M. VETTORE E CIMA DI PRETARE

Il 7 febbraio 2019 da Forca di Presta abbiamo raggiunto la vetta del M. Vettore e poi siamo scesi fino alla Cima di Pretare, di seguito le immagini della salita.

ASCENSIONE N. 964 dal 1979

Il Rifugio Zilioli rivestito di galaverna
Il Pizzo del Diavolo
La cresta del Redentore
Sotto alla galaverna c’è la croce del M. Vettore
Cornici di neve sulla cresta per la cima di Pretare, sullo sfondo in Gran Sasso
Veduta verticale mozzafiato sull’imbuto del Canalino, a destra la Piramide
La cresta M. Vettore – Cima di Pretare
Verso la Cima di Pretare
Veduta dell’intero gruppo dei Monti Sibillini dalla cima del M. Vettore
La cresta da Forca Viola al Quarto S. Lorenzo e la Valle di Pilato
Il Canale Maurizi al Pizzo del Diavolo
La Cima del Redentore ed il Pizzo del Diavolo visti dal pendio del M. Vettore
Dopo 20 anni di onorato servizio e qualche migliaio di chilometri all’attivo anche il mio secondo paio di ramponi Cassin ha ceduto, spezzati a seguito di incastro su delle rocce durante la discesa dalla cima del M. Vettore. Una cosa che capita solo a chi va spesso in montagna. Per fortuna, con l’esperienza che ho, riesco comunque a camminare con il mezzo rampone che mi rimane.
La Cima del Lago



ANELLO DI CIMA CANNAFUSTO E GROTTA DI VALLELUNGA.

Anche questo itinerario proposto
non è descritto in altre guide, permette di effettuare un giro ad anello
attorno a Cima Cannafusto, cima dimenticata dei Monti Sibillini, sia perché
posta nel cuore della catena lontano dai classici punti di partenza per
escursioni e quindi difficilmente raggiungibile sia perché essendo una cima al
di sotto dei 2000 metri
di altezza viene considerata come “cima minore”.

L’itinerario, percorso il 12 settembre 2015, attraversa, su resti di un vecchio tracciato, dapprima tutto il versante est di Cima Cannafusto su pendii piuttosto ripidi, per poi girare nel versante nord quindi nel versante ovest e risalire in cresta per la dimenticata “Valle Orteccia”  ad una quota di traversata compresa tra 1600 e 1800 metri per poi raggiungere il punto più alto a 2100 m. di Cima di Vallinfante quindi, per cresta in lieve discesa, la Cima Cannafusto a 1975 m.

La prima parte della
traversata permette anche di raggiungere una ampia cavità posta nel versante
est di Cima Cannafusto che abbiamo battezzato la “Grotta di Vallelunga” in
quanto ben visibile solo nella parte finale dell’omonima valle risalendola da
Capotenna.

Il percorso è piuttosto lungo e faticoso ed è consigliato ad escursionisti allenati ed esperti che siano in grado di muoversi con sicurezza su terreni erbosi molto ripidi e che conoscono bene la montagna in quanto il tracciato è esile e in alcuni tratti non più visibile.

2- La seconda parte dell’itinerario. (notate la pianta isolata nel margine sinistro della foto, vedi foto 1 e la pianta isolata n.2 verso destra, al centro del ghiaione)
3- La terza parte dell’itinerario con l’ingresso, (non visibile da Cima Vallelunga) della “Grotta di Vallelunga”, (notate la pianta isolata n.2 al centro del ghiaione , vedi foto 2)
4 – La quarta parte dell’itinerario: il lungo corridoio erboso delimitato a valle da arbusti e ginepri.
5 – La quinta parte dell’itinerario

Accesso: L’itinerario ad anello prevede come
partenza il parcheggio di M. Prata.

E’ assolutamente
sconsigliato in inverno per la ripidezza dei pendii ed il rischio di slavine
che essi comportano.

Dal parcheggio si
prosegue a piedi per la strada sterrata fino a Fonte della Giumenta (354458,6 E
– 4748395,8 N ; 1790 m)
quindi si prende in salita il sentiero normale per il Monte Porche .

Dopo 20 minuti di salita,
giunti alla sella di quota 1980
m. (354858,7 E – 4748775,7 N) si lascia il sentiero che
si dirige verso destra nel versante ovest del M. Porche e si prende una esile
traccia verso sinistra (nord est) che attraversa ripidi pendii erbosi poi
sassosi e si dirige verso la sella posta tra il M. Porche e la Cima di
Vallinfante , a quota 2030 m.
(355021,7 E – 4749031,3 N) dove si scopre la Vallelunga (15 minuti).

Si scende liberamente in
circa 10 minuti la valletta erbosa sottostante fino alla sua confluenza con la
Vallelunga in prossimità di una strettoia rocciosa.

Appena terminata la
strettoia si presenta a destra, in direzione nord, una barriera rocciosa al di
sotto della quale, su un ripido ghiaione, parte in piano una lievissima traccia
di sentiero, punto di partenza della traversata proposta. (355355,9 E –
4749576,3 N; 1910 m.).

Descrizione itinerario: Dal ghiaione si prosegue in lieve
salita costeggiando le pareti rocciose sovrastanti seguendo sempre tracce di
sentiero.

Si attraversa così un ampio tratto
ghiaioso passando vicino a due caratteristiche piante isolate (vedi foto) fino
a raggiungere un tratto con più erba.

Percorrendo ancora il tratto erboso
in piano, alzando lo sguardo verso le sovrastanti pareti, si nota una ampia
cavità posta circa cinquanta metri più in alto (20 minuti).

La cavità, profonda una ventina di
metri e caratterizzata da una volta altissima, battezzata la “Grotta di
Vallelunga” può essere raggiunta risalendo faticosamente il ripido e scivoloso
pendio erboso sovrastante.

Dopo aver fatto la visita alla grotta
si riprende il tracciato scendendo lievemente, obbligati da pendii rocciosi.

Quindi si risale lievemente in
corrispondenza di un corridoio posto tra due fasce rocciose e caratterizzato da
una fascia ben visibile di alta e verdissima erba (falasco) e delimitato a
valle da arbusti e striscianti ginepri,  (20
minuti dalla grotta).

Questo corridoio è la chiave della
traversata e permette di scavalcare diversi ripidi canali che scendono dal
versante est di Cima Cannafusto verso la Vallelunga.

Terminata la serie di canali si risale fino ad un dosso (foto
n.5, 30 minuti) per poi ridiscendere nel versante opposto fino a raggiungere il
bordo inferiore di un ampio, ma meno ripido, ghiaione.

Si supera il ghiaione nel suo bordo inferiore e si prosegue
sempre in piano sul corridoio erboso, qui la traccia si perde e bisogna fare
attenzione a non salire di quota.

Lentamente si aggira la montagna, traversando su pendio molto
ripido, affacciandosi nel versante nord di Cima Cannafusto (tratto più
difficile del percorso).

Vedrete sotto ai vostri piedi Capotenna e di fronte il
ripidissimo versante sud di Pizzo Berro.

Una fascia di rocce obbliga a scendere lievemente di quota man mano che si
cambia versante fino a raggiungere le prime propaggini  della faggeta che caratterizza la parte bassa
del versante nord di Cima Cannafusto.

Arrivati alla vista dei primi isolati faggi si nota il sentiero, ora
netto, che scende verso la parte superiore del bosco (30 minuti dal ghiaione).

Con un po di fatica si entra nel bosco e dopo qualche
centinaio di metri di folta vegetazione il sentiero si trasforma in un ampio
tratturo che scende ed esce dal bosco, dopo 15 minuti di cammino, in
corrispondenza di un grande fontanile a monte di Capotenna, nei pressi di un
tornante della strada sterrata che sale fino a Passo Cattivo.

            Dal
fontanile (354635,1 E – 4752703,8 N; 1475 m) 
evitare di risalire per la evidente strada sterrata ma salire
direttamente il fondovalle per circa 200 metri dirigendosi a destra verso il
bosco che chiude la Valle Orteccia.

            Nel fondovalle si nota un
ampio sentiero che si inoltra, sempre in salita, nella faggeta per uscire dopo
circa 500 metri (30 minuti dal fontanile) in una ampia radura al centro della
valle (354398 E – 4752108 N; 1645 m.)

            Seguire sempre il
sentiero che risale tutta la valle Orteccia, si supera un passaggio ghiaioso
quindi il sentiero sale nettamente verso destra in direzione della Cima di
Vallinfante che si raggiunge in circa un’ora dall’uscita del bosco (354655 E –
4750442 N; 2110 m).

            Dalla Cima di Vallinfante
è possibile raggiungere la Cima Cannafusto scendendo la lunga cresta a destra,
guardando verso al Valle Orteccia appena risalita, che collega le due cime
facendo attenzione a tratti rocciosi sommitali (354955,7 E – 4751965,7 N; 1975
m.).

            Giunti a Cima Cannafusto è obbligatorio risalire di nuovo la cresta percorsa in discesa, considerare almeno un’ora in più di percorrenza.

Discesa: 
Dalla Cima di Vallinfante scendere in direzione sud per l’ampia cresta
che si prolunga fino al M. Porche fino a raggiungere in circa 20 minuti la
sella di quota 1980 m.
(354858,7 E – 4748775,7 N) raggiunta in salita chiudendo così il lungo anello
di Cima Cannafusto.

Quindi dalla sella si riprende più in
basso il sentiero del M. Porche che scende a Fonte della Giumenta per il
percorso di raggiungimento descritto e da qui alla strada per il parcheggio di
M. Prata (2 ore).

GIANLUCA CARRADORINI – BARTOLAZZI BRUNO – FAUSTO SERRANI

12 settembre 2015

6 – La sesta parte dell’itinerario con al risalita fino a Cima di Vallinfante e a Cima Cannafusto vista dalla Forca Cervara, d’inverno i sentiero nei boschi sono molto più visibili.
7 – La “Grotta di Vallelunga” con il suo ripido pendio sottostante.
7 – La  Vallelunga e sullo sfondo  il M. Porche visti dall’interno della grotta.
7 – La prima parte dell’itinerario si snoda sotto alle rocce in ombra, sullo sfondo  svetta il Pizzo Berro
8 –  Il corridoio erboso, parte centrale dell’itinerario, sullo sfondo il M. Priora ( a destra) e il Pizzo Berro
9 –  La parte finale più ripida dell’itinerario, sullo sfondo il M. Porche e la Vallelunga, si passa tra le piante a destra della foto.

