fosso del troppo pieno del canale posto molto più a monte.
4- La zona aperta a metà strada tra la condotta forzata e i Campi di Buggero.
5- Una delle vecchie carbonaie.
6- Un doppio tronco di Faggio che ha inglobato un vecchio ramo caduto.
7- Il grande Ginepro arboreo presente nella zona denominata Sasso Bianco o Campi di Buggero
8- L’inizio del tracciato in salita denominato “sentiero del guardacanale”, nella pianta a sinistra di Federico la prima striscia di plastica legata alla pianta.
9- Lo slargo del bosco denominato “L’Aretta” con il sentiero che scende verso il Fosso di Buggero.
10- Lo slargo della foto n. 9 visto in direzione Nord con il sentiero da cui siamo arrivati alle mie spalle e dove a destra si ritrova il cumulo di pietre.
11- Il cumulo di pietre bianche ricoperte di muschio dove in questo punto si vede nettamente la forma di un muretto a secco.
12 -13 – 14 – 15- 16- Ruderi di muretti a secco nella zona dove si trovava la chiesina. (Ph. Manuel).
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17- Il Fosso di Buggero verso valle
18- Il Fosso di Buggero verso monte.
19 — 20 – La traccia continua oltre il Fosso di Buggero nel versante opposto.
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21- La selvaggia zona presenta un interessante patrimonio forestale.
22- Gruppo di grandi Faggi presente oltre il Fosso di Buggero
23- 24 – Tronchi di Olmo (probabile ma essendo senza foglie non siamo riusciti a riconoscerlo esattamente) ricoperti di edera secolare
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25- Grande quercia a poca distanza dagli alberi delle foto n. 17-18-19.
26- La valle di Buggero nel versante Nord del Monte Cacamillo oltre la fine della strada che sale dal Fiastrone, in alto le cascate della testata.
27 – 28- La grande cascata di Buggero.
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29- L’inizio del canale di accumulo della centrale di Bolognola con, al centro della foto, la striscia di plastica annodata sulla pianta che indica il sentiero che scende verso i Campi di Buggero che noi abbiamo ritrovato invece dal basso..
30- 31 – 32 – 33- Serie di vecchia diapositive dove la prima neve autunnale mette in evidenza il vecchio sentiero che abbiamo esplorato, destra si intravede il sentiero a tornanti che dalla centrale sale verso il canale di accumulo.
31- Nel versante Est del Monte Cacamillo si nota in alto il canale di accumjlo della condotta forzata e, in basso a destra, il sentiero descritto.
32- Il cambio di versante del Monte Cacamillo, al centro il Fosso di Buggero e a sinistra la strada che dal Fiastrone arriva alla cascata di Buggero, nel tornante a destra si nota il sentiero che scende nel fosso e che abbiamo ritrovato.
33- Il versante Est del Monte Cacamillo con la centrale in basso a destra e il sentiero che taglia il versante, reso visibile dalla poca neve.

10 agosto 2022 Discesa dalla Casetta Piemà fino al Rio Sacro per il vecchio sentiero che scende dal versante Nord del Puntone Piemà.

34- Il primo tratto che scende verso sinistra del vecchio sentiero Casetta Piemà – Rio Sacro.
35- Il secondo tratto che scende verso destra.
36- Le particolari risorgive trovate lungo il sentiero (anche se sfuocate !!! di cui mi scuso ma non avevo meglio).
37- La ripidissima risalita del pendio sottostrada dopo aver faticosamente guadato il torrente Rio Sacro.
38- Il punto di uscita sulla strada di Rio Sacro.
Pianta satellitare del percorso proposto
ROSSO: Itinerario di raggiungimento.
VERDE: Itinerario di accesso
GIALLO TRATTEGGIATO: Itinerari alternativi



MONTE PALAZZO BORGHESE-MONTE PORCHE variante diretta dal Fosso Zappacenere per la Fonte dell’Acero.

Il Monte Palazzo Borghese e/o il Monte Porche possono essere raggiunti da Foce di Montemonaco per il classico sentiero per il Fosso Zappacenere che conduce, verso il Monte Lieto, dapprima alla Fonte di S.Maria quindi prosegue per la Fonte dell’Acero per poi girare versante verso i Pianelli fino alla forcella tra il Monte Porche ed il Monte Palazzo Borghese.

Oppure si può salire alle due cime per un itinerario meno conosciuto ma molto interessante che si distacca dal classico sentiero del Fosso Zappacenere che qui propongo.

Il sentiero del Fosso Zappacenere in realtà può essere preso da due punti diversi, o dal più comune parcheggio, alla base del Fosso del Balzo, in corrispondenza della Madonnina e del Casale della Comunanza, situato circa 700 metri prima del paese di Foce oppure a destra, in ripida salita a monte dell’area pic-nic realizzata da pochi anni in corrispondenza dell’imbocco del “Canale”, 400 metri prima del paese sempre sulla destra.

I due sentieri viaggiano nella stessa direzione per incontrarsi nel fondo del Fosso Zappacenere, 250 metri prima di un netto tornante (357937 E – 4749319 N; 1160 m.) in salita verso destra che sale ripido nel bosco (verso la Fonte di S.Maria) per cui possono essere presi entrambe anche se risulta più comodo quello classico dal parcheggio della Madonnina.

Dopo l’incrocio, anziché prendere il tornante in netta salita, si continua il tratturo nel fondo ghiaioso del Fosso verso il bosco sovrastante. Raggiunto il bosco, in corrispondenza di un colatoio roccioso del fosso, il sentiero inizia a salire e si trasforma in una comoda ma poco conosciuta carrareccia che con diversi tornanti all’interno del bosco della Frondosa con grandi abeti da rimboschimento piantati intorno al 1950 mentre sembra che lo stesso bosco fu stato tagliato intorno al 1930 e era costituito per la maggior parte da faggi secolari di cui non è rimasta traccia, raggiunge la cresta erbosa (357674 E – 4748820,8 N; 1485 m.) della “Frondosa” che divide il “Canale” dal Fosso Zappacenere per proseguire in netta salita fino allo stazzo nei pressi della Fonte dell’Acero.

