PUNTA DEL RE-PUNTA CERVINA – TRENTINO ALTO ADIGE

Il 12 agosto 2024 da solo, da Tirolo ho raggiunto in auto il paese di Saltusio in Val Passiria quindi con la funivia Hirzer-Punta Cervinia sono salito fino al Giardino Alpino di Punta Cervinia, a quasi 2000 metri.

Da qui sono salito a piedi per la lunghissima cresta rocciosa, con diversi tratti attrezzati con cavi d’acciaio, della Punta del Re a 2698 metri (2 ore).

Ho proseguito ancora per cresta rocciosa, anche questa con tratti attrezzati e in tratti davvero sottilissima tanto da non poterla percorrere in piedi, fino alla sella del Giogo Piatto (2640 m.) quindi con una ultima ripida salita ho raggiunto la Punta Cervina a 2781 m. (2 ore).

Per il ritorno alla funivia Hirzer-Punta Cervina sono ridisceso alla sella del Giogo Piatto e ho preso il sentiero attrezzato che scende verso il ghiaione del versante Ovest fino al Rifugio Punta Cervina, tagliando per meravigliosi rododendreti e costeggiando il Rio Sag ho raggiunto la stazione della funivia (2,5 ore).

Anche questo itinerario è lungo ed impegnativo, è riportato nella bibliografia della zona e si può seguire la traccia GPS allegata di seguito.

Di seguito le immagini dell’escursione:

1- La stazione della funivia Hirzer-Punta Cervina vista dalla cresta per la Punta del Re.
2- Ho superato i primi spalti rocciosi.
3- La cresta rocciosa che sale verso la Punta del Re a sinistra.
4- Mi avvicino sempre di più alla Punta del Re inconfondibile con la sua croce di vetta.
5 – 6 -La Punta Cervina vista dalla Punta del Re.
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7- La stazione della funivia Hirzer-Punta Cervina a sinistra e il Rifugio Punta Cervina al centro nella valle.
8 – 10 – I tratti attrezzati sotto alla Punta del Re.
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11- La valle del versante Ovest di Punta Cervina da dove si ridiscende.
12- La Punta del Re
13- La cresta oltre la Punta del Re che ho percorso per raggiungere la Punta Cervina a sinistra.
14- Altro tratto attrezzato sono alla cima.
15- In cima alla Punta del Re.
16- La croce di vetta della Punta del Re.
17- La Punta del Re vista dalla sottile cresta che prosegue verso il Giogo Piatto.
18- 20- La cresta verso il Giogo Piatto.
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21- Il Giogo Piatto, a sinistra scende il sentiero attrezzato di ritorno.
22- 23 – La sottilissima cresta dal Giogo Piato alla Punta Cervina.
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24- L’ultima ripida salita per la vetta della Punta Cervina.
25- Veduta verso Est dalla Punta Cervina
26- La croce di vetta di Punta Cervina.
27- Veduta verso Nord
28- Veduta verso Sud con la cresta che ho percorso in salita.
29 – 30 -L’inizio del sentiero di discesa dal Giogo Piatto, sullo sfondo Punta Cervina.
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31 – 32 -Il tratto attrezzato del sentiero di discesa.
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33- Il grande ghiaione del versante Ovest di Punta Cervina.
34- I vasti pendii a Rododendro sottostanti il ghiaione.
35- A primavera con i Rododendri i fiore qui dovrebbe essere una meraviglia.
36- I cespugli di rododendri sono migliaia.
37- Le cime raggiunte viste dalla stazione della funivia.
38- La cresta iniziale e la Punta del Re a sinistra.
39- La Punta del Re a destra, il Giogo Piatto è la sella al centro e la Punta Cervina a sinistra.
40- Zoom sulla Punta Cervina dove si vede anche la croce.



CIMA MUTA da Tirolo – TRENTINO ALTO ADIGE

L’11 agosto 2024 da solo, da Tirolo, paese a monte di Merano, ho raggiunto la Cima Muta (2291 m.) che sovrasta il paese.

Da Tirolo si sale in funivia fino alla Malga Hocmuth (1330 m.) quindi si prosegue a piedi per boschi fino al Maso Mutkopf (40 minuti)

Qui parte un lungo e ripido sentiero che in 2 ore conduce alla Cima Muta.

Volendo si può proseguire per aerea cresta fino al Giogo di Quaira da dove si può scendere verso i Laghi di Sopranes o salire alla Cima Rosa di Sopranes.

L’itinerario è lungo ed impegnativo, è riportato nella bibliografia della zona e si può seguire la ttraccia GPS allegata di seguito.

Di seguito le immagini dell’impegnativa escursione.

