MONTE NERONE: FONDARCA MONTE CATRIA: MADONNA DEL GROTTONE

Due escursioni in giornata nei monti della Provincia di Pesaro-Urbino: anche se con una giornata non molto luminosa, abbiamo raggiunto due siti di particolare interesse naturalistico situati a pochi chilometri tra di loro per cui effettuabili in successione.

Le due escursioni sono facili e adatte a tutti, sono raccomandate calzature adatte per ambienti umidi e scivolosi.

GRUPPO DEL MONTE NERONE: FONDARCA: Si raggiunge in auto il paese di Cagli quindi si prosegue in direzione di Secchiano e successivamente si raggiunge il paese di Pianello. Nel paese si prende la deviazione per Pieia che si raggiunge dopo una tortuosa e strettissima strada facendo molta attenzione ai veicoli che si possono incontrare. Raggiunto Pieia si parcheggia all’ingresso della piccola frazione dove si trovano le indicazioni per Fondarca che si raggiunge in venti minuti con comodo sentiero e ultima ripida salita.

Fondarca è un grande arco di roccia naturale rimasto dopo il crollo di una grande grotta di cui rimangono solo le pareti laterali.

Nella zona sono presenti altri numerosi sentieri riportati sulla cartografia della zona.

1- La frazione di Pieia da dove si parte per raggiungere Fondarca
2- L’ingresso della Grotta delle Nottole, così chiamata per la secolare presenza di una numerosa colonia di pipistrelli di diverse specie, l’ingresso è vietato proprio per la salvaguardia delle specie.
3 – 7- Il grande arco di roccia denominato “Fondarca” rimasto dopo il crollo della volta di una grande roccia.
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8- Le pareti laterali della grotta crollata.
9 -14 – La grotta rimasta intatta nella parte finale della vallata.
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15 – 16 -L’arco di Fondarca visto dalla parte terminale della grotta
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GRUPPO DEL MONTE CATRIA: MADONNA DEL GROTTONE: Si raggiunge in auto il paese di Cagli quindi si prosegue in direzione di Frontone per continuare in direzione di Serra S. Abbondio, dopo circa 2 chilometri dal paese si incontra a destra una deviazione per la frazione di Petrara. Si prosegue su strada sterrata fino al termine oltre il qual si prosegue a piedi su un sentiero risistemato dopo la recente alluvione del 2022. Dopo circa 30 minuti di sentiero si raggiunge la grande Grotta contenente una statua della Madonna, denominata “Madonna del Grottone”. Proseguendo ancora si raggiunge il fondo della forra dove due cascate in successione chiudono la selvaggia valle.

1- La prima parte della strada sterrata per la Madonna del Grottone è stata distrutta dall’alluvione del 2022 ma il sentiero è stato ripristinato.
2- Le condizioni del fosso dopo l’alluvione del 2022.
3- La prima cascatina della forra.
4 – 5 -Il Grottone
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6- La storia della Madonna del grottone
7 – 10 – Veduta dall’interno del Grottone
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11 – 14 – Le cascate che chiudono la valle in una stretta forra.
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MONTE ARGENTELLA – Canale Ovest da Pian Perduto per San Lorenzo.

Nonostante l’inverno avaro di neve, il 20 aprile 2024, in condizioni pienamente invernali con tanto di nevicata a tratti, abbiamo completato le salite delle creste e canali del Monte Argentella salendo il canale Ovest partendo dal Pian Perduto passando per il San Lorenzo, con un percorso di circa 10 chilometri andata e ritorno e 900 metri di dislivello.

La salita del canale Ovest è facile, prettamente invernale, anche questa non è riportata in bibliografia ed è consigliata a chi ha superato la fase propedeutica con la montagna invernale e vuole iniziare ad approcciarsi con salite più ripide.

Il canale, oltre il bosco di San Lorenzo, nella prima parte è caratterizzato da una strettoia con una parete rocciosa laterale molto liscia per poi allargarsi di più man mano che si sale fino a diventare un ripido pendio con pendenze costanti tra i 40 e i 45°.

ACCESSO: Si raggiunge in auto il Pian Perduto di Gualdo di Castelsantangelo e si parcheggia in una delle aree di sosta di lato alla strada.

DESCRIZIONE: Dalla strada si attraversa a piedi tutto il Pian Perduto in direzione Nordest verso la Portella del Vao che permette di immettersi nella Valle di San Lorenzo, dopo circa 40 minuti e 3 chilometri di prati si raggiunge la Fonte di San Lorenzo.

Dalla Fonte si prosegue il vallone erboso a monte in lieve ma costante salita in direzione dell’evidente canale Ovest del Monte Argentella fino alla strettoia rocciosa caratterizzata da un’alta parete verticale a destra. Si prosegue nel canale che subito si impenna, la prima parte del canale è caratterizzato da sponde rocciose che si allargano man mano che ci si innalza.

