Galleria di immagini storiche dei Monti Sibillini gentilmente fornite dal mio amico Giorgio Micarelli di Camerino.
Giorgio al Lago di Pilato
MONTE VETTORE – CIMA DEL REDENTORE Giugno – Luglio 1972
Il Rifugio Zilioli, edificio iniziale con un solo locale. (vedi la situazione ampliata fino ad Agosto 2020 in “Gallerie”)Il canale Ovest del Monte Vettore da Forca delle Ciaole.Il Lago di Pilato dalla Punta di Prato PulitoIl Lago di Pilato in piena forma visto dalle RoccetteSalita sulle rocce della Punta di Prato Pulito
LAGO DI PILATO Giugno e Agosto 1972
Giorgio sulle rive del Lago di Pilato, lo ricorderemo più con tutta questa acqua ?Giro in canotto sul Lago di Pilato
CASTELLUCCIO – MADONNA DELLA CONA Primi accenni di fioritura, Agosto 1973
MONTE BICCO Aprile 1974
Grazie Giorgio per la collaborazione.
SASSO SPACCATO DA PASSO GALLUCCIO PER LA CRESTA OMONIMA.
Il 19 settembre 2020, insieme a Federico, abbiamo raggiunto la sommità del Sasso Spaccato, nel versante Nord-est della Cima di Pretare partendo da Passo Galluccio, salendo per la cresta omonima per poi compiere una lunga traversata in quota verso Nord fino alla sommità dello scoglio in parte franato con il terremoto del 2016. Dal Sasso Spaccato è possibile salire fino alla Cima di Pretare come già descritto ma si consiglia di effettuarlo seguendo il primo itinerario in quanto la successiva discesa è relativamente più facile. Lo stesso giorno siamo andati poi a verificare lo stato post terremoto delle pareti della Fascia Inferiore, sul versante Sud-Ovest del Monte Vettore, sotto all’Aia della Regina effettuando un lunghissimo giro traversando sotto le pareti rocciose con uscita a Piè Vettore per il Sentiero dei Mietitori.
La cima del Sasso Spaccato l’avevamo già raggiunta il 27 settembre 2014 su resti di un vecchio e difficile tracciato che attraversa tutto l’imbuto del Monte Vettore (Fosso di Casale) ad una quota compresa tra 1600 e 1800 metri partendo da Casale di cui ho riportato la descrizione alla voce ” TUTTE LE ESCURSIONI” .
Questo nuovo itinerario, anch’esso non riportato in alcuna guida e di direzione opposta al primo, rappresenta pertanto il secondo tracciato descritto per raggiungere questo luogo piuttosto sconosciuto e selvaggio.
Come molti dei miei itinerari, anche questo, sebbene meno impegnativo di quello già da me descritto in precedenza per raggiungere Sasso Spaccato, è consigliato solo ed esclusivamente a persone esperte che si sanno muovere su terreni erbosi molto ripidi, è consigliato l’uso di una piccozza nei due tratti più ripidi ed impegnativi.
ACCESSO: Per effettuare l’ascensione si deve raggiungere in auto il Passo Galluccio passando da Montegallo o da Castelluccio o da Pretare a seconda del Vostro punto di partenza per la Strada Provinciale n. 477. Arrivati al Passo Galluccio si parcheggia di lato alla strada in corrispondenza di uno slargo di fronte ad una deviazione di breccia verso Est (361877,5 E – 4741455,3 N; 1170 m.).
DESCRIZIONE: Dallo spiazzo di Passo Galluccio si continua la strada a piedi per 100 metri in direzione Sud-Ovest, verso Pretare, fino a raggiungere l’imbocco di un tratturo di breccia (361791 E – 4741371 N; 1170 m. ) che inizia sopra strada e che più avanti si inoltra nel bosco in direzione Nord e che rappresenta una porzione del cosiddetto “Sentiero dei Mietitori”. Il tratturo devia verso Nord-Ovest fino ad uscire su ampi prati. Si lascia il sentiero (3616890,7 E – 4742046,8 N; 1230 m.) e si prosegue in netta salita senza tracciato sui prati in direzione della erbosa Cresta di Galluccio che si innalza oltre la cima boscosa di Monte Pianello della Macchia che in questo modo si evita di raggiungere.
Si prosegue su esile tracciato nel filo di cresta superando sempre in salita brevi tratti alberati alternati a prati fino a raggiungere un tratto roccioso della cresta che si costeggia salendo a destra all’interno del bosco. Dopo circa 200 metri di faticosa salita il bosco diventa più ripido, si raggiunge un tratto devastato da una frana provocata dal terremoto del 2016 caduta dalla parete di sinistra. Il bosco si restringe per la presenza di rocce anche nella parte destra che obbligano a percorrerlo tutto fino al termine dove si esce su una forcella (360628 E – 4742450,6 N; 1640 m. ) sulla cresta di sinistra di fronte ad una verticale parete rocciosa (foto n.11-12-13).
Si supera la parete rocciosa risalendo per brevi cenge erbose alternate a roccette con facili passaggi di II° grado per 30 metri fino a riprendere la sottile ed erbosa cresta di Galluccio che si innalza verso le pareti sovrastanti (foto n.14-15-16) da cui già si vede, in alto a destra, la cima del Sasso Spaccato.
Si risale tutta la cresta sul filo a tratti roccioso alternato con fastidiosi ginepri striscianti fino a raggiungere una barriera rocciosa che la chiude in alto, quindi raggiunte le pareti che formano anche diverse piccole grotte (360446,2 E – 4742526,3 N; 1765 m. ) , si costeggia la barriera rocciosa deviando nettamente verso destra.
Si prosegue sempre verso destra in lieve salita ma passando sempre alla base dei torrioni e delle alte pareti rocciose sovrastanti fino a raggiungere un caratteristico masso a forma di cannone da cui si scoprono le prime frazioni di Montegallo (foto n.21) .
Si prosegue in quota per ripidi prati quindi ci si innalza in netta salita obbligati da una ulteriore barriera rocciosa con una profonda grotta (360377,5 E – 4742863,4 N; 1845 m.) al termine della quale ci si trova di fronte alla cima di Sasso Spaccato. Si prosegue in piano su terreno erboso molto ripido fino a superare un primo ripido canalino ghiaioso nascosto (360335,8 E – 4743021N; 1170 m.), dopo altri 100 metri si raggiunge un secondo canalino ghiaioso (360311,9 E – 4743034,7 N; 1877 m.) che richiede un po’ di attenzione, si è di fronte alla parete est del Sasso Spaccato che si raggiunge prendendo un ultimo canalino roccioso incassato (360310,4 E – 4743034,9 N; 1880 m.) tra due torrioni di cui uno con uno strano masso appoggiato sopra (foto n.25) risalendo una breve e facile paretina rocciosa che permette di uscire pochi metri più in alto della cima del Sasso. Quindi scendendo con attenzione la stretta forcella rocciosa e risalendo il breve pendio dove si nota una profonda spaccatura provocata dal terremoto si raggiunge la sommità del Sasso Spaccato. Scendendo un po’ verso Nord si arriva a delle levigatissime placche rocciose che caratterizzano la cima, scavate dalle acque meteoriche, da cui ci si può affacciare con estrema attenzione verso Montegallo, sporgendosi mettendosi lunghi sulle placche si riesce a vedere il sottostante intaglio nel bosco provocato dalla frana che si è formata sotto al Sasso dopo il terremoto del 2016.
DISCESA: Obbligatoriamente per lo stesso itinerario di salita facendo ancora più attenzione soprattutto nella discesa della paretina sopra al bosco.
A titolo informativo le pareti della Fascia Inferiore riportate nelle foto n.2-3 si possono raggiungere da Piè Vettore per la Fonte delle Cacere ed il sentiero dei Mietitori in direzione di Passo Galluccio. Giunti alle coordinate 360361 E – 4741667 N; 1315 m.; in corrispondenza di un cartello di “Lavori in corso” (???) e si un segnale bianco/rosso su un albero (foto n.1) si individua una traccia di sentiero che sale ripida nel bosco, faticosamente, con diversi tornanti e tratti rocciosi, in 20 minuti si raggiunge la base delle alte pareti denominate “Fascia Inferiore” (foto n.2-3) dove negli anni 1975-78 grandi alpinisti come Tiziano Cantalamessa, T. Ciarma, P. Mazzanti a M.Ceci hanno aperto le prime vie di sesto grado dei Monti Sibillini (Via Piagge 80, Spigolo dell’Orso, Isabella, Giuliana).