1 – La Cima Muta domina l’abitato di Tirolo.
2- Al tramonto si notano le luci dei Masi della Muta.
3 – 4- Salendo con la funivia da Tirolo verso la Malga Hocmuth, base di partenza per raggiungere Cima Muta, si superano le Piramidi di Terra di Tirolo.
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5- salendo in funivia da Tirolo verso Malga Hocmuth si superano i Masi della Muta ricavati su pendii ripidissimi.
6- Il sentiero che da Malga Hocmuth conduce verso il Maso Mutkof.
7- L’accogliente Maso Mutkopf.
8- Il sentiero attrezzato che dal Maso Mutkopf sale verso Cima Muta.
9- Erica carnea già in fiore.
10 – 12- La lunga salita per Cima Muta.
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13- Merano visto dalla cresta sommitale di Cima Muta.
14- Cima MJuta, 2291 metri.
15- Veduta verso Ovest con le montagne del gruppo dell’Ortles.
16- Merano si scopre tra la nebbia.
17- Bruco variopinto su Silene vulgaris.
18- Veduta verso la lunghissima cresta dello Spitzhorn.
19- Veduta verso la Cima Rosa di Sopranes.
20- Monte Gigot a sinistra e la Cima Rosa di Sopranes che emerge a destra.
21- La Cima Muta vista dalla cresta del Giogo di Quaira.
22- Il Giogo di Quaira, 2230 metri.
23- Veduta verso la Val Venosta.
24- Saxifraga bryoides
25- La grande placca del Giogo di Quaira.
26- La Cima Muta dalla placca del Giogo di Quaira.
27- Dal Giogo di Quaira scende il sentiero che conduce ai Laghi di Sopranes.
28- Veduta verticale sulla Valle di Sopranes sottostante
29 – 30 – Il sentiero per Cima Muta è attrezzato con scale in pietra e in ferro.
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31 – 32 -La mia ombra si riflette sul verticale versante Ovest della Cima Muta.
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33- Tutti i versanti di Cima Muta sono molto ripidi.
34- L’ultimo tratto scalettato prima della cima.
35- Rientro verso Cima Muta dopo una lunga cavalcata della cresta che va verso Cima Rosa di Sopranes.
36- Già inizio ad incontrare gente, stamattina invece ero stato il primo della giornata a raggiungere la cima.
37- Alle 13 a Cima Muta è difficile trovare una pietra per sedersi, tutti Tedeschi ovviamente.
38- Scendo immediatamente
39- I numerosi tornanti scalettati saliti al mattino.
40- Le ripidissime pendici del Monte Pfitshkopf situato nella vallata a Nord della Cima Muta, se guardate esattamente al centro dell’immagine si nota il piccolo Maso della foto n.41.
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42- Una bellissima pianta in piena fioritura di Stella Alpina (Leontopodium alpinum).



CASCATA KOFLERTAL O CASCATA DI TRET -TORRENTE NOVELLA – TRENTINO ALTO DIGE

La cascata Koflertal o Cascata di Tret in Italiano è una delle più alte (70 metri) e spettacolari cascate del Trentino Alto Adige anche per il motivo che alla sua base si apre una grande caverna da cui è possibile vedere il getto di acqua che passa di fronte al suo ingresso, anche se è d’obbligo bagnarsi per entrare.

La base della cascata si raggiunge facilmente in circa 20 minuti a piedi con un percorso ben segnalato dal paese di Tret (frazione di Borgo d’Anaunia nella Val di Non) raggiungibile in auto dalla Strada Statale 238 del Passo Palade, dopo aver percorso circa 6 chilometri dal paese di Fondo verso il Passo.

Al ritorno è possibile raggiungere un belvedere sulla sommità della cascata per osservarla da sopra.

Di seguito le immagini della breve ma imperdibile escursione se passate per l’alta Val di Non, si raccomanda di fare attenzione alla salita nella grotta a causa delle rocce bagnate scivolosissime.

1 – 11- La cascata di Tret vista dalla base e dall’interno della grotta.
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12- Ciclamino autunnale (Cyclamen hederifolium).
13- La cascata vista dal belvedere superiore.
14- Pulcino di Merlo acquaiolo.



ALPE TRE POTENZE Dalla Val di Luce – Appennino Toscoemiliano.

Questo percorso permette di raggiungere altri due laghi, il Lago Nero e il Lago Piatto e una delle cime più alte dell’Appennino Tosco Emiliano, l’Alpe Tre Potenze partendo dalla Val di Luce, una nota zona sciistica dell’Appennino Toscoemiliano anche se con ambiente piuttosto modificato e degradato dall’impatto turistico.

Un altro percorso a quota boschiva per raggiungere i due laghi dall’Abetone l’ho riportato nell’articolo “APPENNINO TOSCO EMILIANO LAGO NERO E LAGO PIATTO dalla Riserva Naturale Campolino – Orto Botanico Forestale e la Casetta dei Pastori”.

Per effettuare il percorso descritto si percorre la strada Statale 12 Abetone-Brennero, si devia a Faidello e si prosegue fino al grande parcheggio della Val di Luce.

