I TERRAZZI DA BRIVIDO DEI MONTI SIBILLINI – Parte 1.

Gli itinerari che
seguono, alla scoperta di terrazzi sospesi che permettono di godere di panorami
aerei e da brivido, non sono riportati in alcuna guida dei Monti Sibillini in
commercio.

Si consiglia di
percorrere tali itinerari nel periodo estivo e autunnale in modo da evitare eventuali
accumuli di neve primaverile in cresta.

Mentre per esperti si
consiglia di percorrerli anche d’inverno in quanto acquistano un fascino straordinario,
ovviamente  con tutti i rischi connessi
alla presenza di ghiaccio e soprattutto di cornici di neve che talvolta
impediscono l’accesso, pertanto è tassativo percorrerli in condizioni di neve
perfettamente assestata e con attrezzatura adeguata (piccozza e ramponi, consigliabile
una corda).

ITINERARIO N.1:  IL TERRAZZO DELLE “QUINTE” ALLA CROCE  DI MONTE BOVE.

Questo itinerario,
compreso nel gruppo del Monte Bove, permette di raggiungere un terrazzo da
brivido sospeso nella parte iniziale della val di Bove e può essere accoppiato
in giornata all’itinerario n.2 e 3.

Questo itinerario è
consigliato ad escursionisti allenati ed esperti in particolare se si intendono
effettuare tutti e tre dei seguenti itinerari proposti in giornata vista la
loro posizione nella stessa valle .

Accesso: Dall’Hotel Felicita di Frontignano si percorre il sentiero n. 15 per la
Val di Bove.

1- I torrioni delle “quinte” con l’itinerario di salita
2- La cresta che collega “le quinte” alla Croce di Monte Bove visibile in alto.

Giunti sulla verticale
dei grandi torrioni presenti in alto, salendo, a sinistra denominati “le
quinte” che dominano la vallata si inizia a salire sul ghiaione sottostante (Questo
itinerario sale tra le vie di ghiaccio n. 17.2 – 17.3 del mio libro ”IL FASCINO
DEI MONTI SIBILLINI”) intervallato da tratti di bosco per spostarsi sul lato
sud-ovest dei torrioni a prendere un ampio canale che sale di lato al
rimboschimento a pini presente più in alto.

Giunti quasi al
rimboschimento deviare a sinistra liberamente su ripido pendio erboso, che sale
tra dei torrioni di roccia,  alternato
a  tratti rocciosi fino a raggiungere
faticosamente la cresta che sale dalle cime delle Quinte.(foto n. 1, ore 2).

La salita di questo
tratto è difficoltosa ed è riservata solo ad escursionisti esperti.

Giunti alla sottile
cresta (foto n.2) dove si scopre anche la cima della Croce di Monte Bove, si
scende ulteriormente facendo molta attenzione per raggiungere la cima dei due
torrioni delle quinte, la “quinta piccola” a sinistra e la “quinta grande” a
destra guardando verso la Val di Bove sottostante.

Ritorno: Dalla cima delle quinte si prosegue con attenzione il filo di cresta in
salita (foto n.2) fino a raggiungere la Croce di Monte Bove (30 minuti).

Per chi vuole proseguire
e visitare gli altri quattro terrazzi da brivido del Monte Bove Nord si percorre
la cresta in direzione di Monte Bove Nord fino alla sella tra le due cime e si prosegue
sempre in salita per l’itinerario N.2 descritto di seguito

 Oppure chi vuole scendere si prosegue la cresta
in direzione di Monte Bove Nord fino alla sella tra le due cime dove intercetta
il sentiero n.15 che scende verso la Fonte di val di Bove e scendere fino a
Frontignano per il sentiero di fondovalle.

Infine per chi vuole completare il giro con la salita al Torrione panoramico
e delle due finestre (itinerario N. 3 descritto di seguito), raggiunta la
fontana si scende ulteriormente fino al restringimento della valle dove si
incontra a sinistra la cresta che scende dalla forcella Passaiola  (o da M. Bicco) poi anziché prendere
l’evidente sentiero di fondovalle ci si tiene in piano sui prati del lato
sinistro fino al margine del bosco quindi vedere la descrizione dell’itinerario
n.3.

3- La cima della “quinta grande ”, a sinistra a la zona del torrione panoramico e delle due finestre visitati dall’itinerario n. 3, in
alto a destra l’Hotel Felicita, punto di partenza dell’itinerario.

ITINERARIO N.2:  
I TERRAZZI DELLE CIME DEGLI “SPALTI” E DI PUNTA ANNA AL MONTE BOVE NORD

Questo itinerario
permette di raggiungere ben quattro dei più spettacolari, insieme
all’itinerario N.1, terrazzi da brivido sospesi nel vuoto del gruppo nord dei
Monti Sibillini,.

In questi quattro
terrazzi è possibile affacciarsi con una verticale di più di 700 metri sopra ai boschi
sottostanti la grande parete nord ed est del Monte Bove Nord e con oltre mille
metri sopra al fondovalle ed al paese di Casali di Ussita.

Anche questo itinerario è
consigliato ad escursionisti allenati ed esperti, come indicato per l’itinerario
N.1.

Accesso: Dall’Hotel Felicita di Frontignano si percorre il sentiero n. 15 per la
Val di Bove.

Si raggiunge la fontana
di Val di Bove e si risale il sentiero che conduce alla forcella tra la Croce
di Monte Bove e Monte Bove Nord (ore 1,5).

Dalla forcella si risale
ad est il pendio verso la cima del Monte Bove Nord fino a raggiungere una
cresta che parte a sinistra e conduce alla cima del primo spalto, lo Spalto
Occidentale (20 minuti).