Si supera il sentiero che taglia il pendio, in piano, proveniente dalla Capanna Ghezzi, e si prosegue sempre dritti nel canale che diventa meno inciso per trasformarsi in un ripido pendio con pendenze costanti di 40-45 gradi fino a raggiungere l’Antecima Ovest del Monte Argentella.

Dall’Antecima si discende un po’ per poi risalire e con altri 400 metri si raggiunge la cima del Monte Argentella, a 2175 m.

DISCESA: Dalla cima del Monte Argentella si può scendere rapidamente dirigendosi in direzione del Monte Palazzo Borghese per prendere il Canale di San Lorenzo situato verso Nordovest sotto alla Anticima Ovest.

Di seguito le immagini della salita.

1- Il Laghetto del Pian Perduto.
2- Superata la Portella del Vao ci si immette nella valle di San Lorenzo, in alto il canale Ovest del Monte Argentella.
3 – L’inizio del canale a monte della Fonte di San Lorenzo ed inizia a nevicare.
4 – 5 – La strettoia del canale con la caratteristica verticale parete laterale.
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6 – 11 -Superata la strettoia si prosegue nella prima parte del canale caratterizzato da sponde rocciose.
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12- Quindi si raggiunge il sentiero che proviene in piano da Capanna Ghezzi.
13- E si continua nel canale che si allarga man mano si sale.
14- Il Monte Prata sullo sfondo al centro.
15- Il pendio canale con l’uscita ancora molto in alto.
16- Troviamo anche neve dura per un buon tratto.
17 – 18 -Si prosegue su pendio costante a 45 gradi.
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19- Il Piano Grande e Castelluccio
20- Riprende a nevicare
21 – 24 -L’ultimo tratto di ripida salita prima dell’anticima Ovest.
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25- L’uscita sull’anticima Ovest del Monte Argentella.
26- Proseguiamo verso la cima del Monte Argentella.
27- Il Monte Palazzo Borghese ed il Sasso di Palazzo Borghese si intravedono tra la nebbia.
28- In cima.
29 – 30 – La rapida e facile discesa nel canale di San Lorenzo
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31- I boschi di faggio del San Lorenzo con le foglie, un forte contrasto.
32 – 33 – I pendii ovest del Monte Palazzo Borghese
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34- Il ritorno verso il Pian Perduto per la Portella del Vao.
35- L’itinerario proposto visto dalla Fonte di San Lorenzo
36- Tuti gli itinerari estivi ed invernali della conca del San Lorenzo.



CAMPO IMPERATORE – La fioritura di primavera.

A primavera, a seconda dell’innevamento, Campo Imperatore, nel gruppo del Gran Sasso, offre una vasta e coloratissima fioritura di diverse specie botaniche.

Saliti in auto da Fonte Cerreto fino all’incrocio Campo Imperatore – Castel del Monte, abbiamo proseguito a piedi fino allo splendido lago Pietranzoni dove si riflette il Corno Grande.

Per concludere la giornata nel pomeriggio abbiamo visitato Castel del Monte, Rocca Calascio e Santo Stefano di Sessanio, splendidi paesini del meraviglioso Abruzzo.

Di seguito le immagini dell’escursione del 7 aprile 2024.

1 – 4 – Fioritura di Crocus vernus subsp.vernus a Campo Imperatore
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5- Il Lago Pietranzoni, quest’anno in carenza d’acqua vista la scarsità di neve.
6 – 10 – Il Corno Grande si specchia nel Lago Pietranzoni.
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11- Zoom sul Corno Grande, versante Sud.
12- Draba aizoides.
13- Viola eugeniae
14- Scilla bifolia
15- Estesa fioritura di Scilla bifoliae
16- Gagea lutea
17- Ranunculus ficaria
18- Crocus vernus subsp. vernus
19- Viola eugeniae
20- Il Monte Brancastello
21- Le Torri di Casanova
22- Il versante Ovest del Monte Prena
23- Il versante Sud del Monte Prena.
24 – Il versante Sudovest del Monte Camicia.
25- Il versante Nordovest del Monte Camicia.
26- Il Corno Grande visto dal Canyon di Campo Imperatore
27- Il Monte Bolza a sinistra ed il Corno Grande sullo sfondo.
28- Il Monte Bolza visto da Castel del Monte.
29- Rocca Calascio visto da una piccola grotta nei pressi della strada da Castel del Monte.
30- Rocca Calascio.

Vedute dalle finestre di Rocca Calascio

31- Il Corno Grande
32- Il Monte Bolza
33- La Majella
34- Il Monte Camicia
35- Il Monte Prena.
36- La Vetta Orientale del Corno Grande.
37 – 38 – Il Monte Camicia ed il Monte Bolza.
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39- Castel del Monte
40- Monte Brancastello – Torri di Casanova – Monte Prena.
41- Rocca Calascio



IL COMPLESSO DELLE GROTTE DI ABETO – PRECI

Sulle pendici Ovest della Montagna di Civita, a circa 2 chilometri dalla frazione di Fiano di Abeto, nel comune di Preci e a circa 500 metri dal confine del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, in una scarpata della strada si aprono queste interessanti grotte.

