Il 15 febbraio 2021 abbiamo raggiunto la Pintura di Bolognola quindi ci siamo diretti verso il Monte Valvasseto soprastante e successivamente alla faggeta di Macchia Tonda che avevo già descritto in una escursione il 4 Novembre 2020.
Questa volta siamo andati a vedere e soprattutto a fotografare il meraviglioso spettacolo che aveva formato la neve fresca caduta fino al giorno prima in presenza di una fitta nebbia che aveva rivestito gli alberi di galaverna.
La Galaverna è uno spettacolo effimero della natura dura pochi giorni, delle volte poche ore per cui bisogna approfittare.
Ho visto delle immagini dello stesso luogo il giorno dopo e già la glassatura degli alberi era cambiata e in parte caduta a causa del vento e del sole.
Di seguito le immagini, ormai da qualche anno più uniche che rare, della splendida giornata
MONTE VALVASSETO
(Ph. Monica Capretti)(Ph. Monica Capretti)(Ph. Monica Capretti)Sullo sfondo il Monte RotondoA sinistra il Monte Acuto e a destra il Monte RotondoIl Monte Rotondo emerge dai rami.Al primo sole le prime cadute di galavernaSullo sfondo il Monte Acuto ed il Pizzo Tre Vescovi
LA FAGGETA DI MACCHIA TONDA ED IL GRANDE FAGGIO SECOLARE
Il grande Faggio di Macchia Tonda
GROTTICELLE E CREPACCI DI CAMPI RIPE
Tra la Villa da Capo di Bolognola e la zona denominata “Campi Ripe”, nella valle del Fargno, sulle friabili pareti rocciose del versante orografico destro del Fiastrone si aprono dei profondi crepacci e grotticelle che avevo scoperto nel 2020 e che abbiamo esplorato più accuratamente di recente, in attesa della trasformazione della neve a quote alte a causa del forte vento di questi ultimi giorni.
La zona dove si aprono le cavità si trova a monte dell’Area Pic Nic che si raggiunge per la deviazione (cartello) nel primo tornante della strada che da Bolognola sale alla frazione Pintura.
Dall’area Pic Nic ottimamente attrezzata con fontana, tavoli, bracieri e cassonetti per rifiuti, si risale faticosamente e con attenzione il ghiaione sovrastante caratterizzato da grandi massi instabili caduti dalle soprastanti pareti rocciose friabilissime, fino a raggiungere la loro base. Quindi si sale ulteriormente su tratto erboso con alberi radi ripidissimo per raggiungere i torrioni superiori.
Il grande crepaccio (foto n. 4-5-6) si apre sui torrioni superiori di sinistra, è largo intorno ad un metro e profondo una decina di metri ed un buco sul fondo con una leggera corrente d’aria che esce dall’ingresso indicano che forse c’è una prosecuzione ma le condizioni della friabile ed instabile parete rocciosa sovrastanti ci hanno impedito la continuazione dell’esplorazione per l’elevato rischio di caduta di pietre.
Mentre per raggiungere le cavità occorre aggirare i torrioni del crepaccio verso destra fino al loro termine quindi salire verticalmente verso sinistra per raggiungere una conca boscosa sotto ad una grande parete nascosta dal bosco stesso. Alla base di questa parete si aprono le altre tre cavità esplorate.
Infine salendo nel bosco ancora verso sinistra si raggiunge il secondo crepaccio e si percorre una cengia erbosa che permette di salire verso l’ultimo torrione oltre il quale si aprono i prati sottostanti la strada del Fargno.
Il secondo crepaccio è formato da una parete rocciosa appoggiata all’altra, è alto circa 25 metri e profondissimo, non si vede il termine ma impossibile da esplorare a causa della friabilità delle pareti che non permettono di mettere protezioni sicure.
La salita è resa difficile nel primo tratto dall’instabile ghiaione quindi, come visibile nelle foto, dalla ripidezza e scivolosità dei tratti erbosi superiori, che hanno richiesto una, anche se non obbligatoria, progressione in cordata con punti di protezione e sosta negli alberi presenti al fine di rendere più facile e sicura sia la salita ma soprattutto la discesa di chi mi accompagnava.
1- Il primo tratto erboso oltre il ghiaione sopra all’area Pic Nic, alle spalle il ghiaione stesso e i prati di “Campi Ripe”2 – 3- Iniziamo la salita in cordata per raggiungere il primo torrione del grande crepaccio.34- Traversiamo in cordata con protezioni intermedie su alberi verso sinistra per raggiungere la base dei torrioni dove si apre il grande crepaccio.5 – 6 – L’ingresso del crepaccio più profondo, le condizioni della parete sovrastante non ci hanno permesso un sicuro ingresso.67- Il crepaccio è profondo una decina di metri e un buco sul fondo con una leggera corrente d’aria che esce dall’ingresso indicano che forse c’è una prosecuzione.8- Aggiriamo verso destra i torrioni del crepaccio per raggiungere le grotticelle superiori.9 – 10- La ripidissima traversata verso destra su erba scivolosa.1011- La prima grotticella, profonda solo pochi metri12- Una particolare radice parallela al terreno sembrava da lontano quasi un palo metallico posto al suo ingresso.13- Saliamo ancora verso la cengia boscosa superiore fino alla base del grande torrione dove si aprono le altre due grotte.14 – 15- Ci accingiamo ad entrare nella cavità di sinistra profonda diversi metri.1516- L’interno della cavità di sinistra con grosse radici.17- La cavità di destra meno profonda e con massi instabili.18- Anche nella cavità di destra sono presenti radici dalle forme particolari.19- Saliamo ancora verso il secondo crepaccio.20- Il secondo crepaccio è formato da una parete rocciosa appoggiata all’altra, è alto circa 25 metri e profondissimo, non si vede il termine ma impossibile da esplorare per motivi di sicurezza, come visibile dalle condizioni della parete sovrastante.21- Proseguiamo ancora su una cengia erbosa sopra ai torrioni rocciosi.22- Poi iniziamo la ripidissima discesa verso l’area Pic Nic agevolati dalla corda e dai numerosi alberi.