E’ possibile anche
traversare a mezza costa con un pò di attenzione anziché salire tutta la cresta
fino al termine.

4- Il terrazzino dello Spalto Occidentale, il primo che si incontra salendo dalla Croce di Monte Bove.

Raggiunta la cima dello
spalto ci si affaccia in più punti sopra a verticalissimi torrioni ben visibili
quando poi ci si sposta verso l’altro spalto.

Quindi dallo spalto
occidentale si risale ancora verso la cima del Monte Bove Nord e prima della
cima si devia ancora verso sinistra su cresta e si raggiunge il secondo spalto,
quello Centrale.

Anche qui ci si affaccia
in vari terrazzini da brivido verso la Valle di Ussita.

            Quindi
riprendendo la cresta erbosa si raggiunge obbligatoriamente la cima di Monte
Bove Nord.

            Dalla
cima si scende una crestina erbosa verso 
nord-est (per chiarimento verso la Forcella del Fargno ben visibile di
fronte) quindi si devia verso destra per evitare delle roccette quindi su una
lieve traccia di sentiero fatta dai camosci, ci si sposta in piano ritornando
indietro verso sinistra, fino ad una rampa erbosa in discesa racchiusa tra
rocce.

Scendere la rampa erbosa
(foto n.7) con attenzione in quanto ripida e scivolosa, in direzione della cima
dello Spalto Orientale ben visibile avanti a voi.

            Si
raggiunge la crestina rocciosa che divide la cima dello spalto dalla cima del
monte e si scende lievemente verso sinistra fino a raggiungere un
caratteristico balcone, una piattaforma di roccia liscia larga circa 2 metri oltre il quale
parte il grande balzo della parete nord del Monte Bove.

In questo terrazzino, sicuramente il più spettacolare dei quattro visitabili con questo itinerario,  è tassativo sporgersi con attenzione possibilmente coricandosi a terra e godere così in sicurezza un balzo aereo mozzafiato di 1000 metri di dislivello.

5- Il terrazzino dello Spalto Centrale, visione verticale sulla vallata con la grande ombra dei tre spalti del M. Bove ed il paese di Casali di Ussita .
6- Il terrazzino dello Spalto Centrale, a destra l’abitato di Casali di Ussita.
7- Il tratto erboso che dalla cima del Monte Bove Nord scende verso il terrazzino dello Spalto Orientale.
8L’incredibile terrazzino dello Spalto Orientale, ci troviamo sull’orlo di un immenso baratro.

Dalla cima dello Spalto
Orientale si ritorna alla cima del Monte Bove Nord.

            Quindi
dalla cima scendendo in direzione est verso il Monte Bove Sud per ripido prato
si raggiunge la cresta rocciosa che conduce alla Punta Anna, il grande torrione
della parete est del Monte Bove Nord.

Seguendo la cresta
rocciosa con saliscendi e slalom tra curiosi enormi massi che sembrano essere
stati poggiati sul posto, si raggiunge la cima della Punta Anna, anche qui con
un panorama verticale eccezionale verso la val di Panico, Pizzo Berro e le
altre cime dei Monti Sibillini.

Dieci metri sotto alla
cima, sulla destra in direzione est, si nota uno spit, l’ultima sosta della
salita su roccia classica alla est della Punta Anna.

9- I massi che sembrano accatastati l’uno sopra l’altro della cima di Punta Anna ed il terrazzino panoramico
10- La rocciosa cresta della Punta Anna, sullo sfondo il M. Priora o Pizzo Regina e la cresta del Pizzo Berro
11- Il Monte Bove Nord visto dal Fosso la Foce (cengia dei fiumarelli) con i quattro terrazzi da brivido.
Da destra: Spalto Occidentale, Spalto Centrale, Spalto Orientale, Punta Anna

Ritorno: Dalla cima del Monte Bove Nord si scende per l’itinerario di salita fino
alla sella tra le due cime dove intercetta il sentiero n.15 che scende verso la
Fonte di val di Bove e proseguire fino a Frontignano per il sentiero di
fondovalle.

Per chi vuole completare il giro con la salita al Torrione delle due finestre (itinerario N. 3 descritto di seguito), raggiunta la fontana si scende ulteriormente fino al restringimento della valle dove si incontra a sinistra la cresta che scende dalla forcella Passaiola  (o da M. Bicco) poi anziché prendere l’evidente sentiero di fondovalle ci si tiene in piano sui prati del lato sinistro fino al margine del bosco quindi vedere l’itinerario n.4.

ITINERARIO N.3:  
IL TORRIONE PANORAMICO E IL TORRIONE DELLE “DUE FINESTRE” DELLA VAL DI
BOVE.

Questo itinerario,
assolutamente inedito, compreso sempre nel gruppo del Monte Bove, permette di
raggiungere un altro terrazzo sospeso nella parte iniziale della val di Bove e
una spettacolare struttura rocciosa formante ben due “finestre” che si aprono
proprio di fronte alle “quinte” e può essere accoppiato in giornata
all’itinerario n.1 e 2 in
modo da trascorrere una impegnativa giornata da “brivido” nel gruppo del Monte
Bove.

Anche questo itinerario è
consigliato ad escursionisti allenati ed esperti, come indicato per gli altri due
precedenti. La salita al torrione delle due finestre seppure breve, richiede
esperienza su roccia con passaggi di secondo grado e su erba molto ripida,
consigliabile una corda per la discesa.

Accesso: Per la sola salita di questo itinerario si parte dall’Hotel Felicita di
Frontignano e si percorre il sentiero n. 15 per la Val di Bove, si superano a
sinistra i torrioni delle “quinte” dove di fronte già sio possono notare i due
torrioni ed in particolare le “due finestre” e l’ultima ripida salita fino ad
arrivare all’allargamento della Valle.

