EVENTO
10 GIUGNO 2022 BIBLIOTECA COMUNALE BELFORTE DEL CHIENTI ore 21.00
Info 333 7844353

10 GIUGNO 2022 BIBLIOTECA COMUNALE BELFORTE DEL CHIENTI ore 21.00
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Escursione del 25 maggio 2022 con Silvia, Diego, Laura e Riccardo dalla Valle delle Fonti per Forca Viola al Lago di Pilato per osservare le condizioni dell’invaso, purtroppo i due laghi sono già a meno della metà della massima capienza.
Il 2 giugno 2022 i miei amici Valerio, Gilberto e Silvia sono ritornati al Lago di Pilato e già le condizioni dell’innevamento, a distanza di 8 giorni, erano cambiate a causa delle alte temperature degli ultimi giorni,
Di seguito le immagini dell’escursione del 25 Maggio:
Di seguito le immagini dell’escursione del 2 Giugno:
La salita della cresta Nord-est della Punta Bambucerta si svolge in un ambiente grandioso e selvaggio, pochissimo conosciuto e frequentato, non a caso la zona è denominata localmente “l’Abbandonata”.
Addirittura il nome della cima non è neppure riportato in alcune carte e guide dei Monti Sibillini.
Sembra a tutt’oggi che solo io e i miei amici frequentiamo questa zona del gruppo Nord dei Monti Sibillini, caratterizzata da ripidissimi versanti che scendono verso le valli tra cui la Valle dell”Acquasanta.
Negli anni passati ho raggiunto la Punta Bambucerta percorrendo il sentiero dell’Efre e risalendo tutto il Fosso Sacraro fino alla cresta e ho salito due vie, di cui una invernale, sulla parete Nord della Punta Bambucerta, le cui descrizioni sono riportate a pagina 49 del mio libro I MIEI MONTI SIBILLINI del 2011 e una ulteriore via che dalla Val di Tela attraversa la testata dell’Acquasanta per risalire al M.Cacamillo, descritta a pagina 79 del mio libro IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI del 2014.
Inoltre in zona ho anche raggiunto le Grotte di Angilino, nella testata della Valle dell’Acquasanta, sotto al cosiddetto “Orto della Regina”, descritte a pagina 32 del mio libro I MIEI MONTI SIBILLINI.
Questo itinerario, salito il 21 Maggio 2022 con Federico, è assolutamente inedito, difficile e faticoso, lungo circa 14 chilometri e con più di 1100 metri di dislivello, la risalita della cresta Nord-est della Punta Bambucerta è consigliata solo ed esclusivamente ad escursionisti altamente specializzati su terreni ripidi, essa presenta una pendenza mai inferiore a 45° continui, non è insomma un percorso da fare “tanto per provare” perché anche una eventuale ritirata dalla cresta può rappresentare notevole difficoltà.
Si consiglia di percorrerlo salendo in piccoli tornanti utilizzando bastoncino a valle e piccozza a monte o in verticale anche con doppia piccozza per evitare assolutamente di scivolare.
ACCESSO: L’itinerario inizia dalla Villa da Capo di Bolognola, salendo da Fiastra per la strada Provinciale n.47, giunti 100 metri prima della piazza si scende a destra e si percorre la deviazione fino al termine, si raggiunge la chiesa di Santa Maria delle Grazie, attualmente inagibile, e si parcheggia in corrispondenza di un piazzaletto posto poco più avanti al termine dei caseggiati (355751,5 E – 4761020,3 N; 1040 m.).
DESCRIZIONE: Dal parcheggio si prosegue la strada sterrata alberata in discesa che scende verso il Fiastrone. Una nuova passerella (foto n.1) permette di continuare nel versante opposto per comodo sentiero di recente sistemazione (foto n.2-3) in continua salita, attraversando ripidi pendii boscosi e canaloni rocciosi, passando un tratto sopra al canale di adduzione della condotta forzata della centrale di Bolognola, questo tratto è ormai in secca in quanto attualmente preleva acqua dalla diga dell’Acquasanta in poi, fino a raggiungere la cresta erbosa dove si scopre la Punta Bambucerta (foto n.5) nel versante di risalita e la Valle dell’Acquasanta (30 minuti, 354427,4 E – 4761570 N; 1125 m) . La mulattiera prosegue nel versante Ovest passando qualche centinaio di metri sotto la cima del Balzo della Croce dirigendosi, sempre in salita, verso la Macchia dell’Aratro. Dai prati si attraversano dei nuclei boschivi dove si trova una netta deviazione a destra nel bosco che conduce alla Fonte Efre (foto n.6, 20 minuti, 355028,5 E – 4760427,6 N; 1385 m.) ma consiglio di proseguire ancora in salita per traccia di sentiero in direzione di Balzo Cancelliere per uscire da bosco ed attraversare la Macchia dell’Aratro più in alto.
Se si raggiunge la Fonte Efre (foto n.7) bisogna proseguire ancora per traccia di sentiero per entrare nel Fosso Sacraro ma qui le condizioni sono difficoltose in quanto sono presenti molti alberi e arbusti piegati dalle valanghe per cui occorre risalire il bosco sovrastante tenendosi nel bordo sinistro del fosso fino ad uscire sui ripidi prati dove, un centinaio di metri più in alto, si intercetta il sentiero che proviene in piano dalla Macchia dell’Aratro.