Denominate “complesso delle Grotte di Abeto”, sono 7 cavità naturali fortemente rimaneggiate dall’uomo nell’antichità, come ben osservabile dall’ingresso della Grotta A che assomiglia ad una vera e propria tomba dotata di una enorme pietra fungente da architrave e dalle Grotte C e F che presentano dei vani interni opposti decisamente scavati a mano che sembrano dei siti sepolcrali paleocristiani.

Al loro interno anni fa sono stati anche trovati manufatti preistorici.

ACCESSO: Facilissimo, da Norcia si percorre la Strada Provinciale 476/2 in direzione di Preci. Dopo circa 4 chilometri in salita, giunti all’incrocio per Abeto-Todiano, si gira a destra per la strada Provinciale 475.

Dopo circa 2 chilometri, in vista di Fiano di Abeto e della sottostante bellissima valle coltivata, si incontra una strada sterrata sulla destra dove si parcheggia.

In teoria le cavità sono raggiungibili anche in auto ma poi si trova difficoltà a parcheggiare nei pressi.

Dall’incrocio si prosegue la strada sterrata in piano per circa un chilometro fino alle grotte che si aprono sulla scarpata destra della stessa strada.

Per individuare le 7 cavità si consiglia di partire dall’ultima che si incontra, che è la Grotta A in quanto le cavità H e I sono dei semplici saggi di scavi ormai riempiti di detrito e di difficile riconoscimento.
Come visibile dai rilievi di seguito allegati, hanno ingressi, forme, profondità ed altezze molto diverse.

In alcune si entra strisciando, in altre ci si può stare anche in piedi, il loro fascino è legato proprio a questa variabilità che presentano.

Sono facilissime da raggiungere ed esplorare, non richiedono attrezzatura ad esclusione di un caschetto e di una frontale e possono essere visitate da chi vuole iniziare un approccio con il meraviglioso mondo sotterraneo.

Vista la brevità del percorso e la vicinanza con la Grotta di Patino, già descritta nel presente blog, si consiglia di accoppiare le due escursioni in giornata con un breve spostamento in auto.

Di seguito le immagini delle 7 grotte:

1 – 5 -Le grotte si aprono direttamente sulla scarpata della strada.
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LA GROTTA “A”

6- Il meraviglioso ingresso di questa grotta provvista di una gigantesca pietra che funge da architrave, sembra proprio di immergersi in una antica tomba.
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LA GROTTA “B”

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LA GROTTA “C”

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LA GROTTA “D”

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18- La grotta presenta anche una finestra esterna
19- La finestra vista dall’esterno

LA GROTTA “E”

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LA GROTTA “F”, la più ampia e alta, dotata di 6 cavità laterali parallele.

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27- Una faglia interna che separa la giacitura orizzontale degli strati a destra da quella verticale degli strati a sinistra.
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LA GROTTA “G”

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36 – 37- Le grotte sono abitate dalla tipica fauna delle cavità ipogee quali ortotteri caratteristici.
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38- E chiaramente anche da Chirotteri.
39- Alcuni frammenti di terracotta ritrovati al loro interno di cui quello a sinistra ricoperto di incrostazioni calcaree e quella a destra in particolare con tracce di vernice nera all’esterno stile bucchero,



LA SALAMANDRINA DI SAVI

Scomparsa per diverso tempo da un sito di cui non rivelo l’ubicazione per salvaguardare la rara specie dove l’avevo trovata tempo fa, a seguito di una sistemazione di una strada di montagna apparentemente inutile nel gruppo Nord dei Monti Sibillini, fortunatamente è ritornata nel suo habitat la Salamandrina di Savi.

La salamandrina dagli occhiali settentrionale (Salamandrina perspicillata Savi), detta anche salamandrina di Savi, è un anfibio caudato della famiglia Salamandridae, molto simile alla Salamandrina terdigitata, dalla quale è stata separata nel 2005 in base a studi genetici.

La Salamandrina di Savi presenta testa piuttosto lunga ed occhi sporgenti, coda più lunga della testa e del corpo, parti superiori brunastre o nerastre con macchia più o meno triangolare sul capo gialla o vermiglia, ventre pallido con macchie scure, gola nera e parti inferiori delle zampe e della coda degli adulti rosso brillante. Gli adulti misurano dai 7 agli 11 cm di lunghezza, coda compresa. Il carattere distintivo rispetto agli altri urodeli europei è la presenza di quattro dita sulle zampe (anziché 5).

È endemica dell’Italia a nord del fiume Volturno, più frequente sul versante tireenico. A nord è diffusa fino in Liguria. Frequenta principalmente zone montuose e collinari degli Appennini, solitamente tra i 200 m e i 900 m di altitudine.

Vive in aree forestali con abbondante sottobosco solcate da ruscelli privi di ittiofauna predatrice.