12- Il Torrione Panoramico e quello delle “due finestre” visto dal canale di salita alla Cima delle Quinte (itinerario N.1)

Oppure se si proviene
dagli itinerari 1 e 2, raggiunta la fontana di Val di Bove, si scende
ulteriormente fino al restringimento della valle dove si incontra a sinistra la
cresta che scende dalla forcella

Passaiola  (o da M. Bicco) poi anziché prendere
l’evidente sentiero di fondovalle ci si tiene in piano sui prati del lato
sinistro fino al margine del bosco. Nel prato a
destra appena entrati nell’ampia Val di Bove, si nota una traccia, ben visibile
nella foto N.12 che supera la cresta e si addentra nel bosco del versante nord.

Prima di raggiungere il
primo lembo di bosco scendere lievemente verso il primo torrione che si
incontra e che emerge prepotentemente dal bosco, facilmente si può raggiungere
la sua cima dove si gode di un bellissimo panorama sulla valle sottostante e
sulle “quinte” poste di fronte (Foto N. 14).

Scendendo e sostandosi
sulla sinistra si supera il torrione e si traversa dentro al bosco mantenendosi
in quota. Dopo circa 100
metri si raggiunge un secondo torrione con dei
caratteristici pini sulla sommità.

Salendo verso i pini si
raggiungono le “due finestre” dall’alto mentre per entrare al loro interno si
scende dal torrione passando verso destra e si traversa alla sua base per poi
risalire faticosamente su erba e roccia un ripido canalino finale che permette
di entrare all’interno delle finestre stesse e raggiungere anche due piccole
grotte situate intorno ad esse. La salita alle finestre è consigliata ad
escursionisti esperti, è consigliabile l’utilizzo di una corda per la discesa,
sono presenti alberi su cui fare assicurazione.

Ritorno: Dai torrioni traversare il bosco verso destra salendo lievemente per evitare scivoli erbosi fino a raggiungere il prato di accesso ed intercettare il sottostante sentiero n.15 che scende verso la val di Bove, proseguire quindi  fino a Frontignano per il sentiero di fondovalle ben segnalato.

13- Le “due finestre” viste dall’alto, a sinistra emergono due alberi utili per discendere una volta raggiunte le due finestre dalla base del torrione.

14- Il Torrione Panoramico con “le quinte” sullo sfondo, raggiunte dall’itinerario N.1.
15- Il tratto di salita più impegnativo verso le “due finestre”, dalla base del torrione.
16- Le ”quinte” viste dall’interno delle “due finestre”.
Pianta satellitare del percorso:
GIALLO: ITINERARIO DI RAGGIUNGIMENTO E DISCESA
ROSSO : PERCORSI PROPOSTI

GIANLUCA CARRADORINI  – BRUNO BARTOLAZZI – FAUSTO SERRANI                                 NOVEMBRE 2015




ITINERARIO DEL FERRO INTORNO A CASALI DI USSITA.

Itinerario inconsueto e
al di fuori degli schemi, non si raggiunge una cima ma si visitano siti di
interesse geologico, storico e naturalistico intorno alla frazione Casali di
Ussita, percorrendo un itinerario ad anello facile ed adatto a tutti.

Itinerario percorso il 21 aprile 2016.

Esso descrive la salita e
visita al Fosso di S. Simone che scende a nord-ovest da Casali, dalle pendici
sud della Croce di Monte Rotondo, sito di importanza geologica dove si possono
trovare ancora discrete quantità di minerali di ferro, scendendo
successivamente costeggiando Le Cute, barriera rocciosa situata proprio sopra
all’abitato di Casali dove sono presenti due grotte, fino al paese dove si
visita uno scavo circolare presente da tempi immemorabile, forse un sito
preistorico, per poi concludere la visita alla ricerca di scorie di fusione del
ferro, anch’esse di probabile epoca preistorica e la visita finale al grande
acero di Casali, che si trovano sulla strada che scende dalla Val di Panico verso
Casali.

Inizio primo tratto dell’itinerario:  Si sale in auto da Ussita verso la frazione di
Casali, superato il cimitero, dopo 200 metri si incontra la deviazione a sinistra della
strada sterrata per il Rifugio del Fargno.

            Si
sale la strada per circa 100
metri e si lascia l’auto in corrispondenza di una
traccia di sentiero che sale nei campi soprastanti.

            Si
sale senza tracciato tenendosi verso sinistra superando campi incolti e tratti
di bosco per circa 300 metri, (15 minuti) fino ad intercettare un ampio sentiero
che sale verso sinistra.

            Lo
si percorre per circa 200
metri fino a che esso non scende attraversando la parte
terminale incassata del Fosso di S. Simone.

            All’interno
del fosso si segue una traccia che in costante salita, in altri 20 minuti,
permette un pò faticosamente di raggiungere il fondo del fosso caratterizzato
da saltini rocciosi e ghiaia fino ad arrivare sotto ad un enorme tetto in forte
pendenza oltre il quale la salita necessita di attrezzatura e conoscenza
alpinistiche (foto n.1).

Il fosso è molto
particolare perché è caratterizzato a destra, salendo (versante sinistro
orografico) da grandi placche coricate di calcare massiccio (foto n. 2) mentre
a sinistra da torrioni di scaglia rossa fortemente fratturata e a rischio di
caduta di pietre.

Inoltre si ha un
bellissimo panorama del Monte Bove nord e della Val di Panico da Pizzo Berro fino
al Pizzo Regina (M. Priora) ed al Pizzo Tre Vescovi come visibile nella foto n.
3.