Nella zona di Fonte Efre sono presenti anche numerosi grandi esemplari di Abete di probabile rimboschimento ma anche con numerosi abetini che si stanno sviluppano sul posto.
Pertanto conviene evitare di raggiungere la Fonte Efre e proseguire salendo ancora seguendo la curva della montagna, si attraversa un primo nucleo di alta faggeta (355044,4 E – 4760136,6 N; 1420 m.), si esce su prati di falasco e si attraversa il secondo nucleo, più breve, (354821,1 E – 4798869,6 N; 1430 m.) della Macchia dell’Aratro quindi il sentiero attraversa in piano i ripidissimi pendii alternati a profondi canali erbosi della zona denominata Efre fino a confluire nel Fosso Sacraro caratterizzato dal fondo arbustivo dove si perde la traccia (foto n. 9-12, 30 minuti, 354220,2 E – 4759341,8 N; 1470 m.).
Si attraversa il fosso e si prosegue in lieve salita nel versante opposto, qui si inizia una traversata in quota verso Nord su pendii sempre più ripidi fino a prendere una ampia cresta erbosa che sale sulla verticale della Punta Bambucerta (353987,7 E – 4759687,6 N; 1485 m.).
Questo è il tratto più impegnativo del percorso, si sale in linea verticale verso la cima su pendii erbosi ripidissimi, mai inferiori a 45° di pendenza, ma per fortuna scalettati (foto n.13-18).
Se proprio si è in difficoltà non proseguire verso la cima ma traversare in lieve salita verso sinistra per riprendere il Fosso Sacraro da cui ridiscendere, anche se non agevolmente.
Con quasi 400 metri di dislivello di salita in verticale si giunge nella parte terminale della cresta Nord-est caratterizzata da alcune roccette e grandi arbusti nani di Uva orsina (Archtostaphylos uva ursi) e da questa, brevemente, si giunge sulla cima della Punta Bambucerta (foto n. 19-20, 1 ora, 353547,4 E – 4759461,7 N; 1869 m.). Il panorama dalla cima è grandioso perché, nel versante Ovest, si apre la bellissima Val di Tela altrimenti invisibile e tutto il versante Est del Monte Rotondo e, verso Nord, le cime del Monte Pietralata e Monte Cacamillo con i loro ripidissimi versanti che convogliano nella sottostante Valle dell’Acquasanta, in uno dei luoghi più selvaggi e sconosciuti dei Monti Sibillini.
DISCESA: Come già accennato, la discesa per la cresta proposta non è assolutamente consigliabile, neppure in caso di difficoltà. Pertanto una volta raggiunta la cima di Punta Bambucerta, si percorre tutta la cresta Sud in direzione della cima che sovrasta Forcella Cucciolara, che rappresenta il punto più alto del percorso (foto n.28, 353681,4 E – 4758668,1 N; 1950 m.).
Dalla cima, per traccia di sentiero, si scende a destra alla sottostante Forcella Cucciolara (foto n.33, 15 minuti, 353573,3 E – 4758548, 6 N; 1920 m.) e qui si prende il sentiero che scende a tornanti nel canalone erboso del versante Sud in direzione delle Sorgenti del Fiastrone poste nel fondovalle.
Raggiunto il Fiastrone lo si attraversa (40 minuti, 354075,1 E – 4757863,3 N; 1505 m.) e si prende il sentiero di fondovalle che scende verso Bolognola, attraversando nella prima parte un restringimento formato da alte pareti di scaglia rossa. Dopo circa 2 chilometri di sentiero si raggiunge la strada sterrata di fondovalle che si prosegue fino all’area pic-nic con fontana, posta all’imbocco della valle. Sottostante l’area si trova una comodissima mulattiera attrezzata con un percorso vita che conduce alle prime case di Villa da Capo quindi, in discesa fino all’auto (1 ora).
L’itinerario è particolare ed inedito, adatto a tutti coloro che sono in grado di muoversi su terreni sconnessi senza sentiero, permette di raggiungere la cima del Monte Palazzo Borghese dalla conca di San Lorenzo costeggiando la faglia che si è attivata nel 2016 e che corre in lieve salita nel versante Ovest proprio sopra alla conca stessa, anziché salire per la più comoda, conosciuta e frequentata “strada imperiale” che sale dal Colle Abieri.
La faglia è visibile sia dal salto di pendenza del pendio sia dalla differente vegetazione, più rigogliosa a valle.
ACCESSO: In auto si deve raggiungere la Madonna della Cona da Castelsantangelo sul Nera per la strada Provinciale n.136 che sale per Castelluccio. Raggiunto il valico dove è presente l’omonima chiesina con la fontana si scende ancora in direzione di Castelluccio e dopo il muraglione di cemento (352219,5 E – 4746665 N; 1495 m) si scende a sinistra per una comoda strada sterrata che si inoltra verso la conca del san Lorenzo. In 10 minuti si raggiunge la Fonte di San Lorenzo (354392,7 E – 4746413,7 N; 1405 m.) dove si parcheggia.
