LE CASCATE DI SAPPADA – CADORE/CARNIA

Sappada, il comune più alto del Friuli Venezia Giulia, situato tra il Cadore e la Carnia, è una meravigliosa stazione estiva ed invernale di montagna.

Il territorio di Sappada comprende una porzione delle Alpi Carniche a Nord e delle Dolomiti Pesarine a Sud. Oltre al Peralba, che con i suoi 2.694 m è la terza vetta delle Alpi Carniche, le cime principali del territorio sappadino sono il Pic Cjadenis (2.490 m) e il Monte Lastroni (2.450 m); il Monte Chiadenis (2.454 m); la Creta Forata (2460 m), il Monte Geu, il Monte Cimon, il Monte Siera (2.442 m), Piccolo Siera, il Gruppo dei Clap (2.487 m) sul versante meridionale, il Gruppo delle Terze (Monte Terza Grande 2.586 m, Monte Terza Media 2.433 m, Monte Terza Piccola 2.333 m, Cresta di Enghe 2.414 m), a ovest, il Monte Rinaldo, il Monte Ferro (2.348 m), la Cresta del Righile, il Monte Hochbolt sul versante settentrionale della valle.

Il paese è caratterizzato dagli antichi abitati di Sappada Vecchia e Cima Sappada dove si possono ammirare splendide costruzioni tipiche di montagna.

Nei dintorni sono presenti anche diverse cascate facilmente raggiungibili.

Di seguito le immagini delle escursioni alle cascate, i cui itinerari sono reperibili nella cartografia locale e sul web a cui rimando.

SAPPADA

1- La valle che da Tolmezzo conduce a Sappada, di evidente profilo glaciale a “U”.
2- Anche il profilo della valle a Sappada e glaciale.
3- Il Pic Cjadenis
4 – 9- Le meravigliose baite tipiche di Sappada accuratamente decorate con fiori.
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CASCATA DEL RIO SIERA O SPECCHIO DI BIANCANEVE Situata sulla sinistra orografica del Fiume Piave, di fronte a Sappada e raggiungibile in poco più di un’ora dall’abitato

10- Un grande formicaio di formica rufa all’interno del bosco che si attraversa per raggiungere la Cascata del Rio Siera.
11 – 12- Gentiana asclepiadea a vistosa fioritura estiva molto comune all’interno del bosco.
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13 – 16- La cascata del Rio Siera o Specchio di Biancaneve.
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17- Il Fiume Piave, nei pressi della confluenza con il torrente Siera, scorre su un letto di rocce a stratificazione verticale.
18- L’abitato di Sappada visto dal sentiero per la Cascata del Rio Siera, sopra il Monte Ferro.
19- Aconito giallo (Aconitum lycoctonum)
20- Aconito blu (Aconitum napellus)
21- Epilobio a foglie strette (Chamaenerion angustifolium)
22- La Regina delle Alpi (Eryngium alpinum)

LE CASCATELLE Situate sulla destra orografica del Fiume Piave, sopra al centro di Sappada.

23 – 28- Le Cascatelle di Sappada, facilmente raggiungibili con un sentiero attrezzato dall’abitato, percorribile anche di notte in quanto illuminato artificialmente.
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29 – Il Monte Coglians, 2780 m. , la vetta più alta delle Alpi Carniche.
30 – 31- Alle falde del Monte Coglians, visto dal Rifugio
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32 – 34- La Creta di Timau. altra spettacolare cima delle Alpi Carniche.
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FORRA DELLA CJANEVATE, LA GROTTA “BUSE DAI PAGANS” E IL FORTINO DEL VALLO LITTORIO – ALPI CARNICHE

Nei pressi dell’abitato di Cavazzo Carnico (UD), si segue una strada che costeggia il Torrente Faeit fino ad un parcheggio con cartello indicante la forra, si guada il torrente per raggiungere una piccola palestra di roccia con una decina di vie di 15-20 metri altezza ma di difficoltà dal 6B all’8C, seguendo la valle a sinistra, superando dei grandi massi, si apre una breve forra scavata in alti e teneri conglomerati scurissimi che conferiscono alla spaccatura un aspetto impressionante.

A metà forra si nota un ponte chiuso in cemento che la attraversa, tramite delle gallerie interne che abbiamo scoperto successivamente.

Infatti una volta percorsa la forra abbiamo raggiunto la grotta “Buse dai Pagans” situata all’imbocco laterale della forra, dove abbiamo trovato l’ingresso del fortino di Vallo Littorio, una costruzione risalente alla prima guerra mondiale costituito da una serie di gallerie nella roccia che attraversano la forra che abbiamo percorso.

Il percorso è molto suggestivo ed emozionante, sia per la nerissima forra che per le gallerie del fortino.

Indispensabili scarponi da trekking perché la forra è molto scivolosa, casco e frontale.

Al ritorno si può anche fare un bel bagno rinfrescante nelle limpidissime acque del torrente.

Di seguito le immagini dell’escursione del 15 agosto 2025.