Quindi, sopra la Fonte, raggiunta in circa 1,5 ore, (356881 E – 4748962 N; 1655 m.), per il classico sentiero segnato si prosegue verso i Pianelli e quindi, per creste, si può raggiungere una dopo l’altra, entrambe le cime dei due monti (altre 1,5 ore per ciascuna cima) .

Per la discesa si può percorrere lo stesso itinerario oppure scendere dalla sella tra il M.Porche e il M. Palazzo Borghese al sottostante Laghetto quindi per il Canale velocemente di nuovo a Foce.

20 OTTOBRE 2021 Gianluca Carradorini – Carlo Angelini

1- Il colatoio roccioso posto nel bosco alla base del Fosso Zappacenere dove inizia la salita.
2 – 3- Due grandi abeti ? da probabile antico rimboschimento presenti nel primo tratto del bosco, sicuramente gli abeti più grandi dei Monti Sibillini.
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4- Il sentiero nell’ultimo tratto prima della cresta erbosa sopra la Frondosa.
5- La cresta erbosa sopra al bosco con il Monte Sibilla di fronte.
6- Veduta verso Ovest dalla cresta con il Sasso di Palazzo Borghese, il laghetto sottostante e la zona del Canale a sinistra.
7- La cresta dei Tre Faggi sovrasta il Canale sottostante.
8- La ripida cresta erbosa, in salita verso la Fonte dell’Acero, a sinistra il Fosso Zappacenere, a destra il Canale.
9- Lo stazzo e la sporcizia nei pressi della Fonte dell’Acero.
10- Grande faggio nei pressi dello stazzo.
11- La Fonte dell’Acero e la zona del Ramatico sovrastante, nei ghiaioni del versante Est di Cima Vallelunga.
12- Sempre in salita prima del cambio di versante con il M. Sibilla sullo sfondo.
13- Il sentiero che da Fonte dell’Acero prosegue nella zona denominata “I Pianetti” sul versante Est del M. Porche
14- Dal cambio di versante riappare la maestosa parete Est del Sasso di Palazzo Borghese e il M. Argentella a sinistra.
15 – 16- Zoom sulla parete Est e Nord, in ombra, del Sasso di Palazzo Borghese
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17- Il versante Sud del Monte Porche con il lungo canale innevato.
18- Salita verso il Monte Palazzo Borghese.
19- Il gruppo Sud dei Monti Sibillini con il M. Argentella in primo piano , il M.Vettore a sinistra e la Cima del Redentore a destra.
20-Il Sasso di Palazzo Borghese e il M. Banditello e la Cima delle Prata a a destra.
21- Discesa veloce su neve verso il Laghetto.
22- Mucche al riposo nei pressi del Laghetto.
23- 24 – La parete Est del Sasso di Palazzo Borghese vista dal Laghetto con le ferite provocate dal terremoto del 2016.
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25- La faggeta in veste autunnale nella parte iniziale del Canale.



VARIANTE AL MONTE VETTORE per la cresta destra della Valle Santa.

Il 28 ottobre 2021 per salire al Monte Vettore ho preferito partire dalla Valle Santa risalendo la cresta destra che delimita la valle fino alla Sella sotto al Monte Vettoretto dove sorge la Croce di Tito Zilioli per evitare il terrificante sentiero che parte invece da Forca di Presta, degradato dal passaggio di migliaia di escursionisti della domenica e ridotto ormai ad un fosso detritico e pericoloso.

Propongo questa salita ai più esperti escursionisti che frequentano il mio sito stanchi anch’essi di salire al Monte Vettore per la via normale con la consapevolezza che tale itinerario non diventerà una nuova via alternativa per tutti in quanto i normali escursionisti non si avventurano su percorsi dove non ci sono sentieri tracciati e soprattutto perché l’itinerario proposto, pur essendo più breve e comodo, parte subito in netta ripida salita il che toglie subito la voglia di salire al normale escursionista.

Per raggiungere il pianoro del Monte Vettoretto da questo itinerario si impiega circa un’ora, poco di meno del tempo se si parte da Forca di Presta ma compiendo una salita molto più comoda in quanto esente da detriti e su pendio che presenta una formazione erbosa scalettata (seslerieto) che permette anche una rapidissima discesa, in 30 minuti si raggiunge l’auto, come scendere da una comoda scalinata.

ACCESSO: Il fondo della Valle Santa si raggiunge percorrendo la strada Provinciale n. 477 che da Castelluccio conduce a Force di Presta. Giunti sotto al versante Sud-ovest della Punta di Prato Pulito si apre il profondo vallone della Valle Santa dove la strada forma una netta rientranza, si parcheggia di lato.

DESCRIZIONE: Dalla strada si risale subito un tratturo (356430,1 E – 4740496,3 N; 1410 m.) che si inoltra verso la Valle Santa, superato un campo coltivato si taglia a destra sul pendio ripido della sponda destra (salita) che delimita la valle in direzione di un grosso pino isolato che svetta circa 200 metri di dislivello più in alto.

Non proseguire il sentiero di fondovalle che, sebbene conduca anch’esso alla Croce di Zilioli, presenta un percorso più accidentato, con fondo detritico e con diversi ripidi tornanti sulla testata che allungano e rendono più scomoda la salita.