Nonostante la protezione formale, questo anfibio risulta essere minacciato da una gestione non corretta degli habitat naturali (alterazione degli ecosistemi forestali, estese ceduazioni lungo impluvi e vallecole, captazioni senza rilascio del minimo deflusso vitale, rilascio di ittiofauna aliena, attività escursionistiche estreme come il torrentismo, ecc.

1 – 3 La Salamandrina di Savi
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L’habitat di forra umida dove vive la Salamandrina di Savi.




PENNADOMO: Cascata, Placche dell’Oasi e arrampicata.

Avevamo scoperto l’incredibile paese di Pennadomo, in Provincia di Chieti, a Novembre del 2023 ma ci ha colpito così tanto che siamo ritornati in 21, tutti appassionati delle bellezze di questo pianeta, ed abbiamo raggiunto prima la forra e la cascata poi siamo saliti alle Placche dell’Oasi quindi ci siamo cimentati in una arrampicata al tiepido sole di inizio primavera.

Infine al ritorno abbiamo fatto una visita anche a Roccascalegna ed al suo castello.

Di seguito le immagini della splendida giornata in compagnia di tanti amici (foto di Elia, Gilberto, Romina).

LA FORRA E LA CASCATA

LE PLACCHE DELL’OASI

ARRAMPICATA A CIMA FUMOSA: Vie: “MAMMINA”: 5a – “PAPINO”: 5b

GIANLUCA (Il sottoscritto con scarpette da trekking)

LORENZO

GILBERTO

GIULIA

Giulia in arrampicata e i fotografi in azione: Elia e Romina.

MICHELE (anche lui in scarpette da trekking)

PAOLO

Roccascalegna



VALLE SCAPPUCCIA – Genga

La Valle Scappuccia è situata a Nord di Genga, è compresa all’interno del Parco Naturale Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi in provincia di Ancona, l’area è delimitata dal Monte Picco, dal Monte Termine e dal Monte Piano.

Oltrepassato il borgo di Genga in direzione Arcevia (SP15) si incrocia prima la frazione Capolavilla, poi all’incirca al km.18 della SP15 si arriva ad un tornante a destra dove è presente della segnaletica CAI e cartellonistica del Parco della Gola della Rossa. Si parcheggia di lato alla strada.

E’ anche possibile arrivare alla Valla Scappuccia passando per la frazione Capolavilla oppure, anche direttamente dal borgo di Genga prendendo il sentiero del Papa quindi superando la frazione Monticelli e proseguendo su sentiero ben segnalato.

La valle è attraversata dal torrente Scappuccia che forma una forra piuttosto stretta e sinuosa ed è caratterizzata da una molteplice varietà di ambienti e quindi aspetti vegetazionali condizionati dal substrato, dall’esposizione, dall’altitudine e dalla presenza dell’acqua.

Nelle pareti rocciose della valle si ritrova la rara Ephedra nebrodensis e nidificano diverse specie di Falchi.

L’escursione è facilissima, si percorre la piccola forra entrando nella maestosa grotta di ingresso e si prosegue poi su ampi boschi.

Di seguito le immagini dell’escursione:

1 – 2 -L’ingresso della grotta-forra.
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3- L’ingresso con la strada di raggiungimento.
4 – 5- La parte iniziale della forra con il torrente.
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6 – 13 – Quindi la forra si trasforma in una grande caverna-tetto.
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14 – 15- L’uscita della forra vista dall’alto
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16- L’ingresso della forra da monte
17 – 18 – I torrioni di roccia della valle dove nidificano diverse specie di falchi.
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MONTE FRASCARE – Una escursione fuori dagli schemi.

Il Monte Frascare, 1278 metri, è situato nel gruppo Nordest dei Monti Sibillini, in una zona dimenticata e poco conosciuta, compresa tra il Monte Montioli e il Monte Corvo, delimita la testata del Rio Fessa, di fronte alla Grotta dei Frati, lo si ritrova con difficoltà nelle carte dei Sentieri dei Monti Sibillini in quanto riportato anche semplicemente come zona “Frascare” e non come monte, non è una cima alta, non è un cima particolarmente panoramica, non è una cima difficile, più che una cima è dosso erboso, non c’è una flora o una fauna particolare, non è una cima di passaggio ma occorre andarci appositamente, l’unico lato positivo se lo vogliamo evidenziare è che essendo erboso si presta alla pastorizia e vegetano funghi prataioli in autunno ma del resto come in tutte le montagne di media altezza.

Con queste premesse proporre pertanto una escursione in questa montagna non avrebbe senso se non fosse per il notevole interesse geologico e speleologico che essa presenta.

Tutta l’area tra il Monte Frascare e il Monte Corvo è interessata da una enorme frana con faglie tettoniche aperte e in evoluzione, per questo motivo, insieme alla valle del Fiastrone, vi si trova la più alta concentrazione di grotte e pozzi dei Monti Sibillini anche se non riportata sulla bibliografia.

La cosa è nota ai ricercatori da molti anni e viene monitorata dal Servizio Nazionale Dighe dal terremoto del 1997 per evitare situazioni tipo Vajont.