1- L’accesso alla forra prevede il superamento di grandi e scivolosi massi.
2- Si passa anche sotto ai massi
3 – 4- E si salta anche dai massi, insomma accesso non adatto a tutti
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5- L’ingresso della forra, fondo di ghiaia bianca ma pareti nerissime.
6 – 14- L’interno della forra.
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15 – 16- A metà forra un ponte di cemento chiuso a galleria ci sorprende, scopriremo dopo cos’è.
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17 – 19- Il termine della scurissima forra, dove, a primavera, scende una piccola cascata.
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20 – 21- Usciti dalla forra raggiungiamo la vicina grotta “Buse dai Pagans” dove notiamo una costruzione con un evidente bocca da fuoco, è un fortino della prima guerra mondiale, dietro di esso scoviamo una apertura dove si può accedere al suo interno.
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22- Veduta dall’interno della grotta.
23- Entriamo nel fortino, confido che un forte brivido emozione mi attraversa il corpo.
24- La bocca di fuoco situata all’ingresso del fortino.
25 -28- Gli ambienti e le gallerie interne del fortino
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29- Una piccola finestra si apre nel ponte che attraversa la forra appena percorsa.
30- La bocca di fuoco posta all’ingresso del fortino, visibile nelle foto n. 20-21-24, controlla la grotta.



FORRA E CASCATE DEL VINADIA – LA PIU’ SPETTACOLARE FORRA DELLA CARNIA.

La Forra del Vinadia si apre in prossimità del paese di Vinaio, frazione del comune di Lauco (UD), la si raggiunge scendendo di fianco alla cabina di trasformazione situata in fondo al paese per ritornare in prossimità del ponte situato all’ingresso della frazione mediante un lungo percorso ad anello.

E’ dettagliatamente descritta sul web a cui rimando.

la Forra presenta un fondo molto irregolare con grandi massi caduti dalle pareti dentro alla forra che non è che siano molto rassicuranti

Il percorso è molto scivoloso e complesso a causa dei moltissimi massi e tronchi presenti ed è raccomandato solo ad escursionisti esperti dotati di scarponi da montagna e casco.

PARTE FINALE DELLA RORR DEL VINADIA: Se invece si risale il torrente Vinadia raggiungendo i Casolari Vinadia dalla strada Statale n.52 che da Tolmezzo conduce verso Villa Santina, si apre uno scenario completamente diverso, una vallata con profilo a “V” ampia e con pareti altissime con un fondo senza scorrimento idrico ma con la presenza di alcuni laghetti dove bisogna bagnarsi fino alle ginocchia e anch’esso caratterizzato a tratti da cumuli di grandi massi che rendono complicato il tragitto, in alcuni tratti bisogna passare sotto ai massi stessi, tassativo il casco.

Di seguito le immagini dell’escursione effettuata il 10 agosto 2025.

1- Il primo tratto della forra
2 – 7- La cascata del Vinadia, con un profondo laghetto alla base, raggiungibile deviando a sinistra appena arrivati al fondo della forra.
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8 – 11- Si prosegue scendendo faticosamente nella forra, tra grandi massi e tronchi
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12 – 16- Un enorme tetto scavato dal torrente e contornato da grandi massi caduti dalle pareti sovrastanti
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17 – 21- Scendendo ancora si raggiunge il punto più stretto della forra dove un enorme torrione di roccia si è appoggiato alla parete opposta.
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22 – Passiamo velocemente e con un po’ di timore sotto al grande torrione appoggiato
23- Enormi massi caduti dal torrione sovrastante, mi meraviglio come la forra sia accessibile a tutti.
24- L’uscita dalla forra
25- Si prosegue scendendo il torrente su terreno più aperto per poi girare subito a sinistra per raggiungere la cascata del Picchions
26 – 31- La cascata del Picchions
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32- Oltre la cascata il torrente si apre di nuovo.
33 – 34- Per poi inoltrarsi nella seconda forra ancora più stretta ma dove occorre proseguire solo a nuoto……non fa per me.
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35- Si ritorna quindi indietro per prendere un sentiero ad anello che riporta al paese di Vinaio risalendo il torrente Picchions caratterizzato da numerose cascatelle formate da rocce stratificate.
36- L’uscita dalla forra nei pressi del ponte situato all’ingresso del paese.

LA PARTE FINALE DELLA FORRA DEL VINADIA RISALENDO LA VALLE DAI CASOLARI VINADIA

37- L’ingresso della parte finale della Forra del Vinadia.
38 – 39- Cumuli di enormi massi complicano molto la risalita.
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40- Qui bisogna passare nella galleria sotto ai massi.
41- Si prosegue tra alte pareti
42 – 44- Escursionisti a fare il bagno nel primo laghetto, ovviamente senza casco.
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45- Oltre il primo laghetto la forra si restringe, ci si ferma al un successivo laghetto sovrastato da una parete verticale.



FERRATA STEINBERGER – PASSO DI CROCE CARNICO

Il 9 agosto 2025 abbiamo affrontato la FERRATA STEINBERGER, classificata D, al Passo di Croce Carnico.