DESCRIZIONE: Dalla Fonte di San Lorenzo si si continua la strada sterrata verso il bosco soprastante che conduce ad una ampia radura nel bosco al margine superiore dell’ultimo campo coltivato della zona (355075,5 E – 4746967,3 N; 1610 m.). Qui si sale verso il bosco prendendo come riferimento il Canale di San Lorenzo situato verso sinistra (foto n.1, a destra si sale invece verso il canale Ovest del M. Argentella), si supera faticosamente l’ultimo lembo del bosco presente nell’inizio del canale e si esce su ripidi prati. Un centinaio di metri sopra al bosco si individua la linea di faglia che sale in diagonale verso sinistra e che divide in due zone distinte il versante della montagna. In corrispondenza di essa si notano dei singolari torrioni rocciosi isolati (foto n.2, 355327,4 E – 4747208,6 N; 1810 m.) e grandi e levigatissime placche rocciose (foto n.3-4) che si raggiungono facilmente (45 minuti dall’auto). Ora si segue fedelmente la base della faglia che crea anche un sentiero naturale in costante ma lieve salita in direzione Nord incontrando man mano altre placche alternate da pendii ghiaiosi (foto n.6), in questa zona la levigatezza delle placche rocciose è davvero impressionante. Giunti sulla verticale Ovest della cima di M. Palazzo Borghese si incontrano degli alti torrioni rocciosi che si superano salendo facili roccette con passaggi di I° grado (1 ora, foto n.17-18, 355164,8 E – 4747848,5 N; 18935 m.) fino a svalicare il versante Ovest raggiungendo la cresta erbosa che scende dal M. Porche (foto n. 19-20) e da qui, a destra, facilmente, in 10 minuti, si raggiunge la cima del M. Palazzo Borghese.
Dalla cima è d’obbligo salire anche al Sasso di Palazzo Borghese, molto più panoramico, con veduta verticale sul sottostante “laghetto” (foto n.25-26) e volendo, si può proseguire in direzione Nord fino al M.Porche o in direzione Sud fino al M. Argentella.
DISCESA: Dalla cima del M. Palazzo Borghese si scende per sentiero nella conca sottostante verso il M. Argentella, la cosiddetta “strada imperiale” che conduce alla forcella tra i due monti dove è presente la curiosa struttura rocciosa denominata “il cammello” o “la pecora” (foto n.32) e prosegue nel versante opposto in diagonale verso il canale Ovest del M. Argentella dove si può velocemente scendere fino ai boschi di San Lorenzo sottostanti, specie se c’è ancora neve come abbiamo trovato noi il giorno dell’escursione. Oppure si segue fedelmente il sentiero fino al Colle Abieri dove si scende alla Capanna Ghezzi sottostante, da questa per comodo sentiero verso Nord si ritorna alla Fonte di San Lorenzo (1,5 ore).
La Valle Tre Santi è formata dal Torrente Tennacola tra le pendici del Monte Castel Manardo e del Monte Valvasseto.
Itinerario classico, facilissimo ed adatto a tutti anche se poco conosciuto, riportato nella cartografia dei Monti Sibillini e descritto dettagliatamente nella “GUIDA DEI MONTI SIBILLINI” edita nel 1983 dal CAI di Ascoli Piceno ormai introvabile e nel libro “FIGLIE DELL’ACQUA E DEL TEMPO” di G.Antonini del 2001 e, meno dettagliatamente anche nel libro “SENTIERI E LUOGHI DIMENTICATI DEI MONTI SIBILLINI” di M.Spagnoli del 2008, a cui rimando, conduce nel classico ambiente di Forra Appennina, dove alte pareti di roccia, buio e rumore dell’acqua, creano quel fascino formato da luci ed ombre tutto particolare.
Consiglio comunque di partire dalla strada sterrata che continua da Casa Calcagnoli della frazione di Giampereto di Sarnano anzichè da Le Cese per motivi di parcheggio. Superata la forra con la cascata Anginelli nel ramo sinistro si prosegue a destra nel fondovalle per traccia di sentiero attualmente provvisto di numerosissimi (forse anche esagerati in quanto talvolta distanti neppure 10 metri) ometti di pietra fino alla Pintura di Bolognola attraversando una delle più belle faggete dei Monti Sibillini. Per il ritorno o si segue lo stesso itinerario di salita oppure si possono seguire le indicazioni riportate nella bibliografia indicata che permettono di effettuare un percorso ad anello, in tal caso vedere anche il mio itinerario “SASSOTETTO – VALLE TRE SANTI Per Campomaggiore” di Maggio 2021.
Al ritorno consiglio di visitare, anche se solo dall’esterno, la bellissima Abbazia di Piobbico, resa inagibile dal terremoto del 2016, situata lungo la strada dopo Giampereto.
Di seguito le immagini dell’escursione.
L’itinerario ad anello proposto, come di consueto, non è riportato nella bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini ed è indicato solo in traccia senza numerazione in alcun carte del gruppo montuoso, è stato effettuato il 30 aprile 2022 con Federico, Alicia, Davide e Valentina.