Raggiunto il primo pino (20 minuti, 356974,2 E – 4740493,4 N; 1575 m.) si devia lievemente verso sinistra per raggiungere un secondo altro pino posto altri 200 metri più in alto leggermente sulla sinistra, si raggiunge quindi la sommità di un profondo vallone laterale che si risale innalzandosi ancora per evitare il suo fondo roccioso, si inizia quindi a tagliare il pendio sommitale dirigendosi verso sinistra in direzione del sentiero ben visibile che dalla croce di Tito Zilioli sale verso il Monte Vettoretto. In altri 100 metri di dislivello si raggiunge la sella dove sorge la croce (30 minuti) . Prima di raggiungere la croce si nota sulla sinistra, poco sotto il pendio, lo stazzo di Petrucci (357876,1 E – 4740791,5 N; 1910 m.), caratterizzato dalla vegetazione nitrofila di ortiche e cardi e soprattutto dal riparo scavato sul pendio e rinforzato ai lati con muretti a secco. Dalla croce di Zilioli si prosegue per il degradato sentiero che conduce alla sommità pianeggiante del Monte Vettoretto (10 minuti) e prosegue per il Rifugio Zilioli e quindi al Monte Vettore.

VARIANTE: Se invece si vuole fare il cosiddetto “giro delle creste” salendo alla Punta di Prato Pulito quindi Scoglio del Lago e Cima del Redentore allora una volta giunti sul pianoro del Monte Vettoretto, anziché proseguire per il sentiero per il rifugio Zilioli e salire alla Punta di Prato Pulito per la cresta Est, si devia a sinistra per prendere l’aerea e verticale cresta Sud che sale fino alla Punta di Prato Pulito, consigliata anche per una rapida ma impegnativa discesa. Tale itinerario l’ho già stato percorso con i miei amici diverse volte sia in estate che in inverno e sia in salita che in discesa (foto n. 29-37).

DISCESA: Una volta scesi dal Monte Vettoretto fino alla croce di Tito Zilioli si prende la cresta di salita descritta, il 30 minuti si raggiunge comodamente l’auto alla base della Valle Santa. Anche in questo caso non prendere il sentiero che scende direttamente dalla Croce di Zilioli dentro alla Valle Santa perché, come già indicato, più scomodo in quanto presenta anch’esso un fondo detritico scivoloso specie più in basso nel fondovalle.

1- La rientranza della strada Castelluccio-Forca di Presta in prossimità della base della Valle Santa dove si parcheggia, al centro è visibile la mia auto.
2- Il primo pino che si i contra nella cresta destra della Valle Santa, tra la nebbia in fondo è ancora visibile la strada da cui si parte.
3- In alto il secondo pino verso cui ci si dirige, a sinistra illuminato il versante Sud-ovest della Punta di Prato Pulito e la Valle Santa.
4- Lo scoglio dell’Aquila e il versante Sud-ovest della Cima del Lago ed il secondo pino usato come riferimento per la salita.
5- A sinistra il Monte Vettoretto ed il sentiero più evidente che taglia il pendio e che conduce al “sentiero delle Fate” nel versante Ovest della Cima del Redentore mentre meno visibile sopra il sentiero che conduce al Monte Vettore verso il quale ci si dirige.
6- Nebbia verso la Macchia Lunga al Piano Piccolo
7- Il Monte Guaidone posto tra il Piano Grande ed il Piano Piccolo, emerge dalla nebbia mattutina.
8- Anche Castelluccio emerge dalla nebbia mattutina.
9- L’imponente Scoglio dell’Aquila alla cui base passa la faglia del terremoto dell’Ottobre 2016.
10 -11 – La faglia che percorre il cosiddetto “Cordone del Vettore”, scesa più in basso di almeno 70 centimetri dopo il terremoto del 2016, come visibile dalla linea bianca visibile nel cambio di pendenza alla base delle rocce.
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12- La testata della Valle Santa con il sentiero che sale a tornanti dal fondovalle, quello che va a sinistra verso il Sentiero delle Fate e in alto il sentiero che va al Monte Vettore. In alto il Rifugio Zilioli e la cima del Monte Vettore innevata.
13- Al termine della salita proposta della cresta destra che delimita la Valle Santa si osserva il sentiero che sale al Monte Vettoretto, sulla sella c’è la Croce di Tito Zilioli mentre più in basso si osserva il sentiero che sale dalla Valle Santa per poi dividersi per il Sentiero delle Fate. In alto la cima del Monte Vettore e il Rifugio Zilioli sulla sinistra.
14- Da sinistra lo Scoglio dell’Aquila, la Cima del Lago e la Punta di Prato Pulito visti dalla sella della Valle Santa. Nel pendio sottostante si nota il Sentiero delle Fate che corre in piano tutto il versante della montagna e la traccia che invece si innalza verso il Cordone del Vettore e viene usata per raggiungere la base delle vie di roccia dello Scoglio dell’Aquila.
15- Il Monte Vettoretto con il sentiero che sale al Monte Vettore, ben visibile la faglia del terremoto del 2016 che taglia il pendio passando poco sopra la Croce di Tito Zilioli situata all’inizio della salita in corrispondenza dell’escursionista che sta salendo.
16 – Lo “Stazzo di Petrucci” posto poco più a valle della sella della Croce di Zilioli.
17- Lo stazzo di Petrucci , di fronte il sentiero che sale al Monte Vettore tagliato dalla faglia del terremoto del 2016 ancora perfettamente visibile.
18- Il sentiero per il Monte Vettore, ridotto ad un fosso detritico e pericoloso con l’ombra della Croce di Tito Zilioli.
19- In Ombra la lunga ma comodissima cresta di salita per la Sella della Croce Zilioli, a destra tra ombra e luce la Valle Santa ed in fondo la rientranza della strada da cui si inizia la salita.
20- La mia ombra verso la Valle Santa.
21- La rapida discesa verso fondovalle su pendio scalettato che permette di fare un passo dopo l’altro di seguito come per scendere da una scala, ben visibili i due pini di riferimento descritti per la salita, in fondo è anche visibile la mia auto nella rientranza della strada.
22- Fase di discesa con i due pini, a destra e a sinistra.
23- Il primo pino di salita, ormai giunti al fondovalle.
24- La cresta di salita che delimita a destra la Valle Santa
25- Poiana sui pali della strada del Pian Perduto.
26- La pineta con Pino Nero e Larici (gialli) nel versante Est del Monte Lieto.
27- Acero in veste autunnale sul bordo della strada per Castelluccio.
28- Altro Acero di fronte al Monte Cardosa.