MONTE LIETO per la cresta Nord dalla Forca di Gualdo.
Salita classica adatta a tutti dalla Forca di Gualdo (1496 m.) al Monte Lieto (1944 m.) per la cresta Nord passando per il rimboschimento a monte della casetta di pastori.
Di seguito le immagini della giornata.
1 – 2- La cresta Nord di Monte Lieto con il primo tratto di rimboschimento vista dalla stazione di rilevamento sismico a monte della casetta di pastori.2- (Ph. Monica Capretti)3- Nuvole arcobalenanti verso il Monte Cardosa.4 – 5 – Neve fresca all’interno del rimboschimento56 – Finalmente usciti dl bosco iniziamo a trovare neve più consistente, alle spalle il Monte Porche.7- La Cima del Redentore ed il Pian Perduto8 – 9- Gli ultimi larici isolati prima della cresta.910- Finalmente neve ottima sulla cresta, sullo sfondo il Monte Bove Sud ed il Monte Bicco.11- Il Pian Falcone visto dalla cresta.12 – 13- Il tratto più ripido della cresta Nord, alle spalle la Forca di Gualdo con la Madonna della Cona dove si dividono le strade per il Monte Prata (sopra) e per Castelluccio (sotto).1314 – 15- Verso la cima (Ph. Monica Capretti)1516- Il Pian Perduto, il Monte Argentella e la Cima del Redentore visti dalla cima di Monte Lieto.17- La cresta che scende dal Monte Lieto al Pian Falcone e la valletta di Valloprare sottostante.18- In cima al Monte Lieto.19- Il versante Ovest del Monte Porche (a sinistra) ed il Monte Palazzo Borghese (a destra).20- I canali Ovest della cima di Forca Viola e del Quarto San Lorenzo21- Castelluccio ed io Piano Grande con la strada per Forca di Presta.22- La Cima del Redentore vista dal Monte Lieto.23- Veduta verso Nord con Camerino che emerge al centro della vallata a sinistra del Monte Careschio ed il Monte San Vicino a destra sullo sfondo. 24- Veduta aerea del Pian Perduto e della conca del San Lorenzo.25- la cima del Monte Lieto.26- Strane tracce lasciate da porzioni di neve scivolate a valle dopo il nostro passaggio.27 – 28 – 29-La Cima del Redentore in tempi diversi con diverse illuminazioni.282930- Zoom sullo scoglio dell’Aquila glassato da Alpine ice.
Castelluccio non è solo fioritura estiva ma anche d’inverno regala immagini sensazionali in bianco e nero naturale.
VALLE DI RIO SACRO e IMBUTO DEL MONTE CACAMILLO
Tra Lookdown, neve fresca e vento forte, non siamo riusciti a fare delle uscite in quota ma ci siamo limitati a fare qualche giro classico in vallate riparate.
La prima escursione si è svolta nella Valle di Rio sacro dove abbiamo percorso con le ciaspole tutta la valle e visitato la zona dei Cascinali con i ruderi della vecchia Badia di Rio Sacro e la Grotta dello Scortico.
Vorrei sottolineare che, come anche indicato nel mio libro IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI, i Cascinali sono delle piccole costruzioni che costituiscono un villaggio realizzato ed usato anticamente d’estate dai pastori di Acquacanina e non è l’unico nel suo genere perché un villaggio simile fu realizzato anche a Prato Porfidia nella Valle dell’Ambro.
Altri colleghi indicano invece erroneamente, nella bibliografia ufficiale, che il villaggio di pastori di Prato Porfidi è l’unico del suo genere dei Monti Sibillini.
La seconda escursione si è svolta nella parte mediana del Monte Cacamillo dove, dalla Centrale idroelettrica di Bolognola, siamo saliti per un comodo sentiero a tornanti poco conosciuto che costeggia la condotta forzata fino al canale di alimentazione della centrale (Casetta Piemà) e all’imbuto del versante Nord del Monte, denominato localmente “Buggero” ad osservare il grande accumulo di neve che si è formato a causa delle numerose slavine distaccate dal rialzo delle temperature provocato dal forte vento.
La terza escursione l’ho effettuata dopo diversi mesi, a Maggio per osservare la trasformazione che subisce con il tempo l’accumulo di neve nell’imbuto Nord del Monte Cacamillo visitato tra un Lookdown e l’altro.