E’ un itinerario lungo ed impegnativo, consigliato a buoni camminatori, presenta infatti uno sviluppo di più di 12 chilometri e oltre 1000 metri di dislivello in quanto si parte dai 1070 metri di Macchie di Vallinfante fino a raggiungere i 2113 metri di Cima di Vallinfante, attraversando un versante praticamente sconosciuto alla maggior parte degli escursionisti dei Monti Sibillini, la zona delle “Pianelle” fino alla Fonte delle Vene e proseguendo in quota per tutte le “Porche di Vallinfante” fino a raggiungere la cima omonima per poi scendere a Macchie per il Passo Cattivo e la Fonte del Lupo – Fonte Raiole.
Presenta qualche difficoltà di orientamento per uscire dall’ultimo tratto di bosco fino ai prati sommitali prima della Fonte delle Vene in quanto recenti slavine hanno degradato il sentiero che risulta poco visibile.
ACCESSO: Si raggiunge in auto il paese di Castelsantangelo sul Nera quindi si prosegue nel fondovalle in direzione di Vallinfante – Sorgenti del Nera, proseguendo in salita con due tornanti si raggiunge la frazione di Macchie dove si parcheggia su un prato in corrispondenza di uno slargo di una curva con muretto in cemento poco prima di ciò che rimane della frazione distrutta dal terremoto del 2016 (351725,3 E – 4750966,5 N; 1070 m.).
DESCRIZIONE: Dalla curva del parcheggio sale un tratturo in netta salita, dopo circa 50 metri, sotto ad uno stazzo recintato (foton.1), si dirama a destra un largo sentiero in piano in direzione Est aggirando a bassa quota il Colle la Croce (351797,3 E – 4750991,6 N; 1080 m.). Il comodo sentiero dapprima attraversa la zona denominata “Frascare” caratterizzata da resti di campi ormai incolti (foto n.2) e ricoperti da piante, divisi da vecchi muretti a secco e si inoltra in salita nel bosco. Ignorando alcune deviazioni sia a destra che a sinistra meno evidenti si aggira il costone della montagna nella zona denominata “Le Pianelle” caratterizzata da delle radure nel bosco che aprono la vista sul Monte Cardosa e sul Monte Prata. Dopo circa un chilometro di sentiero si raggiunge una radura nel bosco (foto n.5; 40 minuti, 352464,1 E – 4750374,4 N; 1260 m.) caratterizzata da un alto muretto a secco di contenimento dove forse erano presenti delle carbonare, qui il sentiero si fa meno evidente ma si prosegue sempre verso Est in netta salita fino a raggiungere in breve un tratto di bosco in media pendenza distrutto da recenti valanghe (foto n. 6-7) . Consiglio di salire il tratto costeggiando il bosco anziché raggiungere il tratto devastato senza alberi in quanto meno faticoso. In ogni caso bisogna raggiungere i prati sovrastanti meno ripidi dove, in corrispondenza di una cresta rocciosa in salita ed un grosso Faggio isolato si ritrova la traccia di sentiero (foto n. 8-9; 20 minuti, 352965,2 E – 4750571,6 N; 1485 m.). Da questo punto il sentiero si fa netto e taglia in salita un inciso canalone detritico con una piccola grotta posta una decina di metri sopra al sentiero (foto n.12-13; 353115,6 E – 4750615,2 N; 1510 m.) , si prosegue sempre in salita affacciandosi nel grande canalone detritico dove è presente la Fonte delle Vene provvista di ottima acqua (foto n. 14-15; 30 minuti, 353308,4 E – 4750640,2 N; 1530 m.). Si prosegue sempre verso Est prendendo sempre la traccia in salita più evidente in quanto la fonte, essendo frequentata d’estate da mandrie di bovini, presenta elevato degrado e numerose deviazioni che confondono le idee. In breve si raggiunge una spianata erbosa delimitata ad Est da un inciso fosso che a primavera porta acqua (10 minuti, 353468 E – 4750590,4 N; 1570 m.)
Dal pendio ghiaioso sovrastante scende da sinistra un sentiero che proviene da Colle La Croce che si deve ignorare, invece ci si addentra nel canale detritico a destra dove una traccia sale nel fondo risalendo il ramo sinistro, passando sotto ad un tratto di rimboschimenti a pini e larici fino ad uscire dal canale e raggiungere un prato a destra (foto n.18-20; 10 minuti, 353468 E – 4750590,4 N; 1570 m.) dove sopra si scorge un sentiero che sale in diagonale verso le Porche di Vallinfante (foto n.21-22). Si prende il sentiero e lo si segue in direzione del Monte Porche, ci si avvicina allo Scoglio della Volpe, caratterizzato da una profonda frattura del terreno prodotta dal terremoto del 2016 (foto n.26) già visibile dal sentiero (vedere articolo FONTE DELLA GIUMENTA – FONTE DEL SAMBUCO – PORCHE DI VALLINFANTE; ANCORA EFFETTI DEL TERREMOTO DELL’OTTOBRE 2016). Se si segue fedelmente il sentiero in costante ma lieve salita si attraversano i vari canali delle Porche di Vallinfante fino a giungere quasi sulla verticale dello Scoglio della Volpe dove un tornante (1 ora, 354636,7 e – 4749660,2 n; 1920 m.) sempre in netta salita fa cambiare direzione fino a raggiungere, in 20 minuti, la cresta tra il Monte Porche e la Cima di Vallinfante, da questa, proseguendo verso nord, si giunge in cima. Oppure se non si vuole allungare, giunti prima dello Scoglio della Volpe, sulla verticale della Cima di Vallinfante, (354377,5 E – 4750022,7 N; 1835 m.) si sale dritti su pendii ripidi ma caratterizzati da cotica erbosa scalettata che facilita la salita fino alla cima omonima (40 minuti, 354610,5 E – 4750517,6 N; 2113 m.).