GIALLO: Percorso di avvicinamento

ROSSO: Percorso proposto

VERDE: Percorso di discesa




LE GROTTE DELLA VAL DI PANICO – Monte Cascino e Monte Bove Sud.

Trascorso l’inverno in
cui abbiamo effettuato solo alcune salite classiche ma, per diversi motivi,
nessun nuovo itinerario alpinistico invernale, continuiamo il nostro viaggio
nei Monti Sibillini alla scoperta di luoghi insoliti e selvaggi.

Il 27 maggio 2018 abbiamo
esplorato delle cavità presenti nell’alta Val di Panico, o più dettagliatamente
due grotte parallele poste nella parte centrale della Val di Panico e un
profondo pozzo posto nella testata della valle.

Come di consueto anche
questo itinerario per raggiungere le due cavità esplorate non è descritto in
alcuna guida dei Monti Sibillini in commercio anche se, esclusi i tratti
terminali di raggiungimento, il percorso è un classico di fondovalle usato per
raggiungere la testata della Val di Panico.

Addirittura queste cavità,
come altre già esplorate da noi ed altre da esplorare, sono incredibilmente indicate
come possibili rifugi in caso di emergenza in una applicazione per smartphone
di navigatore satellitare, nonostante la loro difficoltà di accesso.

Considerato che entrambe
le cavità sono poste in quota rispetto al fondovalle, al termine di ripidi
pendii rocciosi o detritici si consiglia di ripetere l’itinerario proposto in
tarda primavera quando gli accumuli di neve, come quelli da noi incontrati
possono facilitare sia la salita che la successiva discesa al fondovalle.

In ogni caso l’itinerario
proposto è adatto ad esperti escursionisti con conoscenze di tecniche
alpinistiche in quanto può presentare qualche difficoltà tecnica soprattutto
per la discesa o la salita su neve dura fino alle cavità descritte.

Accesso: L’itinerario prevede come base di partenza
la frazione di Casali di Ussita che si raggiunge in auto anche se con
attenzione per la strada ancora dissestata dal terremoto dell’ottobre 2016 .

Itinerario: Dal parcheggio antistante la
devastata chiesina di Casali si prosegue la strada, chiusa con sbarra, che
permette l’accesso alla Val di Panico per le sorgenti del torrente Ussita.

Dopo circa 30 minuti si supera
il tratto finale del fosso de La Foce e dopo 10 minuti il fosso della Costa
dell’Asino dove a primavera, nella parete in alto sopra strada, si forma una
cascatina.

Poco dopo si giunge sopra
le rumorose sorgenti del torrente Ussita.

Qui la strada curva
decisamente ed in corrispondenza del cambio di versante (353209,3 E – 4756140,2
N, 1210 m.), la si lascia per risalire il pendio erboso sovrastante su sentiero
non segnalato (come del resto ormai la maggior parte dei sentieri del parco dei
Monti Sibillini !) ma abbastanza visibile, che prosegue in direzione sud verso
la testata della Val di Panico superando poco dopo le sorgenti di Panico poste
sulla destra.

Si continua la risalita della valle superando il fosso di Fonte Angagnola e l’ultimo bosco di faggi sulla sinistra e si raggiunge Monte Cascino, non riportato sulle carte, in corrispondenza dello sdoppiamento della val di Panico con la valle Vipera che si insinua sotto alle pareti rocciose del versante ovest di Pizzo Berro (353793 E – 4754923 N, 1580 m.).

Qui si lascia a sinistra
un evidente sentiero che devia nettamente verso destra e conduce a Forca
Cervara (o Forcella della neve).

Si prosegue invece la
salita verso destra nella più aperta Val di Panico in direzione delle pareti
nord del Monte Bove Sud, dove d’inverno si forma la famosa cascata “Torre di
Luna”.

Qualche centinaio di metri più avanti non si può non notare la doppia cavità in alto a sinistra, sotto ad una lama rocciosa che scende dalla cresta centrale di Monte Cascino che separa i tratti terminali delle due valli.

            Giunti
sulla verticale delle due cavità si risale il ripido pendio fino alla loro base
(353875 E – 4754640 N, 1700 m.).

            Il
giorno della salita abbiamo trovato un grande accumulo di neve che copriva
l’ingresso della cavità posta più in basso, ciò ha facilitato il raggiungimento
della cavità in quanto abbiamo notato poi che alla base essa presenta una breve
ma verticale paretina rocciosa che complicherebbe la successiva discesa in
assenza di neve.

            Invece
l’accumulo di neve ci ha permesso di raggiungere la grotta dapprima effettuando
una ripida salita in cordata su neve dura (senza ramponi !!!) e successiva
discesa sempre su neve.

            Nella
cavità più in basso, nonostante la difficoltà di accesso, abbiamo notato dei
segni di tane di animali, poco dopo sopra di noi si è affacciato un maschio di
camoscio appenninico, probabilmente la cavità è usata come riparo dall’animale
che non ha certo problemi a raggiungere tali posti inaccessibili rispetto
invece ad altri mammiferi come cinghiali o volpi.

            La
seconda cavità. posta più in alto di 30 metri, sulla verticale della prima, si
raggiunge invece salendo delle roccette alternate ad erba dieci metri più a
sinistra della prima cavità, fino a raggiungere una barriera rocciosa. Quindi
con una delicata traversata verso destra si raggiunge l’ultimo ripido pendio
erboso da cui si accede alla seconda cavità che risulta più piccola della prima.

            Un
albero cresciuto dentro la seconda cavità permette una rapida e facile discesa
effettuando una calata in corda doppia (sono sufficienti due mezze corde da 30
metri) fino al punto di salita.

            Visitate
le due cavità, dalla grotta posta più in basso ci si dirige verso le pareti del
versante nord del Monte Bove Sud senza scendere nel fondovalle ma
intraprendendo una lunga traversata in quota passando alla base di paretine
rocciose su terreno ripido.

            Dopo
15 minuti si raggiunge il plateau centrale della Val di Panico, di fronte si
aprono le rocce del versante nord della Forca Cervara e al lato destro le
imponenti pareti del versante nord del Monte Bove Sud con i sottostanti lunghi
ghiaioni.          

Giunti ad una lunga
cresta rocciosa (353705,7 E – 4754011 N, 1800 m) si nota, sotto alle pareti del
M. Bove Sud, un sentiero che si innalza nei ghiaioni. Lo si raggiunge (353769,1
E – 4753857,5 N, 1825 m.) e si percorre in salita fino a raggiungere la verticale
del primo torrione (10 minuti) quindi lo si lascia e ci si  innalza fino a raggiungere la base delle
pareti rocciose, si prosegue sempre in salita e si giunge in vista della ampia
parete rocciosa stillicidiosa dove d’inverno si forma la famosa cascata ghiacciata
denominata “Torre di Luna” conosciuta dagli alpinisti invernali della zona (353570
E – 4753827 N, 1865 m.)

Alla base della parete
della cascata, a sinistra, si apre un profondo ed impressionante pozzo.

Il pozzo, profondo circa
sei metri, era praticamente colmo di neve e ad un primo esame, non sembra
proseguire lateralmente. Per la colorazione nerastra delle sue pareti ed in
memoria del nostro amico scomparso nel novembre 2017 lo abbiamo battezzato il
“Pozzo Bruno”.

L’accumulo di neve ci ha
permesso di entrare nel pozzo ma non la discesa fino al fondo visibile.

La eventuale discesa estiva senza neve richiederebbe l’attrezzamento di una calata in corda di non facile realizzazione per la friabilità della roccia quindi conviene raggiungere il pozzo con una squadra di diversi componenti che siano così in grado di sorreggere un esploratore mentre si cala nel pozzo.

Anche qui, il giorno
dell’esplorazione, abbiamo sfruttato i grandi e ripidi accumuli di neve ancora
presenti sia per raggiungere la base della cascata ed il pozzo che la
successiva discesa al fondovalle.

Ritorno: Dalla base dei ghiaioni sottostanti le pareti nord del Monte Bove Sud (vedi foto sopra) si percorre il fondovalle su tracce di sentiero fino alle sorgenti del torrente Ussita dove si intercetta la strada di accesso ed in 1,30 ore si raggiunge Casali.

GIANLUCA CARRADORINI – FAUSTO SERRANI -.ANTONIO GALDI

27 Maggio 2018

2-  Fondo della Val di Panico, la parete rocciosa che forma le grotte parallele esplorate, il nevaio cela la grotta più in basso (ph. Toni Galdi).
3-  Le due grotte parallele esplorate. (ph. Toni Galdi).

4-  La salita alla grotta inferiore, in alto ben visibile la seconda grotta con la pianta al suo ingresso.
5 – Il Monte Rotondo (a destra),la Croce di Monte Rotondo (al centro) ed il Monte Bove Nord (a sinistra) visti dal fondo della grotta inferiore.
6 – La grotta inferiore, arriva Toni (ph. Toni Galdi)
7– Inizia la discesa Fausto
8– Alla fine scendo anche io, aiutato da uno sperone di neve dura che mi tiene dall’alto (ph. Toni Galdi).
9 – La lunga traversata in quota nel versante Ovest di Monte Cascino dalla grotta fino alla testata della Val di Panico.
10– La lunga e ripida salita su neve compatta verso le pareti nord di Monte Bove Sud
11– Raggiunte le pareti inizia la ricerca del pozzo, sarà sotto al “seracco terminale”
12– Ci prepariamo a scendere dentro al nevaio che presenta un buco (ph. Toni Galdi).
13– Non occorre……trovato il pozzo ! Ma è pieno di neve !!
14– Ci apprestiamo ad entrare nel pozzo, sopra al nevaio la parete stillicidiosa che d’inverno si trasforma in “Torre di Luna”, la cascata di ghiaccio nota agli alpinisti invernali della zona (foto n. 17) .
15– L’ingresso del “Pozzo Bruno” pieno di neve
16– Dentro al pozzo “Bruno”
22– Il versante nord di Monte Bove Sud nella Val di Panico con la parete dove si forma la cascata “Torre di Luna”, alla base si apre il “pozzo Bruno” nel nevaio sulla verticale di Tony in primo piano.



IL SENTIERO DE LE CUTE ALTO E LA GROTTA DI PEPPE MATTO.