La ferrata inizia sopra la galleria in territorio Austriaco per rientrare poi, in quota, in territorio Italiano, presenta tutti tratti verticali da superare in arrampicata.

Per necessità abbiamo percorso la ferrata anche anche in discesa, dove le difficoltà sono maggiori.

Di seguito le immagini della Ferrata.

1- Il cartello indicante l’accesso alla Ferrata in territorio Austriaco.
2- La grande pala eolica presente nella strettoia di Passo di Croce Carnico.
3- Il tratto iniziale della Ferrata sopra al bosco, si parte subito in verticale.
4- Gli edifici Italiani ed il parcheggio di Passo di Croce Carnico.
5 – 17- Fasi di salita a picco sul Passo.
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17 – 22- Si ridiscende.
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MONTE BOLZA – Una cima poco conosciuta nel gruppo del Gran Sasso.

Il Monte Bolza è una lunga cresta di circa 2 chilometri culminante in due cime, come riportato nella cartografia della zona, la Cima di Monte Bolza di 1927 metri a Nord e il Monte Bolza di 1904 meri a Sud, molto più rocciosa della cima più alta.

Il monte contorna a Sudovest l’immenso Campo Imperatore e sovrasta il lato Ovest del Canyon dello Scoppaturo chiamato anche Canyon di Campo Imperatore.

Questa cima è poco frequentata in quanto posta di fronte alle cime più alte e conosciute del gruppo del Gran Sasso che ovviamente sono più ambite.

Chiaramente dopo averle percorse tutte ho messo gli occhi su questa cima secondaria ma da non sottovalutare in quanto impegnativa e soprattutto molto panoramica, permette una visuale sul gruppo del Gran Sasso da Pizzo Intermesoli al Monte Camicia e poi verso il Monte Sirente ad Ovest e alla Majella a Sud.

La salita più interessante chiaramente è quella del Monte Bolza in quanto presenta ripidi pendii rocciosi.

Abbiamo effettuato la salita parcheggiando direttamente nel primo tornante della strada che da Castel del Monte sale a Campo Imperatore.

In due chilometri di percorso si salgono 500 metri di dislivello, a dimostrazione della ripidità delle pendici del Monte Bolza.

Si sale per una traccia nel versante Est riportata sulla cartografia, si percorre la lunga cresta nella prima parte rocciosa poi erbosa fino alla cima Nord, si ritorna indietro e si scende per un ulteriore ripido tracciato nel versante Sud del Monte Bolza.

L’itinerario prevede alcuni passaggi tra roccette ed erba ripida ed è consigliato ad escursionisti esperti.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- Il tratturo che dal tornante della strada Castel Del Monte – Campo Imperatore conduce verso il verdante Est del Monte Bolza.
2- Si attraversano numerose vallette una volta coltivate.
3- Le vallette sono separate da vecchi muretti a secco realizzati togliendo le pietre più grandi dai campi coltivati.
4- Il versante Est del Monte Bolza, la traccia di sentiero sale nel canalone tra le due cime, nel primo tratto si sale su un ghiaione contornato da arbusti di Ramno alpino, come visibile nella foto seguente.
5- Il ghiaione inziale con arbusti di Ramno Alpino, alle spalle il Monte Camicia
6 – 9- Immagini della salita.
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10 – 11- Il tratto più ripido della salita
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12- Veduta verso Ovest con il Monte Sirente sulla sinistra.
13- Il tratto che effettueremo in discesa, in fondo alla valle sottostante, il tornante della strada da cui siamo partiti.
14 – 15- L’ultimo tratto di salita verso la cima, il più roccioso.
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16- Veduta verso Rocca Calascio situata sul poggio in primo piano di fronte al Monte Sirente.
17 – 19- Ultimi passaggi rocciosi prima della cima.
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20- Madonnina in terracotta incastonata sulle rocce della vetta di Monte Bolza.
21 – 22- La cresta rocciosa continua verso Nord, in fondo a sinistra la Cima di Monte Bolza, più erbosa. In fondo il Corno Grande e il Monte Prena al margine destro con la grande fiumana che scende dalle sue pendici Ovest.
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23- In fondo il Corno Grande, il Vado di Corno, la parte più bassa della cesta ed il Monte Brancastello con le Torri di Casanova al margine destro dell’immagine.
24 – 29- Immagini della cresta di Monte Bolza – Cima di Monte Bolza.
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30- Particolare torrione roccioso nel versante Est di Monte Bolza, nel piano sottostante si intravede il Canyon di Campo Imperatore o dello Scuppaturo.
31- Terminata la cresta rocciosa, si prosegue su cresta erbosa banale fino alla Cima di Monte Bolza, visibile al centro della foto.
32- Ritorniamo al Monte Bolza ed iniziamo la discesa del versante Sud, ripidissima, verso il tornante (nel margine destro) della strada da cui siamo partiti.
33 – 35- Fasi di discesa.
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36- Un arbusto spunta da una apertura della roccia.
37 – 38- Orchidea Epipactis atrorubens che cresce nei tratti ghiaiosi.
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39- Gentiana cruciata, abbondante nella zona.,
40- A metà discesa superiamo un grande masso caduto sotto alla cima.
41- Il grande masso visto dalla base della discesa
42- Il versante Sud del Monte Bolza con il masso dove siamo passati in discesa.