1- Il Sentiero dei Mietitori con il punto di salita per la “Fascia inferiore”2- L’intera parete della fascia Inferiore3- L’attacco della “Via Giuliana” nella Fascia Inferiore.4- L’attacco della “Via Marsili” posta più a destra della Fascia Inferiore.5- Le rocce dell’attacco della Via Marsili levigate e rese candide dalle frane post-terremoto scese dall’alto e dalle violente piogge estive.6- 7 In traversata su terreno ripido e canali detritici dalla Fascia Inferiore verso la Cresta di Galluccio.78- La Fascia Inferiore e, in alto, la cima della Piramide visti dalla Cresta di Galluccio.9- La erbosa Cresta di Galluccio che sale dal Passo omonimo passando per il boscoso M. Pianello della Macchia .10- Le pareti sovrastanti da Cresta di Galluccio11- La parete che bisogna risalire all’uscita del bosco della Cresta di Galluccio.12- la prima parte della parete all’uscita del bosco, alle spalle la Cresta di Galluccio. 13- Federico in facile arrampicata nella parete al termine del bosco.14- Usciti dalla parete la cresta continua con tratti erbosi e rocciosi , in basso a destra si nota già la cima di Sasso Spaccato.15- 16 La Cresta verso la barriera rocciosa che la chiude in alto ed il pendio erboso di traversata verso destra.1617- Una delle diverse grotte che si aprono alla base della prima barriera rocciosa di traversata.18- Si continua a traversare alla base di una alta seconda barriera rocciosa.19- La grotta della seconda barriera rocciosa popolata da una numerosa colonia (punta) di Coturnici che si sono levate in volo al nostro avvicinarsi.20- Il ripido pendio di traversata verso Sasso Spaccato.21- Il curioso masso a forma di cannone che identifica il punto a metà traversata e da cui si scoprono già le frazioni di Montegallo.22- L’ultimo scosceso tratto erboso prima di Sasso Spaccato, che emerge a destra, e che nasconde due ripidi canali ghiaiosi da superare prima di poter raggiungere lo scoglio.23- la sommità del Sasso Spaccato che si raggiunge risalendo un ripido canalino nascosto alla sua sinistra24- Dalla cima di Sasso Spaccato, Federico nel pendio verso Cima di Pretare in alto.25- Il curioso masso incastrato nel canalino al fianco sinistro di Sasso Spaccato .26 La forcella prima del Sasso Spaccato con il ripido canalino laterale di destra che precipita verso valle e che, insieme al canalino di sinistra hanno dato il nome “Spaccato” allo scoglio27- il canalino a sinistra della forcella con la mia ombra proiettata nelle rocce di fronte.28- Veduta verso l’imbuto del M. Vettore con l’esile traccia del sentiero già descritto per raggiungere Sasso Spaccato, in alto a destra Il Sassone con il sentiero che sale da S.Maria in Pantano fino alla cima del M. Vettore.29- Veduta verticale dalle placche rocciose della cima di Sasso Spaccato verso le frazioni di Montegallo ed il Fosso di Casale e la sottostante frana che ha distrutto una grande fetta di bosco provocata dal sisma del 2016. 30- Il versante Sud della Cima di Pretare con il Sasso Spaccato sulla destra, in alto a sinistra invece svetta la cima della Piramide parzialmente ricoperta dalla nebbia, visto dalla Cresta di Galluccio. 31- Il tracciato della salita descritta.32- La parte inferiore dell’itinerario descritto .33- la parte superiore dell’itinerario descritto .34- Pianta satellitare dell’itinerario descritto.35- Pianta satellitare con visione frontale dell’itinerario descritto.
CIMA DI FORCA VIOLA Per la cresta Est da Forca di Pala.
La Cima di Forca Viola non viene riportata neppure in alcune carte e non è contemplata nella bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini, una cima dimenticata senza nessun itinerario di raggiungimento. Eppure è la prima cima che delimita a destra, salendo, la Valle del Lago di Pilato e da cui si gode di un panorama aereo su tutta la valle.
Il sentiero che sale da Forca Viola verso le creste della Cima del Redentore non tocca questa panoramicissima cima, sale a mezza costa nel versante ovest per salire in cresta solo in corrispondenza della Cima dell’Osservatorio, scavalcando la Cima di Forca Viola e il Quarto S. Lorenzo, togliendo all’escursionista il piacere di una cavalcata su una sottile cresta aerea a cavallo tra due delle zone più belle dei Monti Sibillini, la Valle del Lago di Pilato e i Piani di Castelluccio.
La salita, effettuata il 21 luglio in solitaria, si propone come il primo itinerario estivo specifico per raggiungere questa cima. Un itinerario invernale aperto da noi anni fa (descritto di seguito) sale il canale Ovest che si innalza 200 metri prima di Forca Viola, salendo sempre dalla Valle delle Fonti, per uscire proprio sulla cima, di cui le foto n.18-19 sono la testimonianza della salita.
Come molti dei miei itinerari, anche questo è consigliato solo ed esclusivamente a persone esperte che si sanno muovere su terreni erbosi molto ripidi, è consigliato l’uso di una piccozza nei due tratti più ripidi ed impegnativi.
ACCESSO: Per effettuare l’ascensione si deve raggiungere in auto il paese di Castelluccio quindi si scende dalla collina e appena terminata la discesa si gira a sinistra e si parcheggia nello spiazzo erboso. Dal parcheggio parte la strada sterrata che conduce allo spiazzo di raccolta delle macerie del paese per poi dividersi. A Sinistra si va per Capanna Ghezzi che non è consigliabile prendere in quanto più lunga.
DESCRIZIONE: Dall’area di raccolta delle macerie proseguendo invece verso destra, (addirittura anche in auto in quanto non ci sono divieti ed il fondo della strada è ottimo), si raggiunge in circa 20 minuti a piedi la fontana dell’imbocco della Valle delle Fonti (355313,2 E – 4743932,5 N; 1415 m.) . Si scende il pendio oltre la fontana che si addentra nella Valle delle Fonti e si percorre tutta la valle su comodo sentiero. Giunti, in altri 25 minuti, nei pressi di una vecchia fonte (355772,6 E – 45184,5 N; 1610 m.) si devia a destra per risalire la valletta sottostante Forca Viola. Qui si nota nel pendio di sinistra una traccia di sentiero che si raggiunge risalendo 50 metri di pendio erboso. Preso il sentiero lo si segue dapprima su tratto ghiaioso poi esso attraversa il canale che scende da Forca Viola e prosegue a destra su pendio erboso ripido nel versante opposto. Si segue la traccia fino a delle rocce di conglomerato ( 356540,5 E – 4745330,3 N; 1915 m.) ben visibili da valle oltre le quali si apre il pendio erboso della sella di Forca Viola che si raggiunge in 30 minuti dal fondovalle (1,15 ore dall’auto; 356540,5 E – 4745330,3 N; 1915 m.).
Dal ripiano di Forca Viola si scende nel versante Est opposto per il sentiero che conduce al Lago di Pilato, in altri 20 minuti si raggiunge uno spiazzo posto superiormente allo Scoglio del Miracolo (357282,3 E – 4745423 N; 1880 m.) e si prosegue per altri 300 metri fermandosi in una ansa del sentiero (357473,8 E – 4745132,7 N; 1905 m.) prima di raggiungere Forca di Pala da cui si scopre tutta la Valle di Pilato. Da qui si inizia a salire la cresta erbosa sovrastante il sentiero che sale in direzione della Cima di Forca Viola non visibile dal basso. Il primo tratto è erboso e piuttosto facile poi la cresta si impenna, si può percorrere la cresta mai affacciandosi verso il Lago di Pilato per la presenza di pareti franate oppure e si devia 50 metri a destra per scavalcare questa prima barriera rocciosa per un canalino erboso molto ripido ed impegnativo, tenendosi sempre nel versante Nord da dove si vede il Monte Argentella (20 minuti) . Quindi salita la barriera rocciosa ci si riporta verso la cresta di sinistra e da questo punto si scopre già tutta la Valle di Pilato. Si prosegue in cresta di nuovo erbosa con alcuni tratti rupestri ma non eccessivamente ripida fino a raggiungere il secondo tratto roccioso che impenna nettamente e che richiede molta attenzione (30 minuti).
Si risale il secondo tratto rupestre scalettato sovrastante sul filo di cresta, su pendenze di 50-60° dove si consiglia di utilizzare una piccozza, questo è il secondo tratto più impegnativo della salita. Al termine la cresta si addolcisce e si è in vista della Cima di Forca Viola che si raggiunge in altri 20 minuti (1,30 ore da Forca Viola).
La entusiasmante e impegnativa salita non ha finito di stupire, a circa 200 metri dalla cima ci si trova la cresta tagliata da una trincea prodotta dal terremoto del 2016, (357119,8 E – 4744930,1 N; 2155 m.) lunga una decina di metri, larga circa circa un metro e profonda anche due metri in un punto, che si aggiunge ai tanti luoghi dei Monti Sibillini devastati che abbiamo visitato dopo il sisma.
Si raggiunge quindi la Cima di Forca Viola(356995,6 E – 4744823,4 N; 2230 m.) indicata da una semplice pietra traballante scritta a pennarello……..ormai non mi meraviglio più dello stato di degrado in cui versano i sentieri dei Monti Sibillini.
Dalla Cima di Forca Viola è doveroso proseguire l’aerea cresta verso il Quarto S. Lorenzo, Cima dell’Osservatorio per raggiungere la Cima del Redentore percorrendo cosi’ tutta la lunga cresta che delimita la sinistra orografica della valle di Pilato.
DISCESA: Dalla Cima di Forca viola se non si vuole proseguire la cresta si scende liberamente nel versante Ovest fino ad intercettare il classico sentiero di salita che in 30 minuti scende a Forca Viola. Se si prosegue fino alla Cima dell’Osservatorio si scende prendendo lo stesso sentiero che, dalla cresta, scende e costeggia la cresta nel versante Ovest della montagna da cui si gode il bellissimo panorama aereo dei Piani di Castelluccio per scendere in circa un’ora a Forca Viola da cui si riprende l’itinerario di raggiungimento.