RIO SACRO (Si veda anche il reportage fatto nella primavera del 2020)
1- La Grotta dello Scortico con il grande muro a secco di cinta.2- Foto di gruppo davanti alla Grotta dello Scortico3- Finalmente si è riformata la sorgente dentro alla grotta, erano anni che era asciutta.4- E anche la sorgente situata all’esterno della grotta, nei pressi del suo ingresso.5- L’ingresso della grotta posto di lato al grande muro a secco di cinta esterno costruito nei secoli dai pastori che frequentavano la grotta.6 – 7- Senza le sterpaglie che crescono d’estate abbiamo anche ritrovato due cascinali ancora integri.78- I ruderi di un cascinale sopra al poggio costruito sui ruderi della millenaria Badia di Rio Sacro.9- La porta del cascinale della foto n.8, liberato dai rovi, reca ancora, a sinistra, il ricordo della chiesa di Rio Sacro.10- La parte più stretta della Valle di Rio Sacro, poco dopo i Cascinali.11- In alto il caratteristico scoglio denominato La Balza dell’Aquila.12- Lo slargo del tratto finale della strada di fondovalle prima della deviazione per il Poggiolo ed il Casale Gasparri.
IMBUTO DI MONTE CACAMILLO DALLA CENTRALE DI BOLOGNOLA
1- La centrale idroelettrica di Bolognola e la condotta forzata, al lato sinistro sale il sentiero per Buggero.2- Il sentiero oltre la Centrale.3- Il primo tratto gelato del canale di alimentazione della centrale.4- Il tratto mediano del canale più assolato e libero dal ghiaccio5- L’ultimo tratto scoperto di canale, oltre questo punto passa sotto terra.6- Prime slavine nel canale del versante Nord di Monte Cacamillo.7- Ramarro (Lacerta viridis) congelato8 – 9- L’imbuto di Buggero con un enorme accumulo di oltre 30 metri di neve.910- Anche la cascata di oltre 20 metri che si trova proprio dentro all’imbuto è coperta dalle slavine, erano diversi anni che non si vedeva un accumulo simile.11- Alcune delle slavine che si sono staccate dal versante Nord di Monte Cacamillo.12- Il Monte Coglia, versante del Rio Sacro, visto dal canale della centrale.
Sono ritornato nell’imbuto del Monte Cacamillo (Buggero) nel mese di Maggio a vedere lo strano fenomeno di trasformazione che subisce il nevaio con il tempo dove emerge lentamente in superficie tutta l’erba, foglie, rami e tronchi, aventi meno densità della neve compatta, trascinati d’inverno, dalle numerose slavine fino a ricoprire totalmente l’accumulo di neve. Scavando sotto lo strato di erba secca superficiale è presente neve pura totalmente bianca senza alcuna traccia di erba o foglie secche.
13- Il nevaio di Buggero a Maggio nel suo completo visto dal canale della centrale.14- Il canale della centrale visto dal nevaio15 – 16- Sulla sommità del nevaio è emerse la cascata.1617 – 18 – 19- La parte mediana del nevaio181920 – Sotto l’erba neve bianchissima.21- Dettaglio dell’accumulo superficiale di erba secca.22 – 23- La parte superiore della cascata si inabissa in un pauroso crepaccio dentro al grande nevaio.23
VAL DI PANICO Ciaspolata da Casali.
Ciaspolata con Carlo, Monica e Stefano del 7 gennaio 2020 in Val di Panico da Casali fino alla confluenza della valle con la valletta che si snoda sotto a Pizzo Berro denominata Valle della Vipera dopodichè ci siamo fermati a causa della elevata quantità di neve fresca che, nonostante le ciaspole, rendeva difficoltosa la camminata. Di seguito le immagini della giornata purtroppo senza sole.
Nella foto 15 ho specificato che il Rifugio del Fargno è chiuso d’inverno e ricordo che non dispone neppure di locale invernale a seguito dei numerosi incontri che ho fatto di recente nella zona di Bolognola di gente che , senza adeguata attrezzatura o in tardo pomeriggio, si avventurava nella strada per andare a fare pranzo !!!! o andare a pernottare nel Rifugio senza avere informazioni sulla sua apertura e soprattutto senza rendersi conto della pericolosità invernale della strada percorribile d’estate in auto.
1- Il Pizzo Tre Vescovi con la cresta praticamente pulita dal vento.2- La strada per la Val di Panico con il Monte Bove Nord alle spalle.3- Il Monte Bove Nord, nel bosco si nota evidente il taglio provocato dalle frane del terremoto dell’Ottobre 2016.4- Buchi e impronte di roditore.5- Più ci addentriamo nella valle e più è alta la neve.6- Oltre le sorgenti del torrente Ussita.7- Momento di sole sotto al canale di Fonte Angagnola.8- L’ultimo lembo di bosco prima della confluenza della Val di panico con la Valle della Vipera che scende dal versante Ovest del Pizzo Berro.9 – 10 La maestosa parete Est del Monte Bove Nord colma di neve dove svetta la Punta Anna.1011- Il Monte Rotondo a destra e la Croce di Monte Rotondo a sinistra.12 – 13 – La testata della Val di Panico con le pareti del Monte Bove Sud. il sole si è già coperto1314- La cascata “Torre di Luna” al centro della parete.15- Proseguiamo faticosamente ancora verso la testata della valle, alle spalle la Forcella del Fargno spazzata dal vento, si nota infatti l’erba secca, con l’omonimo rifugio CHIUSO D’INVERNO !!!!.16- Accumuli metrici di neve farinosa rendono faticoso il proseguimento.17- Giunti alla confluenza delle due valli abbandoniamo la salita.18- La parete Nord del Monte Bove Nord19- Rivediamo il cerchio del sole al ritorno dietro alla Scoglio della Grotta del Diavolo.