Il fosso di S. Simone
coincide proprio con un piano di faglia diretta, immergente verso sud, in
corrispondenza del quale si realizza il particolare contatto tra i due tipi di
rocce indicati sopra, cosa alquanto rara nei Monti Sibillini in quanto tutti
gli altri fossi presentano ambedue i versanti che li compongono formati dallo stesso
tipo di roccia.

Inoltre sulle placche di
calcare massiccio presenti sulla destra si ritrovano estese incrostazioni di
minerali ferrosi, principalmente limonite o pirite limonitizzata, come visibile
nella foto n.2.

In particolare nella
parte bassa si nota che tali minerali sono stati asportati (o dalle acqua di
scorrimento in occasione di forti  piogge
o per mano dell’uomo ?) e sono presenti solo spalmature che riempiono le
fessure, se ci si innalza sulle placche, magari con l’aiuto di attrezzatura alpinistica
in quanto sulle placche sono presenti delle vie su roccia chiodate (palestra di
arrampicata) è possibile trovare ancora dei bei noduli degli stessi minerali
che riempiono le numerose buche circolari (foto n.4), oltre ad estese
spalmature superficiali come visibile nelle foto n.5 e 6.

Si suppone che la
presenza di minerali ferrosi in questo fosso possa essere stata utilizzata
anticamente (epoca preistorica ?) da parte umana per alimentare forni fusori
per la produzione di manufatti in ferro, questo spiegherebbe la presenza in
zona, a poca distanza da Casali, di tracce di scorie di fusione di ferro (foto
n.14).

Terminata la visita del
fosso si costeggiano le placche di calcare massiccio scendendo lievemente per
poi iniziare una lunga traversata verso est (a sinistra rispetto alla discesa,
foto n.7) sotto alla barriera rocciosa denominata “le Cute”, passando proprio
alla base delle pareti, in questo tratto è presente una traccia di sentiero
utilizzato dagli arrampicatori che frequentano la palestra di roccia presente di
questi torrioni rocciosi, è facile notare in diversi punti le chiodature o i
cavi di acciaio messi nelle clessidre di roccia presenti sulle pareti.

            Dopo
circa 15 minuti si raggiunge un tratto boscoso caratterizzato da alti faggi, sempre
costeggiando la barriera rocciosa, dopo altri 10 minuti si arriva ad una grande
grotta situata proprio alla base della barriera rocciosa, al suo interno è
presente addirittura un vecchio caldaio in alluminio che raccoglie le acque di
stillicidio che cadono dal tetto della cavità (foto n.8-9).

            Si
prosegue sempre costeggiando le pareti per altri 10 minuti e si arriva ad un
torrione che si stacca dalla barriera rocciosa, formando un altissimo camino
con massi incastrati (foto n.10).

            Salendo
verso l’imbocco del camino, superando alcune levigate rocce facendo attenzione soprattutto
poi in discesa, si nota sulla sinistra, l’ingresso di una piccola ma profonda
cavità che non si riesce ad osservare dalla base del torrione (foto n.11 – 12).

            Visitato
anche  questo sito si ritorna indietro,
si supera la prima grotta e si arriva al tratto boscoso centrale dove si scende
liberamente, senza tracciato, in direzione del paese di Casali che si nota
leggermente sulla sinistra appena usciti dal bosco.

            Per campi abbandonati si intercetta un ampio sentiero incassato che, sempre in discesa, raggiunge la parte terminale del Fosso il Vallone, che scende da nord-est verso l’abitato di Casali. ˔

1- La parte finale del Fosso di San Simone con il grande tetto ed il contatto di faglia tra le placche di calcare massiccio a destra e la scaglia rossa a sinistra.
2- Le grandi placche di calcare massiccio del versante sinistro orografico del Fosso di S. Simone, la chiazza nera sopra all’escursionista sono le incrostazioni di minerali di ferro ancora presenti nella parete
3- Il panorama dal Fosso di S. Simone spazia dal Pizzo Tre Vescovi a sinistra, il Pizzo Regina, il Pizzo Berro ed il Monte Bove Nord a destra.
4- Un nodulo di pirite limonitizzata.
5- Incrostazioni ferrose nella parte alta delle placche.
6-  Incrostazioni ferrose parzialmente staccate nella parte bassa delle placche.
7- Traversata costeggiando la barriera rocciosa sotto a “Le Cute”, sullo sfondo il Pizzo Tre Vescovi. 
8- L’ingresso della grotta grande.
9- L’interno della grotta grande con il caldaio per la raccolta delle acque di stillicidio.
10 – Il camino al termine della barriera rocciosa, la grotta è sulla sinistra ma non è visibile, occorre salire le placche di rocce bianche in primo piano.
11- L’ingresso della grotta più piccola è visibile solo quando si è di fronte, a destra il camino.
12- Dentro alla grotta più piccola ma più profonda

Inizio secondo tratto dell’itinerario
e ritorno:  Giunti all’abitato di Casali, si percorre la
frazione verso sinistra per tutta la sua lunghezza fino ad arrivare ad una
piccolissima piazzetta con la fontana pubblica (nei pressi del Rifugio Casali),
dove in piano inizia il sentiero segnalato per il Monte Rotondo passando per i
campi alti di Casali.

            Si
percorre l’ampio sentiero per circa 300 metri fino a raggiungere  una curva dove a sinistra, in parte coperto
dalla vegetazione, si nota uno scavo nella roccia perfettamente circolare con
apertura di ingresso che permettere di entrare in questo sito chiaramente di
fattura umana di cui non si conosce l’epoca di realizzazione, come visibile
nella foto n.13.