PERCORSO INVERNALE: Con l’occasione riporto anche la salita invernale alla Cima di Forca Viola per il Canale Ovest effettuata alcuni anni fa e non pubblicata.
Dalla fontana dell’imbocco della valle delle Fonti Si segue il percorso estivo fino a 200 metri prima delle rocce di conglomerato ( 356540,5 E – 4745330,3 N; 1915 m.) situate nel canale di salita a Forca Viola. Qui a destra parte un canale diretto con pendenze dapprima di 35° per poi impennare a 45° nel tratto finale, che si risale interamente senza particolari difficoltà fino alla Cima di Forca Viola, con 1,3 ore dall’attacco.
Discesa: Stesso itinerario estivo o più direttamente dal Canale Ovest di Quarto San Lorenzo che vi porta direttamente in Valle delle Fonti.
1- Il tratto iniziale della cresta a monte di Forca di Pala con il primo risalto roccioso. Sullo sfondo il Monte Vettore.2- L’altro tratto di cresta di salita con il secondo risalto roccioso e la cresta finale prima della Cima di Forca Viola non visibile.3- Il primo tratto erboso della cresta di salita domina tutto il Piano della Gardosa con la Ripa Grande, sullo sfondo il Monte Sibilla e Cima Vallelunga a sinistra4- La pendenza ancora non eccessiva del primo tratto erboso con vista verso il Monte Argentella. 5- il primo tratto roccioso superato tramite un canalino erboso posto alla sua destra6- Attimo di pausa sotto al secondo tratto ripido, prendo la piccozza.7- Veduta verticale da sopra il primo tratto roccioso verso il sentiero per il Lago di Pilato, a destra l’ansa del sentiero da cui si sale per l’itinerario proposto.8- Veduta verticale dal secondo risalto da cui si scopre la Valle del Lago di Pilato, a destra si vede il sentiero che sale dalle Svolte.9- Superato il secondo risalto rimane la comoda cresta finale da cui si scopre la Cima di Forca Viola.10- Veduta aerea sulla Valle del Lago di Pilato.11- La Cima di Forca Viola con la cresta che la collega al Quarto San Lorenzo.12- Da destra, il Quarto S. Lorenzo, Cima dell’Osservatorio, Cima del Redentore ed il Pizzo del Diavolo con la Sella delle Ciaole a sinistra. 13 – 14 L’impressionante trincea profonda anche 2 metri aperta sulla cresta poco prima della Ccima di Forca Viola dal sisma dell’Ottobre 2016.1415- La trincea vista dal tratto di cresta superiore.16- La cresta finale con la Cima delle Prata, Monte Banditello, Sasso D’Andrè e il Monte Torrone a destra.17- La Cima di Forca Viola, per fortuna qualche volenteroso ha scritto il nome e quota della cima su una traballante pietra con uno scolorito pennarello….una targa di metallo come in tutte le altre montagne d’Italia è troppo ? Solo nei Monti Sibillini si vedono certe penose cose.18- Immagini della salita invernale alla Cima di Forca Viola per il canale Ovest, sullo sfondo il Monte Sibilla e Cima Vallelunga a sinistra.19- La cresta che collega Cima di Forca Viola al Quarto San Lorenzo.20- La cresta della foto n.19 in versione estiva ripresa quasi dallo stesso punto.21- La Cima di Forca Viola con la cresta Est di salita vista dirigendosi verso Quarto San Lorenzo.22 – 23 Veduta aerea dalla cresta verso i piani di Castelluccio ancora in fiore. 2324- La bellissima Scutellaria alpina sulla cresta di Quarto San Lorenzo 25- la cima di Quarto San Lorenzo o Cima Castelluccio con la solita pietra di indicazione.26- La cresta di salita tutta illuminata dal sole, vista da Quarto San Lorenzo con il sentiero che scende da Forca di Pala per il Lago di Pilato visibile nel ghiaione a destra.27- Piena fioritura sulla cresta per la Cima dell’Osservatorio28- Castelluccio visto dalla cresta.29- La Cima dell’Osservatorio con i due suoi canaloni Nord, a destra la Cima del Redentore.30. La sottile cresta Est della Cima dell’Osservatorio che precipita verso la Valle di Pilato, con la zona franata, in corrispondenza del dente da cui emerge dietro il Gran Gendarme.31- La parte finale della cresta della foto precedente.32. Il punto da dove ho scattato la foto n.30 33- Altra cima (Cima dell’Osservatorio) ….altra traballante pietra che sicuramente cadrà con le prime bufere invernali.34- La rara Saxifraga sedoides nel versante Nord della Cima dell’Osservatorio. 35- Il raro Cerastium thomasii nel versante Nord della Cima dell’Osservatorio. 36- Fringuello alpino colto in volo.37- La cresta Est della Cima di Forca Viola descritta nel presente itinerario con l’intaglio della trincea sismica delle foto 13-14 visibile anche dalla Cima dell’Osservatorio.38- Il Gran Gendarme e “la Conca” del Pizzo del Diavolo con i ghiaioni sottostanti riempiti dai detriti delle frane dell’Ottobre 2016. 39- Le cenge sopra “la Conca” riempite dai detriti delle frane dell’Ottobre 2016. 40- Il versante Nord del Pizzo del Diavolo con la grande frana (roccia più chiara) prodotta dal sisma dell’Ottobre 2016. 41- Il versante Nord del Pizzo del Diavolo sconvolto dal sisma del 2016 con ancora grandi massi in bilico, sullo fondo escursionisti alla Sella delle Ciaole. 42- Luci ed ombre verso le cime del gruppo Nord dei Monti Sibillini. In primo piano la Cima di Forca Viola, a destra Il M. Argentella in ombra, il Sasso di Palazzo Borghese illuminato, il M. Porche in ombra a sinistra quindi il Pizzo Berro a destra , il M.Rotondo al centro e sullo sfondo appena visibile il lontano M. San Vicino.43- Squarcio di luce sui campi di Castelluccio.44- Durante la discesa mi imbatto in un cerchio delle fate con grandi Psalliota macrospora.45- E per concludere, giunto nei pressi di Forca Viola attraverso una rigogliosa stazione di Leontopodium nivale a quota relativamente bassa per la specie.
Foto dei versanti e Piante satellitari del percorso proposto. Giallo: Itinerario di avvicinamento. Rosso: Salita estiva proposta. Celeste: salita invernale proposta. Verde: itinerario di discesa estivo e invernale
46- La Cima di Forca Viola con il percorso estivo, versante Est vista dal Monte Torrone. 47- La Cima di Forca Viola, versante Nord vista dal Monte Argentella 48- La Cima di Forca Viola con il percorso invernale, versante Ovest vista dal Casale dell’Argentella. 49- La Cima di Forca Viola con il percorso invernale, versante Ovest vista da Castelluccio. 50- Pianta satellitare dei percorsi proposti.51- Dettaglio
PASSO CATTIVO Sotto alle pareti del versante Ovest da Macchie di Vallinfante.
Dopo essere stati tra i primi a raggiungere il Passo Cattivo dopo il sisma del 2016 (vedi reportage), a quasi quattro anni di distanza per aspettare condizioni più sicure ed evitare scariche di sassi ho raggiunto la base delle pareti del versante Ovest dove si sono staccate le gigantesche frane documentate nel 2017.
L’itinerario più entusiasmante parte dalla frazione di Macchie di Vallinfante, ridotta ad un cumulo di macerie, una frazione di Castelsantangelo sul Nera (itinerario 1).
Anche questo itinerario, a quanto mi risulta, non è riportato nella bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini ma solo nella cartografia anche se abbastanza conosciuto e stranamente segnalato, la traversata sotto al Passo Cattivo è impegnativa in quanto su terreno ripido e pietroso, tenendosi al margine del bosco non vi sono pericoli di caduta massi.
Oppure per semplificare si può partire dal Parcheggio del Cornaccione o dal tornante prima della sbarra (itinerario 2) raggiunto abbastanza comodamente tramite la strada sterrata da Frontignano (senza segnali nel paese).
ACCESSO ITINERARIO 1: Si raggiunge in auto la frazione di Macchie di Vallinfante, passando per il capoluogo Castelsantangelo sul Nera, dove si parcheggia
DESCRIZIONE ITINERARIO 1: Dal paesino o da quello che ne è rimasto, si prende il tratturo che , dopo una brusca curva, risale la valle in direzione delle pareti di Passo Cattivo. Il sentiero si snoda in una comoda salita e , tralasciando tutte le deviazioni secondarie che si incontrano ai lati, in circa 30 minuti si raggiungere un nucleo boschivo dove parte una evidente deviazione sulla destra (352762,8 E – 4751623,1 N; 1450 m.). Qui si hanno due possibilità:
ITINERARIO 1 DESTRO (in salita) : se si prende la deviazione a destra ci si inoltra nel bosco e in altri 30 minuti si raggiunge Poggio della Croce (353066,6 E – 4750982,2 N; 1623 m.) , il lungo crestone erboso che domina la vallata alla sinistra rispetto alla salita.
ITINERARIO 1 SINISTRO (in salita) :oppure si prosegue il tratturo su prato e in altri 30 minuti si raggiunge la base di uno sperone roccioso dove il sentiero si impenna e sale al suo fianco per condurre in breve alla Fonte del Lupo (352681 E – 4752174 N; 1700 m.) posta 200 metri più in alto che può essere visitata per poi ridiscendere alla base dello sperone dove parte il tracciato proposto della traversata sotto a Passo Cattivo, appena visibile.