DISCESA: Dalla Cima di Vallinfante si scende per ripida cresta in direzione Nord fino ad una sella che sovrasta la Valle Orteccia per poi risalire la Cima di Passo Cattivo (20 minuti). Si scende quindi per comodo sentiero al disastrato Passo Cattivo (20 minuti) mantenendosi verso il prato anziché percorrere la cresta resa pericolosa della frane prodotte dal terremoto del 2016 fino a raggiungere la strada che scende verso il Monte Cornaccione. Si percorre la strada fino a superare tutte le formazioni rocciose sottostanti che conformano il Passo Cattivo e dopo un lieve tratto in salita della strada essa ridiscende in corrispondenza di un canalone al termine del quale si raggiungono i pendii ghiaiosi del rimboschimento a pini dove si nota un evidente sentiero che scende a tornanti (20 minuti, 352822,8 E – 4752370,3 N; 1835 m.). In breve si raggiunge la Fonte del Lupo (foto n.48; 10 minuti, 352685,5 E – 4752169,8 N; 1700 m.), si continua la discesa verso sinistra in direzione di uno sperone roccioso (foto n. 51-52) al margine del rimboschimento oltre il quale si attraversa il canalone costeggiato in alto dalla strada. Si prosegue per evidente sentiero a volte addirittura segnalato che scende a tornanti verso la vallata sottostante. Si raggiunge un tratto boschivo sotto alle pareti del Passo Cattivo e continuando la discesa appena usciti dal bosco si intercetta la strada sterrata che in breve raggiunge la Fonte Raiole (40 minuti, 352056,3 E – 4751394,7 N; 1210 m.) e da qui in altri 30 minuti si giunge a Macchie dove si è parcheggiata l’auto
VARIANTE: E’ possibile anche una variante di salita anziché dal parcheggio deviare poco dopo a destra si continua a salire per la strada sterrata di fondovalle (che si percorre poi in discesa) si raggiunge Fonte Raiole e si continua la salita fino a raggiungere l’ampio bosco sotto al Passo Cattivo dove, con un po’ di fatica, si intercetta un sentiero sulla destra che si addentra nel bosco e risale con un lungo traverso fino a Colle la Croce. Dalla Croce si continua la traccia sul versante opposto che scende in diagonale in direzione del rimboschimento a pini a larici che si intercetta nell’itinerario di salita descritto, quindi si prosegue come descritto sopra, questo itinerario l’ho percorso molti anni fa. Da tenere conto che da Colle La Croce sale per il crestone erboso in direzione di Passo Cattivo un vecchio, ripido e impegnativo sentiero che, prima del terremoto del 2016, permetteva di raggiungere il Passo Cattivo in corrispondenza della cresta attualmente franata, tale sentiero è assolutamente da evitare per l’elevato rischio di frane e cadute di massi.
Consultare anche l’itinerario : PASSO CATTIVO, SOTTO ALLE PARETI DEL VERSANTE OVEST DA MACCHIE DI VALLINFANTE Giugno 2020.
PROPOSTA DI ESPLORAZIONE: Dal pendio sottostante il canale della Fonte delle Vene parte un sentiero in piano che si inoltra nella parte mediana delle Porche di Vallinfante e che conduce, secondo alcune carte, alla Fonte dell’Acero. Dalla Fonte la traccia sembra proseguire nella zona più ripida e selvaggia delle Porche di Vallinfante fino ad uscire sotto allo Scoglio della Volpe e ricongiungersi con il sentiero che proviene dalla Fonte della Giumenta, tale itinerario sarà oggetto di una prossima esplorazione ma nel frattempo se qualcuno lo percorre mi dia notizia ed immagini che provvederò pubblicarne la descrizione.
Il 16 aprile 2022, con Alicia, Romina, Manuel, Federico, Davide, Francesco, Ivana e Luciano, abbiamo finalmente ritrovato le Grotte di Buggero o dette in zona anche “Grotte de lu Purgiaru” (forse perché usate da un pastore tirchio-pidocchioso o sporco), due cavità naturali non censite nel Catasto delle Grotte delle Marche (http://www.ambiente.marche.it/Ambiente/Natura/Turismosostenibile/CatastoGrotte.aspx) ma descritte nel libro “I SENTIERI DEL SILENZIO” di Andrea Antinori in un itinerario complesso, in modo vago e con un grave errore nella didascalia di una foto del luogo il che fa supporre che probabilmente non sono mai state raggiunte dall’autore ma conosciute solo grazie a indicazioni orali di anziani della zona. Sulla base delle informazioni ricevute da un anziano di Bolognola che ancora ricorda l’ubicazione delle grotte, abbiamo effettuato una ricerca nella zona che ci ha permesso di ritrovarle, tra l’altro anche abbastanza facilmente, grazie alla precisione delle indicazioni.