VARIANTE PER LA CRESTA SUD DELLA PUNTA DI PRATO PULITO E PROSEGUIMENTO PER CIMA DEL LAGO E CIMA DEL REDENTORE

29- Salita estiva della cresta Sud della Punta di Prato Pulito dal pianoro del Monte Vettoretto, altri escursionisti scendono invece dalla normale cresta Est verso il Rifugio Zilioli.
30- Febbraio 2016 con scarsissimo innevamento, mentre gli ultimi escursionisti scendono al pomeriggio noi saliamo per vedere il tramonto dalla Punta di Prato Pulito, di fronte tra neve e rocce, la ripida cresta di salita.
31- Il primo tratto di salita prima della cresta, alle spalle il sentiero che sbocca sul pianoro del Monte Vettoretto.
32- La cresta si fa più ripida e rocciosa.
33- la cresta Sud della Punta di Prato Pulito, a sinistra il Monte Vettoretto e a destra la Valle Santa con la cresta di salita descritta in questo itinerario.
34- Dalla cresta Sud si è in vista del Rifugio Zilioli (vecchio) e della cima del Monte Vettore.
35- La cima del Monte Vettore e la Sella delle Ciaole con il Rifugio Zilioli ormai al tramonto vista dalla Punta di Prato Pulito.
36- Abbiamo aspettato il Tramonto
37- E, ormai a notte, abbiamo ridisceso la cresta Sud della Punta di Prato Pulito percorsa in salita.



PIZZO TRE VESCOVI – Prima ascensione invernale 2021-2022

In occasione della prima abbondante nevicata in quota dell’inverno 2021-2022, con Carlo e Federico abbiamo effettuato l’ascensione classica dalla Pintura di Bolognola per la strada del Fargno, chiusa al traffico veicolare, fino al Rifugio omonimo quindi siamo saliti alla cima di Pizzo Tre Vescovi per il versante Nord su neve a tratti anche gelata. Bellissima la croce di vetta completamente glassata dalla galaverna. Siamo infine discesi per il versante Est fino alla Pescolla e poi alla strada per Forcella Bassete.

Di seguito le immagini della bellissima giornata.

1- Il versante Est del Monte Rotondo e la Forcella Cucciolara visti dalla strada del Fargno.
2- Prime colate di ghiaccio sulle pareti della strada.
3- Il versante Nord del Pizzo Tre Vescovi.
4- La Forcella del Fargno con l’omonimo rifugio.
5- Tratto gelatissimo verso la Forcella Angagnola, alle spalle il versante Sud del Monte Rotondo..
6- L’ombra del Pizzo Tre Vescovi e del Monte Acuto si stagliano verso il Monte Rotondo.
7- Girando nl versante Nord del Pizzo Tre Vescovi con il Monte Bove Nord alle spalle.
8- Il Rifugio del Fargno sovrastato da una nuvola di nebbia modellata dal vento.
9- Sul versante Nord del Pizzo Tre Vescovi.
10- Il Monte Rotondo visto dalla sella del Monte Acuto
11 – 12- La cresta Nord-est del Pizzo Tre Vescovi con la croce di vetta.
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13- 14 – Il Monte Acuto durante la salita al Pizzo Tre Vescovi.
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15- Il versante Nord del Pizzo Regina .
16- Eccoci in prossimità della croce di cima al Pizzo Tre Vescovi.
17- 18- Arriva la nebbia ma per fortuna il forte vento la spazza in breve.
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19 – 20- 21- 22- Ed ecco la croce di cima nel suo splendore invernale vista dal tutti i lati, glassata dalla galaverna.
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23 – 24- Discesa dal versante Est del Pizzo Tre Vescovi con il maestoso Pizzo Regina (M. Priora) di lato.
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25- La traversata sopra alla Pescolla
26- Il versante Est del Monte Acuto con il suo grande profilo umano.
27- Infine scendiamo alla strada , a destra Cima Bassete, al centro Cima Acquario e sullo fondo la parete Nord del Monte Acuto.



ESCURSIONI E ARRAMPICATE A TENERIFE Settembre 2021

Dopo aver effettuato numerose salite, tra cui al Vulcano El Teide, ed arrampicate nell’isola di Tenerife nelle Canarie nell’Aprile del 2018, con Davide siamo ritornati per effettuare altre arrampicate e salite su altre cime vulcaniche che caratterizzano l’Isola.

Di seguito le immagini delle salite del 2021.