LAGO DI PILATO – Monitoraggio degli arbusti.

Andare al Lago di Pilato è sempre un piacere della vita.

L’ambiente è talmente splendido che, anche se, in ormai 50 anni di escursioni, ci sono andato più di 50 volte, in tutti i mesi dell’anno, sono sempre affascinato dalla bellezza di questo luogo.

In questi ultimi anni anche il luogo è cambiato, stanno crescendo degli arbusti di Salice dove prima c’erano solo pietre, la maggior parte dei Salici cresce al di fuori della recinzione a protezione delle sponde dei due laghi.

Ricordo che è vietato oltrepassare la recinzione per evitare di calpestare le uova dei Chirocefali deposte sulle pietre e sul terreno delle sponde dei laghi.

Sto monitorando da tempo la crescita dei Salix caprea intorno al Lago, ormai alcuni sono alti più di due metri e, d’estate, possono regalare una sosta all’ombra.

Quest’anno, grazie alla neve invernale, anche se non proprio abbondante, i due laghetti tengono ancora parecchia acqua e i Chirocefali del Marchesoni, che ricordo sono crostacei endemici del Lago di Pilato, cioè in tutto il mondo vivono solo qui, potranno terminare il loro ciclo evolutivo con la deposizione delle uova, portando ancora avanti la loro difficile vita a rischio estinzione.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- Una breve sosta mattutina alla Grotticella della Valle delle Fonti.
2- Le pendici Ovest della Cima del Redentore viste dall’interno della grotticella.
3- Veduta della Valle di Pilato da Forca di Pala.
4- Ghiaione colonizzato da Drypis spinosa.
5- Il circo glaciale tra Cima dell’Osservatorio e Quarto San Lorenzo.
6- Il “Castello” interessato da due recenti frane.
7- La Cima del Lago.
8 – 10- Gli arbusti di Salix caprea intorno al lago meridionale.
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11 – 13 – Uno dei maggiori arbusti del lago settentrionale.
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14- Il diametro dei tronchi e decimetrico.
15 – 17- Gli altri Salici del lago meridionale, ormai ce ne sono una trentina di diverse grandezze.
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18- Un salice del lago meridionale, un masso caduto con il terremoto del 2016 e il salice più alto del lago settentrionale.
19 – 20 -Panoramica dei salici più grandi al lato Ovest del lago meridionale.
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21- Ombre e luci mattutine al Lago di Pilato.
22 – 23- Panoramica dei salici più grandi al lato Sud del lago meridionale.
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24 – 27 – Campanule in piena fioritura nella parte centrale tra i due laghi.
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28- Il lago settentrionale con alcun grandi salici in fondo e nel lato Ovest.
29 – 30- Il grande salice delle foto n. 11-13 con il Pizzo del Diavolo sovrastante..
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31- Le verdi acque dei laghi di Pilato.
32 – In questo periodo pullulano di Chirocefali del Marchesoni.
33 – 34- Zoom con obiettivo da 300 mm. sui Chirocefali del Marchesoni
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35 – 36 – Il “Portico”, luogo magico ma molto pericoloso per le scariche di massi alle falde del Pizzo del Diavolo.
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37- Il Pizzo del Diavolo visto dal Lago di Pilato.
38 – 40- Papaveri alpini, (Papaver alpinum subsp. rhaeticum), stanno già colonizzando i nuovi ghiaioni prodotti dalle frane del Pizzo del Diavolo con il terremoto del 2016, come ben visibile dal diverso colore delle pietre.
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41- Papaver alpinum subsp. rhaeticum
42- Masso staccatosi di recente dalla parete Est di Quarto San Lorenzo e sceso fino al sentiero di Forca di Pala-Lago di Pilato.
43- Il Pizzo del Diavolo e la cresta Est di Cima dell’Osservatorio in primo piano con le cicatrici delle varie frane prodotte dal terremoto del 2016.
44- La cresta Est di Cima dell’Osservatorio, a sinistra la Cima del Redentore.
45- Qualcuno ha piantato una bandiera della Palestina a Forca di Pala, sarebbe più opportuno piantarla davanti alle ambasciate di Stati Uniti e Israele, gli stati più guerrafondai del mondo, piuttosto che in montagna.



VALLE DELL’ALENTO E ABBAZIA SAN LIBERATORE A MAJELLA – EREMO DI SANT’ONOFRIO – ABRUZZO

L’Abruzzo è una regione, limitrofa alle nostre Marche, piena di ricchezze naturalistiche e di luoghi straordinari che stiamo scoprendo con grande soddisfazione.

In particolare la zona della Majella è piena di Eremi rupestri ed Abbazie.