Dalla documentazione storica sembra che tali grotte siano state usate da frati eremiti nel XII – XIII secolo e sono sicuramente collegate al millenario sentiero che collegava l’Abbadia di Rio Sacro con Bolognola dove, il cui tragitto contemplava anche un rifugio in pietra posto poche centinaia di metri più a valle delle grotte ed indicato nel percorso descritto a Novembre del 2021 : MONTE CACAMILLO – SENTIERO PER I CAMPI DI BUGGERO – VECCHIO RIFUGIO DEI FRATI a cui rimando per la descrizione.
Si consiglia di ripetere l’itinerario in tardo autunno o ad inizio primavera, quando il bosco è spoglio in quanto permette cosi di identificare meglio la zona rocciosa con i Lecci (Quercus ilex) sempreverdi alla base della quale sono presenti le grotte.
ACCESSO: Come per l’itinerario sopra indicato: la centrale idroelettrica di Bolognola si raggiunge dalla Strada Provinciale n.47 che dal Lago di Fiastra sale verso Bolognola. Si raggiunge il comune di Acquacanina con le sue varie frazioni quindi dopo la frazione di Oppio si supera il fontanile presente al lato sinistro della strada e la frazione di Vallecanto, dopo circa 300 metri in una diretta si incontra il tratturo chiuso con sbarra che scende a destra con indicazione per la Valle di Rio Sacro, si prosegue per altri 400 metri fino a trovare una stretta deviazione asfaltata a destra che scende e la si segue fino ad un tornante con slargo a destra, prima del ponte della centrale, dove si parcheggia (352190,2 E – 4763361,8 N; 750 m.).
DESCRIZIONE: Dallo slargo si scende a piedi verso la centrale, al ponte si scende al fiume e si costeggia il perimetro del muro di cinta, con molta attenzione, fino al suo termine, nella parte posteriore ella centrale, dove, oltre la recinzione, parte un sentiero che sale nettamente nel bosco. Il comodo sentiero si snoda con 24 tornanti in salita fino alla casetta Piemà dove termina il canale di accumulo della condotta forzata della centrale (1 ora, foto n.1).
Si costeggia lungo la recinzione del canale fino al termine dove poi c’è una parte sotterranea e dopo alcuni centinaia di metri ritorna scoperto per un breve tratto. Terminata la parte di canale a vista si prosegue per circa 200 metri fino a vedere da lontano delle rocce sopra e sotto l’intaglio del canale con numerosi Lecci sempreverdi abbarbicati sui torrioni (gli unici della zona). Qui, (352591,4 E – 4762412 N; 1055 m.) a circa metà strada dal canale scoperto alle rocce, si scende liberamente nel bosco sottostante (30 minuti, bollo rosso in un grande albero), con attenzione, per circa 200 metri mantenendosi verso destra in corrispondenza della base delle rocce che caratterizzano questo tratto di montagna. Giunti alla base del torrione roccioso uno spigolo permette di aggirare il versante (30 minuti, 352629 E – 4762332 N; 995m.) e scoprire così la parete opposta al di sotto della quale sono presenti le due cavità.
La prima cavità che si incontra è parzialmente nascosta da un grosso albero che è cresciuto proprio nel suo ingresso, continuando altri 50 metri si scopre la seconda grotta, un po’ più piccola e nascosta da una lama rocciosa. Alla base del torrione roccioso che forma le due grotte si nota una traccia di una antico sentiero che si inoltra nel bosco sottostante e forse collegava le grotte alla chiesina di cui abbiamo ritrovato alcuni resti di muri, situata alcune centinaia di metri di dislivello più in basso.
RITORNO: Stesso itinerario fino al canale quindi si consiglia di proseguire il canale dove sono presenti il Fosso e le Cascate di Buggero (15 minuti) dove a primavera si può osservare un notevole accumulo di neve prodotto dalle slavine invernali che scendono dall’imbuto Nord del Monte Cacamillo, a circa metà strada, si può osservare sopra al canale un muretto a secco e uno scavo dove veniva preparata la calce per la costruzione del canale. Mentre ritornando indietro alla Casetta Piemà si può salire la cresta erbosa soprastante fino al Puntome Piemà per raggiungere la Cima del Monte Cacamillo per la ardita e rocciosa cresta della Costa dei Frati il cui itinerario è descritto a pagina 68 del mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI”.
Anche questo itinerario proposto è poco frequentato, facile, adatto a tutti e permette di avere una visione aerea completa del Piano Grande dalla parte opposta del Monte Guaidone, il cui itinerario di raggiungimento è stato descritto in questo sito soltanto una settimana fa, in cui si è passati da condizioni invernali con innevamento seppure scarsissimo alle attuali condizioni di primavera inoltrata.
Tale cima, pur essendo alta solo 1588 metri, presenta un dislivello molto ripido di 300 metri dal Piano Grande in quanto propongo di partire direttamente dalla strada Castelluccio-Norcia in corrispondenza del temine del Piano ed inizio della salita per il Valico di Castelluccio .