Nelle pendici del versante Nord del Monte Frascare sono presenti numerose trincee, pozzi e grotte che scendono nel sottosuolo anche per decine di metri, alcune di esse sono ancora in corso di esplorazione.

Dai dati disponibili nel Catasto delle Grotte della Regione Marche nella zona è presente la Grotta di Belvedere (197 MA MC). Da lì, a circa 275 m a NNE si trova il Crepaccio sopra la Testata di Rio Fessa (491 MA MC), di poco più di 5 m di sviluppo; sempre prendendo a riferimento la 197, a 650-700 m a NNO si trovano le grotte 276-275-274 MA MC : Grotta della Macchia – Grotta Franosa – Grotta dell’Elce.

Un ringraziamento a Romina V., Massimo S. per l’aiuto prestato e soprattutto a Patrizio R. che ha fornito un contributo fondamentale per ritrovare alcune delle grotte e ad Andrea B. per le informazioni sulle grotte della zona.

Premetto che la zona presenta numerose aperture nascoste da cespugli di ginepri e quindi occorre fare attenzione a dove si cammina, l’accesso alle grotte è riservato solo ad esperti speleologi in quanto presentano percorsi strettissimi e verticali.

Le grotte verticali più profonde e strette le abbiamo esplorate usando uno “Speleodrone”.

Ometto le coordinate precise perché, come al solito, toglierei il fascino dell’avventura, tanto se le abbiamo trovate noi, anche se con un po’ di fatica, le possono trovare tutti seguendo le indicazioni sommarie e le planimetrie satellitari allegate.

Diffidate dalle indicazioni delle ultime tre grotte presenti su alcuni strumenti di navigazione GPS in quanto le posizionano più in quota, nel versante orografico sinistro del fosso di Rio Fessa, in luogo molto ripido.

ACCESSO ALLA ZONA: La zona si può raggiungere salendo in auto alla Pintura del Ragnolo, qui si incrociano a poca distanza le strade che salgono da San Liberato e, a circa 250 metri verso Nord, da Acquacanina e da Monastero per proseguire in direzione opposta, Sud-ovest, verso i Piani di Ragnolo.

Giunti in particolare all’incrocio della strada che sale da Acquacanina e da Monastero si scende verso quest’ultimo paese per 200 metri fino ad una semicurva dove si parcheggia e dove, di fronte, nel prato pianeggiante, parte un tratturo in direzione Nord come indicato nella planimetria satellitare della foto n.92.

DESCRIZIONE: Si segue il tratturo in piano verso Nord per 450 metri, alla prima deviazione, poco prima di un nucleo boschivo, si prosegue per altri 200 metri verso destra costeggiando a sinistra una fascia boscosa fino a che si incontra una deviazione poco marcata verso sinistra (355098,5 E – 4767537,3 N; 1260 m) che si addentra nel bosco per pochi metri per poi proseguire su prato in discesa, poco più in basso sul prato sulla destra sono presenti dei recinti metallici di stazzi di pastori per questo motivo consiglio di visitare la zona prima del mese di aprile e dopo ottobre per evitare i cani da pastore.

Dopo circa 250 metri di discesa si raggiunge la prima grande faglia di frana che viene tagliata dal sentiero (354955,9 E – 4767812,2 N; 1215 m. foto n.3-4) come indicato nella planimetria satellitare della foto n.93.

Si risale il bordo a valle dove si osservano numerose trincee e pozzi, in particolare nel prato intorno alle coordinate 354896 E – 476733 N, a circa 1215 metri di altezza, si apre il pozzo/grotta di Belvedere, per trovarla si può osservare la foto n.30, fare molta attenzione perché si apre a terra sul prato e non è recintato, abbiamo messo delle pietre di indicazione.

Al ritorno consiglio di percorrere tutto il bordo a valle della faglia fino alla sommità del monte, oltre il termine del bosco, per osservare le varie trincee e pozzi.

Una volta osservata la Grotta di Belvedere si scende nella faglia fino a riprendere il sentiero, si può scendere ancora nel canale per altri 50 metri per osservare il punto di monitoraggio della frana (foto n.29) ma per poi risalire un po’ e poi si devia sul prato sopra al bosco verso la testata del Rio Fessa fino a raggiungere un canale pietroso che si scende rientrando nel bosco ed al di sotto del quale si apre il Crepaccio sopra la Testata di Rio Fessa (foto n.52), si trova intorno alle coordinate 354892 E – 4767945 N, ad una altezza di circa 1155 metri, l’unico che presenta un accesso facile ma occorre una corda per risalirlo.

Terminata la visita di questo crepaccio si risale il bosco fino al prato sommitale, caratterizzato da numerosi ginepri e rovi, per traversarlo in piano per circa 200 metri in direzione della cresta erbosa che delimita il versante orografico sinistro del Rio Fessa (354696,6 E – 4768035 N; 1105 m.) come indicato nella planimetria satellitare della foto n.93.