           

Il 9 novembre 2018 è
stato percorso un secondo itinerario inconsueto intorno alla frazione Casali di
Ussita, dove si segue un vecchio sentiero a monte della zona denominata “Le
Cute” dove ho già descritto un itinerario alla ricerca di grotte e siti storici
e geologici.

Il sentiero collega in
quota il Fosso Il Vallone con il Fosso di San Simone conducendo alla visita di
altre tre piccole cavità naturali.

Accesso:  

Si raggiunge la frazione
di Casali in auto da Ussita e si parcheggia nel piazzale della chiesina
attualmente messa in sicurezza in quanto praticamente crollata con il terremoto
dell’Ottobre 2016.

Descrizione itinerario:

            Dal
parcheggio ci si addentra nel paese attualmente completamente inagibile
percorrendolo verso sinistra fino a che la strada interna si trasforma in un
sentiero che si addentra nel fosso.

            Usciti
dal fosso si prosegue per circa 150 metri fino ad una biforcazione.

            Qui
si prende il sentiero meno evidente a destra, contornato da alte siepi e alberi
che si snoda per vecchi campi coltivati in direzione del Fosso il Vallone.

            Si
giunge alla base del Fosso il Vallone caratterizzato in alto da fondo di ghiaia
rosa e, tralasciando alcune deviazioni laterali meno evidenti, si risale per
circa 1000 metri fino a raggiungere la parte più ripida del canale dove termina
anche la vegetazione.

            In
corrispondenza di una zona arbustiva situata a sinistra del fondo del fosso si
nota una evidente traccia che si snoda nettamente verso sinistra ed inizia a
traversare in quota tra prati e rocce evitando le deviazioni in salita che si
incontrano subito dopo aver lasciato il canale.

Si prosegue quindi in
quota verso il Fosso di San Simone traversando su prati e tratti alberati sopra
grandi placche coricate di calcare massiccio alternate da ripidi canali.

Dal sentiero non sempre
ben visibile si ha una bellissima panoramica del Monte Bove Nord e della
vallata di Ussita.

In circa 40 minuti si
raggiunge un piccolo nucleo di rimboschimento a conifere sovrastato da una alta
e friabile barriera di rocce finemente stratificate che si può raggiungere
salendo in verticale su tratti erbosi molto ripidi (foto n.7).

Invece appena giunti al
nucleo boschivo di pini si può raggiungere la grotta del Faggio scendendo per
ripido prato aggirando dall’alto una cresta rocciosa dove si intercetta la
piccola cavità quindi proseguendo in piano ed immettendosi in un ripido canale
alberato si raggiunge l’altra piccola cavità denominata la Grotta di Rononai.

Le due grotte, non
essendo facilmente raggiungibili e quindi non frequentate, sono di difficile
ritrovamento per la mancanza di tracce di sentiero, basta aver pazienza e
girovagare con attenzione nella zona poco estesa dove sono presenti.

  Infine proseguendo in piano fino al termine
del rimboschimento sovrastante si giunge ad un ripido canale con fondo erboso
ripido dove si scende (consigliabile scendere su  corda fissa in alberi in loco per facilitare
la risalita)  fino alla base di  una paretina, la si segue a destra e si
raggiunge così la Grotta di Peppe Matto.

            Visitate
le tre cavità si risale al rimboschimento dove si ritrova il sentiero di
raggiungimento.

In teoria in sentiero
prosegue verso il Fosso di San Simone in cui ci si affaccia ma il sisma
dell’ottobre 2016 ha sconvolto il canale con una serie di frane che rende
pericoloso attraversarlo.

Discesa

Si consiglia di ritornare
indietro ripercorrendo lo stesso itinerario per ridiscendere infine per il
Fosso il Vallone fino a Casali per dove si è lasciata l’auto.

Per i più intrepidi ed
esperti escursionisti si può proseguire dal piccolo tratto di rimboschimento risalendo
la sponda sinistra orografica del Fosso di San Simone su ripidissimi pendii rupestri
con tratti quasi verticali fino a giungere all’inizio del fosso sconvolto dal
sisma ed intercettando una traccia di sentiero che conduce ai prati sovrastanti
il rimboschimento situato nel versante opposto dove sono presenti anche delle
vecchie captazioni di acqua ormai in stato di abbandono (Fonte della Vetica
1690 m.).

Dalle sorgenti si risale un
netto sentiero fino a raggiungere la strada Casali – Piani di Pao – Forcella
del Fargno posta 100 metri più in alto in corrispondenza della verticale della
Croce di Monte Rotondo.

Si percorre quindi la
strada in direzione della Forcella del Fargno per circa 200 metri dove
sottostrada si  intercetta un sentiero
che scende verso l’edicola di S. Antonio.

Oppure anche proseguendo
la strada per altri 500 metri superando la verticale della zona denominata La
Banditella e proseguendo fino a Fonte Scentelle posta sottostrada dove si
intercetta lo stesso sentiero per l’Edicola di S. Antonio.

Qui con comodo sentiero a
tornanti si attraversa il rimboschimento a fasce alterne nella zona a monte dei
Campi di Casali fino all’omonima fontana quindi 
per tratturo e successiva comoda strada della Val di Panico si scende al
paese.

GIANLUCA CARRADORINI – FAUSTO SERRANI 9 Novembre 2018

1- Il Fosso Il Vallone con l’inizio del sentiero descritto.
2- La parte iniziale del sentiero descritto sopra alla zona denominata “Le Cute”, alla base delle pareti si aprono le cavità gia descritte in altro itinerario
3- La parte centrale del sentiero descritto sopra alla zona denominata “Le Cute”.
4- La parte finale del sentiero descritto sopra alla zona denominata “Le Cute”, alla base della piccola porzione di rimboschimento si aprono le tre cavità visitate, a sinistra il Fosso di San Simone.
5- Dal sentiero descritto sopra alla zona denominata “Le Cute” si osserva il paese di Casali a destra, ancora in ombra.
6- Il Fosso il Vallone con il rimboschimento a fasce (sentiero di discesa) e sullo sfondo il Pizzo Tre Vescovi
7- La fascia rocciosa posta sopra al piccolo tratto di rimboschimento, in alto a sinistra il Monte Acuto ed il Pizzo Tre Vescovi
8- Il Monte Bove Nord con le “ferite” del terremoto visto dal nucleo di rimboschimento
9- La Grotta di Peppe Matto, la più ampia delle tre
10- Il tratto terminale del Fosso di San Simone sovrastato dal rimboschimento del versante opposto, a sinistra il Monte Cardosa.
11- La ripidissima risalita della sponda sinistra del Fosso di San Simone fino al suo inizio
12

12- 13 L’inizio del Fosso di San Simone
sconvolto da frane e fenditure dal terremoto dell’Ottobre 2016.

13
14- Fausto sulla partenza della traccia di sentiero che dalla Fonte della Vetica conduce all’inizio del Fosso di San Simone, in alto a sinistra, ben visibile, il sentiero di ritorno che conduce alla strada Casali – Forcella del Fargno.
15- L’interno ancora ben conservato della captazione di Fonte della Vetica con ancora acqua nelle vasche
16- L’esterno della captazione di Fonte della Vetica degradato e completamente aperto ed abbandonato
17- La parte centrale dell’itinerario visto da Casali di Ussita.
18- La parte finale dell’itinerario con il piccolo nucleo di rimboschimento dove sono presenti le cavità.
19- L’ultimo di tre piccoli di Lupo, probabilmente malato, sorpresi a 50 metri dalle case di Ussita
20- Il tracciato dell’itinerario proposto, visto dal terrazzino dello spalto orientale del Monte Bove nord



MONTE SIBILLA PER LA CRESTA DEGLI IMBUTI.

Finalmente, dopo le
ultime visioni dello sconvolgimento attuato dal terremoto dell’ottobre 2016
nella Val di Bove e a Passo Cattivo, siamo ritornati alla nostra ricerca di
itinerari inediti e non riportati nella bibliografia ufficiale dei Monti
Sibillini.

Il 29 luglio 2017, in una
zona accessibile agli escursionisti, senza alcun divieto, abbiamo risalito la
ripidissima cresta del versante nord del Monte Sibilla che divide l’imbuto di
“Mèta” dall’imbuto de “Le Vene”.

Itinerario inedito, molto
impegnativo sia per lunghezza che per dislivello, è adatto solo ad
escursionisti esperti che si sanno muovere su terreno molto ripido.

Accesso:

L’itinerario prevede come base di partenza
il Rifugio Sibilla (360523,4 E – 4751966 N; 1545 m.) facilmente raggiungibile
in auto dal paese di Montemonaco in direzione di Isola S. Biagio.

Avvicinamento:  

Dal Rifugio si prende il
classico itinerario n.9 per il Monte Sibilla che in 30 minuti sale alla Sella
di Monte Zampa (360158,5 E – 4752667,5 N; 1785m.).

            Dalla
sella di Monte Zampa si prosegue la cresta in direzione del Monte Sibilla per
altri  200 metri fino ad intercettare una
traccia di sentiero (360176 E – 4752482,8 N; 1780 m.) che scende nel versante
nord-ovest che rappresenta l’inizio del sentiero riportato in diversa
bibliografia ufficiale che conduce al Casale Lanza – Casale della Sibilla passando
per i torrioni del versante nord del M. Sibilla.

            Lo
stesso tracciato è anche indicato per raggiungere gli attacchi dei vari fossi
del M. Sibilla (in successione Fosso di Mèta I –II-III, Fosso le Vene, Fosso
della Corona, Forra della Sibilla o Arcofù) attrezzati per le discese in doppia
da chi pratica torrentismo.

Presa la traccia di
sentiero la si percorre scendendo fino al margine del bosco e superando quindi
in quota i vari canali che scendono verso la Valle del Tenna in un ambiente
molto suggestivo e selvaggio.

Si superano in
successione il Fosso di Mèta I (359219,5 E – 4751970,2 N; 1615 m.) caratterizzato
da uno stretto canale roccioso con tratto di sentiero molto esposto dove fare
particolare attenzione quindi si supera il Fosso di Mèta II più ampio e si
raggiunge il Fosso di Mèta III caratterizzato da alte pareti verticali e
generalmente pieno di neve fino ad estate inoltrata (358697,5 E – 4752012 N;
1560 m.).

Superato anche il nevaio
il sentiero prosegue per altri 200 metri fino a raggiungere un boschetto (1
ora) .

Qui parte l’itinerario
proposto e si abbandona il sentiero (358643,3 E – 4752123 N; 1550 m.).