Qui si hanno due possibilità, si parte a piedi per una sterrata in netta salita che costeggia gli impianti di risalita in direzione del Passo di Annibale oppure si può prendere la Seggiovia fino al Passo quindi si sale per cresta al Monte Femminamorta sovrastante (20 minuti con gli impianti, 2 ore a piedi).

Da Femminamorta (1878 m.) si prosegue per cresta e in poco più di un chilometro si raggiunge l’Alpe Tre Potenze (40 minuti, 1935 m.)

Dalla cima si scende dalla cresta Est fino al Passo della Vecchia, qui si hanno diverse possibilità. in 30 minuti si raggiunge il Lago Nero, in 20 minuti il Lago Piatto e in 20 minuti il Dente della Vecchia da cui si può proseguire, con un’altra ora e mezza fino al Monte Gomito.

Per la discesa in Val di Luce si consiglia di raggiungere il Lago Piatto da cui, per comodo sentiero, si raggiunge il Passo di Annibale da cui si è arrivati.

Anche questo itinerario è indicato nella cartografia della zona e ben segnalato in loco, si può anche utilizzare la traccia GPS allegata di seguito.

Di seguito le immagini dell’escursione effettuata il 28 luglio 2024.

1- La Val di Luce con i suoi Hotel, SPA e impianti di risalita.
2- Il monte Femminamorta e il Passo di Annibale sulla destra, visti dalla cresta sopra l’ultimo impianto di risalita.
3- Veduta verso Nord da Femminamorta con il Monte Gomito.
4- Veduta verso Est da Femminamorta con l’Alpe Tre Potenze.
5- Giglio martagone sulla cresta (Lilium martagon).
6- Il Monte Rondinaio in lontananza, il Monte Femminamorta a destra.
7- Zoom sul Monte Rondinaio.
8- La cresta da Femminamorta prosegue verso l’Alpe Tre Potenze.
9- Il Monte Gomito e il Dente della Vecchia con il Lago Piatto sottostante, sullo sfondo il Monte Cimone.
10- Il Passo della Vecchia e il Corno alle Scale sullo sfondo a destra.
11- Veduta verso Nord dall’Alpe Tre Potenze con il Lago Piatto e la Val di Luce.
12- Veduta verso Est dall’Alpe Tre Potenze con il Lago Nero ed il Poggio alle Porche.
13- Veduta aerea sul Lago Nero e l’omonimo rifugio.
14- La cima dell’Alpe Tre Potenze con insolito cartello degradato, altrimenti la segnaletica è perfetta, dietro a sinistra il Monte Femminamorta ed il Passo di Annibale a destra, sullo sfondo le Alpi Apuane.
15- la cresta di salita o discesa dall’Alpe Tre Potenze verso il Passo della Vecchia.
16- Dal Passo della vecchia si sale verso il Dente della Vecchia, piccola ma ardita cima.
17- L’Alpe Tre Potenze visto dal Passo della Vecchia dove è presente un antico Cippo di confine.
18- L’Alpe Tre Potenze visto dal Dente della Vecchia.
19- Il monte Femminamorta visto dal Dente della Vecchia.
20- Il Monte Gomito visto dal Dente della Vecchia.
21- L’Alpe Tre Potenze
22- Il Dente della Vecchia.
23 – 24- Tritoni alpini al Lago Piatto.
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25- Il Lago Piatto.
26- La SPA della Val di Luce con il Balzo delle Rose alle spalle.



ANELLO MONTE RONDINAIO E MONTE GIOVO – LAGO TURCHINO E LAGO TORBIDO Dal Lago Santo – Appennino Toscoemiliano.

Percorso molto aereo, permette di raggiungere due laghi, il Lago Turchino e il Lago Torbido e due delle cime più alte dell’Appennino Tosco Emiliano, il Monte Rondinaio e il Monte Giovo, con questo itinerario ho concluso la salita di tutte le cime oltre i 1900 metri dell’Appennino Tosco Emiliano.

Partenza dal parcheggio del Lago Santo, si segue l’itinerario indicato nella cartografia della zona e ben segnalato in loco, si può anche utilizzare la traccia GPS allegata, poco prima di arrivare al Lago si prende la deviazione nel bosco sulla sinistra per il Lago Baccio (già descritto nell’articolo “APPENNINO TOSCO EMILIANO. LAGO SANTO E LAGO BACCIO Da Pievepelago.”) dopo circa 400 metri ad una deviazione si prosegue a sinistra lasciando il sentiero per il Lago Baccio a destra.

Si prosegue su comodo sentiero per oltre due chilometri tra prati e mirtilleti e, in circa un’ora dal parcheggio, si raggiunge prima il Lago Turchino, quindi proseguendo per altri 300 metri, il Lago Torbido, quest’anno in secca, poi il sentiero sale nettamente verso la cresta ed in circa 40 minuti si sale al Monte Rondinaio (1963 m.), si prosegue la cresta per il ripido Altaretto (1922 m.) quindi alla Grotta Rosa (1952 m.) fino al Monte Giovo (1,5 ore dal M.Rondinaio; 1991 m.) con ripida discesa finale di 1 ora, al Lago Santo.