Da Serramonacesca, piccolo paese alle falde Nord del Gruppo della Majella, in provincia di Pescara, si raggiunge in auto la splendida Abbazia di San Liberatore a Majella del 1007, Dal piazzale dell’Abbazia si scende per prendere un sentiero ben segnato e adatto a tutti che risale la Valle dell’Alento.

Il torrente Alento ha scavato nell’Arenaria di questo luogo una particolare ed incisa forra che forma cascate e marmitte con acqua limpidissima e soprattutto fresca, cosa da non sottovalutare in queste calde estati.

Terminata la visita alla Valle dell’Alento e, perché no, fatto anche un rinfrescante bagno in qualche laghetto più nascosto, si ritorna in auto in direzione di Serramonacesca, dopo circa 500 metri, poco prima del paese, si devia a sinistra in direzione di Manoppello.

Si prosegue per circa un chilometro e mezzo fino ad un tornante dove prosegue un tratturo, si può percorrerlo in auto fino ad un piccolo piazzale erboso dove si parcheggia oppure parcheggiare direttamente al lato del tornante.

Si prosegue a piedi per comodo sentiero a tratti inciso nella roccia per circa un chilometro (20 minuti) fino a raggiungere una grande parete di roccia strapiombate al di sotto della quale si trova l’Eremo di Sant’Onofrio di Serramonacesca.

All’interno dell’Eremo, dietro l’altare, si trova una grotta con una ampia nicchia dove la tradizione vuole si coricasse il Santo, denominata appunto “Culla di Sant’Onofrio”, antico luogo di culto e di litoterapia.

Di seguito le immagini dell’escursione:

ABBAZIA DI SAN LIBERATORE A MAJELLA E GOLE DELL’ALENTO

1- La abbazia di San Liberatore a Majella
2- Il particolare campanile, decorato con vere piante.
3- L’interno è ancora più bello.
4- Ed ospita un eccezionale Pavimento Cosmatesco.
5- Il ponte di accesso alle gole dell’Alento.
6 – 9 – Immagini della forra con cascatelle e profondi laghetti.
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11- Un profondo laghetto, ottimo per un bel bagno rinfrescante.
12 – 13- Ambiente selvaggio con felci e muschi caratterizzano la forra,
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14- Tombe rupestri su una parete di roccia a metà percorso.
15 – 19- La forra continua con acqua limpidissima.
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20- Luci e ombre
21- I colori, le luci e le ombre creano un effetto “impressionista”.
22 – 24 -Calopteryx, denominate comunemente Damigelle, popolano la forra.
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EREMO DI SANT’ONOFRIO A SERRAMONACESCA

25- La tabella esplicativa dell’Eremo di Sant’Onofrio.
26- Il sentiero per l’Eremo, talmente vecchio che, a forza di calpestarlo, si è levigato e trasformato in un fosso.
27- Campanula di Cavolini sulle pareti rocciose.
28 – 29- L’eremo di Sant’Onofrio, incassato sotto ad una parete di roccia strapiombante.
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30 – 31- L’interno dell’Eremo.
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32- La Grotta dietro all’altare con la nicchia dove la tradizione vuole si coricasse Sant’Onofrio.
33 – 35- La grotta prosegue per una decina di metri.
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36 – 38- La Grotta è abitata da tipici insetti troglobi.
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CRESTA NORD Variante alla Via della Mitria- MONTE BOVE NORD

Previa obbligatoria richiesta di autorizzazione al Collegio Guide Alpine Marche info@guidealpinemarche.com come richiesto dall’ Ente Parco dei Monti Sibillini con D.D. n. 542 del 21/12/2009 e alla Regolamentazione della pratica dell’Alpinismo nell’area del M. Bove ai sensi del D.D. 384/2014, per la salvaguardia dell’Area Protetta del Camoscio appenninico, il 17 luglio 2025, abbiamo percorso la cresta Nord dello Spalto Occidentale del Monte Bove Nord per una breve, facile ma interessante via alpinistica con brevi passaggi su roccia di I e II°.

Ricordo che le vie di roccia del Monte Bove Nord possono essere salite solo dal 16 Luglio al 30 Aprile previa richiesta di autorizzazione, cosa alquanto ignorata dagli alpinisti di Facebook.

La via corre parallela alla “Via della Mitria” storica salita alpinistica che percorre tutta la cresta rocciosa indicata con la linea tratteggiata nella foto n.1.

ACCESSO: Si raggiunge in auto il Parcheggio del Monte Cornaccione (1) o il piazzale dell’Ex Hotel Felicita (2). Quindi per strada sterrata (1) o canalone (2) si raggiunge il Cristo delle Nevi. Dal Cristo delle Nevi si percorre il sentiero per la Forcella Passaiola e si scende in Val di Bove fino alla Fonte di Val di Bove dove si intercetta il sentiero che sale alla Forcella tra la Croce ed il Monte Bove Nord.

DESCRIZIONE: Dalla Forcella si scende un centinaio di metri in direzione della cresta della Via della Mitria. Giunti alla base del primo torrione che si incontra a destra, con grotta retrostante, si inizia a risalire dapprima un ghiaione quindi dei salti rocciosi alternati a ripidi tratti erbosi fino alla sommità dello Spalto Occidentale (foto n.1).