Il sentiero prosegue
oltre il bosco scavalcando il filo di cresta che separa l’imbuto di Mèta da
quello successivo de Le Vene per poi proseguire per l’imbuto de Le Vene e
quindi verso il Casale Lanza ed è descritto in bibliografia, si consiglia di percorrerlo
in altra occasione in quanto molto lungo ma molto spettacolare per i panorami
che si osservano essendo posto in quota sulla Valle dell’Infernaccio. 

Descrizione

            Dal
boschetto (358643,3 E – 4752123 N; 1550 m.) si lascia il sentiero e si risale
il pendio erboso sovrastante tenendosi verso il filo di cresta.

Il pendio erboso si fa in
breve molto ripido con pendenze di 45 – 55° dove è necessario fare molta
attenzione per evitare scivolamenti che sarebbero molto pericolosi.

            E’
consigliabile l’utilizzo di una piccozza anche d’estate.

            Si sale in verticale sulla cresta rocciosa strapiombante sulla destra (foto n.9) ed in 40 minuti piuttosto faticosi si supera una traccia che in piano (intorno a quota 1800 m.) prosegue verso l’imbuto de “Le Vene” (358384,3 E – 4751903 N; 1790 m.) quindi sempre in salita si raggiunge un ripiano erboso (358411,5 E – 4751810,5 N; 1835 m.) dove si scopre l’intero versante nord del M. Sibilla nel suo cosiddetto Imbuto de le Vene.

1-Il versante nord del M. Sibilla visto dall’inizio del sentiero che scende verso Mèta con il percorso di avvicinamento (verde) e di salita (rosso) proposto.  
2– Il versante nord del M. Sibilla visto dall’eremo di S. Leonardo con il percorso di salita

Si prosegue senza difficoltà la
cresta erbosa, in direzione della cima del Monte Sibilla, che si innalza
lievemente ma mano che si sale e si supera una seconda traccia di sentiero
(358428,1 E – 4751735 N; 1860 m.) che, anch’esso in piano, taglia l’imbuto di
Mèta circa a quota 1850 metri proveniente, come il primo incontrato a quota
1800 m., dalla cresta est del Monte Sibilla e proseguenti entrambe per l’imbuto
de Le Vene (indicati nella foto n.52 del mio libro I MIEI MONTI SIBILLINI Anno
2011) e non riportati in alcuna bibliografia.

Le due tracce che si incontrano e che procedono verso il Fosso de Le Vene sono state da noi percorse negli anni ’90 ma è necessaria particolare attenzione in quanto sono molto impegnativi (il primo è stato descritto di recente sul sito www.auaa.it) perché attraversano in quota il quasi verticale imbuto de Le Vene
fino a raggiungere i prati sovrastanti il Casale della Sibilla (foto n. 13-15).

3- Il versante nord del M. Sibilla visto dalla deviazione Casale I Grottoni – Casale Il Rio con il percorso di avvicinamento (verde) e di salita (rosso) proposto.

Si arriva quindi ad un
tratto roccioso dove la cresta si impenna verticalmente (358464,4 E – 4751522,7
N; 1960 m.) , qui si inizia a traversare tra rocce ed erba verso sinistra in direzione
dell’unico tratto della caratteristica fascia rocciosa che cinge tutta la cima
del Monte Sibilla, denominata la “corona”, superabile senza eccessive
difficoltà in quanto costituito da un ripidissimo canalino erboso che taglia in
due l’alta fascia rocciosa.

Giunti sulla verticale
del canale (358522,5 E – 4751358,4 N; 2065 m.) ci si impegna al suo interno su
erba molto ripida e scivolosa e superando al termine una paretina di roccia di
5 metri con brevi passaggi su roccia.  Quindi
facilmente in cresta e in altri 5 minuti in vetta al Monte Sibilla (2175 m.) .

Le immagini riportate sono una successione cronologica della salita.

4- Il torrione destro de Le Vene  con la grande frana prodotta dal sisma dell’ottobre 2016 che ha formato il lago effimero dell’Infernaccio, a destra i Grottoni del Monte Priora
5- Attraversamento del Fosso di Mèta I, il tratto più ripido dell’avvicinamento, a sinistra il Pizzo (M.Priora)
6- Attraversamento del Fosso di Mèta III con ancora un grande nevaio.
7- Iniziamo quindi a risalire la cresta erbosa a monte del boschetto
8- Che si fa subito estremamente ripida (45 – 55° di pendenza).
9- La cresta di salita nel suo tratto iniziale molto ripido, sullo sfondo Il Pizzo del M. Priora, il S. Leonardo e la valle dell’Infernaccio (attualmente chiusa alle escursioni).
10- La salita del primo tratto di cresta, alle spalle la selvaggia parete nord M. Zampa percorsa dall’itinerario n.8 riportato (pagina 66) nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” Anno 2014
11- Il versante nord-ovest del M. Zampa con la cresta che lo collega al M. Sibilla. Sopra ai torrioni ben visibile il sentiero di accesso alla salita proposta.
12- Il ripiano erboso oltre il primo ripido tratto di cresta (a destra), di fronte i “grottoni” con la cengia delle ammoniti e la cima del M. Priora. 
13- L’imbuto di “Mèta” nel lato sinistro della cresta di salita con Davide che ha preso la corsa, si notano i due vecchi tracciati paralleli che attraversano l’imbuto per proseguire nel versante de Le Vene.
14- L’imbuto de “Le Vene”, molto più ripido, nel lato destro della cresta di salita
15- L’Imbuto de “Le Vene” con i due tracciati della foto n.13 che proseguono nel ripidissimo versante.
16- Arrivati dove il pendio si impenna si traversa verso la “corona” del M. Sibilla nell’unico tratto superabile senza eccessive difficoltà
17- Fausto in avvicinamento al canalino erboso della “corona”, sotto ai piedi il ripido imbuto di Mèta che arriva fino al torrente Tenna (veduta praticamente in verticale !!!!).
18- Oltre la fascia rocciosa della “corona”, sullo sfondo al centro il Pizzo Berro e a destra il M. Priora o Pizzo Regina con le cime in ombra .
19- Canalino superato
20- Oltre la fascia rocciosa della “corona” , gli ultimi 50 metri di ripida salita su erba prima della cresta del Monte Sibilla, si sale tra alti esemplari di Gentiana lutea, sullo sfondo il M. Priora o Pizzo Regina

20- Il primo tratto di salita della cresta che inizia dal boschetto, visto dalla cresta est del Monte Sibilla.
21- L’ultimo tratto di salita con la caratteristica “corona” del Monte Sibilla.

Discesa:

Dalla cima del Monte Sibilla si scende la cresta est in corrispondenza del tratto della “corona”  visibile nelle foto n.21-22, attrezzato con catena,  quindi per classico itinerario di salita per la cresta M. Zampa – M. Sibilla, in 1,30 ore si raggiunge il Rifugio Sibilla dove si è lasciata l’auto.

GIANLUCA CARRADORINI     – FAUSTO SERRANI – DAVIDE ANSOVINI            29 LUGLIO 2017

22- I miei compagni di salita contemplano “l’impresa”, la salita della cresta in ombra.

CARTA
SATELLITARE DEL PERCORSO CON:

GIALLO: Percorso di avvicinamento

ROSSO: Percorso proposto

VERDE: Percorso di discesa




UN ASSURDO GIRO A MEDIA QUOTA NEL MONTE COGLIA

Premessa: Il percorso descritto di seguito, effettuato il 14 luglio 2018, è destinato esclusivamente ad escursionisti molto esperti che conoscono già la zona.

E’ un percorso che
presenta difficoltà di percorrenza in alcuni tratti ripidi rocciosi ed erbosi ma
soprattutto è un itinerario che mette a dura prova le capacità di orientamento
di coloro che avranno il coraggio di ripercorrerlo, si svolge per gran parte
attraversando tratti arbustivi intricati, in molti tratti bisogna andare “a
senso” senza alcun itinerario tracciato, si trova in una zona selvaggia e di
difficile raggiungimento che metterebbe in difficoltà anche eventuali
soccorritori.

Insomma non è un
itinerario dove si va “tanto per provare” le proprie capacità ma necessita di
una adeguata preparazione preventiva.

Con ciò riporto la
descrizione di tale itinerario solo a titolo di cronaca esonerandomi dalla
responsabilità nei confronti di chiunque voglia ripeterlo senza la dovuta
esperienza mettendosi in condizioni di difficoltà e rischio, per questo motivo
e perché qualcuno (senza fare polemiche o nomi) non gradisce  che si aprano nuovi percorsi per far
conoscere più approfonditamente i Monti Sibillini, abbiamo deciso di non
lasciare alcuna segnalazione lungo il percorso, ne ometti di pietre ne bolli di
vernice o altri segnali indelebili che possano facilitarne la percorrenza.

            Soprattutto
l’intenzione principale è quella di dimostrare agli appassionati che la
montagna è un mondo difficile e rischioso, dove bisogna mettere in gioco le
proprie capacità psichiche e fisiche e la dovuta esperienza, anche negli
itinerari, come questo che si svolge su pendii mediani della montagna, e non
sulle alte cime e creste, che a prima vista sembrano banali e senza alcun senso
e quindi senza alcun rischio.

            La
montagna è un mondo che necessita di persone disposte all’impegno mentale e fisico
prolungato  e soprattutto che hanno una
immensa voglia di scoprire ed esplorare questo meraviglioso pianeta che abbiamo
a disposizione anche a costo di sacrifici fisici e anche di mettersi di fronte
a dei rischi.

            Uno
dei motivi per cui abbiamo percorso questo itinerario selvaggio e di difficile
percorrenza è, oltre alla nostra esigenza di confrontarci con le difficolta
della montagna, di interesse botanico.

Durante il tragitto
abbiamo infatti trovato delle stazioni di due specie botaniche piuttosto rare.

1- Allium flavum

Accesso: L’itinerario prevede come base di partenza
la frazione di Meriggio di Acquacanina, posta sul versante orografico sinistro
del fiume Fiastrone, dove è presenta anche la Abbazia di Santa Maria di Rio
Sacro attualmente gravemente danneggiata dal terremoto dell’ottobre 2016.

La frazione si raggiunge
dal Capoluogo del Comune di Acquacanina, Pie di Colle, seguendo le indicazioni,
mediante la strada che scende al fiume per poi risalire nel versante opposto.