Il percorso completo ha una lunghezza di oltre 11 chilometri con 900 metri di dislivello, si compie in 4-5 ore ed è adatto ad escursionisti allenati.

Di seguito le immagini dell’escursione effettuata il 27 luglio 2024.

1 – 3 -Il Lago Turchino, alle falde del Monte Rondinaio.
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4- Tritone alpino al Lago Turchino.
5- Ruscello nei pressi del Lago Turchino.
6- Verso il Lago Torbido tra vasti mirtilleti.
7- Il Lago Torbido, quest’anno già in secca.
8- Il Lago Torbido con il Monte Rondinaio Lombardo.
9- Inizio della salita per il Monte Rondinaio.
10 – 11 – Tratto molto ripido sulla cresta sommitale del Monte Rondinaio.
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12- Vaccinium myrtillus in frutto.
13- Dactylorizha incarnata nei prati umidi intorno ai laghi.
14 – 15 -Veduta dalla cresta Est del Monte Rondinaio verso il lontano Monte Cimone.
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16- Il sentiero sale con ripidi e strettissimi tornanti.
17- Veduta verso Ovest con le Alpi Apuane.
18 – 20 -Il Lago Torbido visto dal Monte Rondinaio.
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21 – 22 -La cima del Monte Rondinaio.
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23- La lunga cresta verso il Monte Giovo
24- Il Lago Turchino visto dal Monte Rondinaio.
25- Stachis pradica al suo limite meridionale dell’areale alpino italiano.
26- La bellissima Gentiana purpurea.
27- Il Monte Giovo.
28- La cresta verso il Monte Giovo con il ripidissimo Altaretto.
29 – 30 – L’Altaretto
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31- La restante impegnativa cresta verso il Monte Giovo.
32- Il Lago Turchino visto dal Monte Giovo.
33- Il Lago Baccio visto dal Monte Giovo.
34- Il Lago Baccio, a 30 minuti dal Lago Santo.
35- La ripidissima discesa verso il Lago Baccio – Lago Santo.
36- Il Lago Santo, punto di partenza dell’itinerario proposto.
37- La ripidissima discesa verso il Lago Santo.
38- Il Lago Santo.
39- La cresta di discesa della foto n.37 vista dal Lago Santo.
40- La cima del Monte Giovo vista dal Lago Santo.
41- Libellule in accoppiamento formano un cuore.
42- Angelica sylvestris con riflesso posteriore sulle acque del Lago Santo.



LE CASCATE DI MACCHIA TORNELLA – MONTI DELLA LAGA.

Macchiatornella è una frazione di Cortino (TE), situata nel cuore dei Monti della Laga, all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, nei suoi dintorni si trovano ben tre cascate facilmente raggiungibili, altre invece risultano più distanti dal paese.

Le cascate visitabili in una unica giornata sono solo tre delle quasi cento cascate presenti nei Monti della Laga.

Per l’accesso a Macchiatornella si sale da Montorio al Vomano percorrendo la Strada Statale 80 fino a Nerito quindi si prende la strada Provinciale n.47 per Crognaleto e si prosegue in direzione di Cortino, dopo il paese si prosegue la lunga e tortuosa strada, posta in condizioni spaventose, da percorrere con moltissima prudenza, fino a Macchiatornella dove si parcheggia in uno slargo in corrispondenza di una curva prima di arrivare al paese. Di fronte inizia il sentiero per le cascate Cantagalli e Posaturo segnalato e riportato nei navigatori GPS.