In circa 30 minuti di salita con passaggi di I e II° su roccia alternati a ripidi tratti erbosi, si raggiunge la sommità dello Spalto Occidentale.

Si prosegue per cresta erbosa, si percorre il bordo di un ripido scivolo erboso e si raggiunge la sommità dello Spalto Centrale, senza mai risalire tutto il pendio erboso fino alla cresta sommitale.

Dalla cima dello Spalto Centrale si risale fin sotto alla cima del Monte Bove Nord per scendere in direzione della sommità dello Spalto Orientale per affacciarsi da uno dei terrazzini più vertiginosi dei Monti Sibillini, con 650 metri di dislivello verticale sotto ai piedi.

RITORNO: Si ritorna al Cristo delle Nevi proseguendo la cresta dal Monte Bove Nord fino al Monte Bove Sud quindi scendendo verso gli impianti di risalita invernali per l’itinerario escursionistico classico

1- la Cresta Nord dello Spalto Occidentale con le vie indicate, sullo sfondo a sinistra il Fosso La Foce.
2 – 4- Fasi di risalita della via proposta.
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5 – 7- La sommità dello Spalto Occidentale.
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8- Si prosegue a mezza costa su pendii erbosi ripidi verso lo Spalto Centrale.
9- Il canale che separa lo Spalto Occidentale da quello Centrale.
10- La sommità dello Spalto Centrale
11- Il canale sotto allo Spalto Centrale.
12 – 13- Continuiamo verso lo Spalto Occidentale
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14- Una grande frana provocata dal sisma del 2016 sotto allo Spalto Centrale
15- Sotto alla cima del Monte Bove Nord, nel prato tra lo Spalto Centrale e quello Occidentale incontriamo un folto gruppo di tranquilli camosci al pascolo.
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22- Iniziamo la ripidissima discesa verso la sommità dello Spalto Orientale
23- Lo Spalto Orientale, sembra un semplice dosso erboso.
24- Veduta degli Spalti Orientale e Centrale con una delle grandi frane prodotte dal sisma del 2016.
25 – 26- L’incredibile terrazzino dello Spalto Orientale, da dove si ammira un panorama verticale di 650 metri di dislivello, di fronte il paese di Casali ed in fondo Ussita.
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27- Dai tre Spalti proseguiamo verso la Punta Anna.
28- Veduta verticale sulla Val di Panico
29- La Punta Anna sotto di noi. il grande torrione della parete Est del Mont Bove Nord.
30 – 32- Veduta intorno alla Punta Anna.
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33- Veduta sul Canalone Nord.
34- Meritato riposo su un torrione che sovrasta il Canalone Nord.
35- La cima del Monte Bove Nord con la Punta Anna a destra, viste dalla cresta che conduce al Monte Bove Sud,



FOSSO DELLA CASTAGNA – SMERILLO

Per chi vuole evadere dal caldo torrido estivo e ama la natura selvaggia, dall’aspetto praticamente tropicale, si può immergere in questo Fosso alle falde della montagna di Smerillo (FM).

Il Fosso presenta tratti di forra alternati a cascatelle e laghetti immersi sempre in una lussureggiante vegetazione che rende delle volte il proseguimento impegnativo.

La lunghezza del percorso normale è di circa 1,5 chilometri.

L’escursione proposta non è affatto comoda, è facile ritornare graffiati dai rovi ed è quindi adatta ad escursionisti che si sanno destreggiare tra rovi, alberi e massi e che amano bagnarsi i piedi.

Si consiglia di portare un bastoncino o altro per tagliare rovi e vegetazione che, delle volte, impedisce il proseguimento, neppure passare sempre in acqua è possibile in quanto il torrente, in alcuni punti in particolare nella prima parte, è ricoperto da un tunnel di folta vegetazione.

ACCESSO: Da Fermo si prende la strada in direzione Servigliano, si prosegue, si raggiunge in auto l’incrocio per la frazione di Molino – Monte San Martino percorrendo Strada Provinciale 239 Fermana-Faleriense e si prosegue per altri 500 metri fino al primo ponte che si incontra, si parcheggia a destra poco prima del ponte in corrispondenza di una stradina che scende nel campo sottostante.

Da Amandola si prende la medesima strada Provinciale in direzione lago di San Ruffino -Servigliano, si supera il Lago e la frazione di val di Tenna (incrocio Smerillo-Montefalcone Appennino) e si prosegue per circa 4 chilometri fino al ponte, si parcheggia a sinistra poco dopo.

DESCRIZIONE: Dal parcheggio (posto per una sola auto), si scende per stradina sterrata nel prato sottostante e ci si dirige a sinistra fin sotto al ponte, che in realtà sono due in quando quello vecchio è ricoperto da vegetazione e dalla strada non si vede praticamente più, da qui faticosamente si risale il fosso fino ad una cascata di circa tre metri che impedisce un agevole proseguimento se non si ha pratica con corde.

L’escursione richiede un paio di ore tra andata e ritorno.