Si prosegue in discesa la cresta erbosa che a destra scende ripidissima verso il fosso per circa 350 metri fino a che, nel bosco del versante destro si notano dei solchi-canali che scendono paralleli verso valle, qui si scende e, tra gli alberi, si inizia la ricerca delle tre cavità: Grotta della Macchia (foto n.59 i poi) – Grotta Franosa (foto n.71 in poi) – Grotta dell’Elce (foto n.75 in poi), in successione di discesa.

Esse si trovano nei dintorni delle coordinate 354682,5 E – 4768322 N; intorno a 1055 metri di altezza.

In alternativa, se si hanno difficoltà a ritrovarle, si prosegue la cresta erbosa in discesa fino a trovare un piccolo edificio di captazione di un acquedotto (354679,5 E – 4768429 N; 1025 m.).

Dalla casetta si ritorna indietro risalendo la cresta ma passando dentro al bosco a sinistra fino ad incontrare i solchi-canali e quindi le cavità.

RITORNO: Si risale la cresta erbosa in direzione della grande faglia sommitale visibile anche dal basso fino a riprendere il sentiero che la attraversa.

Una volta raggiunta la grande fagli consiglio di percorrere tutto il suo bordo a valle fino alla sommità del monte, in direzione Sudovest, oltre il termine del bosco, per osservare le varie trincee e pozzi.

Una volta raggiunti i prati sommitali e si è in vista del Monte Montioli si può deviare vero Sud per raggiungere anche la chiesetta di Santa Maria Maddalena ( foto n. 85 in poi) adesso trasformata ad un ricovero per pastori.

Quindi in direzione Est per ampi prati si ritorna all’auto

1- La zona delle faglie tettoniche del versante Nord visti dalla cima-pianoro del Monte Frascare.
2- Le Lame Rosse e il M. Fiegni visti dal M.Frascare.

LE FAGLIE E I CREPACCI

3 – 4 -La lunga faglia tettonica trasversale del versante Nord del M.Frascare, la montagna sta collassando verso valle
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5 – 6 – Una prima profonda trincea
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7 – 8 -La faglia più larga
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9 – 11- Altri pozzi e trincee si aprono anche tra i cespugli di ginepro tali da richiedere anche molta attenzione.
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12 – Qui l’apertura della trincea nella faglia è veramente ben visibile.
13 – 15 – Una grotta laterale, prosegue per molti metri nella montagna ma è strettissima.
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16 – 20- Risalendo verso la cima del Monte Frascare lungo la lunga e larga faglia tettonica si incontrano altre trincee e pozzi
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20- Qui esce anche una lieve corrente d’aria ma il pozzo è largo poche decine di centimetri ed è impossibile esplorarlo.
21- In questo pozzo qualcuno ha infilato una gomma da motocross per evitare che qualcuno cada dentro.
22- Il profondo pozzo di circa 4 metri senza gomma, per osservare la sua profondità, che poi abbiamo rimesso al suo posto.
23 – 26 – Le trincee e i pozzi che si aprono nel terreno sono davvero tanti, per la maggior parte profondi solo fino a qualche metro
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27 – 28- Qui una piccola grotta che entra nel sottosuolo per diversi metri ma impraticabile per le sue dimensioni.
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29- Al termine della grande faglia tettonica è presente un punto di monitoraggio della frana per monitoraggi aerei e satellitari, Assolutamente da NON TOCCARE.

GROTTA DI BELVEDERE

30- Poco al di sotto della grande faglia, nel prato, si apre un profondo pozzo, la Grotta di Belvedere.
31- Con la pila dall’esterno non si vede il fondo, il pozzo è molto stretto e non ci permette la discesa se non di pochi metri, riservata solo ad esperti speleologi.
32- Mandiamo giù lo “Speleodrone” per misurare la sua lunghezza, ci sono alcune pietre incastrate a diverse profondità.
33- fasi di discesa del drone
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38 – Tocchiamo il fondo ad oltre 15 metri.
39 – 40 – Immagini riprese dal drone all’interno della grotta-pozzo, la prima pietra incastrata
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41- raggiunta la prima pietra incastrata.
42- Si prosegue ancora
43 – 44 -La seconda pietra incastrata.
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45- Raggiungiamo anche la seconda pietra
46- Si prosegue per altri 5 metri
47- Si vede una terza pietra incastrata
48- Ci avviciniamo
49- E la raggiungiamo per prosegue ancora per altri metri.
50- Fino al fondo del pozzo, ad oltre 15 metri, dove è caduta dell’erba dall’alto.
51- Un ingrandimento dell’immagine del fondo ci fa notare la presenza di un coleottero., al centro della foto

IL CREPACCIO DELLA TESTATA DI RIO FESSA

52- Scendendo verso la testata del fosso di Rio Fessa, nel bosco, si incontra un profondo crepaccio, scendiamo in esplorazione.
53- Patrizio nel crepaccio
54- E anche Massimo, inconfondibile con il suo berretto fluorescente, adatto proprio per le grotte.
55- Il crepaccio non prosegue a vista, forse occorre disostruirlo dai detriti.
56- Foto dell’apertura dall’interno del crepaccio.
57- Risalgo anche io.
58- Nei pressi un secondo crepaccio molto stretto, non praticabile.