ACCESSO ITINERARIO 2: Da Frontignano si raggiunge in auto il tornante (351411,5 E – 4751959 N; 1570 m) prima della sbarra del parcheggio del Monte Cornaccione oppure anche il parcheggio stesso.
ITINERARIO 2: Dal tornante parte un comodissimo tratturo praticamente in piano dentro alla pineta che in circa 30 minuti conduce alla Fonte del Lupo. Se si parte invece dal parcheggio del Cornaccione si sale per la strada di Passo Cattivo, a circa 1000 metri dal Passo Cattivo scende un evidente sentiero negli ultimi lembi di pineta che in 30 minuti dall’auto conduce anch’esso alla Fonte del Lupo.
ITINERARIO PROPOSTO (ACCESSIBILE SIA CON L’ITINERARIO 1 CHE CON IL 2) SOTTO ALLE PARETI DI PASSO CATTIVO: Sia da Poggio della Croce che dallo sperone roccioso prima della Fonte del Lupo parte un tracciato ad anello appena visibile che permette di traversare, in circa un’ora, la testata della valle alla base delle pareti di Passo Cattivo. Si può pertanto salire alla Fonte del Lupo, ridiscendere un po per il sentiero fino alla base del poggio roccioso (352832,3 E – 4752049 N; 1630 m.) per fare la traversata e ridiscendere a Macchie da Poggio della Croce. Il tracciato si snoda proprio nel bordo del bosco ed attraversa la base le tre conoidi delle frane cadute dal Passo Cattivo in modo da stare lontani da eventuali cadute di massi
RITORNO: Stesso itinerario di accesso.
Da Poggio della Croce è presente poi un vecchio ma evidente sentiero, non riportato nella bibliografia, (visibile nelle foto n.17-18) che si innalza verso il Passo Cattivo, che ho percorso più volte prima del terremoto e che in una salita ripida ma entusiasmante sotto ad alte pareti rocciose, conduce fino al Passo Cattivo. Questo tratto ancora ben visibile attualmente non è transitabile in quanto passa proprio attraverso la pericolosissima zona franata della Cima di Passo Cattivo a seguito del terremoto del 2016 eppure un incosciente ha tentato di percorrerlo, come visibile nelle foto n.14-15
Per fortuna, a forza di sonori e coloriti richiami verbali da parte mia ha capito il pericolo a cui andava incontro ed ha rinunciato all’impresa, se ne è ritornato sui più sicuri passi avendo ben cura di allontanarsi da me altrimenti si sarebbe preso anche ulteriori insulti ed ha pensato bene di ridiscendere per il Poggio della Croce anticipandomi.
Dopo gli strani incontri fatti nella recente uscita al Buco di Monte Berro (vedi nuovi itinerari), dopo questo ennesimo episodio e soprattutto dopo il particolare inverno trascorso, con tutti gli episodi di gente inconsapevole dei rischi a cui andava incontro che ho potuto osservare e che ho descritto nei miei vari itinerari, mi sono fatto l’idea che siamo giunti ad un punto di estrema necessità tale che chi frequenta la montagna dovrebbe obbligatoriamente seguire un corso di formazione con tanto di esame finale e rilascio di un patentino, simile ad una patente di guida, nautica, da lavoro o da raccolta funghi, che gli possa permettere di frequentare la montagna con un minimo di sicurezza e conoscenza sui rischi che essa comporta, come appunto guidare una macchina o peggio una moto,una barca, una attrezzatura da lavoro o saper raccogliere funghi commestibili, tutte attività che presentano elevato rischio.
1- Il sentiero segnato nel punto in cui si inizia la traversata sotto al Passo Cattivo, (352832,3 E – 4752049 N; 1630 m.) proseguendolo invece in salita si raggiunge la Fonte del Lupo2- Il sentiero che sale da Macchie verso la Fonte del Lupo, a sinistra si nota il lieve tracciato che si dirige verso le frane passando al margine superiore del bosco. 3- La Fonte del Lupo, in alto si nota il taglio della strada che conduce a Passo Cattivo4- La Cima di Passo Cattivo con la grande frana e con le grandi conoidi sottostanti.5- Le frane di Passo Cattivo viste dal poggio roccioso nel sentiero che sale alla Fonte del Lupo.6- Il poggio roccioso, anch’esso con una piccola frana, con il sentiero per la Fonte del Lupo che sale alla sua destra.7- Veduta del sentiero che sale alla Fonte del Lupo con sopra la strada per Passo Cattivo8- Avvicinamento alle conoidi di frane sotto a Passo Cattivo9- Le pareti strapiombanti sulla verticale di Passo Cattivo10- La prima grande conoide di frana, larga un centinaio di metri.11- Sorpassata la prima conoide di frana di bianchissima roccia proseguo verso Poggio della Croce.12- Uno dei tanti grandi massi caduti fino a dentro il bosco sottostante Passo Cattivo.13- Questo grande masso si è creato un passaggio tra gli alberi e si è fermato su una radura del bosco, in alto si nota la parete franata di Passo Cattivo con il bianco torrione ancora in piedi documentato nei nostri reportage.14- L’escursionista, visibile in basso a destra, che stava percorrendo il vecchio sentiero Poggio della Croce- Passo Cattivo stava raggiungendo il punto più pericoloso sotto alla grande frana della Cima di Passo Cattivo senza rendersi conto.15- L’escursionista, sempre in basso a destra, arrivato fin quasi sotto alla frana alla fine, a forza di avvertimenti verbali da parte mia, è ritornato verso Poggio della Croce.16- Discesa verso Macchie di Vallinfante visibile in fondo alla valle a destra.17- Immagine da Monte Cardosa della testata della valle di Passo Cattivo con il bosco attraversato nel suo margine superiore dal percorso proposto e le conoidi delle frane ben visibili,a destra sopra alle conoidi si nota il tracciato del vecchio sentiero Poggio della Croce – Passo Cattivo dove stava salendo l’incosciente escursionista.18- La valle di Passo Cattivo con gli itinerari proposti: GIALLO : PERCORSO DI AVVICINAMENTO E RITORNO ROSSO: PERCORSO PROPOSTO
19- MAPPA SATELLITARE DEL PERCORSO PROPOSTO
IL BUCO DI MONTE BERRO e altri strani incontri.
Il 1 giugno 2020, in una giornata nebbiosa, ho ripercorso la cresta che dal Monte Berro sale verso il Monte Castel Manardo, alla ricerca di un sito speleologico denominato “Buco di Monte Berro”. Ero passato altre volte nella cresta ma non mi ero mai interessato di questo pozzo o semplicemente era coperto dalla neve.
ACCESSO: Dalla Pintura di Bolognola si risale a piedi la strada che conduce alla Forcella del Fargno, dopo circa 200 metri si intercetta la deviazione (percorribile anche in auto) che sale a sinistra con diversi tornanti conduce ai campi da sci sommitali di Bolognola (Porta di Berro). Si prosegue la comoda strada sterrata attraversando in quota tutto il versante Nord del Monte Castel Manardo in direzione del Monte Amandola fino a raggiungere la cresta che bruscamente ci porta nell’erboso e meno ripido versante Est.
In corrispondenza della curva, a sinistra, una piccola cresta molto panoramica, rappresenta la cima di Monte Berro.La strada prosegue e conduce Verso Monte Amandola quindi al Casale Grascette – Casale di Forcella Bassete – Casale Rinaldi , nell’alta Val D’Ambro.
DESCRIZIONE: Dalla curva della strada si sale direttamente la cresta sovrastante, senza tracciato, dapprima in lieve salita quindi si innalza e si inizia ad incontrare delle piccole trincee parallele prodotte probabilmente da vecchi terremoti. In circa 30 minuti dalla strada si raggiunge una profonda trincea dove si nota nel suo margine destro il Buco di Monte Berro, un pozzo largo circa 50 centimetri che si inoltra nelle viscere della montagna (357911 E – 4759404 N; 1780 m).
Dal pozzo non esce aria indicando che non ha estensione lunga ma infilandosi nel buco si può osservare che scende almeno per una decina di metri, probabilmente è un pozzo cieco prodotto da fratture sismiche in quanto una grande faglia (quella del versante Est dei Monti Sibillini) passa proprio a poche centinaia di metri da questo luogo.
Dal Buco si prosegue la salita in cresta fino ad una paretina rocciosa che si risale a sinistra e in breve ad intercettare una vecchia strada che conduce alla Fonte Gorga, a circa 450 metri sulla destra, dove è presente una captazione con il tetto sfondato ed un fontanile che, ormai anch’esso come molte altre fonti dopo il terremoto del 2016, non porta più acqua ma la zona comunque è piena di piccole vene di acqua (357238,3 E – 4759171,4 N; 1845 m).
Dalla Fonte si risale in direzione sud-ovest per prati fino alla cima del Monte Castel Manardo.
DISCESA: Dalla cima del Monte Castel Manardo si può ridiscendere più velocemente per l’itinerario classico di salita passante per la cresta Nord , la Porta di Berro e i Campi da Sci di Bolognola fino a riprendere la strada percorsa per l’accesso ll’itinerario.
L’escursione è stata interessante anzitutto per la nebbia, anche se non mi ha permesso di fare molte foto, che oltre i 1600 metri ha reso la visibilità a non più di 20 metri creando una atmosfera particolare di avventura e poi per gli ennesimi insoliti incontri che ho fatto.