A fine escursione, per completare la giornata, si consiglia infine di visitare i bellissimi borghi di Smerillo e Montefalcone Appennino.

Di seguito le immagini dell’escursione:

1- Il doppio ponte da dove si risale il Fosso della Castagna.
2- La prima parte del fosso tra folte vegetazioni di felci,
3- 6 – Il fosso è caratterizzato da numerosi laghetti.
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7- Le felci, in questo caso la Lingua cervina (Asplenium scolopendrium), crescono addirittura sui tronchi richiamando l’aspetto di una foresta tropicale con Orchidee e Tillandisie epifite.
8- L’unica nota stonata che ci ricorda sempre la vicinanza alla civiltà è un bruttissimo doppio tubo nero di captazione dell’acqua che, credo, ormai in disuso, in quanto rotto in alcuni punti.
9 – 10- Nel fosso sono presenti grandi, altissimi e vecchi alberi, Ontani, Pioppi e Salici.
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11 – 12- Il alcuni tratti il fosso presenta massi e tronchi di alberi caduti che rendono impegnativo il proseguimento.
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13- La vegetazione fa sempre da padrona nel fosso.
14- La bellissima felce Lingua cervina in controluce.
15- Questa immagine l’ho già vista molti anni fa …….. si. … nella foresta tropicale dell’Honduras !!!!!
16- Una parete di Arenaria completamente rivestita di felci Capelvenere (Adiantum capillus-veneris)
17 – 18- Verso metà percorso il fosso si restringe prendendo l’aspetto di una forra dove i prosegue in acqua.
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19 – 21- In questo punto un grande albero, caduto da tempo e in corso di calcificazione, ha formato una piccola diga con relativa cascatella.
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22 – 31- Si prosegue in ambiente di forra con i piedi in acqua.
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32- In un tratto di fianco al laghetto più profondo è presente un vecchio cordino assolutamente da ignorare.
33- Infatti è semplicemente legato a dell’edera.
34- Ancora altri laghetti.
35 – 36- la cascata dove termina l’itinerario escursionistico, per il proseguimento e soprattutto per la discesa occorre una corda.
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37- Nel fosso sono presenti Gamberi di fiume (Austropotamobius pallipes) assolutamente da lasciare in pace.
38- Il raro Ipericum androsaemum
39 – 41- Il sottoscritto immerso nella foresta tropicale del fosso della Castagna.
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MONTE ACUTO – STORIE DI VITA

Ognuno di noi ha un luogo del cuore, il mio chiaramente è in montagna ed è il Monte Acuto, nel gruppo dei Monti Sibillini.

Il Monte Acuto, indicato con questo nome sia dai valligiani che nelle principali carte topografiche (CAI Ascoli Piceno, Kompass, Ed. Il Lupo), viene stranamente denominato “Pizzo Acuto” solo nella cartografia del Parco.

La cima è alta poco più di 2000 metri, (2035 m.) è un lungo e stretto terrazzo sospeso in aria, avendo versanti molto ripidi essi non sono visibili dalla cima.

E’ una piccola cima, quando tengo le serate sulla sicurezza in montagna o la presentazione dei miei libri mi diverto a paragonare il Monte Acuto, il piccolo Cervino dei Monti Sibillini, al Cervino ed al maestoso K2, in confronto esso è poco più di una collinetta.

1- Il confronto, non proprio in scala, fra M.Acuto, il M.Cervino ed il K2.

Eppure, nel suo piccolo, conta le sue vittime, sulla strada ci sono ben tre lapidi di escursionisti caduti mentre tentavano di attraversare la strada ricoperta dalla neve, a piedi o in bicicletta.

2- La parete Nord del Monte Acuto con i tracciati delle vie descritte nel mio libro, le croci rosse in basso sono le lapidi degli escursionisti che sono morti sul versante del monte. La stellina al centro della parete è dove ho scattato la foto n.3

L’ho salito fin da piccolo, sono stato anche il primo a riportare nella bibliografia (I MIEI MONTI SIBILLINI) la salita estiva e invernale della sua ripida parete Nord, ormai sono quasi 50 anni che ho il bisogno di salire in questa cima, ormai fa parte della mia vita, a primavera con le giornate limpide ad ascoltare il canto delle allodole e del cuculo e sentire il profumo dei fiori ed in autunno con le giornate terse a guardare il panorama a chilometri di distanza anziché ai pochi metri della vita di tutti i giorni.

3- Salita invernale della parete Nord.

Il 24 Giugno 2025 sono salito al Monte Acuto di pomeriggio, terminato alcuni impegni di lavoro mattutino, sono partito dalla Pintura di Bolognola, ho percorso la strada che conduce al rifugio del Fargno e mi sono fermato a mangiare un panino nell’ultimo lembo di bosco nei pressi di alcuni Faggi secolari sopra strada dove mi ci ero fermato altre volte.

4- L’ultimo lembo di faggeta della strada del Fargno.