Probabilmente esso
presentava una copertura in legno tenuta da un palo centrale, strutture simili
si trovano in Abruzzo e venivano realizzate ed utilizzate anticamente dai
pastori.

Visitato questo
misterioso sito si prosegue il sentiero sempre in salita per altri 400 metri fino ad
prendere una ampia deviazione che scende a destra.

Si scende quindi per
altri 700 metri
fino ad intercettare la strada sterrata che da Casali si inoltra verso la val
di Panico.

Prendendo la strada in
discesa in direzione di Casali si incontra un elettrodotto caratterizzato da
pali metallici di colore verde installati proprio sul bordo esterno della
carreggiata.

Si segue l’elettrodotto
ed in corrispondenza dell’ultimo palo, si possono trovare a terra, tra i sassi
di calcare bianco della strada, dei frammenti neri di scorie di forni fusori di
ferro, come visibile nella foto n.14.

Una trentina di anni fa
questi frammenti neri e quindi ben visibili rispetto ai sassi bianchi, erano
piuttosto comuni, attualmente si è fortunati se si riesce a trovare almeno un
campione.

Poco tempo fa in una mia
assidua ricerca nel luogo indicato ne ho trovati quattro campioni che però ho
lasciato ai margini della strada per permettere ai miei appassionati
escursionisti di poter fare il proprio ritrovamento ma consiglio di
fotografarli e rilasciarli sul posto in quanto divenuti molto rari.

Questi frammenti sono
chiaramente prodotti da mano umana in quanto, in alcuni campioni, si nota la
loro forma arrotondata come materiale fuso e poi rappreso, inoltre sono
identici a frammenti di scorie di fusione di ferro di epoca etrusca che ho
potuto osservare al Museo Mineralogico dell’Isola d’Elba.

Inoltre ho effettuato una
analisi chimica su un campione riscontrando in esso circa il 40% di ferro.

Ciò lascia presumere che
nella zona di Casali, essendo presenti minerali di ferro come osservato al
Fosso di S. Simone e buona dotazione di combustibile quale legna da ardere nei
boschi, siano stati realizzati dei forni fusori per la produzione di manufatti
in ferro e che la realizzazione della strada abbia in qualche modo intercettato
la loro posizione facendo trovare a terra le scorie di fusione abbandonate
intorno ai siti di lavorazione del ferro.

Sarebbe interessante
effettuare una ricerca più accurata nella zona intorno alla strada e al paese
per vedere se nei boschi sono presenti ulteriori tracce.

            Dal
sito indicato si prosegue per la strada fino a raggiungere un tratto con una
sorgente a destra che scende dalla parete di roccia e una staccionata di legno
a sinistra a protezione del ripido versante che scende verso il torrente
Ussita.

In questo tratto a valle,
proprio oltre la staccionata, si  può
notare il maestoso Acero di Casali, un esemplare di Acer opalus di oltre 100
anni alto circa 15 metri
(foto n. 15)

Proseguendo sempre in discesa per altri 700 metri si raggiunge la chiesa ed il parcheggio di Casali, oltrepassando il paese si giunge all’auto terminando così il giro proposto.

GIANLUCA CARRADORINI – BRUNO BARTOLAZZI 21 APRILE 2016

13- Il sito circolare intagliato nella roccia presente a pochi minuti a piedi da Casali.
14- I frammenti di scorie ferrose,  nel frammento maggiore si nota nettamente il suo aspetto di materiale fuso
15- Il grande Acero di Casali ai bordi della strada per la Val di Panico.
16- Il Fosso di S. Simone e Le Cute viste da Casali di Ussita.
17- Il tracciato dell’itinerario proposto, visto dal terrazzino dello spalto orientale del Monte Bove nord.
Pianta satellitare dell’itinerario proposto.



DUE BREVI ITINERARI A CACCIA DI GROTTE: FOCE E FORCA DI PRESTA

Come di consueto anche questi due itinerari, aperti tra il marzo e l’aprile del 2016, non sono descritti in alcuna guida dei Monti Sibillini in commercio.

Essi descrivono l’accesso
a due siti caratterizzati da torrioni e cenge che formano delle cavità molto
particolari.

Il primo itinerario si
trova a monte di Foce di Montemonaco e si innalza dal Piano della Gardosa fino
a delle pareti di roccia poste nel versante est della zona denominata “i tre
faggi”.

Il secondo itinerariosi trova in corrispondenza di una
fascia rocciosa in una zona dimenticata situata a valle tra Forca di Presta ed
il Rifugio degli Alpini, nelle pendici sud est del Monte Forciglieta (1642 m.).

Ambedue gli itinerari
sono brevissimi,  si percorrono in poche
ore, ma richiedono una certa pratica in quanto presentano salite e aerei passaggi
su roccia anche se facili (massimo II° grado) o discesa su terreno ripido se in
libera oppure si possono percorrere con maggiore sicurezza ma prevedono la conoscenza
della tecnica di progressione su corda e di discesa in corda doppia .

Accesso primo itinerario:

L’itinerario prevede come base di partenza
l’area camping attrezzata situata al termine della frazione di Foce di
Montemonaco che si raggiunge facilmente in auto.

            Da
Foce si prosegue a piedi per la strada che conduce al Piano della Gardosa – Valle
del Lago di Pilato, dopo circa 1200 metri si incontra su bordo sinistro della
strada sterrata un grande masso a forma di piramide.

Dal masso si sale a
destra nel bosco costeggiando gli ultimi pini di un rimboschimento situato
ancora più a valle,  come visibile nella
foto n.1 per circa 150 metri di dislivello in direzione di una fascia di rocce
soprastanti che si interseca perpendicolarmente con un grande torrione.