Il primo è stato un ragazzo che da solo e con la nebbia voleva andare verso il Rifugio del Fargno per raggiungere il Pizzo Regina in quanto non c’era mai stato, intelligentemente ha preso il mio consiglio di non avventurarsi con quel tempo in una zona che non conosceva ed è venuto con me, rendendosi conto poi di cosa significa la nebbia in montagna se uno non la conosce.
Il secondo incontro è stato uno sci di legno piuttosto pittoresco (uno solo !!!) per cui anche costoso, trovato nei pressi della fontana di Fonte Gorga che qualcuno probabilmente ha perso ma mi domando come l’ha perso se la fonte si trova in una conca pianeggiate nei pressi della cima del Monte Castel Manardo, cioè non è potuto cadere da sopra perché sopra non c’è un pendio tale da poter perdere uno sci o se l’ha perso in questo luogo poteva sicuramente recuperarlo senza rischio per cui tale ritrovamento rimane un fatto inspiegabile . Ho guardato intorno ma non ho ritrovato ne il secondo sci ne il padrone !!!!!!
Terzo incontro molto più raccapricciante, sempre nei pressi della fonte, è stato il ritrovamento di una soletta di scarpa in plastica rigida con pianta molto lunga e stretta probabilmente da donna e con un tacco di un paio di centimetri, senza alcuna suola esterna. Per curiosità, se qualcuno riesce a spiegarmi la provenienza e l’utilizzo di questo accessorio ho riportato le foto di entrambe i lati della soletta in quanto io non riesco a spiegarmelo. Per curiosità e per non lasciare immondizia sulle montagne ho portato a casa la soletta e la farò visionare ad un mio cliente esperto in calzature per avere una risposta.
Di seguito le poche immagini della ascensione.
1-2 Il Buco di Monte Berro23- Fonte Gorga ormai senza acqua.4- Particolare dello sci ritrovato nei pressi della fonte.5 – 6 La strana soletta ritrovata nei pressi della Fonte, vista da entrambe i lati.67- Il versante Nord del Monte Castel Manardo con il percorso proposto, visto dal Monte Sassotetto, in primo piano il Monte Valvasseto con la palestra di arrampicata a destra.Veduta satellitare del percorso proposto. GIALLO: Itinerario di avvicinamento ROSSO: Percorso proposto VERDE. Itinerario di discesa
ESCURSIONI BOTANICHE IN APPENNINO.
Nei mesi di Maggio e Giugno, periodo massimo di fioritura, ho effettuato diverse escursioni nell’Appennino Centrale, tra Marche ed Umbria, a sfondo botanico, alla ricerca di piante rare.
1- DINTORNI DI FANO, alla ricerca della Polygala pisaurensis, endemismo esclusivamente Marchigiano, delle Provincia di Pesaro e Ancona, ritrovata in garighe ed incolti a poca distanza dal mare, in luogo di cui non posso fornire indicazione al fine di salvaguardare tale specie unica al mondo ed a rischio per la distruzione delle zone incolte della costa Pesarese.
1- Polygala pisaurensis2- dettaglio dell’infiorescenza di Polygala pisaurensis
2- GOLA DELLA ROSSA E FRASASSI – Preappennino Fabrianese. Nelle pareti rocciose verticali della Gola della Rossa e della Gola di Frasassi cresce la Moehringia papulosa, un’altro endemismo unico al mondo, tutto Marchigiano, (analogo alla Polygala pisaurense descritta sopra), la stessa si ritrova anche nella Gola del Furlo.
Inoltre nelle pareti si ritrova anche la vistosa Campanula tanfanii, endemismo dell’Italia centrale.
3- Moehringia papulosa nelle piccole fessure delle pareti della Gola della Rossa4- Moehringia papulosa nelle pareti strapiombanti all’imbocco della Grotta di Frasassi. 5- Dettaglio della Moehringia papulosa 6- Campanula tanfanii nelle pareti ai lati delle vie di arrampicata di Ponte Chiaradovo – Gola della Rossa.
3-GOLA DI PIORACO: In questa gola sono stato alla ricerca della Cardamine monteluccii, altro endemismo Italiano, pianta rara alta circa 20-30 centimetri con piccoli fiori bianchi che non la rendono affatto appariscente, cresce nei boschi a ovest appena fuori l’abitato di Pioraco, lungo la strada per Sefro.
La pianta si distingue dalla più comune Cardamine graeca (che cresce anche nel mio giardino) che presenta silique provviste di alette e cresce invece nei boschi a nord lungo la strada per la frazione di Seppio, esattamente nel versante opposto del Monte Primo.
7- Cardamine montelucii8- Siliqua di Cardamine monteluciii, senza alette laterali.9- Siliqua di Cardamine graeca con le caratteristiche alette laterali (campione di erbario)10- Siliqua di Cardamine montelucii senza le caratteristiche alette laterali (campione di erbario)
4- VETICE – SAMARA Per l’itinerario classico nel versante Est de Il Pizzo da Vetice.
11- Il Pizzo e a destra il Poggio della Croce visti dai Campi di Vetice.12- Melitaea su Sanguisorba13- La Lecceta del versante Sud de Il Pizzo, unica dei Monti Sibillini.14- In questo versante della montagna convivono alla stessa quota, circa 1000 metri, Faggi (a sinistra) e Lecci (a destra).15- Anthericum liliago16-Ophrys bertolonii.17- Zigaena 18- Le Pisciarelle viste dal versante di fronte, una grossa valanga ostruisce ancora il piazzale di ingresso all’Infernaccio19- Il versante Nord di Monte Zampa, a sinistra la lunga cresta risalita da un nostro itinerario.20- Saxifraga australis21- Sandro, il mio amico botanico, all’imbocco del canalone del versante Sud de Il Pizzo.
5- MONTE BICCO Dal Parcheggio del M. Cornaccione per l’itinerario classico dalla Forcella Passaiola per la cresta Nord, per osservare la tipica fioritura primaverile di alta quota.
22- La Croce di Monte Bove con le Quinte segnate dal terremoto del 2016.23- La cima di Monte Bove Nord e la fonte di Val di Bove nel prato verde centrale24- La strada per la Forcella Passaiola ancora costellata di massi caduti dalla cresta sovrastante con il terremoto del 2016.25- Iberis saxatilis26- Thlaspi stylosum.27- Ranunculus brevifolius28- Vitaliana primulaeflora,29- Brada aizoides30- Gentiana verna31- Il bosco sotto alla Passaiola “potato” a due metri di altezza dalle mucche che d’estate pascolano in Val di Bove.
-6 MONTE RAGNOLO. Escursione classica per osservare la fioritura nei prati di media quota.
32- Panorama verso Sud, Il Pizzo Regina sullo fondo, il Monte Acuto e il Pizzo Tre Vescovi a destra.33- Il Monte Rotondo sullo sfondo, la Punta Bambucerta avanti e tra i due la Val di Tela, a destra invece la Valle dell’Acquasanta.34- Paeonia officinalis.35- Asphodelus albus 36- Globularia meridionalis37- Coronilla 38- Helianthemum anummularium.
7- PIAN PICCOLODI CASTELLUCCIO: Dalla strada Castelluccio – Forca di Presta , scesi per tratturo che percorre il tratto finale del Pian Piccolo fino al Laghetto omonimo, in una zona pochissimo frequentata dai turisti, fioritura dei campi coltivati molto particolare e poco vista.
Con l’occasione abbiamo scoperto la seconda stazione per l’Umbria di una specie esotica, laCalystegia hederacea (o Convolvulus wallichianus) , una pianta alloctona di origine asiatica ritrovata in Italia solo al Pian Perduto (Marche) e Piano Grande (Umbria) , pianta infestante con portamento rampicante, si differenzia dai nostri convolvolus per le foglie simili all’edera (da cui il nome), cresce ai margini dei campi coltivati, principalmente di legumi, e non è ben chiara la sua presenza a Castelluccio.
Non è da ipotizzare che sia giunta fino in Italia trasportata da uccelli migratori in quanto le rotte migratorie dalla Cina e Giappone dove cresce la pianta, non si sviluppano lungo i paralleli ma solo lungo i meridiani.
Mentre è ipotizzabile che sia giunta con qualche carico di sementi di origine non proprio autoctona, il che la direbbe lunga sulla qualità dei prodotti tipici del territorio.
39 – 42 La fioritura dei campi coltivati ai margini del Pian Piccolo.40414243 – 45 Eccezionale fioritura di Silene alba e papaveri . 444546- Sandro intento a scattare una foto al campo di Silene.47- Bistorta officinalis48- Armeria canescens 49 – 50 L’esotica Calystegia hederacea o Convolvulus wallichianus, seconda stazione per l’Umbria50
Dopo una settimana, sempre con il mio amico botanico Sandro e altri appassionati siamo andati invece nella parte iniziale della vallata del Pian Piccolo passando dalla parte opposta rispetto alla prima escursione e cioè dal Valico di Castelluccio, abbiamo visitato le varie zone umide del Piano e siamo arrivati fino al Laghetto, di seguito le immagini dell’escursione.