GROTTA DELLA MACCHIA

59 – 60 – Un largo e profondo ingresso caratterizza la Grotta della Macchia
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61- Anche in questa grotta caliamo lo “Speleodrone”, l’ingresso è solo destinato a speleologi esperti, al centro si osservano dei gocciolamenti d’acqua.
62 – Anche a questa profondità, circa 6 metri, ancora gocciolamenti d’acqua.
63- Il drone fotografa gocce d’acqua mentre cadono.
64- La cavità, a circa 8 metri, si apre.
65- Dopo altri 2 metri il drone sotto ad un piccolo tetto scova qualcosa di strano.
66- Un pipistrello in letargo.
67- La grotta prosegue lateralmente ma non si riesce ad andare.
68- Tocchiamo il fondo a circa 10 metri, anche qui foglie secche e rami caduti dall’ingresso.
69- Poco sopra una seconda apertura ma molto stretta e poco profonda.
70- Forse da disostruire.

GROTTA FRANOSA

71 – 72 – L’ingresso della Grotta Franosa, posta più a valle, poco distante dalla Grotta della Macchia.
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73- 74- La grotta è piena di pietre cadute dal soffitto, non a caso chiamata Grotta Franosa. In fondo si nota un proseguimento ma troppo pericoloso da raggiungere.
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GROTTA DELL’ELCE o forse Grotta della Felce visto che all’ingresso sono presenti delle felci

75 – 76 – A poche decine di metri dalle altre due grotte, a valle, si apre la Grotta dell’Elce, anch’essa un profondo pozzo.
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77- L’ingresso è caratterizzato da felci, forse il nome della grotta potrebbe derivare dalla loro presenza.
78- Anche qui facciamo scendere il drone perchè l’ingresso è molto stretto
79- Ecco le felci presenti qualche metro sotto all’ingresso.
80- Raggiungiamo le felce.
81- Scendiamo ancora
82 – 83 – La grotta si allarga notevolmente.
84- Il fondo del pozzo ma la grotta prosegue lateralmente.

LA CHIESETTA DI SANTA MARIA MADDALENA

85- A circa 700 metri a Sud della grande faglia tettonica si trova la chiesetta di Santa Maria Maddalena, vecchia costruzione usata come chiesa/rifugio. Attualmente su Google Earth qualche ignorante l’ha ribattezzata “Casale dei Reati”. Sullo sfondo il Monte Coglia.
86- Veduta verso Est, a destra il Monte Montioli.
87- Veduta verso Sudovest, a sinistra il Monte Rotondo.
88- Veduta verso Nord, a sinistra la città di Camerino.
89- Zoom su Camerino, a sinistra in basso il quartiere dove abito.
90- L’assurda didascalia della chiesetta di Santa Maria Maddalena sul web.
91- E per concludere, Crochi già in fiore nonostante siamo a metà Febbraio.
92- Pianta satellitare del primo tratto del percorso
93- Pianta satellitare del secondo tratto del percorso
93- Dettaglio della zona delle grotte.



MONTE DI PALE Per la Direttissima o Via Macaco – GROTTA DELLE CASCATE DI PALE.

Il 28 gennaio 2024, con clima primaverile e con altri 13 fantastici e simpaticissimi amici siamo saliti al Monte di Pale per la Direttissima alla vetta.

Partiti da Pale, frazione di Foligno, abbiamo preso il sentiero per le falesia di arrampicata quindi alla prima deviazione indicata con cartello recante la scritta “Macaco – direttissima alla vetta” e con bolli verdi continui sulla roccia siamo saliti, in circa 2 ore, in direzione della cresta rocciosa Sud fino in vetta.

La Direttissima è indicata come percorso EEA quindi adatta solo per persone esperte in quanto implica brevi passaggi su roccia, un tratto verticale da oltre 10 metri è aggirabile, e tratti rocciosi molto ripidi attrezzati con corde.

Dalla cima siamo scesi quindi per il versante Ovest per ripido sentiero nel bosco, anch’esso attrezzato in alcuni tratti più ripidi e scivolosi con corde, fino all’Eremo di Santa Maria Giacobbe quindi siamo scesi anche alla Grotta della Cascata.

Infine siamo risaliti alle altre cascate superiori fino alla frazione di Pale dove ci siamo rifocillati in una locanda del paese.

Di seguito le immagini della bellissima escursione.