1- La piana di Guaza vista durante l’atterraggio con le serre delle coltivazioni di banane, a sinistra il Morros del Viento, subito dopo svetta la Roque del Conde, oggetto di salite di quest’anno e sullo sfondo il più alto vulcano d’Europa, El Teide salito nel 2018.
2- 3 – 4- 5 -6- 7-Arrampicata sul basalto della palestra del Barranco de Arico, vie dal 6C in su.
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8- La cima del vulcano Morros del Viento sovrasta i residence turistici di Los Cristianos.
9- La piattaforma lavica prima della cima del Morros del viento, a sinistra il Roque del Conde immerso dalla nebbia e sullo sfondo El Teide.
10- Vecchie canalizzazioni in tufo irrigavano i campi coltivati intorno al Morros del Viento, ormai il turismo ha fatto abbandonare questi pendii dove però prosperano i piccoli conigli delle Canarie.
11- La baia di Los Cristianos e di Las Americas visti dalla cima del Morros del Viento, la grande zona verde al centro è il campo del Golf Club Las Americas.
12- 13- Veduta dal Morros del Viento verso la Roque del Conde a sinistra, di ben 1000 metri di dislivello dalla base e El Teide sullo sfondo a destra
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14- In primo piano il piccolo cono vulcanico Montana del Mojon con a destra l’abitato di Chayofa e sopra, sullo sfondo, le coste rocciose de Los Gigantes.
15- Veduta verso Est con le cime intorno a Las Chafiras, a destra, di fianco a Davide, la superstrada per Santa Cruz.
16- Un gigante della flora, il “Pino gordo”, Pinus canariensis endemico delle isole Canarie, di circa 1000 anni di età !!!, sulla strada che da Villaflor sale verso la Canada del Teide.
17- La canada (caldera) del Teide, a sinistra le più recenti colate laviche di colore marrone scuro.
18- Sulle immense colate laviche del Teide con la cima a destra, salita nel 2018 (vedasi articolo)
19- Le desertiche distese di pietra pomice, capace di galleggiare sull’acqua, alla Montana Blanca, sotto alla cima del Teide.
20- 21 – 22- Un secondo gigante della flora delle Canarie, il famoso “Draco millenario” di Icod de Los VInos, Dracaena draco anch’essa endemica delle Canarie che sembra abbia una età di 3000 anni
21- Osservare le dimensioni della pianta con la persona al fianco sinistro della palma
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23- La Roque del Conde, una ardita cima vulcanica che si innalza per 1000 metri dalla piana sottostante, salita da solo.
24- Il sentiero di salita si snoda con ripidi tornanti di muretti a secco tra le pareti del Barranco de Las Casas.
25- Il Barranco de Las Casas e la arditissima cima di Roque Imoque.
26- Il comodo sentiero di salita prima della cresta Nord, a destra l’abitato di Vento da cui si parte per l’escursione.
27-28- 29- La cresta Nord oltre la quale il sentiero si fa molto più stretto e ripido, l’unico pericolo è quello di scivolare e cadere sopra ai fichi d’india e le altre piante spinose delle Canarie !!!.
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30- Gigantesco esemplare di Euphorbia canariensis
31- Veduta dalla cima della Roque del Conde verso Las Americas, ai piedi la Caldera del Rey coltivata a bananeti e la cresta del Morro Negro a destra.
32- Veduta dalla cima della Roque del Conde verso il Morros del Viento già oggetto di salita
33- Veduta verticale verso il sottostante Barranco de Las Casas e l’abitato di Vento da cui si inizia l’escursione.
34-La verticale piattaforma rocciosa basaltica della Roque del Conde con numerosi esemplari di Euphorbia canariensis e Opunzie.
35- I basalti colonnari che caratterizzano la croce della cima della Roque del Conde.
36- La Costa Adeje vista dalla Roque del Conde.
37- La Roque Imoque della foto n.25 vista dalla cima della Roque del Conde.
38- Il versante Nord della Roque del Conde a sinistra e la Roque Imoque a destra, visti da Arona.
39- 40- Il versante Est della Roque del Conde visto dalla Caldera del Rey (foto n.31) che fa da protezione naturale alle coltivazioni di bananeti.
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41- Veduta della Caldera del Rey dalla cresta sovrastante denominata Morro Negro.
42- La cresta del Morro Negro con il versante Est della Roque del Conde e gli insediamenti turistici che si spingono in alto sulle pendici del monte.
43. La Caldera del Rey con il Morros del Viento sullo sfondo visti dall’interno della Wildlans cave.
44- Veduta dell’abitato di Los Cristianos e del Morros del Viento dalla cima del vulcanello Montana Chayofita che lo separa dall’abitato di Las Americas, nella speranza che non si risvegli mai come al contrario ha fatto proprio in questi giorni di nostra permanenza il Vulcano a Las Palmas.
45- La Roque del Conde ed il grande Golf club Las Americas visti dalla Montana Chayofita



LA GROTTA DELLA ROSA – MONTE CACAMILLO.

Luogo praticamente sconosciuto in quanto non riportato sia sulla cartografia che sulla bibliografia dei Monti Sibillini ma solo tramandato verbalmente dagli anziani della zona. La Grotta della Rosa è in realtà una alta cavità ma profonda solo pochi metri, situata a mezza quota al termine di una grande cresta rocciosa (faglia) che scende ripida nel versante Nord del Monte Cacamillo, in un luogo alquanto impervio e di difficile accesso. Secondo i racconti fu infatti utilizzato anche come nascondiglio dai Partigiani della vallata di Acquacanina-Bolognola durate la seconda guerra mondiale proprio per la sua difficoltà di accesso. Il suo nome deriva dal colore delle rocce della formazione geologica a Scaglia Rossa che la creano.

ACCESSO: La Grotta è stata raggiunta dalla Valle di Rio Sacro. Si percorre la Strada Provinciale n.47 che dal Lago di Fiastra sale verso Bolognola. Si raggiunge il comune di Acquacanina con le sue varie frazioni quindi dopo la frazione di Oppio si supera il fontanile presente al lato sinistro della strada e la frazione di Vallecanto, dopo circa 300 metri in una diretta si incontra il tratturo chiuso con sbarra che scende a destra con indicazione per la Valle di Rio Sacro dove si parcheggia (351965,6 E – 4764318,5 N; 770 m.).