51- il Piano Grande visto dal Valico di Castelluccio.52- Astragalus danicus.53- Carex buxbaumii, pianta rarissima che cresce negli acquitrini del Piano, in Italia la si ritrova solo in Umbria appunto in questa zona, Trentino, Friuli e Abruzzo. 54- La piccolissima e rara felce Ophioglossum vulgatum nelle doline più umide del piano.55- Dianthus deltoides.56- Il Laghetto a sinistra e una vasta zona torbosa umida al centro colorata di giallo da migliaia di fiori di Leontodon hispidus57- Le tre diverse foglie diverse del rarissimo Ranunculus pedrottii che cresce ai bordi degli acquitrini. 58- La viola canina nelle doline più umide.59- Il particolare fiore del raro Trifolium spadiceum. 60- Sphagnum subsecundum nelle torbiere del Piano.61- La particolarissima forma della rara Euphorbia esula nella strada che da Castelluccio scende a Norcia.
Ed al ritorno ci siamo fermati in Valnerina per fotografare un arbusto monumentale, una pianta di Ephedra nebrodensis vecchia di alcune centinaia di anni.
8- MONTE CARESCHIO – MACERETO: escursione da Macereto al Monte Careschio, una immersione in prati pieni di colori e di profumi.
51- Salita al Monte Careschio, di fronte al Gruppo del Monte Bove52- I prati in fiore del Monte Careschio con mia figlia Miriana.53- La Croce di Monte Rotondo vista dal Monte Careschio. 54- Meritato riposo nei prati, di fronte il Monte Banditella visto dal Monte Careschio. 55- Neotinea tridentata56- Linum alpinum57- Ophrys fuciflora58- la vistosa infiorescenza della Salvia pratensis59- I prati in fiore con Linum alpinum (celeste) , Helianthemum apenninum (bianco) , Heliantemum nummularium (giallo) e pieni di profumi della cima di Monte Careschio.
9- COLLI DEI CASTELLI DI JESI: Strada che sale da Pozzetto di Moie per Montecarotto (AN), a circa 2 km da Pozzetto in corrispondenza di una frana che rende la strada ad una sola corsia, nel bordo superiore della strada ho ritrovato una stazione del rarissimo Dracunculus vulgaris, una Aracea insolita con un spata fiorifera molto grande, anche fino a 50 centimetri, di colore rosso scuro e che emana odore di carne marcia per attirare le mosche impollinatrici.
60- Giovane pianta di Dracunculus vulgaris con il caratteristico tronco chiazzato. 61- il grande ed insolito fiore del Dracunculus vulgaris.
LE SORGENTI DEL RIO SACRO – IL CALDERONE
Dopo oltre due mesi finalmente siamo usciti, il 17 maggio 2020 con Stefano e Adriano siamo andati nella Valle di Rio Sacro ripercorrendo l’ultimo itinerario che avevo descritto proprio per dare modo ai miei amici di visitare la valle, a cui rimando per la descrizione dell’accesso.
Stavolta, oltre a visitare per devozione la Grotta dello Scortico, dove abbiamo ritrovato una rara pianta di cui riporto scheda in fondo all’articolo, abbiamo risalito completamente la Valle fino alle Sorgenti del Rio Sacro poste in un luogo selvaggio e sconosciuto, denominato in zona “il Calderone” in quanto si giunge dentro una forra con alte pareti rocciose di forma vagamente cilindrica dove termina la valle.
Tale itinerario non è descritto nella bibliografia dei Monti Sibillini, è lungo, 18 chilometri di andata e ritorno e faticoso in quanto, pur non essendoci molto dislivello, si parte da 750 metri e si raggiungono i 1200 metri di quota, per oltre la metà dell’itinerario non ci sono sentieri e occorre risalire una valle selvaggia con folta vegetazione e fondo sconnesso con salti, massi e difficoltà di cammino.
Per l’accesso alla Valle di Rio Sacro, alla Grotta dello Scortico e ai Cascinali rimando all’itinerario ” LA BADIA DI RIO SACRO”.
Per raggiungere invece “il Calderone” , dai Cascinali si prosegue la strada sterrata per un altro chilometro circa, si intercetta una deviazione a sinistra (42°59’35” N – 13°09’52” E) che conduce al “Poggiolo” e quindi al Casale Gasparri, ovviamente senza segnaletica ma indicato semplicemente con un bastone piantato a terra con alcune pietre di fianco alla strada, si prosegue altri 100 metri fino a che la strada termina in corrispondenza di un ampio slargo (1,15 ore dall’auto; 12°59’32” N – 13°09’47” E, 900 m).
Dallo slargo si prosegue nel bosco a sinistra per traccia di sentiero, mantenendosi sempre alla sinistra del torrente. Dopo circa 300 metri scende da sinistra un fossetto incassato con fondo ghiaioso (42°59’7,7″ N – 13°9’34,4″ E) che si risale per prendere un evidente sentiero che gira bruscamente a destra ed inizia ad attraversare una alta faggeta. Il sentiero risale la valle ad una decina di metri di quota rispetto al torrente che avrete sempre sulla vostra destra.
Se guardate bene su un faggio a destra del sentiero si trova infissa una vecchia lapide votiva (42°59’13” N – 13°9’35,3″ E, foto n.12-13) e successivamente grossi faggi con vecchie scritte sul tronco (foto n.11). Si prosegue il sentiero fino a che scende nel greto del Rio Sacro.
Qui iniziano le difficoltà in quanto bisogna risalire il torrente guadando più volte a destra o a sinistra a seconda delle condizioni delle sponde e della folta vegetazione o addirittura passare dentro il letto del torrente in quanto la zona non è frequentata e pertanto non ci sono sentieri.
Durante la risalita si incontrano anche diverse piattaforme di vecchie carbonaie con resti di carbone ancora a terra e a circa metà percorso sulla destra in alto scende anche una fresca sorgente proveniente dal Fosso le Frascare che scende dal versante Est del Monte la Banditella.
Dopo circa un’ora di faticosa risalita della valle il torrente si asciuga e si raggiunge una ampia ed alta faggeta con alberi secolari con sottobosco tappezzato di Allium ursinum (aglio orsino) che conferisce alla zona un intenso odore di aglio, si prosegue la valle che inizia a risalire tra pareti rocciose e dopo altri 30 minuti si divide e forma due strette forre (42°58’43” N – 13°09’51” E, 1150 m). I due rami finali della valle si possono risalire entrambe facendo attenzione alle rocce bagnate scivolosissime di alcuni salti rocciosi presenti nel fondo della forra, il ramo di sinistra è più stretto e tortuoso, si toccano entrambe le pareti con le mani, quello di destra è più largo ma entrambe terminano in un imbuto roccioso che non permette di vedere alcun panorama oltre ad un cerchio di cielo, la loro forma vagamente cilindrica ha dato il nome di “Calderone” alla zona. Il Calderone del ramo destro, da cui scende a monte la Fonte di Rio Sacro, presenta pareti più alte stillicidiose ricoperte di una folta vegetazione di verdi muschi, nonostante sia il mese di Maggio non scendevano che pochi rivoli di acqua, ricordo di esserci stato alcuni decenni fa ai primi di luglio e ancora scendeva una cascata di acqua.
L’ambiente è adatto per chi vuole trovare e cimentarsi con una natura ancora selvaggia e lontana da luoghi frequentati.
Per il ritorno si segue lo stesso itinerario.
1- La Grotta dello Scortico ancora annerita dalla fuliggine dei fuochi che accendeva il pastore di Acquacanina che la frequentava con le sue pecore, soprannominato appunto “lo Scortico”. 2- Gli alti faggi presenti nell’alta valle di Rio Sacro.3- Muretto a secco di una vecchia carbonaia ricoperto di muschio. 4- La faggeta prima della forra con il sottobosco tappezzato da Aglio orsino. 5- Una piccola meraviglia della natura, gallerie di larve di Scolytinae (piccoli coleotteri) su un vecchio tronco senza corteccia, La femmina prepara una galleria sotto alla corteccia dove depone le uova, dopo la schiusa, le larve si allontanano dalla galleria iniziale ognuna per la sua “strada” cibandosi del legno marcio fino a che, cresciute, escono dalla corteccia lasciando le tracce sul tronco sottostante (Ph. Stefano Ciocchetti).6 – 7 -8 Il “Calderone” ramo orografico sinistro (destro in risalita) con la sua alta parete stillicidiosa rivestita di muschi.789- 10 Risalita della forra del ramo destro orografico, si risale tra alte e strette pareti di bianca roccia, in fondo un piccolo puntino rosso, Stefano che sale.1011- Uno dei diversi tronchi di faggio intagliati da vecchi pastori, oltre alla scritta inneggiante Stalin (con la N al contrario) sotto si legge la data 20/08/(19)26.12- 13 La lapide a ricordo di una avvenuta disgrazia del 1943 ormai inglobata nel tronco di un Acero.13
CURIOSITA’ BOTANICA
All’interno del recinto della Grotta dello Scortico, delle dimensioni di 15 metri per 20 metri di profondità, abbiamo casualmente ritrovato la seconda stazione per i Monti Sibillini della Asperugo procumbens, una rara pianta strisciante con rametti lunghi anche diverse decine di centimetri, provvista di piccolissimi aculei che attaccandosi ai nostri pantaloni ci ha fatto notare questa stazione altrimenti la pianta passa inosservata in quanto produce dei fiori azzurri piccolissimi, inferiori ad un centimetro, che non la rendono affatto visibile.