Giunti sotto alla fascia
di rocce si individua una ampia caverna proprio tra la fascia di rocce ed il
torrione che emerge dal bosco.

D’inverno, con la
mancanza di foglie nel bosco, la grotta è visibile anche dal Piano della
Gardosa.

Ai lati della grande
caverna scendono due caratteristici canalini rocciosi simili e molto incassati,
quasi a formare due camini paralleli, che è possibile salire con brevi passaggi
su roccia fino alla grotta (I° e II° grado) oppure, più facilmente, si può
raggiungere la grotta salendo nella fascia centrale costituita da roccette
alternate a tratti erbosi di moderata pendenza che richiedono attenzione,
meglio procedere in cordata in questo tratto utilizzando ancoraggi naturali
costituiti dagli arbusti presenti.

Si raggiunge così l’ampia caverna che si snoda in due tratti tra la fascia di roccia ed il torrione posto sulla vostra destra.

1-  Il masso piramidale della strada del Piano della Gardosa e, in alto nel bosco, l’ingresso della grotta “Buco Grangene”.

La parte sinistra della
grotta, visibile nella foto n.2, si inoltra per almeno altri 5-6 metri, quelli
visibili, ma in mancanza di idonei sistemi di ancoraggio (spit) nel giorno
della prima salita, non siamo riusciti a portare a termine l’esplorazione della
cavità.

La particolarità della
cavità è che si apre nel contatto tra una parete rocciosa parallela ed una
perpendicolare che, forse tramite forze tettoniche, si sono scontrate e si sono
sollevate formando appunto lo spazio vuoto nel punto di contatto, come visibile
nella foto n.3  

Dalla grotta è possibile
osservare un bel panorama nel sottostante Piano della Gardosa e verso il Monte
Torrone come visibile nelle foto. 4-5.

Interessante è notare che
nel versante opposto (ovest) della montagna, circa alla stessa quota, sono
presenti altre due cavità già conosciute e descritte in bibliografia, la grotta
dei Tre Favi e la grotta dei Briganti, di quest’ultima si suppone che ci sia un
proseguimento, come narrato nelle leggende del luogo, chissà se la grotta qui
descritta è proprio l’uscita di quella posta nel versante opposto.

2-  La parte sinistra della grotta con il “buco” di proseguimento non ancora esplorato
3-  L’ingresso della grotta formato da una fascia di rocce parallele e un alto torrione verticale.

Ritorno primo itinerario: Dalla grotta si può scendere in libera facendo molta attenzione a non scivolare per le roccette alternate ad erba poste nella parte centrale come indicato per la salita oppure, più facilmente e consigliato, come visibile nella foto n.6,  si può scendere in corda doppia utilizzando come ancoraggi per l’appunto gli arbusti presenti indicati da utilizzare anche durante la salita.

4-  Vista verso il Monte Torrone dall’ingresso della cavità
5-  Vista verso il Piano della Gardosa sottostante dall’ingresso della cavità..
6-  Discesa in corda doppia, sopra alle nostre teste l’enorme torrione che forma la parte destra della cavità.

Accesso secondo itinerario:

L’itinerario prevede come base di
partenza l’area di parcheggio situata nella zona denominata “Piè Vettore”  posta circa 500 metri da Forca di Presta
sulla strada che scende verso  Arquata –
Montegallo, ed in corrispondenza dell’inizio del sentiero dei Mietitori, una volta
adeguatamente segnalato.

Dal parcheggio si scende il
pendio sottostrada senza itinerario tagliandolo in costante ma lieve discesa e dirigendosi
verso la base di torrioni rocciosi che scendono da Sasso Tagliato, la parete di
roccia rossa tagliata dalla strada posta circa 100 metri dopo Forca di Presta,
come visibile nella foto n.7.

Si prosegue quindi in
quota passando alla base dei torrioni, caratterizzati da delle piccole grotte,
che si succedono e in un caratteristico passaggio obbligato posto tra due
torrioni fino a raggiungere un ampio vallone boscoso posto circa 300 metri proprio
sotto Forca di Presta, si nota infatti in alto il tratto con muro di cemento e
paracarri posto tra Forca di Presta e Sasso Tagliato.

In questo tratto abbiamo
scoperto una vera e propria discarica abusiva con cartelli stradali divelti,
bidoni, elettrodomestici, pneumatici, materiali vari e PERFINO DUE AUTOMOBILI
di dubbia provenienza, lasciate probabilmente cadere dalla strada nel canalone
ormai molti anni fa in quanto completamente distrutte e accorpate alla
vegetazione, come visibile nelle foto n. 9 e 10.

Di tale ritrovamento
abbiamo dato notizia al Corpo Forestale di Arquata del Tronto domandandoci come
mai nessuno se n’era mai accorto prima e soprattutto se mai qualcuno riuscirà a
togliere tutti quei rifiuti abbandonati nel canalone all’interno del Parco
Nazionale.

 Superato questo vergognoso tratto si prosegue
entrando in un tratto di bosco all’interno di un canalone, qui si trova una
traccia di sentiero che, in piano, esce dal bosco e si inerpica su un torrione
di roccia posto di seguito sulla sinistra, (foto n.7), che rappresenta il primo
tratto della fascia rocciosa che corre proprio a valle del tratto che va da
Forca di Presta verso il Rifugio degli Alpini, sulle pendici sud-est del Monte
Forciglieta (1642 m.), come indicato nelle foto n. 14-15.

Qui parte una fascia di
rocce di altezza variabile che si percorre alla base per altri 300 metri.

Giunti sulla verticale di
grandi tetti si nota che, a circa 6 – 8 metri dalla base delle rocce, parte una
cengia parallela che si raggiunge in alcuni punti arrampicandosi per facili
roccette (foto n.11).