DESCRIZIONE: Si scende per la strada chiusa fino al ponte sul Fiastrone quindi si riprende a risalire la valle fino a superare il punto di salita per la Grotta dello Scortico, già descritta nel sito, si prosegue e si giunge ad un ponticello di cemento dove il Rio Sacro forma un laghetto (351126,5 E – 4762277,1 N; 810 m; 30 minuti dall’auto).

Dal ponticello si percorrono 50 metri e si trova sulla sinistra della strada un omino di pietre che indica l’inizio di un vecchio sentiero che sale nel bosco. Il sentiero dopo pochi metri si fa subito ripido e sale verso sinistra (secondo omino di pietre) per condurre all’interno di un canale detritico all’interno del bosco che scende ripido sulla strada poco dopo il ponte ma che non è consigliabile risalire per il fondo sconnesso. Il canale è chiuso ai lati da paretine rocciose molto ripide, giunti quasi al suo termine si nota nel lato roccioso sinistro l’unico passaggio possibile che permette di superare il canale (2 omini di pietre che segnalano l’imbocco del sentiero).

Si prosegue nel sentiero che, sebbene non frequentato da anni, risulta sufficientemente visibile all’interno del bosco e che sale con numerosi tornanti in successione. Dopo circa 40 minuti di salita si incontrano incredibilmente anche due piattaforme di vecchie carbonaie. Quindi poco sopra si intercetta una lieve traccia che proviene da destra dalla Fonte Cereseto.

Proseguendo in ripida salita il bosco si impenna e si dirada permettendo all’erba di crescere facendo cosi perdere le tracce del sentiero. Si prosegue per altri 15 minuti sempre in salita accostandosi verso sinistra a costeggiare un ampio canale formato da recenti slavine che hanno distrutto una grande porzione di bosco. Giunti a circa 200 metri dal termine del bosco (351461,6 E – 4762113,7 N; 1050 m.) si traversa in quota verso sinistra nel tratto distrutto dalle slavine, con molta difficoltà a causa degli arbusti e piante divelte, in direzione della cresta rocciosa opposta dove si intravede già l’alto scoglio denominato “La Rosa”. Raggiunta la base della cresta rocciosa, in almeno 20 minuti di difficoltà, si deve trovare il punto più adeguato, meno ripido, per raggiungere la sua sommità, questo è il tratto chiave che ha presentato le maggiori difficoltà di salita per la ripidità, orientamento e prosecuzione. Giunti alla cresta si deve trovare quindi un punto dove il bosco prosegue sotto di essa e che permette di scendere in modo più sicuro dal versante opposto (351522 E -4762242,4 N; 1090 m.). Trovato il passaggio si prosegue ancora per 100 metri in quota tra alberi e ripidi prati fino a raggiungere, in altri 30 minuti (tempo totale di salita 2,15 ore e 5,2 chilometri di sviluppo), una seconda cresta rocciosa oltre la quale si apre la Grotta della Rosa. qui abbiamo notato una traccia, forse creata dagli animali, che ci ha condotto sotto al grande scoglio di roccia rossa che forma la grotta (351588,1 E – 4762271,8 N; 1150 m.). Questo ultimo tratto prevede la traversata su erba molto ripida e scivolosa (falasco) ma la presenza di alberi ci ha permesso di effettuarla in cordata utilizzando appunto gli alberi come punti di ancoraggio per una maggiore sicurezza.

DISCESA: Stesso itinerario di salita, per chi vuole ripercorrere l’itinerario senza difficoltà di orientamento almeno nel tratto di bosco danneggiato dalle slavine si consiglia di legare in modo ben visibile su alberi nei passaggi chiave delle strisce bianco-rosse tassativamente da rimuovere al ritorno.

1 – 2- La strada di Rio Sacro dopo il ponticello di cemento e l’omino di pietre visibile sul lato sinistro della strada che segna il punto di salita.
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3- Gli omini di pietra al termine del canale detritico segnano il passaggio sulle rocce di sinistra da cui inizia il sentiero che abbiamo trovato nel bosco.
4 – 5 – Il vecchio sentiero all’interno del bosco, ancora ben visibile nella parte bassa.
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6- La prima carbonaia con ancora dei frammenti di carbone a terra.
7- L’ultimo ripidissimo tratto di bosco prima di iniziare la traversata nel canale delle slavine.
8- Il tratto di bosco distrutto dalle slavine, sullo sfondo a destra il Pian Tertena e al centro il Monte La Banditella.
9 – 10- Il ripidissimo tratto di bosco distrutto dalle slavine.
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11- La ripidissima cresta rocciosa che si raggiunge dopo aver superato il tratto di bosco delle slavine.
12- Siamo in vista dello Scoglio della Rosa.
13 – 14 – Il superamento in cordata dell’ultimo tratto erboso molto scivoloso.
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15- Finalmente giunti sotto al grande scoglio, sullo sfondo il Monte Fiegni.
16 – 17- 18- 19 – La grande cavità poco profonda della Grotta della Rosa.
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20- La parte superiore dello scoglio che forma la Grotta della Rosa.
21- Veduta dall’interno della grotta con le pendici Est del Monte Val di Fibbia, a sinistra tra luce e ombra si nota lo scoglio che forma la Grotta dello Scortico.
22- Veduta dall’interno della grotta con le pendici Sud del Monte Val di Fibbia con la fascia di rocce a monte dei Cascinali.
23- Veduta dall’interno della grotta con la cima del Monte Val di Fibbia e la punta rocciosa de ” il Sasso” a destra.
24 – 25 – La parete laterale ovest che forma la grotta mette in evidenza la sua altezza.
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26 – Veduta del versante Sud-est del Monte Val di Fibbia dalla grotta.
27- Veduta del versante Sud del Monte Val di Fibbia dalla grotta con la zona dei Cascinali nel vertice in basso a sinistra.
28- Veduta dello Scoglio della Grotta della Rosa dall’inconfondibile interno della Grotta dello Scortico posta di fronte ma più a bassa quota.
29- A sinistra l’evidente Scoglio della Rosa situato a circa metà della faglia che scende dal versante Nord del M Cacamillo visto da Sasso di Monte Val di Fibbia, da sinistra il M. Cacamillo, M. Pietralata e M. Rotondo
30- L’itinerario di salita alla Grotta della Rosa visto da Sasso di Monte Val di Fibbia.
31- Pianta satellitare del solo percorso di salita, in rosso
32- Pianta satellitare dell’intero percorso di raggiungimento + salita.