 Raggiunto il nucleo abitato (si fa per dire,
gran parte delle abitazioni sono danneggiate) si parcheggia l’auto in uno
spiazzo in corrispondenza di una fontana sulla destra (350935,3 E – 4765380,5
N; 705 m.).

Descrizione: Si percorre la strada interna che
attraversa la frazione e 100 metri prima di arrivare all’ultima casa si prende
un tratturo sulla sinistra che in lieve discesa, si dirige verso sud (351006,8
E – 4765350,4 N; 715 m).

Si segue il tratturo
superando alcuni tratti franati dove si trasforma in un sentiero.

Dopo circa 700 metri il
tratturo devia verso ovest entrando nel versante nord-est del Monte Coglia.

Dopo altri 150 metri si
incontra una deviazione (351315,1 E – 4764958, 8 N; 715 m) , a destra si sale
verso il cosiddetto “Casco di Coglia” o “Balzo Pisciatore” una piccola cascata
che si raggiunge in 10 minuti di salita.

A sinistra invece ci si
addentra nel boscoso fosso, si supera un piccolo torrente e si risale il
versante opposto, attraversando con attenzione un ennesimo tratto franato fino
a raggiungere un campo sottostrada ormai incolto caratterizzato all’ingresso da
un grande palo di legno forato che formava probabilmente un lato di un
cancello.

            Si
segue sempre l’evidente tratturo che lentamente, in costante salita, e sempre
all’interno di tratti boschivi,  passa di
fronte alla frazione di Vallecanto (fontana di Acquacanina) nella zona
denominata “Cocorozzo” e gira versante immettendosi in quello della Valle di
Rio Sacro.

2- La Fonte della Pernice con i depositi travertinosi laterali ormai asciutti.

            In altri 30 minuti si raggiunge una zona aperta caratterizzata da tratti rocciosi ripidi con vegetazione arbustiva alternata a tratti erbosi aridi, in questa zona abbiamo ritrovato una rigogliosa stazione di Allium flavum dalla corolla gialla piuttosto raro nel gruppo dei Monti Sibillini.

Si rientra nel bosco ed in altri 10
minuti si raggiunge un luogo storico e magico, la “fonte della Pernice”, già
descritta nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” Anno 2014, itinerario
n.1, riportata anche in alcune carte topografiche ma non raggiunta da alcun
itinerario descritto nella bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini (351430,5
E – 4763461,8 N; 960 m.).

Non ci si immagina che in
un luogo cosi isolato e dimenticato e di alcun interesse ci possa essere una fontana
così  grande.

Basta conoscere la storia
della valle per capire il motivo della presenza di una così importante fontana,
essa si trova nel sentiero percorso per centinaia di anni che da Acquacanina
conduceva nella  valle di Rio Sacro dove era
presente fin dall’anno 1100 un monastero Benedettino di cui rimangono ancora
dei ruderi ma ormai totalmente ricoperti dalla vegetazione  e dove, fino a 60 anni fa questo tratturo era
percorso dai pastori di Acquacanina che d’estate conducevano le loro greggi nei
cosiddetti “cascinali” casette estive di ricovero (assimilabili ad un locale
alpeggio) anch’esse ormai ricoperte dalla vegetazione e dall’ignoranza di chi gestisce
queste zone che probabilmente non sa neppure della loro esistenza.

            La
fonte, ormai asciutta, è caratterizzata ai lati da grandi depositi travertinosi
di calcare detto localmente “pietra spugna” ad evidenziare l’elevata quantità
di calcare disciolto nell’acqua.

            Questo tratto di
percorso descritto non presenta alcuna difficoltà , anzi, considerata la sua
importanza storica, è consigliato e può essere percorso da chiunque, volendo,
dalla fonte,  si prosegue l’evidente
sentiero per scendere, con alcuni tornanti, fino al torrente di Rio Sacro. (vedi
descrizione riportata nel mio libro come indicato sopra).

3- Il tratto nella zona rocciosa di scaglia rossa scivolosa con Lecci.

Raggiunta la strada di
fondovalle che costeggia il fiume si consiglia di ritornare indietro per lo
stesso itinerario in modo da non allungare di troppo il tragitto.

Per chi invece ha
veramente tanta voglia di mettere alla prova le proprie capacità tecniche e di
orientamento in montagna (rileggere attentamente la premessa), dalla fontana si
ritorna indietro per circa 200 metri (351557 E – 4763627,5 N; 985m.) fino a
raggiungere la zona rupestre erbosa aperta, qui si lascia il sentiero e si sale
in verticale in direzione delle rocce rosse poste circa 200 metri di dislivello
sopra al sentiero e che diagonalmente, dalla valle di Rio Sacro, salgono verso
il versante est della montagna.

Faticosamente, senza
tracciato, in circa 30 minuti, superando ripide zone rocciose e tratti
arbustivi,  si intercetta una traccia di
sentiero (vedi descrizione riportata nel mio libro come indicato sopra) ma che
si ignora, tuttalpiù va tenuta in considerazione come possibile via di ritorno
in caso di difficoltà.

Proseguendo ancora per
intricati tratti alberati si raggiunge la fascia rocciosa di scaglia rossa che
in realtà rappresenta una faglia geologica che ha generato anche alcune scosse
sismiche di magnitudo non superiore al 4 durante la crisi sismica dell’Ottobre
2016, da dove iniziano le difficoltà tecniche (351168 E – 4763694,4 N; 1190 m.).

Qui, alla base delle
rocce, si individua una lievissima traccia probabilmente prodotta dal transito
di animali (dubito che negli ultimi 20-30 anni sia passato qualcuno) che segue
fedelmente la faglia, dapprima salendo ripidamente nel pendio roccioso quindi
in piano, attraversando tratti rocciosi e alberati molto ripidi, giunge nella alberata
cresta est che dalla Punta (o Sasso) di Coglia scende verso Vallecanto di
Acquacanina denominata “Costa Acquarda”.

La traccia gira oltre la
Costa Acquarda per immettersi nel boscoso versante del grande imbuto est del
Monte Coglia, ad una quota di circa 1200 m.

Qui, oltre alle
difficoltà tecniche, iniziano anche quelle di orientamento (N.B.)

Infatti, ben presto,
all’interno del bosco, la traccia scompare totalmente in corrispondenza di
tratti erbosi ripidissimi (falasco) ad alto rischio di scivolamento, è consigliabile
l’uso di una piccozza.

Nella zona è presente una
stazione di Dictamnus albus, specie botanica rara nei Monti Sibillini.

Si traversa il ripido
pendio nord – est alternando tratti alberati con tratti erbosi scendendo di
pochi metri fino ad intercettare un canale aperto il cui bordo opposto è
formato da una fascia rocciosa diagonale che obbliga a scendere fino alla sua
base dove si ritrova la lieve traccia di percorso (350806,6 E – 4763851 N, –
1195 m.), fino a questo punto è possibile una scappatoia verso l’alto (vedi
foto n.6-7).

La traccia prosegue in un
tratto boscoso caratterizzato dalla presenza di Lecci costeggiando pareti di
scaglia rossa, (foto n.3) qui è necessario fare molta attenzione in quanto il
ripidissimo terreno trattenuto dalle piante non è compatto ed è molto scivoloso
ed una perdita di equilibrio in questo tratto potrebbe mettere in serio
pericolo l’escursionista e non vi è possibilità di scappatoie di emergenza.

La traccia quindi scende
e continua per altri 300 metri in quota sempre tra alberi e tratti rocciosi fino
ad uscire dalle difficoltà, in breve ci si addentra in un ripido bosco misto caratterizzato
dal fondo detritico, con alberi sempre più alti tra cui Tigli oltre a grandi
esemplari di Taxus baccata.

4

4 – 5 Il versante est del Monte
Coglia – M. Val di Fibbia con, in rosso, il percorso effettuato.

5

Osservando bene nel bosco
si nota una vecchissima traccia di sentiero che, con numerosi tornanti, scende
collegando tra loro numerose piazzole di antiche carbonaie dove è possibile
trovare ancora del carbone, nel bosco si ha di nuovo una scappatoia verso
l’alto in caso di difficoltà (vedi foto n.6-7).

Sempre in discesa si
raggiungono le ultime due piazzole e, dal bordo di quella di sinistra, parte in
piano un sentiero molto più evidente.

(Più in basso di questo
punto dovrebbe trovarsi l’imbocco di un sentiero che scende verso il Colle di
Meriggio e quindi alla frazione dove si è lasciata l’auto ma nel giorno della
traversata non è stato ritrovato, sarà nostra cura in futuro percorrere in
salita il sentiero che parte dal cimitero di Acquacanina nei pressi della
frazione di Meriggio e sale al Colle di Meriggio per trovare il punto di
collegamento).

Lo si percorre in lieve
discesa fino ad un cambio di versante dove si scopre il vallone che scende dal
Monte Val di Fibbia denominato Valle Trocca ed in alto il rimboschimento a
conifere della cesta sommitale del  Monte
Coglia.

Il sentiero si trasforma
in breve in un tratturo, si dirige verso la Valle Trocca e, dopo aver superato una
piazzola con addirittura una panchina realizzata con un grande tronco di legno,
percorre tutto il lungo versante opposto denominato “Le Coste”, ed in 30 minuti
si intercetta la strada che da Fiastra sale verso il ripetitore del M. Coglia
nella zona denominata “Coldefora”.

Dalla strada si scende in
breve alle prime case e quindi all’abitato di Trebbio di Fiastra (altri 20
minuti).

Da Fiastra si scende per
la strada che porta al Lago e subito al termine dei giardini pubblici si scende
a destra per un tratturo sconnesso fino ad intercettare la strada asfaltata in
prossimità della frazione Boccioni.

Quindi percorrendo sempre
la strada asfaltata in 30 minuti si raggiunge la frazione di Meriggio di
Acquacanina.

L’intero giro è lungo
poco più di 12 chilometri e con “soli” 500 metri di dislivello in salita.

(N.B.) In caso di difficoltà di
orientamento o di traversata salire in verticale il pendio alternato a bosco ed
erba o il bosco successivo fino a raggiungere la sommità della Punta di Coglia
anche se allungherete di molto il tragitto almeno uscirete su pascoli erbosi
aperti dei Piani di Coglia (350311,1 E – 4763461,3 N; 1500 mJ che
vi permetteranno la visione del tragitto di uscita.