LA BUCA DEL TERREMOTO di Monte d’Aria
Su richiesta di alcuni amici interessati a visitare questo insolito luogo situato al di fuori dei Monti Sibillini riporto la descrizione dell’itinerario di raggiungimento della Buca del Terremoto.
La Buca del Terremoto aperta dal sisma del 1799 tra il Monte di Colleluce (861 m.) e il Monte San Pacifico (760 m.) nella zona montuosa compresa tra San Severino Marche, Serrapetrona e Camerino è una voragine di forma pressoché circolare, larga circa 50 metri e profonda 20 formata probabilmente a causa del crollo della volta di una grotta presente nel sottosuolo.
ACCESSO: Si raggiunge in auto la frazione di Villa d’Aria nel comune di Serrapetrona, passando per il capoluogo (che si può raggiungere da San Severino Marche, da Tolentino e da Caldarola) per proseguire per 6 km in direzione di Castel San Venanzo e proseguendo in direzione di Camerino fino all’abitato di Villa d’Aria. Oppure da Camerino si prende la Strada Provinciale n.22 per la frazione di Torrone, si prosegue ed al bivio per Crispiero si devia a destra in direzione di Serrapetrona, si ignora a destra il bivio per Letegge – Pozzuolo – Statte proseguendo per la strada principale. Si prosegue per circa 3 km e si raggiunge la frazione di Villa d’Aria sempre su strada asfaltata.
DESCRIZIONE ITINERARIO: Da Villa d’Aria si può proseguire in auto su strada sterrata con fondo sconnesso in salita che inizia dalla parte superiore del paese oppure si parcheggia nel paese e si prosegue a piedi. Si sale nella strada sterrata, passando alla base delle grandi pale eoliche del Monte d’Aria, visibili da tutta la provincia di Macerata, ed in circa 1,5 km si raggiunge la Chiesina denominata “Madonna della Neve” nascosta dentro una piccola pineta (350355,7 E – 4783532,9 N; 790 m.; foto n.3) . Qui se si è giunti in auto si parcheggia e si prosegue a piedi. Dalla chiesina si prosegue a piedi la strada sterrata in lieve discesa per 200 metri fino al primo bivio dove si prende a sinistra (foton.2, cartello “buca”). Dopo 500 metri si scende in un vallone (foto n.4) per poi risalire e raggiungere dei prati con molti arbusti di ginepri in direzione di una vasta pineta. Dopo circa 300 metri si nota una sterrata che si avvicina dalla destra e che si incrocia in corrispondenza del cambio di direzione del vertice della pineta (foto n. 7-8) dove si trova un secondo cartello che indica l’imbocco del sentiero che entra nella pineta e che, in 150 metri, conduce alla voragine (351199,7 E – 4784530,2 N; 790 m.).
RITORNO: Stesso itinerario. Dopo aver superato per 100 metri la chiesa della Madonna della Neve è possibile prendere la sterrata a destra in netta salita e raggiungere la base delle grandi pale eoliche ed arrivare fino alla sommità del Monte d’Aria caratterizzata da numerosi ripetitori.
1- I Monti Sibillini visti dai prati intorno alla Madonna della Neve.2- Il bivio con cartello “buca” che, a destra, conduce alla Buca del Terremoto. 3- La sterrata che conduce alla Buca, la pineta nasconde la chiesina della Madonna della Neve, vicino alla grande pala eolica, sullo sfondo, verso Sud, il Monte Letegge.4- La sterrata poco prima del vallone, sullo sfondo la pineta che nasconde la Buca del Terremoto.5- Veduta verso Nord con il Monte San Vicino che emerge dalla pineta.6- Veduta verso Ovest con il Monte Cucco al centro ed il Monte Catria a destra.7- Il vertice della pineta in cui si entra per raggiungere la Buca.8- Il cartello posto nei pressi della pineta, sullo sfondo, verso Sud-ovest, il Monte d’Aria con i ripetitori in cima e le pale eoliche.9- Dalla pineta all’improvviso si apre la voragine circolare della Buca del Terremoto.10- La Buca, si noti le dimensioni con la mia figura in maglia bianca, sul bordo a sinistra.11- Le verticali pareti di scaglia rossa del lato Nord piene di muschi che compongono la Buca.12- L’unico punto dove si può raggiungere il fondo della Buca.13- Il lato esposto a Sud illuminato dal sole.14- Veduta verticale della voragine dal suo bordo.15- Alcuni tronchi caduti nel fondo della Buca dove qualche cretino ha lasciato due mascherine, la stupidità umana non ha limiti.16- Veduta d’insieme della Buca confrontate con la mia figura sul fondo.17- Sul fondo della Buca, piena di detriti di scaglia rossa.18- Emblematica lapide alla Chiesetta della Madonna della Neve, peccato che il terremoto non ha avuto rispetto del fabbricato.19- Pianta satellitare dell’intero percorso.20- Dettaglio del secondo tratto del percorso, da compiere a piedi.21- Dettaglio satellitare della parte tratteggiata in rosso della foto n.19 della Buca del Terremoto.