La stazione è costituita da una ventina di piante, si ritrova solo dentro alla grotta e occupa una superficie di 4-5 metri quadri, è stata segnalata al mio amico Dott. Sandro Ballelli, esperto botanico UNICAM.
14- La Grotta dello Scortico con, a destra sotto all’arbusto, la stazione ad Asperugo procumbens.15- Mia figlia Miriana con cui sono ritornato a fare le foto, ai piedi della stazione fornisce le dimensioni .16- La Asperugo procumbens con il suo portamento strisciante17- I rametti con corpo fruttifero della Asperugo proumbens ricoperti di piccoli aculei.18- I piccolissimi fiori della Asperugo.19 – 20- Nella sabbia del pavimento della grotta sono presenti anche dei curiosi fori imbutiformi prodotti dalle gocce d’acqua che cadono dal soffitto.20
LA BADIA DI RIO SACRO
Aspettando che passi questa epidemia di Coronavirus per poter ritornare in montagna, l’ultima ascensione è datata 5 marzo 2020, riporto l’itinerario per la ricerca dei ruderi della vecchia Badia di Rio Sacro.
Parlando giorni fa con alcuni amici che avevano intrapreso invano la ricerca dei ruderi della Badia e della Grotta dello Scortico nell’ottobre 2019 nella Valle di Rio Sacro ed essendoci stato praticamente un anno fa, il 27 aprile 2019, ho rispolverato le foto fatte quel giorno, anche se non di ottima qualità a causa della giornata nuvolosa e riporto la descrizione dell’itinerario sia per ritrovare i ruderi della vecchia Badia che della Grotta dello Scortico . Di quest’ultima ho riportato la descrizione di raggiungimento nel mio secondo libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” che potete scaricare e quindi consultare in questo sito ma che, per mancanza di segnaletica, attualmente non risulta di facile ritrovamento.
Per l’accesso e raggiungimento rimando alla pagina 15 del libro, per trovare il punto di salita alla Grotta dello Scortico, dalla strada, una volta raggiunto il greto del torrente (30 minuti dalla strada dove si parcheggia l’auto) si continua su un tratto rettilineo per circa 100 metri, si intercetta a destra un altissimo pioppo, si continua per altri 200 metri in rettilineo fino ad intercettare un secondo pioppo gigantesco inconfondibile sulla sinistra della strada, l’unico della zona, di fronte il quale avevamo posto un omino di pietre che spero sia ancora presente.
Fino a qualche anno fa era presenta un vecchio cartello di legno indicante il punto di salita per la Grotta ma attualmente è mancante, come del resto della segnaletica dei Monti Sibillini.
Si prosegue per 10 metri fino a trovare sia a destra che a sinistra della strada altri due omini di pietra, in questo punto ci si addentra nel bosco a destra dove c’è un quarto omino di pietra che individua la traccia di sentiero che conduce alla Grotta dello Scortico.
Si confermano le coordinate UTM della strada nel punto in cui si sale per la Grotta indicate nel libro o, in alternativa, le seguenti: 43° 00′ 7,5” N – 13° 10′ 41″ E
Seguire poi le indicazioni a pagina 15 e 17 del mio libro a cui si rimanda.
1- Alba nella valle di Rio Sacro con alone solare2- Risalendo la valle non si può non notare il grande Pioppo.3- Il punto di salita alla Grotta dello Scortico visto scendendo dalla valle.
Una volta visitata la Grotta si ridiscende alla strada e si prosegue verso i Cascinali. Dopo circa 300 metri dal punto di salita alla Grotta ci si trova in un altro punto caratteristico della valle.
Un rettilineo con una barriera rocciosa a destra della strada con un grande Tasso (Taxus baccata) che si sporge verso il fiume direttamente dalla parete rocciosa, poco prima di uno slargo della roccia che forma un riparo naturale.
Osservando bene la parete rientrante dello slargo roccioso si nota a sinistra un vecchio tronco di albero incastonato nella parete e a destra una finestra naturale rettangolare laterale, a circa 6 metri di altezza. Nella finestra mi ricordo che fino a 20 anni fa c’era una cornice recante una immagine sacra ormai scolorita che i pastori di Acquacanina avevano posto moltissimi anni fa. Mi sono pentito di non averla fotografata mai.
All’interno della finestra ancora si vedono i chiodi di aggancio della cornice e per terra tra le sterpaglie ho avuto la fortuna di ritrovare ancora riconoscibili i listelli di legno che componevano la cornice caduti dalla parete.
4- Proseguendo la valle di Rio Sacro si raggiungono le prime pareti rocciose dove si apre un caratteristico slargo. 5- La parete dello slargo che forma un riparo naturale .6- Zoom sul vecchio tronco incastonato sulla roccia che sembra riprendere vita, si notano dei nuovi ramoscelli verdi.7- Zoom sulla finestra dove si vedono ancora due chiodi con del filo di ferro tra i due rametti verdi che fissavano la cornice con immagine sacra.8- Due listelli ancora riconoscibili che componevano la cornice di legno incastonata nella finestra rocciosa.
Proseguendo la risalita della valle in altri 20 minuti circa si raggiunge un ampio slargo che termina poi con un brusco restringimento della valle che forma una breve forra rocciosa.
Questa è la zona dove sorgono i cosiddetti “Cascinali”, piccole costruzioni in pietra a secco che erano anticamente utilizzate d’estate dai pastori di Acquacanina.
Si ma il visitatore che arriva per la prima volta qui si domanda “dove stanno queste costruzioni ?” A prima vista non si vedono poi avvicinandosi al restringimento della valle, guardando bene sulla destra si notano dei pezzi di muri a secco che difficilmente emergono a tratti da una lussureggiante vegetazione. Sono i resti dei Cascinali.
Per raggiungere invece i ruderi della Badia risulta più agevole continuare la strada passando oltre il restringimento roccioso subito dopo i Cascinali e dopo circa 30 metri salire il pendio boscoso a destra dove si trova una traccia di sentiero. Si risale mantenendosi verso destra fino a raggiungere un plateau di fianco allo spuntone roccioso che forma la strettoia nel fiume, qui sorgono dei ruderi di piccoli edifici cui quello più grande verso Nord dovrebbe essere stato la Badia riadattata poi nei secoli a Cascinale.
Si può notare infatti che un montante della porta, ancora in piedi, è anzitutto fatto con mattoni e pietre murate al contrario delle altre casine dei Cascinali che presentano tutti dei perfetti muretti a secco realizzati con molta maestria e soprattutto tiene ancora incastonate nella struttura muraria delle cosiddette “pietre spugna” o “pietre sponga” ossia blocchi di travertino molto più teneri della pietra calcarea che compone le nostre montagne.
Probabilmente gli eremiti che vivevano nella Badia avevano utilizzato tali pietre spugna per decorare la struttura della Badia in quanto facilmente modellabili, infatti una di esse presenta delle lavorazioni ancora visibili (foto n.15).
Importante è notare che nella Valle di Rio Sacro non si trovano affioramenti di travertino, ma allora da dove proviene? Ebbene nei pressi dell’attuale Lago di Fiastra e più precisamente a monte della strada che lo costeggia, poco prima dell’incrocio per Podalla, è presente un grande affioramento di questa pietra spugna molto usata dagli abitanti del luogo proprio per la sua facilità di essere modellata. Attualmente l’affioramento roccioso è franato con il terremoto del 2016 ed aveva anche reso inagibile il tratto stradale per parecchio tempo.
Quindi i monaci della Badia che avevano un notevole influenza nella valle si erano fatti portare fino a Rio Sacro delle pietre spugna per decorare la loro chiesa.
9- Grosso Cervo nei pressi dei Cascinali.10- La zona dei Cascinali e il luogo dove sono presenti ancora i ruderi della vecchia Badia.11- Il restringimento della valle a formare quasi una breve forra subito dopo i Cascinali12- Il punto oltre la strettoia dove si sale a destra per raggiungere i ruderi della Badia. Di fronte sulla destra in alto è presente un caratteristico scoglio strapiombante dove mio nonno e i suoi amici da ragazzi si mettevano a cavalcioni !!!!13- I ruderi della ex Badia trasformata poi nei secoli in Cascinale. Si nota nel montante della porta ancora in piedi e sul muro laterale delle grandi pietre spugna di sostegno provenienti molto probabilmente dalla chiesetta.14- Immagine laterale della foto n.13 dove si vede bene la pietra spugna di sostegno del montante le mura perimetrali cementate e non a secco come negli altri Cascinali più a valle.15- Una pietra spugna caduta che reca segni inconfondibili di lavorazione artistica sul lato destro.15-Il muro perimetrale della ex Badia ricoperto ormai da una vegetazione quasi tropicale con vitalbe secolari.
La Badia di Rio Sacro ha origini antichissime, secondo quanto riportato nel libro LA BADIA DI RIO SACRO E LA VALLE DEL FIASTRONE scritto da Claudio Marinangeli della serie “I quaderni dell’Appennino Camerte” del 1971 lasciatomi da mio Nonno ed ormai introvabile, la Badia sembra essere stata fondata dai primi seguaci di San Benedetto che andarono a rifugiarsi nella valle del fiastrone, a Rio Sacro appunto e nella zona a valle del Lago di Fiastra dove sono presenti le cosiddette Grotte dei Frati, prima dell’anno 1000 in quanto è presente una bolla Pontificia di Celestino III datato 1192 dove elenca le ingenti proprietà della Badia di Rio Sacro, un dominio che non si era potuto formare in pochi anni.