Dai Piani di Coglia a qui
si scende in direzione nord per prati caratterizzati da numerosi alberi isolati
al Casale di Coglia (349667,5 E – 4764044,6 N; 1245 m.) nei pressi di Fonte
Trocca da cui per comoda strada in piano sempre in direzione nord conduce in 30
minuti alla Fonte Pozzo di lato alla strada Fiastra – Monte Coglia.

Percorrendo in discesa la
strada si raggiunge, in 40 minuti, l’abitato di Fiastra.

Evitare Assolutamente di scendere istintivamente all’interno dell’imbuto perché il terreno è troppo ripido e scivoloso e poche centinaia di metri sotto al percorso ci sono alte pareti rocciose.

GIANLUCA CARRADORINI, FAUSTO SERRANI.  14 Luglio 2018

6

6 – 7- Il versante nord- est
del Monte Coglia con  il percorso
effettuato in rosso e quello da seguire in caso di difficoltà in arancio.

7
8- Il versante nord- est del Monte Coglia con  il percorso effettuato in rosso e quello da seguire in caso di difficoltà in arancio.



DIRETTISSIMA AL MONTE TORRONE PER LA CRESTA NORD-OVEST

Il 28 luglio 2018 abbiamo
risalito (e descritto) una delle ultime creste dirette alle cime dei Monti
Sibillini, forse già percorsa da altri ma come al solito, non descritta nella
bibliografia ufficiale.

L’itinerario, percorso da
Fausto Serrani in solitaria nel 2015 e parzialmente risalito dal nostro itinerario
n.32 proposto nel 2017, è stato con l’occasione completato, fotografato e
descritto per chi volesse ripeterlo.

La cresta nord-ovest diretta,
nascosta e non facilmente osservabile,  è
forse una delle più belle ed impegnative dell’intero gruppo dei Monti Sibillini
sia come sviluppo, 1200 metri di dislivello (da Foce a 945 m. fino al M.
Torrone 2187 m.), che come difficoltà, infatti se si segue rigorosamente il
filo di cresta rocciosa da Le Svolte alla cima del Monte Torrone  si risalgono alcuni tratti su roccia con
passaggi di I° grado e su terreno molto ripido, come visibile dalle immagini.

Inoltre permette il più rapido
raggiungimento, con sole 3 ore, alla cima del Monte Torrone che rimane una cima
poco frequentata proprio per la sua distanza dai percorsi classici.

E’ infatti raggiungibile da Foce per
la Fonte Fredda (3,5 ore), da Altino per la cresta M. delle Prata – M.
Banditello – Sasso d’Andrè (neppure riportato su tutte le carte) (3,5 ore) oppure
dalla cima del M. Vettore scendendo per l’Antecima Nord (1,5 ore dal M.Vettore
) ma comunque tutti percorsi di cresta lunghi e relativamente interessanti.

E’ pertanto consigliata ad
escursionisti esperti ed allenati.

Accesso:

Si raggiunge in auto la
frazione di Foce di Montemonaco quindi si parcheggia al termine del paesino in
corrispondenza della fontana e area pic-nic.

Il Piano della Gardosa è
percorribile dalle auto fino quasi all’inizio della salita de Le Svolte in
quanto la strada è stata adeguatamente sistemata dopo il terremoto e slavine
dell’inverno 2016-2017 ma è necessario munirsi di permesso chiedendo, alla Taverna
della Montagna di Foce o alla Polizia Municipale di Montemonaco, esclusivamente
per poter fare camping nel Piano della Gardosa prima de Le Svolte.

Non risalite
assolutamente con l’auto il Piano della Gardosa senza permesso in quanto c’è il
divieto di transito ai non autorizzati e al mattino presto gli organi di
vigilanza si appostano poco prima de Le Svolte per fare le multe.

Descrizione salita:

            Si
risale a piedi per 2,5 km la strada del Piano della Gardosa fino a raggiungere (30
minuti) un tratto alberato adibito a campeggio 100 metri prima della salita per
Le Svolte .

            Si
risale il canalone detritico de Le Svolte per l’accidentato e frequentatissimo sentiero
a tornanti per il Lago di Pilato.

Usciti dal bosco de Le
Svolte, al termine della ripida salita, si devia a sinistra direttamente su
prato alternato a grandi massi in direzione della cresta rocciosa  che sale verso il Monte Torrone (358147,6 E –
4745742,3 N; 1420 m.).

Si risale la cresta rocciosa
direttamente sul filo che si impenna subito formando un  torrione fino a richiedere l’uso delle mani
per superare alcuni ripidi passaggi .

Quindi si devia
leggermente a sinistra impegnandosi su un secondo tratto roccioso con passaggi
di I° grado.

Usciti da questa seconda
cresta rocciosa si intercetta il  più comodo
sentiero (1 ora, 358352,3 E – 4745688,7 N; 1545 m)  che proviene da Fonte Fredda (a sinistra) e
si addentra nella Valle del Lago di Pilato verso il Monte Rotondo (Fonte Matta).

Raggiunto il sentiero ben
visibile dirigersi nettamente a sinistra per prati verso un terzo spuntone
roccioso che si risale ancora con passaggi su roccia di I° grado.

Si continua in verticale
su tratti erbosi alternati a tratti rocciosi facili ma comunque sempre ripidi.

Dopo altri 200 metri di
salita sul ripido filo roccioso di cresta si intercetta a destra la traccia
descritta nel nostro itinerario n.32 del 2017 a quota 1770 m. (30 minuti, 358657,8
E – 4745595,5 N).

Si continua sempre in
verticale raggiungendo la cima di un quarto sperone roccioso anche qui
aiutandosi con le mani (foto n.10).

Si sale quindi su cresta
erbosa in direzione di una caratteristica stretta forcella visibile nella foto
n.12 (358766,1 E – 4745503,1 N; 1855 m.) oltre la quale diminuiscono le
difficoltà ma non la pendenza che rimane sempre piuttosto alta, non inferiore
ai 45 °.

Con altri 45 minuti di
cresta erbosa che si fa man mano più coricata si raggiunge la cima del Monte
Torrone a 2187 m.

Discesa:

Dal Monte Torrone si consiglia di
scendere per prati nel versante nord fino a raggiungere il sentiero verso
destra che conduce da Fonte Matta a Fonte Fredda – Fonte della Cerasa e quindi
scende a Foce oppure, una volta intercettato il sentiero, girando a sinistra
verso la Valle del Lago di Pilato scendendo quindi per Le Svolte fino al Piano
della Gardosa e a Foce per l’itinerario di avvicinamento.

GIANLUCA CARRADORINI  – FAUSTO SERRANI                     28 LUGLIO 2018

1-L’itinerario di salita della cresta nord-ovest Monte Torrone visto da Forca Viola (foto dell’it. n.32).
2- L’itinerario di salita della cresta nord-ovest Monte Torrone visto da Forca di Pala (foto dell’it. n.32).
3- Dettaglio dell’itinerario di salita della cresta nord-ovest Monte Torrone visto da Forca Viola. (foto dell’it. n.32).
4- In ombra la cresta nord-ovest di salita del Monte Torrone (foto dell’it. n.32 Maggio 2017)
5- Il primo torrione roccioso della cresta nord-ovest di salita del Monte Torrone, al centro a sinistra il prato di uscita de Le Svolte con il sentiero per il Lago di Pilato ben visibile, sullo sfondo le frane del sisma del 2016 nello Scoglio del Miracolo.
6- la cresta di salita tra il primo ed il secondo risalto roccioso con le nostre lunghe ombre a dimostrazione della ripidità del terreno, in basso il prato di uscita da Le Svolte con il sentiero
7- Salita al secondo torrione della cresta nord-ovest del Monte Torrone sotto al sentiero Fonte Fredda – M. Rotondo, sotto alle rocce visibili in alto corre il nostrro itinerario n.32 del 2017.
8- La sommità del secondo torrione della cresta nord-ovest del Monte Torrone, sullo sfondo la Ripa Grande
9- La sommità del terzo torrione della cresta nord-ovest del Monte Torrone, sullo sfondo la Ripa Grande e la cima del Monte Argentella tra la nebbia.
10- Un ulteriore tratto roccioso sotto il quale inizia il nostro itinerario n.32 del 2017.
11- Ancora roccette salendo verso la forcella, si notano i due torrioni delle foto 8 e 9 d il passaggio con roccette in ombra della foto precedente n.10
12- la cresta di salita dopo i tratti rocciosi più impegnativi, in alto a destra la caratteristica forcella di passaggio
13- L’ultimo passaggio su roccia nella caratteristica forcella di salita, sullo sfondo il Piano della Gardosa con la strada di raggiungimento.
14- Al termine delle difficoltà, si osserva l’intera e bellissima cresta nord-ovest di salita al Monte Torrone a partire dal prato di uscita de Le Svolte al centro del lato sinistro.

15- In vista ormai della cima del Monte Torrone si osserva l’Antecima Nord del Monte Vettore a sinistra e la Valle del Lago a destra di Pilato con la Cima del Redentore, il Pizzo del Diavolo e la Cima del Lago.

CARTA
SATELLITARI DEL PERCORSO CON:

GIALLO: Percorso di avvicinamento

ROSSO: Percorso proposto

VERDE: Percorso di discesa




LE PISCIARELLE – INFERNACCIO – APRILE 2017

Tutti gli amanti della
montagna sanno che questo che propongo ovviamente non può essere un nuovo tracciato,
andare alla cosiddette “Pisciarelle”, all’imbocco della valle dell’Infernaccio
è cosa normale per migliaia di persone che ogni anno percorrono questo luogo
essendo parte del classico  itinerario
per raggiungere il Romitorio di S. Leonardo 
o l’alta valle del Tenna fino alle sue sorgenti (Capotenna).

Non tutti  sanno invece:

  • Che solo per una
    decina di giorni all’anno, ai primi di aprile, il sole, nel tardo pomeriggio tra
    le 16 e le 16.30, si insinua nel profondo della valle dell’Infernaccio
    riuscendo ad illuminare dal lato ovest in modo particolare, quasi ad accendere
    di luce, le decine di cascatelle e rivoli d’acqua che, cadendo nel vuoto da un
    enorme tetto di roccia, formano le cosiddette “pisciarelle”.

Questo
fenomeno permette agli appassionati di fotografia di poter fare dei bellissimi
scatti ed immortalare delle immagini uniche.