MONTE ARGENTELLA salita invernale per il Canale Gemello di destra.
Il 22 dicembre 2020, con Stefano e Monica abbiamo raggiunto la cima del Monte Argentella salendo per uno dei cosiddetti “Canali Gemelli” nel versante Sud della montagna, raggiungibili dalla Valle delle Fonti.
La salita prettamente di carattere invernale è facile anche se, chiaramente, richiede attrezzatura alpinistica quale ramponi e piccozza, non essendo riportata in alcuna bibliografia pur essendo stata da noi salita molte altre volte, rappresenta una possibile via di salita piuttosto rapida alla cima del Monte Argentella e viene perciò descritta come via di salita invernale inedita ed adatta a tutti.
I due canali sono invece usati e descritti come via di discesa in alcune pubblicazioni di itinerari di scialpinismo.
Il giorno dell’ascensione, fatta poco prima del lookdown natalizio, abbiamo trovato condizioni meteo avverse quali forte vento in quota e soprattutto da 1600 metri fino alla cima siamo saliti sotto condizioni pressoché continue di Whiteout con visibilità ridotta anche a meno di 10 metri che hanno trasformato la facile salita in una vera e propria avventura di alta quota.
Cos’è il whiteout: Reinhold Messner narra in occasione di una tragedia in montagna accaduta nelle Alpi il 30 aprile 2018: «Quanto ti trovi nel whiteout, un mix di nebbia, neve e vento gelido, non c’è colpa, perché non si vede più niente. Da quello che ho capito le condizioni erano queste e purtroppo è accaduta una tragedia». «In quelle condizioni – spiega – se metti una mano sul viso, la vedi, ma i piedi non riesci a metterli a fuoco. Basta essere anche a meno di 100 metri da un rifugio ed è impossibile trovarlo».
Salire in montagna in tali condizioni è riservato solo a chi conosce molto bene il luogo di salita altrimenti è un attimo mettersi in grosse difficoltà e in situazioni di pericolo perché solo chi passa una esperienza di whiteout capisce cosa significa, proprio come narra Messner, i propri occhi non riescono a mettere a fuoco dove si cammina e si procede come in una nuvola bianca tutta intorno che crea un disagio visivo e psicologico davvero difficile da gestire per cui è facilissimo perdere l’orientamento e la direzione giusta o mettere i piedi oltre una cornice di neve.
ACCESSO: Per effettuare l’ascensione si deve raggiungere in auto il paese di Castelluccio quindi si scende dalla collina e appena terminata la discesa si gira a sinistra e si parcheggia nello spiazzo erboso. Dal parcheggio parte la strada sterrata che conduce allo spiazzo di raccolta delle macerie del paese per poi dividersi. A Sinistra si va per Capanna Ghezzi interdetta alle auto che si ignora.
DESCRIZIONE SALITA: Dall’area di raccolta delle macerie proseguendo invece verso destra, (addirittura anche in auto in quanto non ci sono divieti ed il fondo della strada è ottimo se non c’è neve), si raggiunge in circa 20 minuti a piedi la fontana dell’imbocco della Valle delle Fonti (355313,2 E – 4743932,5 N; 1415 m.) . Si scende il pendio oltre la fontana che si addentra nella Valle delle Fonti e si percorre tutta la valle su comodo sentiero. Giunti, in altri 25 minuti, nei pressi di una vecchia fonte (355772,6 E – 45184,5 N; 1610 m.) si devia a destra per 100 metri verso Forca Viola per raggiungere l’attacco dei “canali gemelli” (355828,5 E – 4745286,1 N; 1645 m.). Si inizia a risalire il pendio che si fa sempre più ripido ma mai eccessivo scegliendo uno dei due canali, generalmente quello destro è più profondo quindi conserva più neve e sempre in buone condizioni. Una volta entrati nel canale lo si risale completamente su facili pendii di 30 – 40° fino ad uscire, in circa 60 minuti, nel pianoro che precede la cima nel versante Sud. Dal pianoro, in altri 20 minuti, ci si dirige verso destra in direzione Nord-est a prendere la cresta che sale dalla Forca Viola e che in breve conduce alla cima del Monte Argentella a 2200 metri.
DISCESA: Dalla cima si scende i per la cresta Sud in direzione di Forca Viola che si raggiunge in circa 30 minuti, giunti alla sella si scende direttamente per il canale in direzione Ovest che riporta in altri 30 minuti alla Valle delle Fonti nel punto dove si è iniziata la salita di uno dei due “canali gemelli”.