Alla Badia fu concesso il contratto dell’enfiteusi, una pratica nota già nel diritto romano con la quale si dava in locazione terre incolte a scopo di dissodamento, da questa antica autorizzazione se così si vuole chiamare, nacque il Consorzio dei Particolari di Rio Sacro con il quale si regolavano le norme per l’utilizzo dell’agricoltura, silvicoltura e pastorizia della Valle.
Sinceramente non so se il Consorzio è ancora attivo perché gli anziani che conoscevo sono tutti scomparsi, probabilmente si perché gli abitanti di Acquacanina ancora utilizzano la Valle soprattutto per la produzione di legna da ardere, ho una copia dello statuto del 1853 rinnovato poi nel 1938, entrambe originali che mi ha lasciato mio nonno.
Spero di poterli rendere interamente consultabili sul mio sito insieme al volume sopra menzionato, per il momento allego solo le prime pagine.
Nella Badia era presente un Crocifisso molto probabilmente intagliato dagli stessi monaci e quindi di valore inestimabile che poi era stato trasferito alla Chiesa di S.Maria di Meriggio da cui nel 1972 fu rubato e mai ritrovato.
La leggenda narra che il crocifisso fu oggetto di un miracolo come si può leggere nella foto n.19 di un pagina del libro sopra menzionato.
16- Lo statuto del Consorzio datato 1853. 17- Lo statuto del Consorzio datato 1938. 18- Il crocifisso miracoloso della Badia di Rio Sacro ormai perduto, questa immagine ormai fa parte della storia della valle.19- La pagina del libro che narra della leggenda del Crocifisso con il commento scritto di proprio pugno da mio nonno sul furto del Crocifisso.20- Il restringimento della valle visto da monte, di fronte si vedono ancora i tronchi trascinati a valle dalle valanghe dell’inverno 2017. I Cascinali sono subito sulla sinistra. 21- L’ampio slargo della zona dei Cascinali che sono nascosti nella vegetazione subito a sinistra, di fronte si vedono ancora i tronchi trascinati a valle dalle valanghe dell’inverno 2017. 22- 23 Alcuni muretti dei Cascinali parzialmente ricoperti di vegetazione. 2324- La perfetta esecuzione del muretto a secco fatta da un abile maestro ha fatto sì che stia in piedi da secoli.25- Dentro al perimetro di un Cascinale, si nota sullo sfondo la forra del restringimento della valle.26 – 27 L’unico cascinale che rimaneva ancora in parte visibile il 27 Aprile 2019, confrontarlo con la foto n.28 !!!!!!. 27 28 – Il Cascinale della foto n. 26-27 fotografato il 7 marzo 1993 come visibile nella data, ancora presentava il tetto integro che però è caduto molti anni prima del terremoto del 2016 per abbandono, questa foto è riportata nel mio secondo libro, in 26 anni siamo riusciti a distruggere e far dimenticare un luogo storico nonostante sia dentro ai confini del Parco Nazionale che dovrebbe tutelare proprio queste cose.
Negli anni ’90 con mio padre ci venne l’idea di ritrovare e restaurare il cascinale di proprietà della famiglia di mio Nonno Angelo Renzi di Acquacanina ma incontrammo così tante difficoltà burocratiche tra i vari Enti ed Istituzioni che hanno competenze nella zona, anche sovrapposte e che neppure loro riuscivano a comunicare tra loro e non sapevano come poter affrontare tale richiesta e alla fine abbandonammo l’impresa. Non avevamo chiesto di costruire un rifugio ma semplicemente rimettere in sesto la piccola costruzione a secco solo per memoria storica almeno della nostra famiglia o almeno poterlo tenere pulito ma ci fu impedito anche questo ultimo gesto di buona volontà. Attualmente i cascinali, e anche la Grotta dello Scortico, sono praticamente dimenticati pur essendo riportati nelle carte geografiche dei Monti Sibillini. Mi meraviglio come nessuno si sia mai preoccupato di tenere pulita la zona, togliere le sterpaglie che ricoprono i cascinali e mantenere il ricordo di chi viveva in quei luoghi con grandi sacrifici e fatica. Eppure non si può dire che la valle non sia ancora sfruttata.
Le piante che sono state trascinate a valle fino ai Cascinali con le valanghe dell’inverno 2017 sono state tagliate e sono pronte per essere portate via, è stata sistemata la strada ma nessuno ha tagliato i rovi e le vitalbe che coprono le costruzioni. Mi viene da pensare che le Istituzioni che hanno potere di controllo nella zona non sappiano neppure della loro esistenza.
E per finire una ultima curiosità, risalendo la valle mi sono imbattuto in degli esemplari di Euphorbia cyparissias di aspetto piuttosto diverso dal normale, sono alcuni esemplari della specie botanica che sono stati parassitati da un fungo Uromyces pisi-sativi, che gli fa assumere quell’aspetto.
29 – Euphorbia cyparissias sana .30 – Euphorbia cyparissias parassitata dal fungo Uromyces pisi-sativi .
MONTE CASTEL MANARDO
Ascensione classica pomeridiana del 5 marzo 2020 con partenza dalla Pintura di Bolognola.
Montagne appena imbiancate oltre i 1700 metri e praticamente solo sui versanti Nord, come consuetudine di questo anomalo inverno.
Iniziato la salita con il sole ed in maniche di camicia, una spessa barriera di nuvole avanzava da Ovest, giunto in cima in 45 minuti di cammino è iniziato a montare un vento sempre più forte, durante la discesa addirittura è anche iniziato a nevicare.
Questa è la montagna, anche in una banalissima ascensione di alcune ore.
Di seguito le immagini della ascensione.
1- Il versante Nord del Monte Castel Manardo con la strada per il Monte Amandola giunti a marzo senza neve.2- L’uscita del canale Nord di Fonte Gorga, anch’esso senza neve.3- Veduta verso Il Monte Acuto, Pizzo Tre Vescovi e dalla parte opposta della vallata, il Monte Rotondo.4- Nei pressi della cima di Monte Castel Manardo, caratterizzata da prati di Falasco.5- Il Pizzo Regina con il palo che delimita il perimetro del Parco, che rappresenta nel migliore dei modi la sua situazione.6- Da destra il M. Acuto, Pizzo Tre Vescovi e Pizzo Berro.7- Sul Pizzo Regina già soffia vento. ma verrà peggio in pochi minuti.8- Le pendici Nord del Pizzo Regina con addirittura delle slavine arrivate fino al bosco, eppure la neve è pochissima e appena imbianca l’erba., sullo fondo il M.Sibilla.9- Il laghetto di Pescolletta, quasi asciutto e gelato con la neve solo sul versante Nord.10- Il Monte Acuto con le nuvole di maltempo.11-Le pendici superiori del Pizzo Regina con ancora una striscia di sole. 12- 13 Il versante Nord del Monte Sibilla emerge dalle pendici del Pizzo Regina. 13 14 – Il vento aumenta sulla cima di Pizzo Regina.15 – Dopo 15 minuti dalla foto n.14 16 – 17 Dopo altri 15 minuti della foto n.151718- Successione di creste dal Pizzo Regina, Monte Zampa (con sole), Monte Banditello, Monti della Laga e, in fondo, Gruppo del Gran Sasso.
SORGENTI DEL FIASTRONE Uscita fotografica
Il 22 febbraio 2020 ho effettuato una uscita prettamente fotografica nella Valle del Fargno, dall’Area Pic-nic poco più a monte di Bolognola fino alle Sorgenti del Fiastrone passando per i faggi secolari della zona della Grotta dell’Orso, in una meravigliosa giornata primaverile.
Unica nota negativa il greto del torrente Fiastrone asciutto per la mancanza di acqua e parzialmente ostruito da piante abbattute dall’uomo e dalle slavine degli anni precedenti, quale migliore occasione adesso per fare la pulizia dell’alveo, dopo non ci lamentiamo se avvengono inondazioni e disastri idrogeologici.
Ma ci sarà qualche ente o istituzione che ha l’obbligo di occuparsi di questi problemi ?
Di seguito le immagini della giornata.
1- Fiori di nocciolo (Corylus avellana).2- Bucaneve (Galanthus nivalis) quest’anno cresciuti praticamente nani per la mancanza di acqua.3- Verso le sorgenti del Fiastrone, di fronte le pendici est del Monte Rotondo.4 – 5 – 6 – 7 Uno dei faggi secolari della Grotta dell’Orso.5678- Veduta d’insieme dei due faggi secolari della zona della Grotta dell’Orso.9 – Piè di Gallo (Eranthis hyemalis) e Bucaneve (Galanthus nivalis) sullo sfondo.10 – Messa a fuoco invertita: Bucaneve (Galanthus nivalis) sullo sfondo e Piè di Gallo ( Eranthis hyemalis ) in primo piano. 11 – Piè di Gallo (Eranthis hyemalis) 12- Bellissimo cespuglio sempreverde di Daphne laureola.13 – 14 Ombre della faggeta1415 – 16 I salici (Salix caprae) si preparano ala fioritura.1617 Il greto del torrente Fiastrone asciutto per la mancanza di acqua e parzialmente ostruito da piante abbattute dall’uomo e dalle slavine degli anni precedenti, quale migliore occasione adesso per fare la pulizia dell’alveo, dopo non ci lamentiamo se avvengono inondazioni e disastri idrogeologici.