Scendendo invece nel sentiero posto proprio sotto al parcheggio si raggiunge la Cascata del Fosso Malvese posta nei pressi del paese di Padula sottostante in corrispondenza di un attrezzato parco fluviale.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- La perfetta segnaletica del Parco all’inizio del sentiero per la Cascata di Cantagalli.
2- un fungo del genere Lactarius.
3- Un buon Porcino
4- Un porcino meno buono, il Boletus satanas,
5- Funghi del legno
6- le lamelle di una Russula spp.
7- Una Clavaria flava
8 – 10 – Una enorme e quasi impressionante ceppaia di Faggio.
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11- Due faggi collegati tra loro da un autoinnesto di un ramo, un fenomeno molto raro.
12 – Una piccola cascata nel Fosso Malvese.
13- La altissima faggeta intorno al Ponte Flammagno.
14 – Segnaletica a Ponte Flammagno.
15 – Le Cascate di Cantagalli
16 – La parte inferiore
17- La parte superiore
18- La successione in fila delle tre cascate di Cantagalli
19 – Scatto con tempi brevi.
20- Scatto con tempi lunghi della stessa porzione di cascata, l’acqua sembra scorrere con velocità altissima.
21- Scatto con tempi brevi.
22- Scatto con tempi lunghi della stessa inquadratura della foto n.21.
23- Fili d’acqua
24 – 25 – escrementi” di lombrico. L’aspetto è dovuto al fatto che viene accumulata in superficie la massa di terriccio che il lombrico emette e che col tempo si ammassa su se stessa assumendo l’aspetto di una montagnola di fango, sono un concentrato di minerali, microrganismi e sostanze utili a migliorare le proprietà fisiche e chimiche del terreno, infatti, contengono il 50% in più di sostanza organica rispetto il terreno circostante oltre che sette volte più Fosforo inoltre la presenza di lombrichi indica la buona qualità dell’ambiente, assenza di inquinamento.
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26 – 28 -La Cascata del Fosso Malvese co un profondo lago alla base.
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29 – L’ultima parte della cascata vista dall’alto.
30- La Cascata del Posaturo
31 – Scatto con tempi brevi.
32- Scatto con tempi lunghi della stessa inquadratura della foto n.31.
33- Scatto con tempi brevi.
34- Scatto con tempi lunghi della stessa inquadratura della foto n.33.



IL CANYON DI CAMPO IMPERATORE, LA GROTTA E LA TESTA DELL’AQUILA.

Il Vallone della Valianara, più conosciuto come il Canyon di Campo Imperatore, è un luogo quasi magico, è diverso da tutto l’ambiente che lo circonda fatto da prati aridi e quasi pianeggianti, non ci si rende conto finché non ci addentra, si apre nella parte meridionale del vasto altipiano, tra le pendici del Monte Bolza a Sud, cima secondaria poco conosciuta, e il Monte Camicia a Nord, non è percorso da corsi d’acqua ma si riempie a primavera o in caso di forti piogge creando un lungo lago temporaneo, il fondo non presenta vegetazione ne formazioni algali in quanto è costituito da sedimenti finissimi di origine glaciale quasi polverulenti che si compattano diventando impermeabili ma non trattengono a lungo le acque.

Nella parte finale è riempito invece di detriti più grossolani provenienti dalla grande fiumana che scende dalle pendici Sud del Monte Camicia e che si immette nel canyon in corrispondenza di un piccolo ponte sulla strada di Campo Imperatore.

Racchiude inoltre delle particolarità poco conosciute, una ampia grotta, non comuni nella zona, e soprattutto una grande roccia a forma di testa di Aquila di cui avevo sentito parlare ma che non ero ancora riuscito a trovare.

Non a caso in zona hanno girato scene del film “Lo chiamavano Trinità” con Bud Spencer e Terence Hill come ricorda il cartello posto sulla strada sovrastante il canyon in corrispondenza del ponte sulla fiumana e del sentiero che conduce alla Vecchia Miniera di Bitume del Monte Camicia.

Il primo settembre 2024 ho avuto la fortuna di trovare il canyon riempito di acqua grazie alle abbondanti piogge dei giorni precedenti e soprattutto sono riuscito a trovare la grande roccia a forma di testa di Aquila. Poi ho capito perché non avevo mai visto questa particolare formazione rocciosa, le altre volte avevo percorso il canyon partendo dalla strada dove c’è il ponte ed il cartello che ricorda il sito dove è stato girato il film menzionato sopra ed ero sceso verso valle.

Stavolta sono sceso nel canyon dalla parte iniziale a monte parcheggiando in corrispondenza di uno slargo della strada e scendendo all’imbocco del canyon, ho trovato cosi la roccia posta sulla sinistra orografica del canyon e la grotta posta sulla destra quindi poi sono sceso fino alla confluenza della fiumana del Monte Camicia da dove di solito scendevo.

Di seguito le immagini del particolarissimo sito.