Giunti nella cengia la si
percorre per un lungo tratto in lieve salita attraversando ampi scavernamenti
alternati a passaggi bassi dove occorre proseguire carponi e a delicati
passaggi esposti nel vuoto, questi ultimi, è consigliabile superarli in cordata
utilizzando chiodi come protezioni intermedie. 

Si raggiunge quindi l’ultimo torrione di roccia dove la cengia mediana termina con un passaggio spettacolare come visibile nella foto n.13. Dall’aereo passaggio si scende facilmente su roccette e si raggiunge quindi il bosco alla base della fascia rocciosa, volendo si prosegue dapprima in piano poi salendo nel bosco fino alla sommità del Buco d’Urie a 1528 m. quindi si intercetta a destra l’ampio tratturo che conduce fino al Rifugio degli Alpini oppure si ritorna indietro alla base della fascia di roccia fino a raggiungere il bosco intermedio per salire quindi al suo interno senza tracciato e su terreno ripido fino a raggiungere la strada che collega Forca di Presta al Rifugio degli Alpini, posto più sulla sinistra dell’uscita.

7-  Veduta dell’itinerario dal torrione iniziale della fascia rocciosa situata sotto al Rifugio degli Alpini, all’interno del cerchio è visibile una delle auto abbandonate. Sullo sfondo il versante sud del Monte Vettore
8-  Dentro ad una delle prime cavità dell’itinerario sotto a Sasso Tagliato con una contorta pianta cresciuta al suo ingresso
9

9-10  I resti
delle due auto abbandonate nel canalone, nella foto sotto, in alto si nota il
muro di cemento ed il paracarri posto tra Forca di Presta e Sasso Tagliato,
punto da dove probabilmente sono state fatte cadere le auto.

10
11-  La facile paretina rocciosa che permette di accedere alla cengia soprastante nei torrioni sotto al Rifugio degli Alpini

Ritorno secondo itinerario: Dal Rifugio degli Alpini si prende
la strada a destra per Forca di Presta quindi si scende per la strada asfaltata
che conduce a Arquata-Montegallo , passando per Sasso Tagliato dove è presente
il paracarri e il muro di cemento dove, nel sottostante vallone, come
descritto, è presente la discarica scoperta.

Quindi sempre su strada asfaltata si raggiunge l’auto lasciata al parcheggio di “Piè Vettore”.

GIANLUCA CARRADORINI – BRUNO BARTOLAZZI – FAUSTO SERRANI . STEFANO CIOCCHETTI MARZO-APRILE 2016

12-  All’interno della cengia mediana con la successione di cavità e passaggi aerei.

13-  L’uscita della cengia mediana con il caratteristico passaggio aereo, sullo sfondo la cima del M. Vettore.
14

14-15 Il tracciato dell’itinerario visto da Piè Vettore, sotto il
particolare della cengia mediana.

15
Pianta satellitare dell’itinerario per Buco Grangene da Foce
Pianta satellitare dell’itinerario della cengia del Rifugio degli Alpini.



CANALE EST DI SASSO DI PALAZZO BORGHESE.

Il 15 aprile 2016 è stato
risalito integralmente il ripidissimo canale est che separa Sasso di Palazzo
Borghese dalla cima rocciosa (scoglio di quota 2046 m.) posta a sud dello
stesso, in parte su roccia marcia e in parte su neve dura in quanto stanchi di
aspettare condizioni migliori di inverni nevosi e freddi.

La via è straordinaria,
permette di risalire su un pendio che sembra inaccessibile sia se visto dall’alto,
dalla Sella di Monte Palazzo Borghese sia se visto dal basso, dalla cosiddetta
“strada imperiale” che attraversa il circo glaciale della conca de “il laghetto”
alla base proprio della parete est di Sasso di Palazzo Borghese.

Eppure anni fa, percorrendo
a primavera la cresta che conduce da il “pian delle cavalle” alla conca de “il laghetto”,
prima di intercettare la “strada imperiale” notammo una lingua di neve quasi
continua che serpeggiava proprio a ridosso della parete sud del Sasso di
Palazzo Borghese che ci diede l’impressione che era possibile una via di salita
all’interno di quell’impressionante canale roccioso.

  L’itinerario, salito da “il laghetto”, è
stato oggetto di diversi nostri tentativi invernali negli ultimi tre anni, nell’ultimo,
il 19 marzo 2016, siamo stati fermati da accumuli di oltre 1 metro di neve fresca,
negli anni passati invece siamo stati fermati dalle condizioni di scarso
innevamento in particolare nella prima parte del canale.

Nel giorno della salita
integrale la prima parte del canale era senza innevamento e ha richiesto una
risalita su pendii ghiaiosi ed erbosi molto ripidi e su tratti e brevi paretine
di roccia marcia mentre l’uscita presentava ancora scivoli innevati sia nella
parte destra che in quella sinistra che ci hanno permesso così di completare
l’intera risalita su neve.

Manca ancora la salita su
ghiaccio della sola prima parte del canale dalla base dello spigolo del Sasso
di Palazzo Borghese alla sommità del primo torrione.

Il canale è delimitato a
destra dalla parete sud di Sasso di Palazzo Borghese e a nord da tre torrioni
rocciosi posti in successione.