Questi grandi faggi recano i segni del tempo, grandi cicatrici alla base del tronco prodotte dalle slavine invernali, mi ricordo la prima volta che mi ci sono fermato avevo 20 anni, era stato un giorno difficile ma che avevo trasformato in una giornata indimenticabile perché fu proprio quel giorno che capii che avevo la mia vita nelle mani e che potevo fare tutto quello che a quel tempo, sognavo.

In quel luogo non è cambiato praticamente nulla da quando avevo 20 anni, mi sembra un po’ di ritornare indietro nel tempo, i Faggi sono qualche centimetro più grandi ma impercettibili, il panorama sempre quello, i suoni sempre quelli, i profumi sempre quelli.

5 – 6- I tronchi che recano i segni del tempo e delle slavine dei faggi secolari.
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Mentre stavo mangiando esce da una fessura del tronco di un Faggio un Cerambice di colore nero con lunghissime antenne e delle macchie più chiare nel corpo, uno dei coleotteri più grandi della nostra fauna, che si mette a risalire il tronco verso la chioma.

Poco più in alto ne vedo un’altro che saliva anch’esso e che poi si è dileguato dietro al tronco.

Ad un certo punto, con una rapidità incredibile, arriva un Picchio Muratore (Sitta europaea), prende nel becco il Cerambice che stava più in basso e vola via, non mi ha dato il tempo nemmeno di accendere la fotocamera per immortalarlo.

Mi ha dato il tempo però di rimanere male, quel meraviglioso coleottero era stato ghermito di fronte a me mentre lo ammiravo, gli ho fatto anche l’ultima foto della sua breve vita, come se ne avesse tante !!!

La sua vita era durata poco forse qualche giorno. Dopo pochi minuti vedo scendere dal tronco due Cerambici, visibilmente maschio e femmina in fase di accoppiamento. Pochi minuti prima uno aveva terminato la sua vita e adesso questi due si stanno dando da fare per procreare la generazione del prossimo anno, anche questa è la storia della vita.

Ho proseguito poi per la strada fino alla Forcella del Fargno da cui sono salito al Monte Acuto per il sentiero del Pizzo Tre Vescovi fino alla sella quindi alla cima per la paretina Ovest.

Di seguito le immagini dell’escursione tra flora e fauna:

7- Il Cerambice sta uscendo da una fessura della corteccia e si mimetizza perfettamente con il tronco del Faggio
8 – 9 il Cerambice maschio uscito dalla corteccia inizia a risalire il tronco.
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10- I due Cerambici che salivano il tronco.
11- L’ultima foto del Cerambice che stava più in basso, poco prima di essere catturato da un Picchio Muratore .
12 – 13- Dopo circa 10 minuti il Cerambice maschio che stava più in alto scende dietro ad una femmina preparando così la generazione del prossimo anno.
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14- Il maschio presenta le antenne più lunghe della femmina, qui ben visibili in controluce.
15- orchidea Anacamptis pyramidalis sulla strada del Fargno, sullo sfondo il Monte Acuto.
16- Il Monte Rotondo e la Cima di Costa Vetiche.
17- La piccolissima Rosa pendulina.
18- Il canalone sottostante la parete Nord del Monte Acuto ancora conserva della neve, in alto la cresta Est,
19- Il versante Sud del Monte Rotondo con la Forcella Cucciolara.
20- La coloratissima farfalla Anthocharis euphenoides.
21 – 22- Bellissima fioritura di Gentiana dinarica sulle pareti della strada.
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23- orchidea Dactylorhiza maculata var.borgognoni
24- Lilium martagon in procinto di fiorire.
25 – 26- Orchidea Dactylorhiza sambucina che forma fiori sia gialli che rossi.
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27- Cynoglossum magellense, endemismo dell’Appennino centrale.
28- Il sentiero per il Pizzo Tre Vescovi ed il Monte Acuto.
29- La paretina Ovest del Monte Acuto.
30- Il Pizzo Tre Vescovi visto dalla cima del Monte Acuto.
31- La lunga e stretta cima del Monte Acuto.
32- La paretina Ovest de il Pizzo Berro.
33- Il sentiero che sale dal Rifugio del Fargno.
34- Veduta verso Nord con la Cima di Costa Vetiche.
35- La ripidissima ed ancora inviolata cresta Nord del Monte Acuto.
36- Il Pizzo Regina ed il Pizzo Berro.
37- Il sentiero che dalla forcella sale al Pizzo Tre Vescovi, i primi anni che venivo in montagna non esisteva neppure questo sentiero ed adesso è diventato un fosso.
38- Il versante Sud del MO te Rotondo
39- La Cima di Costa Vetiche con la cresta Sud in primo piano che abbiamo salito l’anno scorso (vedi itinerario).
40- La valle del Fargno con la Pintura di Bolognola.
41- L’Orchidea di alta quota Gymnadenia conopsea
42- Pedicularis foliosa cresciuta direttamente sulla ormai abbandonata strada Pintura-Forcella del Fargno.
43- Un Codirossone (Monticola saxatilis) mi tiene d’occhio dal margine superiore della strada, sotto a Monte Acuto.