1- La parte iniziale del Canyon, riempito con l’acqua delle abbondanti piogge dei giorni precedenti.
2- Un grande cardo ormai seccato dalla torrida estate.
3 – 4 – Le particolari formazioni rocciose laterali del Canyon.
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5- La prima parte del Canyon riempita d’acqua e la strada di Campo Imperatore sullo sfondo da cui si accede.
6- La prima strettoia del Canyon piena d’acqua ci obbliga a risalire la rocciosa sponda sinistra.
7 – 8- Ci innalziamo un po’ per osservare meglio il Canyon e superare la parte più stretta con oltre 30 centimetri di acqua e fondo melmoso.
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9- La parte successiva del Canyon oltre la prima strettoia.
10- Scendiamo di nuovo nel letto del lago temporaneo in questa parte a tratti asciutto.
11- Proseguiamo per un breve tratto nel letto asciutto.
12- E ci avviciniamo alla grotta e alla seconda strettoia, finalmente di fronte a noi si apre la vista sulla roccia a forma di testa di Aquila nell’atto di ghermire un preda che non ero riuscito ancora a trovare.
13 – 14 – Dettaglio della roccia a forma di testa di Aquila.
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15 – 20- La Grotta della Valianara.
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21- Una profonda faglia posta a valle della Grotta.
22 – 23- Veduta del Canyon dall’interno della Faglia.
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24 – 27 – Proseguiamo verso la seconda strettoia dopo la grotta ma stavolta siamo costretti a guadare il laghetto.
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28- Quindi il laghetto termina in corrispondenza di una alta duna di sabbia, qui l’ambiente assomiglia ad una oasi in un deserto roccioso.
29- Una particolarità botanica nelle sponde sabbiose del Canyon, a breve distanza vegetano una Linaria purpurea a sinistra e una Linaria alpina a sinistra, quest’ultima in particolare caratteristica dei ghiaioni di alta quota qui si trova eccezionalmente ad una quota molto bassa per la specie.
30 – La Linaria purpurea
31- La Linaria alpina
33- Nelle pareti del versante Nord del Canyon vegeta anche la rara Primula auricula, qui eccezionalmente abbondante.
34- Proseguiamo ancora per pochi metri fino alla duna di sabbia.
35- La particolarissima duna di sabbia che delimita a valle il laghetto temporaneo.
36- Il laghetto visto dalla duna di sabbia
37- Procedendo lungo la duna di sabbia si scopre il Monte Camicia.
38- Fino a raggiungere la fiumana di detriti più grandi proveniente dal versante Sud del Monte Camicia.
39- Il cartello posto all’uscita del Canyon.
40 – 41 – La fiumana proveniente dal versante Sud del Monte Camicia.
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42- Il Canyon invece prosegue ancora per alcune centinaia di metri ma con meno spettacolarità verso le pendici Nord del Monte Bolza la cui cima rocciosa poco conosciuta è visibile al centro della foto.
43- Raggiunto Campo Imperatore la vista si apre sul Corno Grande immerso nella nebbia.



MONTE VALVASSETO – IL RIPARO DI CAMPOMAGGIORE

Nelle pendici boscose del versante Est del Monte Valvasseto si innalzano dei torrioni rocciosi che nascondono piuttosto bene una profonda cavità denominata il Riparo di Campomaggiore.

Il Monte Valvasseto, una piccola cima dei Monti Sibillini facilmente raggiungibile dalla Pintura di Bolognola salendo senza tracciato per i Piani Gra, nasconde numerose sorprese nei suoi dintorni, come riportato nei miei precedenti articoli :

  • LE FINESTRE DEI MONTI SIBILLINI: L’arco del Monte Valvasseto
  • MONTE VALVASSETO E MACCHIA TONDA
  • PIANI GRA : IL ROSETO DEI MONTI SIBILLINI
  • LE GROTTE DL MONTE SASSOTETTO – MONTE VALVASSETO
  • MONTE SASSOTETTO, UNA AFFILATA CRESTA POCO CONOSCIUTA
  • SASSOTETTO – VALLE TRE SANTI PER CAMPOMAGGIORE
  • VALLE TRE SANTI – PINTURA DI BOLOGNOLA

Pertanto tale itinerario può essere abbinato ad uno degli altri precedentemente descritti per completare una giornata di escursioni.

Il Riparo di Campomaggiore si raggiunge direttamente dalla cima del Monte Valvasseto (1526 m.) , scendendo verso Est per prati, si attraversa una piccola lingua di bosco e si prosegue ancora per prati in discesa fino a quota 1410 metri quindi si entra nel bosco (357467,5 E – 4761762 N) seguendo una traccia di sentiero in netta discesa che si fa più visibile nel bosco (con strisce plastiche bianco/rosse in parte degradate e che si inoltra poi nella zona del versante Nord denominata “Forcaccio” foto n.3), girando nettamente verso Est per un altro centinaio di metri di dislivello fino a raggiungere, a destra, un profondo vallone incastonato tra alte pareti rocciose dove, all’imbocco, sono presenti alcuni ometti di pietra.

Si scende con attenzione nel ripido canalone boscoso delimitato da pareti rocciose che si innalzano man mano che si scende, dopo poche decine di metri, nella parete sinistra, si apre una piccola cavità e poco sotto una ampia finestra (foto n.10), entrando nella finestra si aggira lo spigolo e, dalla parte opposta, si segue una cengia sotto alte pareti rocciose dove si apre la grande cavità. (1 ora dalla cima del Monte Valvasseto, 1330 metri circa).

La cavità è inserita nel Catasto delle grotte della Regione Marche ma le coordinate GPS riportate nei navigatori satellitari non sono precise per cui se, nonostante le indicazioni, non si ritrova la cavità, occorre girovagare un po’ tra i torrioni rocciosi facendo attenzione ai ripidi pendii all’interno del bosco ma ciò aumenta solo il fascino dell’esplorazione.