1- La Valle delle Fonti con l’inizio dei due “Canali gemelli” coperti in alto dalla nebbia.2- A sinistra di Stefano c’è a vecchia fonte della valle, in corrispondenza di alcune formazioni rocciose, al centro l’imbocco del canale gemello sinistro, a destra si nota l’imbocco del canale gemello destro di salita.3- Primo tratto di salita nel canale destro.4- Più saliamo più si fa fitta la nebbia. 5 – 6 – 7- Il tratto centrale più ripido del canale gemello di destra. 678 – 9- Il tratto finale del canale prima del pianoro sommitale.910- A quota 1900 metri la neve ricopre tutta l’erba e siamo immersi nel più totale whiteout.11- A quota 2000 metri abbiamo trovato numerose Chionee, insetti senza ali che straordinariamente in pieno inverno, girovagano sulla neve e già trovati nella Valle del Fargno.12 – 13- Giunti alla cresta che sale da Forca Viola procediamo verso la cima avvolti in una nebbia fittissima con meno di 10 metri di visibilità.1314- Finalmente la cima del Monte Argentella sbuca dalla nebbia.15- A dimostrazione che siamo arrivati sulla cima del M.Argentella la solita pietra con la scritta col pennarello.16- Stefano e Monica in cima17- Riprendiamo la discesa verso Forca Viola.18- Il canale Ovest di Forca Viola nel tratto caratterizzato da massi di conglomerato permette una rapida discesa verso la Valle delle Fonti, anche la fotocamera ha difficoltà di messa a fuoco in condizioni di whiteout.19- Il versante Sud del Monte Argentella con in giallo : Itinerario di Raggiungimento, rosso: Itinerario di salita, Verde: Itinerario di discesa.Pianta satellitare del percorso proposto. Giallo : Itinerario di Raggiungimento. Rosso: Itinerario di salita. Verde: Itinerario di discesa.
CIMA VALLELUNGA DA ISOLA SAN BIAGIO
Il 12 Dicembre 2020, con Federico e con tanta voglia di camminare sulla neve dopo il nuovo lookdown, siamo partiti all’alba da Isola San Biagio (932 m.) e abbiamo raggiunto Cima Vallelunga (2221 m.), percorrendo oltre 15 chilometri andata e ritorno e compiendo uno dei maggiori dislivelli dei Monti Sibillini. Il primo tratto di salita è poco conosciuto e non è riportato ne nella bibliografia ufficiale ne in alcune cartine dei Monti Sibillini per cui ho reso interessante descriverla, l’avevamo percorso alcuni anni fa in discesa in occasione della salita della cresta Nord-est del Monte Zampa a cui rimando all’itinerario riportato alla stessa sezione “nuovi itinerari”. La seconda parte si limita a risalire la strada del Monte Sibilla tagliando per prati innevati alcuni tornanti per evitare i grandi accumuli di neve formatisi sulla strada.
L’itinerario invernale non presenta difficoltà alpinistiche ma essendo molto lungo e con un dislivello di quasi 1300 metri è adatto solo ad escursionisti ben allenati soprattutto se si incontrano accumuli di neve fresca sulla strada che rendono faticosa l’andatura, come è capitato a noi. Consigliatissimo come allenamento estivo.
Chiaramente da evitare con il versante Est del Monte Sibilla sovraccarico di neve per l’elevato pericolo di slavine. Le slavine che scendono per il Fosso del Balzo giungono ad interrompere la strada per Foce !!!
Accesso: Si raggiunge Isola San Biagio da Montemonaco, al bivio della strada del Monte Sibilla si gira a destra e si raggiunge la frazione.
Salita: Da Isola S. Biagio si prende una stradina asfaltata che passa nelle case più in alto del paese dove al suo termine parte un tratturo sterrato in piano che si dirige verso Nord. (361841,3 E – 4752191,8 N; 950 m.). Il tratturo si snoda quindi in lieve salita sempre verso nord, dopo circa 650 metri m si superano due tornanti sempre in salita. Giunti ad una netta curva in un ripiano erboso (30 minuti; 361539,6 E – 4753102,7 N; 1130 m.) si lascia il tratturo principale che si dirige verso un edificio situato nei prati più in alto a destra. Si devia quindi a sinistra per un sentiero appena accennato ma recentemente segnalato con numerosissimi bolli rossi a terra che, passando vicino alla piccola Fonte di Pianamonte sotto a caratteristici evidentissimi massi denominati “i guardiani” (foto n.31; 361106 E – 4752613 N; 1300 m.), in circa 1,20 ore dal paese conduce al tornante della strada per il Monte Sibilla, poco prima del Rifugio omonimo (360653 E – 4752103,8 N; 1520 m.). Quindi abbiamo proseguito seguendo la strada e tagliando per prati alcuni tornanti, fino al termine della strada nella cresta tra il Monte Sibilla e Cima Vallelunga (ore 2 dal Rifugio).
Da qui, in altri 30 minuti per parte, si raggiungono le cime dei due monti poste una opposta all’altra rispetto al termine della strada.
Discesa: Obbligatoriamente si ripercorre lo stesso itinerario di salita.