Tale salita è sicuramente più impegnativa e interessante rispetto all’eventuale itinerario di raggiungimento alla cima che può essere effettuato più facilmente dal Valico di Castelluccio prendendo il sentiero per Costa Precino fino al Monte Ventosola per deviare a destra per il Castellaccio e quindi per il successivo Monte Castello ma con ritorno obbligato per lo stesso itinerario in quanto il Monte Castello è una cima separata che deve essere raggiunta appositamente.
Invece l’itinerario che propongo permette un giro ad anello scendendo direttamente per la bellissima Valle Caprelli o dal Malpasso fino al Casaletto Guglielmi, per una valletta laterale del Piano Grande che rimane invisibile dalla strada e quindi meno conosciuta, in quanto racchiusa tra il Monte Ventosola ed il Monte Castello, per poi raggiungere la strada nel punto in cui si è lasciata l’auto.
In ogni caso l’itinerario prevede anche la eventuale salita al Monte Ventosola 1718 m.
ACCESSO: Si raggiunge in auto il Piano Grande di Castelluccio tramite la strada provinciale n.477, se si proviene da Norcia, una volta raggiunto il Rifugio Perugia ed il Valico di Castelluccio si scende al Piano Grande, appena terminata la discesa si parcheggia dopo la curva di fianco alla strada (non sui prati, 351299 E – 4739559,8 N; 1285 m.), se si proviene da Castelluccio si scende dal paese e si prosegue in direzione Norcia, si percorre tutto il Piano Grande fino alla curva da dove inizia della salita dove si parcheggia.
DESCRIZIONE: Dall’auto si scende nel Piano Grande in direzione Nord-ovest in direzione della cresta sovrastante, dopo circa 200 metri ci si trova alla base della cresta caratterizzata da rocce affioranti che si sale direttamente senza itinerario, su pendii piuttosto ripidi, si supera un grande masso distaccato dal terremoto ed in circa 40 minuti dall’auto si raggiunge la cima del Monte Castello (350914,6 E – 4738708,7 N; 1588 m.) da cui si osserva la nascosta Valle Caprelli sottostante il versante Ovest della montagna e tutto il Piano Grande, dall’Ingiottitoio fino alla Cima del Redentore che lo chiude a Nord-Est.
Dal Monte Castello si scende per cresta rocciosa obbligata in direzione Sud fino alla sella a 1545 m. (350979 E – 4738198,5; 10 minuti) per poi riprendere la salita, sempre caratterizzata da rocce affioranti, fino al Castellaccio (15 minuti, 351126,3 E – 4737549,5 N; 1655 m.) da cui si apre la veduta verso il Valico di Castelluccio da cui si può provenire per chi non ama le salite ripide di montagna !!!
Da qui, se si vuole raggiunge la cima del Monte Ventosola che si innalza a destra, si scende la cresta in direzione Ovest, si risale la cima di quota 1660 m. (350865 E – 4737417,7 N), si ridiscende sempre verso Ovest fino al tratturo imbrecciato sottostante quindi si risale alla cima del Monte Ventosola direttamente per pendio erboso senza tracciato (30 minuti dal Castellaccio, 350358,2 E – 4737397,4 N; 1718 m.)
DISCESA: Dal Castellaccio si scende direttamente, senza itinerario, nella Valle Caprelli sottostante nel versante Nord-ovest costeggiando la faggeta presente nel fosso che scende dalla cima fino ad intercettare un sentiero di fondovalle che, in un’ora, riporta all’auto passando nei pressi del diroccato Casaletto Guglielmi che si osserva dall’alto durante la salita (350426 E – 4739358 N; 1309 m.) tenendosi sempre verso destra in direzione Est costeggiando sempre il Monte Castello.
Dalla cima del Monte Ventosola non si scende per l’itinerario di salita ma invece si scende liberamente verso Nord-ovest per raggiungere il tratturo che attraversa in quota il versante (attraversato durante la salita) fino al canalone che scende verso la Valle Caprelli, dove si intercetta un sentiero che scende a mezza costa del versante Est del Monte Callarelle fino al canalone del Malpasso e, sempre in discesa, fino al Casaletto Guglielmi (1 ora).
Dal Casaletto in altri 15 minuti tenendosi sempre alla base del Monte Castello si raggiunge la strada da dove è iniziata la salita.
Prima di andare via dal Piano Grande non poteva mancare un giro nei vari laghetti temporanei che, grazie alla limpida giornata, si sono trasformati in tanti specchi regalando fantastiche immagini delle cime del gruppo Sud dei Monti Sibillini (foto e video 43-56).
l’itinerario proposto è poco frequentato, facile, adatto a tutti e permette di avere una visione aerea completa dei due dei tre piani carsici di Castelluccio, il Piano Grande ed il Piano Piccolo con il bellissimo Laghetto, quest’ultimo piano meno conosciuto in quanto rimane nascosto proprio dal Monte Guaidone.
Tale cima, pur essendo alta solo 1647 metri, presenta un dislivello di circa 400 metri dai due piani carsici e presenta un panorama davvero unico sui piani di Castelluccio e sul versante Ovest della catena dei Monti Sibillini con l’imponente Cima del Redentore in primo piano.
Si consiglia di effettuare l’escursione o in primavera intorno alla metà di maggio per avere una visione dall’alto anche della fioritura spontanea (non dei campi coltivati) del Piano Grande, già riportata in articolo in questo sito (la fioritura spontanea primaverile a Castelluccio) o verso la metà di Ottobre quando le faggete della Macchia Cavaliera del Piano Piccolo si tingono dei colori autunnali.