Ritornando nel vallone di discesa, prima di riprendere l’itinerario di ritorno, si può scendere ancora una cinquantina di metri costeggiando le pareti per raggiungere una larga e alta faglia attraversabile che separa in due parti la parete di sinistra.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- Il prato del versante Nordest sottostante la cima del Monte Valvasseto, a sinistra il Monte Rotondo
2- Il termine del prato e la zona dove si deve entrare nel bosco.
3- Il bosco con la traccia di sentiero delimitata da strisce plastiche bianco/rosse (nella pianta in primo piano a destra) in parte degradate e scolorite.
4- Il sentiero a sinistra e l’ometto di pietra a destra che indica l’imbocco del canalone roccioso dove si apre la cavità descritta.
5- Qui è ben visibile l’imbocco del canalone nel bosco.
6- La prima parte del ripido canalone delimitato da torrioni rocciosi da entrambe le parti.
7- Più si scende nel canalone e più si innalzano le pareti.
8- La prima piccola cavità che si incontra nella parete di sinistra
9- Una ragnatela splendidamente illuminata all’interno del bosco, quest’anno i boschi erano pieni di ragnatele come non avevo mai visto.
10- La finestra che bisogna attraversare per aggirare lo spigolo roccioso oltre il quale si apre il Riparo di Campomaggiore.
11- La cengia oltre la finestra.
12- E da lontano si vede già l’ampio Riparo di Campomaggiore.
13 – 19 – Il Riparo di Campomaggiore.
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20- La faglia posta nel vallone un po’ più in basso della finestra della foto n.10.
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24- Il torrione dove si apre il Riparo di Campomaggiore visto dal bosco sovrastante, sullo sfondo il versante Nord del Monte Castel Manardo
25- Pianta satellitare del percorso proposto.



PIANI DI CASTELLUCCIO – LA FIORITURA AUTUNNALE

I Piani di Castelluccio, Piano Grande e Pian Perduto, sono famosi in tutto il mondo per la FIORITURA DEI CAMPI COLTIVATI, che avviene generalmente ai primi di luglio (vedi articolo CASTELLUCCIO E I PANTANI luglio 2023), meno conosciuta è la FIORITURA SPONTANEA DEL PIANO GRANDE (vedi articoli del Maggio 2024 e Giugno 2019) ma ancora meno conosciuta è la FIORITURA AUTUNNALE che si può ammirare sempre nei Piani di Castelluccio e nelle vallette circostanti.

In particolare la fioritura autunnale è prodotta dal Colchico (Colchicum lusitanum e alpinium) e dalla Galeopside (Galeopsis angustifolia subsp. angustifolia) entrambe di un bel colore rosa carico.

Il colchico predilige i pendii erbosi al margine dei boschi, è comune nella zona del San Lorenzo e intorno al Pian Perduto mentre la Galeopsis fiorisce nei campi coltivati del Piano Grande intorno alla strada per Forca di Presta sotto alla Costa del Vettore.

Il periodo migliore per osservare le fioriture di queste due specie è dal 20 di agosto alla prima metà di settembre.

1 – 2 – La Portella del Vao che collega il Pian Perduto alla zona del San Lorenzo, sullo sfondo il Monte Palazzo Borghese e il Monte Porche a sinistra.
2- Intorno alla Portella del Vao si sviluppa una bella fioritura di Colchico.
3- Il Monte Palazzo Borghese si staglia sopra la Portella del Vao.
4- Dalla Portella del Vao si accede alla Romitoria di San Lorenzo i cui resti dominano su una collinetta la zona omonima, a destra il Monte Argentella.
5- I resti delle mura della Romitoria di San Lorenzo
6- I boschi del San Lorenzo sotto alle pendici del Monte Palazzo Borghese e Monte Porche a sinistra, intorno ai quali si sviluppano abbondanti fioriture di Colchico.
7 – 13 – Fioriture di Colchicum Lusitanum nei pendii intorno ai boschi del San Lorenzo.
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14- Cavalletta dalle ali rosse perfettamente mimetizzata (Oedipoda germanica).
15- Dettaglio
17 – 26 – Fioritura a Galeopside (Galeopsis angustifolia subsp. angustifolia) dei campi coltivati
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LA GROTTA DEL BEATO BERNARDO – GROTTE DI MONTELAGO DI CAMERINO.

I Piani carsici di Montelago, superiore e inferiore, sono uno dei tanti altipiani dell’Appennino, si elevano ad una quota media di 940 metri il primo e 900 metri il secondo, delimitati da Monte Igno a sud e Monte di Mistrano a Nord, tra i Comuni di Serravalle, Camerino e Sefro.

I Piani sono caratterizzati da un lago temporaneo primaverile nel piano inferiore e una delle poche torbiere dell’Appennino nel piano superiore, questi ambienti sono popolati da una flora specifica molto interessante composta da diverse specie di orchidee e altre piante rare.