1- Erba glassata al mattino intorno alla fonte di Pianamonte nei pressi dei cosiddetti “guardiani”, a monte di Isola San Biagio (vedi foto n.31).2- Giunti nei pressi del Rifugio Sibilla si vede anche il Casale della Banditella.3- Versante Est del Monte Sibilla con la cosiddetta “corona” rocciosa.4- Il Sasso di Palazzo Borghese con la sua parete Est in piena forma invernale.5- Il versante Nord e Nord-Est del Monte Argentella.6- La Valle del Lago di Pilato con il Monte Vettore a sinistra e il Pizzo del Diavolo e la Cima del Redentore a destra.7- IL versante Est di Cima Vallelunga che sale dalla Frondosa.8- Il Monte Porche e la zona della Fonte del Faggio e Ramatico, sotto alle pareti del versante Est di Cima Vallelunga9 -Saliamo il pendio sopra alla Banditella per evitare gli accumuli di neve fresca sulla strada della Sibilla.10- La cima del Monte Sibilla vista a monte della Banditella.11 – 12- La strada della Sibilla con accumuli anche di più di un metro di neve fresca.1213- Nei pendii parzialmente scoperti invece la neve non supera mediamente i 30 centimetri.14- Il Fosso del Balzo scende ripidamente verso la Valle di Foce., per fortuna l’innevamento è scarso e non si ha pericolo di distacco di slavine.15- Giunti ormai quasi alla cresta con la strada praticamente sommersa dalla neve.16- Cima Vallelunga con gli scogli denominati ” i tre Vescovi”17- La cresta Ovest del Monte Sibilla con Federico che si appresta a raggiungere la cima.18- Il Monte Sibilla visto dalla cresta per Cima Vallelunga.19. Cima Cannafusto e il Monte Bove Sud sullo sfondo.20- Il Pizzo Regina (M.Priora) a destra ed il Pizzo Berro a sinistra.21- Il Pizzo Berro ed il Monte Bove Sud.22- Il versante Sud del Pizzo Regina.23- La parete Est del Sasso di Palazzo Borghese .24- Il Pian delle Cavalle illuminato, nel versante Nord del Monte Argentella.25- All’improvviso arriva la nebbia, in 10 minuti si è chiuso il cielo, cosa normale in montagna.26- Scendiamo da Cima Vallelunga immersi nella nebbia.27- Per fortuna la nebbia forma una fascia in quota.28- La zona della Fonte del Faggio.29- 30- La lunga discesa nella strada della Sibilla piena di neve.3031- Ritorniamo alla fonte di Pianamonte, l’erba intorno si è scongelata, sopra si vedono i due scogli isolati denominati i “guardiani”, a monte di Isola San Biagio.Pianta satellitare del solo primo tratto di salita meno conosciuto, da Isola San Biagio al Rifugio Monte Sibilla, il secondo tratto segue la strada del Monte Sibilla fino al suo termine.
CANALE DESTRO SCOGLIO DEL MONTONE
11 Dicembre 2020, prima uscita post lookdown finalmente con buon innevamento e in mattinata, all’alba, dalla Pintura di Bolognola sono salito per il canale destro dello scoglio del Montone al Monte Castel Manardo per poi discendere a Forcella Bassete quindi alla strada del Fargno per continuare la ricerca della Chionea che avevamo già trovato esattamente un anno fa (vedi itinerario del 7 dicembre 2019).
In breve inserirò una scheda descrittiva della rara specie di insetto, sto aspettando notizie più accurate da parte di un esperto che abbiamo contattato.
Salita classica già descritta nel mio secondo libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” . La bellissima recente nevicata e la limpida mattinata mi hanno regalato le seguenti immagini.
1- Prime slavine sulla strada per il Rifugio del Fargno.2- Il canale destro dello Scoglio del Montone visto dalla strada.3 – 4- Il Monte Acuto visto dal canale man mano che mi innalzo .45- L’uscita sulla cresta dello Scoglio del Montone.6- La cresta di discesa dallo Scoglio del Montone verso Forcella Bassete.7- Semi di Bardana (Arctium lappa) ricoperti di neve.8- Geometrie triangolari a Forcella Bassete, la neve è poca e non riesce a ricoprire le piante ormai secche.9- La Valle di Bolognola in parte immersa nella nebbia.10- Un grosso lupo mi ha preceduto da poco a Forcella Bassete.11- Forcella Bassete con vista verso il Monte Acuto immerso nella nebbia.12 – 13- La Pescolletta1314-Il versante Ovest del Monte Castel Manardo. 15- Veduta verso Nord con la Costa Vetiche in primo piano, il Monte Cacamillo a sinistra e il Monte Cucco ed il Monte Catria (a destra) sullo sfondo.16- Il Monte Catria emerge dalla nebbia.17- Il versante Est del Monte Rotondo.18- Erba gelata a Forcella Bassete.19- Finalmente il Pizzo Regina è emerso dalla nebbia.20- Anche il Pizzo Tre Vescovi (a sinistra) ed il Monte Acuto emergono dalla nebbia che si va diradando man mano che si scalda l’aria.21-Si vede anche la croce di Pizzo Tre Vescovi piena di galaverna.22 – 23 -La bellissima cresta Est del Pizzo Tre Vescovi salita nell’Ottobre del 2019 (vedi itinerario).2324- Il Versante Nord-est del Pizzo Berro.25 – 26- Già i primi distacchi di slavine nel versante Nord del Pizzo Regina.2627- Scendendo da Forcella Bassete verso la strada che riporta alla Pintura di Bolognola con un mare di nebbia verso la cosiddetta “marca”.28- Il Sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia) sembra già addobbato per Natale.29- Disco solare nella strada nei pressi della Pintura di Bolognola.30 – 31- Esemplare di Chionea spp. ritrovato nella strada del Fargno più a valle rispetto al ritrovamento dello stesso periodo del 2019.31
PICO DEL TEIDE – TENERIFE
Raccontando ad un mio amico l’esperienza avuta nell’Aprile 2018 a Tenerife della salita al vulcano più alto d’Europa (l’Etna è alto 3350 metri), chiedendomi di vedere alcune foto ho colto l’occasione per inserirle nella rubrica “Oltre i Monti Sibillini” dedicata a salite in altre catene montuose.