D’inverno è una salita che può essere molto divertente con le ciaspole ma richiede maggiore pratica in quanto si devono affrontare due tratti di ripida salita.
ACCESSO: Si consiglia di raggiungere in auto il Ranch-camping (352485,3 E – 4740756 N; 1280 m.) presente nel Piano Grande, se si proviene da Norcia, lo si trova sulla strada Provinciale n.477 del Piano Grande a circa 2 km prima della salita per Castelluccio, se si proviene da Castelluccio si scende dal paese e si prosegue in direzione Norcia fino a circa metà del Piano Grande.
DESCRIZIONE: Dal Ranch si prende il tratturo in direzione Est che si inoltra nel Piano Grande in direzione della Valle del Bonanno-Pian Piccolo chiusa tra il Monte Guaidone e La Rotonda (15 minuti, foto n.1 -2).
Giunti all’imbocco della valle (2 km dall’auto, 354058 E – 4739637,8 N; 1290 m., foto n.5) si può salire il più ripido pendio di destra (itinerario di salita n.1) dove si nota una traccia che in circa 20 minuti conduce alla facile cresta Nord che si fa un po’ più ripida solo nell’ultimo tratto, visibile dal Ranch, in altri 30 minuti (1,5 km totale di cresta) conduce alla cima del Monte Guaidone (353861,4 E – 478115,8 N; 1647 m.).
Oppure si prosegue dopo la strettoia della valle ancora per altri 700 metri fino a superare in vallone che scende dal versante Nord del Monte Guaidone, si raggiunge la base della seconda cresta Nord (itinerario di salita n.2) , parallela alla prima, più lunga ma meno ripida, che sale sempre a destra verso il Monte Guaidone, e si risale senza tracciato, in meno di un’ora si raggiunge la cima.
DISCESA: O per lo stesso itinerario di salita oppure, se si vuole allungare, dalla cima si consiglia di scendere per la cresta Sud in direzione della Collina Carbonara fino a raggiungere la strada sterrata che dal valico di Castelluccio scende per il Pian Piccolo (30 minuti, 352940,8 E – 4737146 N; 1410 m.).
Da questo punto si hanno due possibilità:
1- Si continua la strada sterrata in piano verso Ovest che si inoltra nel bosco fino al parcheggio Scentinelle, si prosegue sempre nel bosco fino al valico dove, in 30 minuti, si intercetta la strada asfaltata proveniente da Norcia che scende a Castelluccio, dal piazzale panoramico si nota una traccia che scende sottostrada e velocemente conduce al Piano Grande fino ad un bivio nella zona denominata Carbonara, alle pendici della Costa Sassetti, prendendo il tratturo di sinistra si raggiunge il Fosso Mergani e l’inghiottitoio (351686,2 E – 4738171,7 N; 1255 m.) quindi per prati dirigendosi verso la strada asfaltata a sinistra, in circa 40 minuti si raggiunge il ranch (consigliata a chi non conosce l’Inghiottitoio ed il Fosso Mergani e a primavera per osservare la fioritura spontanea) oppure prendendo il tratturo di destra si costeggia tutto il Fosso Mergani passando alla base delle pendici Ovest di Costa Faeto del Monte Guaidone fino ad incrociare il tratturo preso per la salita, quindi brevemente verso sinistra si raggiunge il Ranch,
2- Si continua la strada sterrata in discesa verso il Piano Piccolo raggiungendo i ruderi del Silos Amati e il Laghetto del Pian Piccolo (15 minuti, 354057 E – 47371154,5 N; 1330 m.; consigliata in primavera per le fioriture ed in autunno per ammirare i colori delle faggete del versante Nord di Monte Macchialta e a chi già conosce il Fosso Mergani del Piano Grande). Dal Laghetto si prende il tratturo in direzione Est che costeggia le pendici Sud-est del Monte Guaidone, sotto alla Macchia Monella, nella zona chiamata “la Dogana” che, in 30 minuti riporta alla Valle del Bonanno da dove si è iniziata la salita.
Di seguito le immagini dell’itinerario proposto.
Questo breve itinerario permette di raggiungere due sorgenti poco conosciute, poste a poca distanza tra loro, situate nei pressi della Pintura del Ragnolo, nel gruppo Nord-est dei Monti Sibillini.
La Fonte Trocca è situata all’inizio del fosso Trocca che scende da Pizzo di Chioggia verso ovest in direzione di Acquacanina.
La Fonte Ribotto scende nel versante opposto nel fosso in direzione di Valle Scura, verso Monastero.
La Fonte Trocca è stata censita dal CAI e riportata nell’elenco delle sorgenti dei Monti Sibillini mentre la Sorgente Ribotto, poco distante, è solo riportata in alcune cartine.
Per raggiungere le due fonti basta arrivare in auto alla Pintura del Ragnolo salendo da Acquacanina per la strada del Ragnolo oppure da San Liberato quindi a piedi seguendo le indicazioni delle due prime foto satellitari.
Un grazie a Manuel per foto e cartine.
SORGENTE RIBOTTO
FONTE TROCCA