1- Il sentiero che da Pale conduce alle falesia di arrampicata e all’attacco della via direttissima.
2- Le prime pareti.
3- 9- La lunghissima cresta rocciosa trasversale.
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10 – 13 -Le successive pareti sempre più verticali.
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14 – 23 – La verticale paretina finale di una decina di metri, aggirabile a destra.
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24- L’uscita della parete verticale con la valle umbra intorno a Foligno sottostante, sul lontano sfondo il Monte Amiata.
25 – 29 – a crestina finale prima della grande croce e ripetitore di vetta.
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29- in fondovalle la frazione di Pale da dove siamo partiti.
30- Foto di gruppo sulla croce di vetta.
31- Panorama dalla cima verso Ovest con la vallata umbra intorno a Foligno
32- Panorama dalla cima verso est con i Monti Sibillini.

DISCESA DAL MONTE DI PALE

33 – 35- Fasi della ripida discesa anch’essa attrezzata con tratti di corde.
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36 -In discesa si costeggiano le falesie di arrampicata di Pale.
37 – L’Eremo di Santa Maria Giacobbe
38- La discesa dall’Eremo attrezzata con comodi scalini e corrimani, in alto a destra il paese di Pale.

LA CASCATA DELLE GROTTE DI PALE

39- Continuiamo la discesa per visitare la Grotta della Cascata e le altre cascate più in alto.
40- L’imbocco della grotta di lato alla cascata.
42- Il soffitto stillicidioso della grotta della cascata
43- Laghetto interno alla grotta.
44 – La finestra al lato opposto alla cascata.
45 – La finestra al lato della cascata
46- La base della cascata
47- Folta vegetazione a Lingua cervina lungo il fosso.
48- L’acqua in questo punto esce da una fessura che ha scavato nella tenera pietra spugna.
49- La cascata situata sotto al paese di Pale.
50- Enormi pioppi caratterizzano il fosso.
51- Meritata merenda finale ad una locanda di Pale.



MONTE VENTOSOLA – GROTTA LALLA AL MONTE CALLARELLE – MONTE CASTELLACCIO

Il 21 gennaio abbiamo raggiunto in auto il Valico di Castelluccio quindi abbiamo proseguito a piedi in direzione Nord-ovest per evidente tratturo, con forte vento e scarsissimo innevamento, in direzione del Monte Ventosola.

Quindi scendendo dalla cima del Monte Ventosola, oggi dal nome quanto mai azzeccato, si prosegue verso la cresta del Monte Callarelle visitando la piccola Grotta Lalla che al suo interno ci ha consesso una breve tregua dal vento.

Quindi abbiamo ripiegato verso la sella tra il Monte Castello ed il Castellaccio, risalito la cresta di quest’ultimo e scesi di nuovo verso il valico.

Per maggiori dettagli in proposito vedasi anche l’articolo del 27 ottobre 2022 al M.Ventosola e del 24 aprile 2022 al Monte Castello e Castellaccio nel presente sito.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- Il tratturo che dal Valico di Castelluccio conduce verso il Monte Ventosola a sinistra.
2- A destra invece si innalza il Monte Castellaccio.
3- Veduta del Piano Grande, Castelluccio e i Monti Sibillini dal Pizzo Berro a sinistra fino al M. Argentella a destra.
4- E la Cima del Redentore che svetta dietro alla cresta M.Castello-M. Castellaccio
5- Dal M.Ventosola ci dirigiamo verso il M.Callarelle, a sinistra, quindi in successione il M. Vetica, M. Valle Sirica e, più a destra, il Colle Tosto.
6- Il Monte Callarelle con la Grotta Lalla che già si vede poco sotto alla cima.
7 – 11 -La piccola Grotta Lalla
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9 – Le pendici del Monte Ventosola viste dall’interno della Grotta Lalla.
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11- (Ph. R.Vittori)
12- Proseguiamo verso il M. Vetica ma il vento è troppo forte, ripieghiamo verso il Monte Castellaccio (Ph. R.Vittori).
13- Discesa da Monte Callarelle.
14- Il Monte Ventosola visto dal Monte Callarelle.
15- La valletta del versante Nord del Monte Castellaccio, più riparata dal vento.
16- Il Monte Castello in primo piano.
17- Lo Scoglio dell’Aquila visto dal Monte Castellaccio.
18- Zoom sul Monte Porche e Monte Palazzo Borghese.
19- Zoom sul Monte Argentella con i canali gemelli.
20- Castelluccio emerge dalla valle sottostante il Monte Castello (Ph. R.Vittori).
21- Luci ed ombre a Forca Viola (Ph. R.Vittori) .
22 – 24 – Traversata nella valletta del versante Nord del Monte Castellaccio per andare prendere la cresta Nord.
23 – (Ph. R.Vittori)
24- (Ph. R.Vittori)
25- La cresta Nord che collega Monte Castello al Monte Castellaccio.
26- Il versante Nord del Monte Castellaccio.
27- Il Piano Grande e la Cima del Redentore visti dal Monte Castellaccio.
28- La catena dei Monti Sibillini visti dal Monte Castellaccio
29- Veduta aerea del Fosso Mergani del Piano Grande.
30- Il Monte Castello visto dal Monte Castellaccio.
31- La faggeta del versante Nord.
32- Il pendio di ritorno verso il valico di Castelluccio da dove siamo partiti.