Il Teide è un vulcano che si trova sull’isola di Tenerife nell’arcipelago delle Canarie. Con i suoi 3718 metri di altezza sul livello del mare (e circa 7.000 metri sopra la piattaforma oceanica) è la vetta più alta della Spagna e anche la montagna più alta delle isole dell’Oceano Atlantico. È il terzo vulcano del mondo per altitudine dalla sua base dopo il Mauna Loa e il Mauna Kea alle Isole Hawaii.
La sua particolare altezza in un contesto di totale assenza di montagne nelle vicinanze (è l’unica cima dell’isola) conferisce al Pico del Teide (la punta del vulcano) un grande fascino per gli escursionisti che da qui possono godere di una vista a 360°.
Di seguito le immagini della settimana di escursioni nei dintorni del Teide , nei vari Barranco ed arrampicate effettuate con il mio Amico Davide.
1- Il Pico del Teide visto dalla costa di Tenerife.2- La pianta simbolo delle Canarie, La Dracaena Draco o El Drago il cui tronco se tagliato essuda di un lattice rosso sangue.3- Una delle moltissime specie di Aeonium, piante grasse tipiche anch’esse delle Canarie.4- Escursione al Barranco (vallone) de Ruiz tra grotte vulcaniche e canyon a picco sul mare.5- Escursione nell’entroterra nella desertica valle di Masca 6 – 7- Salite ad alcuni torrioni vulcanici78- Aloe canariensis coltivata nell’Isola per la produzione di prodotti cosmetici.9 – 10- La Valle di Masca.1011- La Caldera del Teide.12- La funivia che permette di giungere rapidamente in quota sul Teide.13- L’arrivo della stazione della funivia e la cima del Pico del Teide sullo sfondo.14- Si inizia la salita al Pico del Teide tra colate di lava di vari colori.15- Giunti nei pressi del cratere sommitale si osserva tutta l’Isola di Tenerife immersa nella nebbia mattutina.16- Il tratto iniziale della salita già a circa 3500 metri di altezza, siamo partiti poco meno di due prima dal livello del mare ed il notevole dislivello fatto un così poco tempo si fa sentire.17- il Pico mantiene ancora un po di neve invernale nonostante ci troviamo di fronte alle coste a Sud del Marocco.18- L’immensa Caldera del Teide con le varie colate laviche di diversi colori.19 – 20- Il Cratere sommitale con le fumarole ricoperte di Zolfo.2021- In cima con il mio amico Davide, alle spalle la parte Occidentale dell’Isola ricoperta di boschi.22 – 23- Giro intorno al Pico del Teide tra gigantesche colate laviche.2324- Attimo di riposo in cima al Teide, alle spalle la Caldera.25- Formazione di “mini” Penitents nei tratti dove ancora rimane la neve, guglie di ghiaccio formate dal vento, questi sono alti qualche decina di centimetri, nelle Ande sono alti anche diversi metri !!!26- Il sentiero sulle sabbie vulcaniche che riporta in cima.27 – 28- Il Pico del Teide con la stazione della funivia visto dalla Caldera dove sorgono particolari formazioni rocciose, le Roques de Garcia, questa è una delle immagini più caratteristiche di Tenerife.2829- Formazioni laviche della Caldera del Teide con una pianta di Echium wildpretii al centro che colonizza la lava.30- 31- Guglie di Basalto intorno alle Roques de Garcia.3132- Davide in arrampicata sulle guglie di Basalto.33- Arrivo io.34- Altra pianta caratteristica delle Canarie, l’Euphorbia canariensis 35- E questa pianta non può che provenire dalle Canarie, si chiama infatti la Canarina canariensis. 36- L’unica cascata di Tenerife al Barranco del Infierno.37- Altra pianta tipica delle Canarie, l’ Echium giganteum arboreo.38 – 39 – 40 – 41 – 42 – 43- Fasi di arrampicata nella falesia delle Roque de Jama ad Arona394041424344 – 45 -46 – Paesaggio lunare alla Montana Blanca con immense dune di pietra pomice (che galleggia sull’acqua) accumulato dalle eruzioni del Teide. In questo luogo hanno girato scene di numerosi film tra cui la Furia dei Titani e 2001 Odissea nello Spazio.454647- Una Violacciocca (Erysimum scoparium) caratteristica delle sabbie vulcaniche della Caldera del Teide.48- Il Pico del Teide a destra con il Pico Viejo più basso e la Caldera riempita dalle colate storiche che si sono susseguite, di diversi colori, dal grigio al marrone al nero.