LA EX MINIERA DI MANGANESE di Poggio San Vicino.

Ulteriore itinerario consigliato ad appassionati di grotte e mineralogia, permette di esplorare una lunga galleria della ex Miniera di Manganese di Poggio San Vicino. La miniera, attiva negli anni ’50 del secolo scorso, è stata abbandonata presto per la scarsità del minerale estratto, costituito da esclusivamente da Pirolusite, chimicamente Biossido di Manganese.

Le Marche sono scarse di luoghi mineralogici, grandi miniere di zolfo erano attive nel Pesarese fino agli anni 50 dello scorso secolo ma per il resto questa è una delle rare miniere aperte della nostra regione, in precedenza ho descritto l’itinerario per visitare la Miniera di Ferro di Pecorile.

La miniera si trova anch’essa nella parte settentrionale del gruppo montuoso del Monte San Vicino.

ACCESSO: Si raggiunge in auto il paese di Poggio San Vicino, un piccolo comune della Provincia di Macerata, dalla superstrada Vallesina (Fabriano – Ancona) all’uscita “Apiro-Mergo” proseguendo per la strada Provinciale n.9 quindi si devia per la strada Provinciale n.117 Esinante in direzione dell’Abbazia di S.Urbano proseguendo in direzione San Severino Marche -Apiro con deviazione per il paese di Poggio San Vicino per la strada Provinciale n.3 . Oppure da San Severino Marche in direzione di Cesolo per proseguire per Apiro per la strada Provinciale n.2 fino a Frontale. Qui si devia per la strada Provinciale n.52 fino a Poggio San Vicino.

Giunti alla chiesa si sale fino alla sommità del paese proseguendo in salita in direzione Loc.Palazzo-Domo, la strada poco dopo inizia a scendere con uno stretto tornante, si prosegue in discesa quasi al fondovalle fino al primo incrocio a destra per Cerqueto-Vallonga dove si parcheggia.

DESCRIZIONE: Dalla parte opposta dell’incrocio dove si è parcheggiato si trova un tratturo che scende verso il fosso (344087,1 E – 4804474,1 N; 390 m.) , dopo circa 100 metri si trova una deviazione a sinistra con indicazione per i “Ginocchielli di S.Romualdo” che consiglio di visitare, si prosegue a destra fino ad una seconda deviazione con cartello indicante a sinistra la prosecuzione per la Miniera di Manganese, non fatevi intimorire dall’indicazione di 4 km di percorso per la miniera perché da questo punto sono solo 1,5 km di distanza.

Si percorre il tratturo di fondovalle tra alta vegetazione per circa 1 km fino a raggiungere il fosso (343473,5 E – 4803824,7 N; 430 m.), lo si attraversa e si prosegue a destra in netta salita, dopo circa 200 metri si trova un tornante e la strada svolta a sinistra, dopo altri circa 300 metri si raggiunge il piazzale di ingresso della miniera, (massimo 1 ora dall’auto) sotto ad alte pareti rocciose (343336,3 E – 4803911,4 N; 535 m.). Percorrere con attenzione la galleria fino al termine dove devia a destra fino ad un pozzo che esce nella parete sovrastante. salendo dal piazzale della galleria a destra per traccia di sentiero si può raggiungere la sommità del pozzo verticale che esce alla base di una alta parete rocciosa dove si possono osservare ancora ampie porzioni di mineralizzazione a Pirolusite nera. Nel piazzale della miniera, scavando tra le pietre, si possono trovare ancora dei frammenti di Pirolusite dal caratteristico colore nero.

Al ritorno si consiglia di visitare i “Ginocchielli di S. Romualdo” proseguendo il sentiero intercettato all’andata, fino a raggiungere un lastrone di calcare grigio contrassegnato da una targa metallica dove, secondo la leggenda, alla sua base sono impresse le impronte del Santo che si trovava a percorrere la zona con un cavallo in direzione della vicina Valdicastro.

1-Il primo incrocio dove il cartello a sinistra indica la direzione per i “Ginocchielli di San Romualdo” mentre a destra si prosegue per la Miniera.
2- Il secondo incrocio con il cartello per la Miniera a terra che indica di proseguire a sinistra.
3- L’alta parete rocciosa sotto la quale si apre l’ingresso della miniera di Manganese.
4- 5 La galleria di ingresso, nel piazzale in particolare a destra della foto, scavando tra le pietre si possono trovare ancora dei frammenti di Pirolusite nera.
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6- Il sentiero è segnato CAI 178.
7- 8 – Dentro alla galleria.
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9 – 10 – 11- L’uscita superiore del pozzo verticale a ridosso della parete rocciosa.
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12- Anche intorno al pozzo si trovano ancora frammenti di Pirolusite
13- Porzioni di mineralizzazione a Pirolusite nera nella parete sopra al pozzo.
14 – 15 – 16 – 17- Frammenti di Pirolusite
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18- Campione mineralizzato ad ossidi di ferro.
19- I ginocchielli di San Romualdo.
Estratto di carta topografica della zona con indicato il sentiero per la Miniera di Manganese.