Consiglio di fare questa escursione a primavera dove è possibile ammirare una delle più belle fioriture di Orchidee dell’Appennino con decine di specie e di poter osservare il lago temporaneo colmo di acqua.

L’accesso ai piani può essere effettuato in auto da Serravalle del Chienti salendo alla frazione di Copogna per poi proseguire su strada asfaltata fino alla chiesa della Madonna di Montelago con punto di ristoro limitrofo oppure da Camerino per strada imbrecciata che sale dalla frazione di S.Erasmo verso Nibbiano infine da Sefro alla frazione di Agolla per proseguire poi su strada imbrecciata.

Nei dintorni dei Piani di Montelago si aprono delle cavità visitabili, la Grotta del Beato Bernardo e di San Bartolomeo delle Carpenese e altre due cavità nei pressi della chiesa della Madonna di Montelago: la Grotta Bocalume e il Buco del Sasso Freddo che avendo carattere di pozzo verticale abbiamo esplorato per una piccola parte con lo speleodrone.

Di seguito la descrizione per raggiungere le quattro grotte.

LA GROTTA DEL BEATO BERNARDO

Per raggiungere invece la Grotta del Beato Bernardo, una volta raggiunto il Piano Inferiore per la strada asfaltata, nei pressi del lago, si prende la deviazione di breccia per Sefro-Agolla con indicazione anche per la grotta, si percorrono circa 2 chilometri fino al Passo del Trebbio dove si parcheggia in corrispondenza di una pensilina con pannelli solari, di fronte inizia il breve sentiero per la Grotta. addirittura provvisto di illuminazione notturna e perfettamente segnalato. In circa 15 minuti si raggiunge a piedi la Grotta del Beato Bernardo, al ritorno, a circa metà sentiero, si sale a sinistra su una lieve traccia nel bosco che sale verso le pareti sovrastanti e, costeggiando le pareti, si può raggiungere una seconda cavità, la Grotta di San Bartolomeo delle Carpenese. Non fidatevi della geolocalizzazione del Catasto delle Cavità della Regione Marche in quanto la indica sotto il sentiero anziché sopra.

1- Il Piano di Montelago Superiore, visto dalla strada che sale da Copogna di Serravalle.
2- Il lago di Montelago
3- Il canale di scolo del lago verso l’inghiottitoio.
4 – 5 -Alcuni Biancospini (Crataegus monogyna) arborei secolari al piano superiore.
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6 – Dactylorizha sambucina con fiori rossi
7 -Dactylorizha sambucina con fiori gialli
8- Orchis pauciflora
9 – Orchis provincialis
10 – 11 – 12- Orchis morio
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13- Ophrys fusca Link subsp. funerea
14- Nel lago del piano Inferiore di Montelago vegeta la rara e bellissima Orchis laxiflora.
15- E la Dactylorizha incarnata.
16- La più comune Gimnadenia conopsea
17 – 20- Mentre nella torbiera del Piano Superiore vegeta il rarissimo Eriophorum latifolium.
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21- Tiglio in fiore che alimenta un un vero e proprio stormo di farfalle.
22-Il cartello posto all’inizio del sentiero per la Grotta del Beato Bernardo.
23- Non si può dire che manca la segnaletica al Passo del Trebbio di Montelago, magari fosse così nel Parco dei Monti Sibillini.
24- Il comodissimo sentiero per le due grotte.
25- L’alta parete dove si apre la Grotta del Beato Bernardo.
26 – 30 – La Grotta del Beato Bernardo, meta di pellegrinaggio.
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31 – 34 Costeggiando la stessa parete si raggiunge la Grotta di San Bartolomeo delle Carpenese.
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35 – 36 – La curiosa “finestra” nella Grotta di San Bartolomeo.
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LE GROTTE DI MONTELAGO: IL BUCO DI SASSO FREDDO

Le due cavità, il Buco di Sasso Freddo e la GRotta Bocalume, sono situate nei pressi della Chiesa della Madonna di Montelago, si raggiungono facilmente seguendo le tracce GPS del Catasto delle Cavità della Regione Marche. Esse si trovano a terra protette da recinto e grata all’interno di un bosco come visibile nella foto n.49, a poche centinaia di metri dalla chiesa.

37 – 39 -Il Buco di Sasso Freddo protetto da una recinzione.
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40 – 42 – Esploriamo il pozzo con lo speleodrone ma poi esso devia e non si può proseguire.
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LA GROTTA BOCALUME

43 – 44 -La Grotta Bocalume è protetta da una pesante grata a terra.
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45- Caliamo lo speleodrone e notiamo tre aculei di Istrice conficcati su una parete del pozzo, forse è caduta al suo interno.
46- Ci avviciniamo agli aculei.
47- Raggiunti gli aculei proseguiamo per vedere se c’è la carcassa dell’Istrice.
48- Ma il pozzo devia e non possiamo proseguire, vediamo solo altri aculei nel fondo.
49- La posizione delle grotte di Montelago.