  • Che quest’anno,
    tra il terremoto dell’Ottobre del 2016 ed una eccezionale nevicata invernale le
    forze della natura si sono scatenate con una potenza distruttiva enorme come
    mai si era visto prima in questa valle.

Il
terremoto dell’Ottobre 2016 ha provocato distacchi di rocce dalle pareti
sovrastanti del versante nord di M. Zampa e enormi frane che hanno stravolto la
strada di accesso.

Inoltre
la zona delle Pisciarelle è stata interessata da una enorme valanga, stimata in
circa 40.000 metri cubi di neve che ha coperto perfino l’ingresso della
galleria che permette di superare le gole dell’Infernaccio ed ha spazzato via
il, forse già lesionato dal sisma, 
ponticello in cemento e legno che permetteva di attraversare l’impetuoso
torrente Tenna, i suoi resti si trovano un centinaio di metri più a valle.

Anche
anni addietro ho visto grandi valanghe nella stessa zona ma mai così imponenti
come quella di quest’anno.

Nella
zona sembra che sia scoppiata una bomba, piante di tutte le misure spezzate
dalla furia della slavina e dalle frane, massi ovunque e una completa
desolazione regna in queste zone.

Dallo
slargo delle Pisciarelle si nota nei torrioni dentro alla valle anche la grande
chiazza bianca della frana del Torrione destro de “Le Vene” che ha formato
addirittura un laghetto nella valle del Tenna ma che per motivi di sicurezza
non abbiamo raggiunto.

Non aggiungo altro, le
immagini che seguono parlano da sole.

Al mattino avevamo fatto un giro dalle parti di Montegallo ad osservare la chiesa di Santa Maria in Pantano e la grande frana del Sasso Spaccato, ecco quello che abbiamo visto rimanendo senza parole:

1-La chiesa di S. Maria in Pantano nel giugno del 2016, ormai è una immagine che fa parte della storia.
2- La chiesa nelle attuali condizioni, già lesionata dal terremoto del 24 agosto 2016 e lasciata al suo destino senza che nessuno facesse qualcosa, è stata messa in sicurezza solo dopo che è quasi totalmente crollata !!!!, adesso è praticamente un cumulo di macerie.
3- Veduta laterale di ciò che rimane della chiesa.
4-Gli affreschi interni che la decoravano !!!
5-Il Sasso Spaccato nel versante est della Cima di Pretare – Monte Vettore, luglio 2016
6- La grande frana di Sasso Spaccato nel versante est della Cima di Pretare – Monte Vettore, notate il punto di distacco di colore bianco ed i grandi massi ai piedi del bosco distrutto dalla frana, in alto passa il tracciato n.8 che avevo descritto nel 2015.

VALLE DELL’INFERNACCIO

7- Il torrione del fosso “Le Vene” sullo sfondo con la grande frana, visto dal parcheggio di Valleria
8- I primi massi franati sulla strada per le Pisciarelle, ancora non è niente !!!!!
9

9-10  Le condizioni della strada che dal parcheggio scende alle Pisciarelle.

10
11- Le condizioni dello slargo de Le Pisciarelle, massi ovunque, alberi sradicati, l’enorme cumulo della slavina alto una decina di metri, a sinistra le cascatelle già illuminate dal sole pomeridiano, a destra la parte sommitale della galleria dell’Infernaccio emerge dalla massa nevosa

12-13  Sopra, l’ex ponte sul torrente Tenna forse lesionato dal terremoto e spazzato via dalla furia della slavina. Tutto intorno una enorme quantità di alberi sradicati e spezzati, sembra ci sia stata una esplosione.

13
14-  L’ingresso della galleria dell’Infernaccio riempito di alberi abbattuti e semicoperto dalla neve.
15-  Il torrente Tenna si è aperto un varco sotto ad una decina di metri di neve.
16-  L’alta parete strapiombante di roccia che forma le cosiddette “Pisciarelle” già illuminata dal sole del tardo pomeriggio, vista dai pressi dell’ex ponte.
17

17- 18  Le Pisciarelle viste da sotto il grande tetto che le forma.

18
19- La prima cascatella vista dal ponte.
20- Nella desolazione più assoluta del parcheggio di Valleria mai visto così deserto ritorniamo verso l’auto.

E per concludere dopo la
visione di tanta distruzione un  Aneddoto
del
tipo:
“che strani “animali” si incontrano in montagna”:

Tornando dalle Pisciarelle verso il parcheggio di Valleria, ancora irraggiungibile in auto, incontriamo diverse persone che scendevano tra cui uno strano soggetto solitario di Fermo, con giacca nera di pelle stile Fonzie (!), berretto consumato dal tempo (era praticamente a brandelli !!), maglietta anch’essa scolorita dal tempo (sembrava mimetica !!!) e borsa a tracolla anziché zaino, piena di macchie (!!!!) che alle 17 del pomeriggio (!!!!!) si stava dirigendo verso l’imbocco della Valle dell’Infernaccio per andare al Romitorio di S. Leonardo per vedere i danni del terremoto in quanto era un amico di Padre Pietro.

Ci fermiamo a chiacchierare
con lui, ci dice che sono tanti anni che va in montagna (io pensavo che erano invece
tanti anni che non ritornava a casa viste le condizioni) ed inizia a
raccontarci di uno strano incontro che aveva fatto nel 2016 mentre scendeva dal
Laghetto di Palazzo Borghese per la via del Canale verso Foce.

Continuo il racconto con sue
testuali parole:

Scendendo all’interno del bosco ad un certo punto noto in lontananza
uno strano animale:

  • un cane non era
  • un lupo non era
  • una volpe non era
  • un gatto selvatico non era
  • una lepre non era
  • una faina non era
  • uno scoiattolo non era
  • un cinghiale non era
  • un asino non era
  • un capriolo non era
  • un camoscio non era
  • un cervo non era
  • un orso non era

gli corro dietro, non riesco a vederlo
bene ne a fotografarlo e ad un certo punto scompare, per esclusione era
sicuramente una lince…. non poteva che essere altro che una lince !!!
”.

(non ci sono mai stati
avvistamenti di lince nei Monti Sibillini e neppure nell’intero Appennino ma
solo su alcune remote zone delle Alpi)

Lo ascoltiamo un po’
perplessi poi lo salutiamo, noi ci dirigiamo verso Rubbiano e lui scende verso
le Pisciarelle.

Alla sera a casa ricevo un
messaggio dal mio amico Bruno (conosciuto in montagna):

(sue testuali parole)

Stasera ho visto un animale davanti casa mia ….. un
gattu non era…. un cà non era … uno scoiattolo non era…un cinghiale non era……
un  porcu non era…..era sicuramente un
ippopotamo !!!!!

 Alla mattina del giorno dopo ricevo invece un
messaggio dal mio amico Fausto (anche lui conosciuto in montagna):

(sue testuali parole)

Appena alzato me so affacciato dalla finestra. davanti casa c’era un animale….. Un orsu non era….un orango non era… un gorilla non era…. Uno yeti non era….. Ho guardato mejo….. era mi socera !!!!!!!

….….. che strani “animali” si incontrano in montagna !!!………………………………….

GIANLUCA CARRADORINI, FAUSTO SERRANI, BRUNO BARTOLAZZI, MARCO COPERCHIO E VERONICA VEROLINI               APRILE 2017




CIMA DI COSTA VETICHE INVERNALE DA BOLOGNOLA con variante a Punta Bambucerta e/o Monte Rotondo

Il 16 febbraio 2017, grazie a condizioni di innevamento ottimali, è stata ripercorsa integralmente da Bolognola, la lunga cresta (5 km.)  Balzo della Croce – Costa Vetiche – Cima di Costa Vetiche (neppure riportata sulle carte) – Forcella Cucciolara, per poi proseguire fino alla cima di Punta Bambucerta e/o alla cima di Monte Rotondo con un dislivello di oltre 1000 metri, già percorsa da me diversi anni fa ma non documentata.

Come di consueto anche
questo itinerario invernale, percorso in una zona praticamente sconosciuta e
non frequentata del gruppo nord dei Monti Sibillini (una delle poche zone dei
Monti Sibillini facilmente raggiungibile in auto dopo il sisma dell’Ottobre
2016), non è descritto in alcuna guida in commercio.

La salita, effettuata già
anche in estate,  è di interesse
principalmente invernale e va effettuata, specie nel ripido tratto roccioso che
precede la Cima di Costa Vetiche, con condizioni di neve stabile e gelata per
l’elevato rischio slavine che il pendio nord della cima presenta.

L’itinerario proposto è
lungo e richiede attenzione nel tratto roccioso di Costa Vetiche e, per chi
prosegue verso il Monte Rotondo, nel tratto a monte di Forcella Cucciolara e
alle cornici presenti nei versanti nord, come sono state trovate
eccezionalmente in occasione della prima salita (ben visibili nella foto n.7).

Naturalmente sono
richiesti ramponi e consigliabili due piccozze e può risultare utile una corda
nella salita del tratto roccioso di Costa Vetiche.

Accesso:

L’itinerario prevede come
base di partenza il primo nucleo abitato di Bolognola denominato Villa da Piedi
o Bentivoglio (dal nome di una delle tre famiglie Bolognesi che fondarono
l’abitato, le altre sono Pepoli per Villa di Mezzo e Malvezzi per Villa da
Capo) che si raggiunge in auto per la strada Fiastra – Acquacanina – Bolognola
(354720,6 E – 4762098,8 N; 975 m).

Salita:

Dalla frazione
attualmente chiusa al traffico dopo il sisma, si scende a piedi per la strada
in direzione della chiesa, si attraversa il nucleo abitato e la strada si
trasforma in un tratturo che, evitando una deviazione a sinistra, in breve (10
minuti) porta al torrente Fiastrone.

Si supera il torrente su
un vecchio ponte e si inizia una ripida salita sul versante opposto all’interno
del bosco su un ampio sentiero.

Si raggiunge Balzo Bonomo
e si prosegue fino ad incrociare il tracciato in piano del canale di raccolta
delle acque della condotta forzata della Centrale idroelettrica di Bolognola.

Volendo si può proseguire nel tracciato del canale ed uscire sempre sulla cresta di salita 50 metri più a valle (questo è una parte dell’itinerario descritto sulle guide che permette di raggiungere le cascate dell’Acquasanta da Villa da Capo di Bolognola)

1-La cresta di salita vista dalla strada Pintura di Bolognola – Sassotetto.
2-La lunga cresta di salita vista dal Balzo della Croce.
3- La cima di Costa Vetiche in ombra a sinistra e la Punta Bambucerta a destra, al centro sullo sfondo la cima del M. Rotondo.
4- Da sinistra la Punta Bambucerta, il Monte Pietralata e Monte Cacamillo, al centro in ombra la Valle dell’Acquasanta.