I TERRAZZI DA BRIVIDO DEI MONTI SIBILLINI – Parte 3

Dopo aver percorso la Cengia delle Ammoniti fino al Tempio della Sibilla ed oltre fino al Casale Pantanelli o alla cima del Monte Priora per qualche decina di volte, insieme a Luca e Manuel, ho raggiunto la cima dei sei torrioni di Grottoni della Priora per vedere il panorama mozzafiato che offrono sulla sottostante valle del Tenna, dall’Infernaccio a Capotenna e sui vari canyon del versante Nord del Monte Sibilla, dai fossi di Mèta a Le Vene fino ai Fossi della Corona e della Sibilla che scendono verticalmente sulla valle, oggetto di vari itinerari di discesa con tecniche di torrentismo.

L’itinerario per raggiungere la Cengia delle Ammoniti e il Tempio della Sibilla è descritto nel mio secondo libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” consultabile alla voce “Pubblicazioni”.

Una volta giunti al Tempio della Sibilla si scende nel primo torrione sottostante proseguendo la cresta in discesa poi, traversando nei ripidi pendii sottostanti la cengia, senza necessariamente raggiungerla, si raggiunge la cima degli altri quattro ritornando indietro in direzione del Casale dei Grottoni da cui inizia la cengia delle Ammoniti.

Il quinto torrione si raggiunge direttamente dalla vecchia fonte posta sulla sella, poco prima del Casale dei Grottoni e, da qui, si scende riprendendo il sentiero di raggiungimento, proveniente dal Romitorio di San Leonardo.

Dai torrioni si può osservare il fondo della valle situato ben 500 metri più in basso, chiaramente fare molta attenzione a sporgersi sulle cime dei torrioni, si consiglia di coricarsi a terra sul bordo per avere una migliore visione e godere così in sicurezza il balzo aereo mozzafiato.

1- Il Casale dei Grottoni e il sentiero della Cengia delle Ammoniti che passa sotto alla barriera rocciosa sovrastante
2 – 3- Il Tempio della Sibilla.
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4- Scendendo dal Tempio verso la sommità del primo torrione.
5- L’arco di roccia del Tempio della Sibilla visto dalla sommità del primo torrione.
6- Il primo torrione sotto al Tempio della Sibilla
7- Camoscio all’incrocio delle due frecce, sul secondo torrione
8- Veduta verso il fondo valle dal primo torrione, in fondo la strada per Capotenna.
9- La sottile cresta sommitale del primo torrione, sullo sfondo Capotenna e la Valle Lunga.
10 – 11- Veduta in verticale dal primo torrione
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12- I lati Ovest del secondo e del terzo torrione visti dal primo.
13- il camoscio della foto n..7 risale tra luce ed ombra verso la sommità del secondo torrione dove siamo noi.
14- Dopo alcuni minuti ci ha raggiunto.
15- Ne emerge un secondo e proseguono verso la cengia delle Ammoniti
16- I due camosci salgono verso la cengia tra liscissime pareti rocciose
17- 18- Di vedetta sotto alla Cengia delle Ammoniti
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19- Le verticali pareti con un inciso canale tra il primo ed il secondo torrione.
20- Il lato Est del primo torrione visto dal secondo.
21-Veduta in verticale dal secondo torrione
22- In successione i lati Ovest del terzo, quarto e quinto torrione.
23- Particolare della cima del terzo torrione.
24- 25- Frana sulla sommità del secondo torrione.
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26- Il terzo torrione
27- Il quarto e quinto torrione visti dal terzo.
28- Veduta in verticale dal terzo torrione, in fondo la strada per Capotenna.
29- Il secondo torrione con la frana delle foto n.24-25 visto dal terzo torrione, in alto la cima del Pizzo Berro.
30- Veduta in verticale dalla cima del terzo torrione
31- Ci avviciniamo al quarto e quinto torrione
32- Agrifoglio sulla cima rocciosa del terzo torrione.
33- Veduta dal terzo torrione verso i segni della frana prodotta dal terremoto dell’ottobre del 2016 che ha formato il laghetto all’interno della valle del Tenna, poco prima de Le Vene..
34- Il lato Ovest del quarto torrione.
35- Il versante Nord de Le Vene del Monte Sibilla.
36- Il Fosso Le Vene nel versante Nord del Monte Sibilla.
37- La prima parte del Fosso Le Vene nel versante Nord del Monte Sibilla.
38- La seconda parte del Fosso Le Vene nel versante Nord del Monte Sibilla, la grande cascata di oltre 70 metri rimane nascosta dalla roccia..
39- La parte centrale del Fosso della Corona, a destra del fosso Le Vene.
40- Luca, in alto, scende verso la sommità del quinto torrione
41- La cima del quarto torrione
42- Risalita verso il quinto torrione, alle spalle il quarto e a destra il terzo torrione
43- In successione da sinistra il quarto, il terzo ed il secondo torrione
44- La cima del quinto torrione e a destra più in basso, il quarto torrione
45- Il Casale dei Grottoni visto dal quinto torrione.
46- La frana del torrione destro orografico del fosso Le Vene prodotta dal terremoto dell’ottobre del 2016 che ha formato il laghetto all’interno della valle del Tenna.
47- In cima al quinto torrione, di fronte il versante Nord del M. Sibilla.
48- Il versante Ovest del Monte Zampa ed il bosco di Mèta.
49- La Cengia delle Ammoniti (percorso in rosso) e i cinque torrioni raggiunti (percorso in giallo) visti dal Monte Sibilla.