Si prosegue sempre in
salita e dopo 30 minuti si sbuca nei prati sommitali della cresta tra lo
Scoglio Ramaggiore e il Balzo della Croce (foto n.1; 354427,3 E – 4761567,2 N;
1125 m).

            Si
prosegue la cresta erbosa in salita fino a raggiungere, in altri 20 minuti, il
Balzo della Croce caratterizzato da una alta ma esile croce in ferro (354693 E
– 4761232 N; 1276 m.).

            Quindi
seguendo fedelmente il filo di cresta sempre in salita costante si raggiunge la
Macchia dell’Aratro, (30 minuti; 355281 E – 4760025,5 N; 1500 m.) bellissima
faggeta di alto fusto.

            Oltrepassato
il tratto di bosco la cresta inizia a impennarsi ed assottigliarsi sempre di più.

            Dopo
altri 45 minuti si arriva in prossimità di uno scoglio verticale di scaglia
rossa che rappresenta la parte più impegnativa della salita (354247,5 E –
4758916,3 N; 1790 m.).

            Dalla
base dello scoglio si traversa delicatamente verso destra per una ventina di
metri per evitare le friabili rocce quindi si risale su un tratto innevato
molto ripido.

Scavalcata una crestina
innevata si devia quindi verso sinistra con un lungo traverso per andare a
riprendere il ripido filo di cresta sopra allo scoglio stesso.

Si raggiunge così una
prima cima senza nome a quota 1870 m. (354144,7 E – 4758801,5 N) dove, del
versante sud, esce la via invernale n.12 descritta nel mio secondo libro “IL
FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” edito nel 2014.

            Si
prosegue per cresta meno ripida e con circa 45 minuti dallo scoglio si
raggiunge la cima di Costa Vetiche a quota 1950 m. (353681 E – 4758613,7 N) da
cui si domina l’intera Valle Tela e la parete nord del Monte Rotondo.

Variante a Punta Bambucerta:

            Dalla
Cima di Costa Vetiche si scende con attenzione nel versante nord a prendere la
lunga cresta (800 m.) che la collega alla Punta Bambucerta, denominata anche in
zona “l’Abbandonata” proprio per la sua difficoltà di accesso.

            In
circa 30 minuti di facile ed aerea cresta si giunge alla cima di Punta
Bambucerta a quota 1869 m. (353542,4 E – 4759469,2 N) a picco sopra alla Valle
dell’Acquasanta a nord e la Val di Tela a ovest.

            Da
questa cima si può osservare la selvaggia area che risulta praticamente
frequentata solo dalla mia cordata; infatti ricordo le vie da me aperte in zona:

  • Parete
    nord di Punta Bambucerta; Via dell’Abbandonata estiva ed invernale; itinerario
    n. 7 descritto nel mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI” Anno 2011.
  • Grotte
    di Angilino; itinerario estivo n. 3 descritto nel mio libro “I MIEI MONTI
    SIBILLINI” Anno 2011.
  • Canale
    ad “S” del Monte Cacamillo e sentiero dimenticato, dalle sorgenti
    dell’Acquasanta; itinerario n. 10 descritto nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI
    SIBILLINI”, anno 2014.
  • Salita alla Cima di Costa Vetiche, via invernale n.12 descritta nel mio secondo libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI”,  anno 2014
5- La cresta e lo scoglio prima della Cima di Costa Vetiche, visibile in alto  a destra
6- Il tratto più impegnativo, il superamento del grande scoglio di roccia rossa, in corrispondenza delle stelline le successive foto n.8, 9 e 10
7- Panoramica del tratto di cresta più bello e più impegnativo dell’intera salita in ottime condizioni d’innevamento.
8- Il tratto iniziale del traverso di destra per il superamento dello scoglio, a destra il M. Pietralata.
9- Il tratto centrale del traverso sinistro per andare a riprendere il filo di cresta.
10- L’ultima ripida salita prima della Cima di Costa Vetiche, con la neve nel versante est che si stava già
      ammorbidendo

In occasione di questo itinerario
abbiamo individuato nella zona una ulteriore possibile via nuova che sarà
oggetto di una nostra futura salita !

Variante a Monte Rotondo:

            Dalla Cima
di Costa Vetiche si scende per 150 metri, con attenzione specie nell’ultimo
tratto,  nel ripido versante sud-ovest in
direzione di Forcella Cucciolara (353572 E – 4758547,5 N) posta più in basso a
quota 1917 m.             Dalla Forcella
Cucciolara si prosegue e ci si innalza sempre in direzione sud-ovest per la
cresta che si fa sempre più ripida, in direzione di Monte Rotondo.

            Questo
itinerario è già stato percorso più volte e lo si può raggiungere più
brevemente e facilmente utilizzando come itinerario di salita la discesa di
seguito descritta.

Si raggiunge una paretina
rocciosa che si supera direttamente (foto n.16) su passaggio di II° o
aggirandola a sinistra su ripido pendio nevoso se in buone condizioni.

            Si
riprende il filo di cresta che dopo circa 100 metri si corica diventando meno
ripido fino alla antecima del Monte Rotondo a quota 2058 m. (353329 E –
4758372,3 N)

            Da
questa cima dapprima per cresta in lieve discesa poi per salita e ampio pianoro
sommitale in circa un’ora si raggiunge la cima del Monte Rotondo a 2012 m.
(352825,8 E – 4758570 N).

11- Il versante sud-est del Monte Cacamillo che incombe sopra alla Valle dell’Acquasanta, evidenziato dalle frecce si nota il “sentiero perduto” , dietro alla cresta rocciosa invece corre l’itinerario del “Canale ad “S” al Monte Cacamillo descritto nell’itinerario n.10 del mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI”,
12- La verticale parete nord del nostro piccolo “Cervino”, il Monte Acuto, a destra il Pizzo Tre Vescovi con una enorme cornice di neve nel versante nord, visti dalla Cima di Costa Vetiche.
13- La strada che collega la Pintura di Bolognola al Rifugio del Fargno sotto a M. Acuto, in condizioni invernali, per il rischio slavine non è raccomandabile percorrerla come ha fatto qualche incosciente, come ben visibile dalla traccia lasciata sulla neve fresca, ci sono ben due lapidi (stelle) a memoria di chi è precipitato a valle !!!!
14 – La Cima di Costa Vetiche, sullo sfondo a sinistra il M. Sassotetto ed il Pizzo di Meta, al centro il M. Valvasseto, a destra la Pintura di Bolognola, a sinistra in basso la cresta di salita e il Poggio della Croce
15- La cresta percorsa con il tratto finale più impegnativo fino alla Cima di Costa Vetiche, visto dal Monte Acuto, all’interno del cerchio lo scoglio della foto n.6 visto dal versante est.
16- L’itinerario di salita da Forcella Cucciolara al Monte Rotondo con la paretina rocciosa da superare.

Discesa:

            Dalla
Cima di Costa Vetiche e dalla variante a Punta Bambucerta si scende nel
versante sud nel canalone che da Forcella Cucciolara conduce alle Sorgenti del
Fiastrone (itinerario in giallo della foto n.17).

            Tale
itinerario è stato più volte percorso anche in salita per raggiungere più
brevemente la cima del Monte Rotondo d’inverno partendo dal primo tornante
della strada che collega Bolognola alla Pintura.

            Quindi
raggiunto il torrente lo si percorre dapprima per tracce di sentiero poi per
strada sterrata fino ad una zona attrezzata per pic-nic quindi fino a prendere
la strada che da Bolognola sale fino alla Pintura.

            Per
strada asfaltata si scende per gli abitati di Bolognola fino a Villa da Piedi.

            Da
Monte Rotondo si consiglia di scendere per la cresta sud-est (itinerario
arancio nella foto n.17) fino a raggiungere il Rifugio del Fargno quindi si
segue un tratto di strada che scende verso la Pintura di Bolognola, all’altezza
del Rifugio scende sottostrada nel versante nord e per tracce di sentiero si
raggiungono le sorgenti del Fiastrone.

            Quindi
si percorre l’itinerario di discesa descritto sopra.

            Si
ricorda che il vallone di Forcella Cucciolara e soprattutto il versante sud-est
del Monte Rotondo e di Costa Vetiche sono fortemente esposti a rischio slavine
(all’interno del cerchio della foto n.17) anche in considerazione che vanno
percorsi in discesa al pomeriggio, con il sole che ha riscaldato i versanti fin
dal mattino presto, pertanto per questo itinerario vanno scelte condizioni di
innevamento stabile e basse temperature.

GIANLUCA CARRADORINI – CIOCCHETTI STEFANO                          

16 Febbraio 2017

17- L’itinerario di salita al M. Rotondo in rosso e gli itinerari di discesa da Cima di Costa Vetiche – Punta Bambucerta in giallo e da M. Rotondo in arancio (utilizzabili anche come itinerari di salita).

ROSSO: ITINERARIO PROPOSTO

GIALLO: ITINERARIO DI DISCESA




Omaggio a Bruno

Il 17 novembre 2017 ci ha lasciato il nostro caro amico Bruno Bartolazzi.

In questi ultimi 7 anni, io insieme ai miei amici Fausto, Marco, Veronica, Stefano abbiamo portato Bruno in montagna, ha fatto con noi più di 120 escursioni e salite alpinistiche su roccia d’estate e su ghiaccio in inverno.

Più volte ci siamo legati in cordata e per noi di montagna legarsi ad una corda con un compagno significa legarsi anche alla sua vita.

Per questo ci mancherai tanto Bruno.

Un giorno mi ringraziò perchè non pensava mai di poter fare, a 60 anni, esperienze così forti ed impegnative in montagna.

Adesso io e i miei amici ringraziamo te Bruno per averci dato la tua amicizia, la tua simpatia, la tua immensa allegria che ti caratterizzava, anche nei momenti più difficili come la salita alla Cima del Redentore d’inverno da Castelluccio quando ti sentisti poco bene.

Ciao Bruno , sarai per sempre con noi sui nostri monti.

La faticosa salita alla Cima del Redentore quando Bruno andò in crisi e lo abbiamo fatto ridiscendere con la corda