L’ambiente di salita è impressionante, si costeggia la altissima muraglia della parete sud di Sasso di Palazzo Borghese che in questo versante è caratterizzata, nella parte bassa, da enormi lisce e verticali placche, dove corre la prima via di roccia tracciata nella parete, la “via della fessura a goccia” aperta negli anni ’80 dalla cordata Gigliotti-Marchini e nella parte alta è invece tagliata orizzontalmente da numerose cenge parallele che corrono in lieve salita fino allo spigolo, una delle quali è risalita dalla mia via alpinistica e seconda via della parete, descritta nella pubblicazione “I MIEI MONTI SIBILLINI” anno 2011, già ripetuta dai Lupi della Sibilla (http://lupidellasibilla.blogspot.com/2014/10/cengia-della-parete-sud-di-sasso-di.html).

Anche questo itinerario è
inedito e molto impegnativo, richiede conoscenze ed attrezzatura alpinistica
sia per roccia (corda, chiodi, rinvii ecc.) sia se si affronta in inverno con ramponi
e doppia piccozza mentre è sempre tassativo l’uso del casco per le frequenti
cadute di sassi viste le pessime condizioni delle pareti di roccia sotto cui si
sale.

Le immagini riportate
nella presente descrizione dove sono presenti i salitori sono un tracciato
cronologico delle fasi di salita 

1.Il Laghetto e la parete est di Sasso di Palazzo Borghese, il bordo sinistro della linea di neve che sale nel ghiaione indica l’accesso all’attacco della via. > o

Accesso: L’itinerario prevede come base di
partenza la frazione di Foce che si raggiunge in auto dal capoluogo di comune,
Montemonaco prendendo in direzione di Montegallo e girando al bivio posto
all’imbocco della valle dell’Aso.

Giunti 300 metri prima di Foce
si nota sulla destra un’area pic nic con dei tavoli di legno e le indicazioni
per il sentiero Fonte dell’Acero – Frondosa e “Il laghetto”.

Si risale per tratturo
prendendo la deviazione a sinistra che si immette nel selvaggio e incassato
“canale” descritto nelle guide in commercio.

Si risale nel bosco per
ampio ma ripido e sassoso tracciato e in circa 2 ore si raggiunge la conca
erbosa sottostante la dolomitica parete di Sasso di Palazzo Borghese dove a
primavera si forma il “Laghetto”.

Descrizione: Dal “laghetto” se c’è neve si
risale il pendio diretto verso lo spigolo sud della parete fino a raggiungere,
in circa 15 minuti, la sua base, come visibile nella foto n.1.

  Lo spigolo sud della parete est di sasso di
Palazzo Borghese visto dall’attacco della via è davvero impressionante,
trasforma la parete da una muraglia, come si osserva di fronte, dal laghetto,
ad un altissimo pinnacolo dolomitico inviolato come visibile nella foto n.4

Giunti alla base dello spigolo parte, proprio a ridosso della parete, uno stretto canale roccioso caratterizzato in alto da un masso incastrato, questa parte della via non è ancora stata risalita in inverno per la difficoltà di trovare innevamento sufficiente e consolidato.

2. Risalita della lingua di neve che sale dal laghetto fino all’attacco della via, a sinistra la parete est di Sasso di Palazzo Borghese, a destra il Monte Sibilla.
3.La maestosa parete est di Sasso di Palazzo Borghese e il canalone sud con il tracciato in rosso della via di salita ed in verde dell’avvicinamento, la parte iniziale tratteggiata non è ancora stata salita per la mancanza di condizioni idonee.

4. L’attacco della via con il dolomitico e verticale spigolo della parete est e, a sinistra, la successione dei tre torrioni che delimitano il canale di salita.

5. Sotto al primo torrione si prepara l’attrezzatura alpinistica per la salita.

Pertanto, se non c’è
neve, si risale ancora più a sinistra, su erba e roccia marcia fino alla sommità
del primo torrione che si incontra, come indicato nella foto n.2.

            Quindi
si rientra nel canale e ci si porta alla base del secondo torrione (20 minuti).

  Ci si sposta a destra e si rientra
all’interno del canale che si restringe e lo si risale fino alla sommità del
secondo torrione (15 minuti).

Nel giorno della prima
ascensione questo tratto di canale era anch’esso libero dalla neve ed è stato
quindi risalito su ghiaia e brevi pareti di rocce marce facendo molta
attenzione al distacco di pietre.

Usciti dalla strozzatura
il pendio si allarga e qui c’è la possibilità di risalire il canale sia a
destra, meno ripido, che a sinistra, più ripido, in quanto in alto esso viene
diviso in  due rami da un terzo torrione
roccioso.

Durante la prima
ascensione solo il pendio di sinistra era completamente innevato e quindi
abbiamo approfittato per completare la risalita anche su neve pressata.

Ci si sposta quindi a
sinistra facendo un traverso su pendio a 45° e si prende il ripido canale
innevato che in due tiri di corda a 45-50° ed uscita su delle rocce termina (30
minuti) nei pressi della cresta della Sella di Sasso di Palazzo Borghese (2080
m.).

6. L’autore sopra al primo torrione prima di rientrare nel canale, visto dal basso
7. La sommità del primo torrione, visto dall’alto, al fianco sinistro di salita l’impressionante e maestosa parete sud di Sasso di Palazzo Borghese, in secondo piano la zona denominata “Pian delle cavalle” e sullo sfondo il M. Banditello.
8. La “strada imperiale” e la zona denominata “Pian delle cavalle” vista dalla sommità del secondo torrione ed i miei compagni che si accingono ad affrontare il secondo tratto di canale.

9. Risalita del secondo tratto del canale, a destra la cima del Monte Argentella e lo scoglio di quota 2046 m.
10. La strettoia del secondo tratto del canale
12. L’incredibile ambiente di salita a circa metà via, nella parete in alto a destra si nota la “fessura a goccia” della via alpinistica citata.

Discesa: Una volta raggiunta la Sella del
Monte Palazzo Borghese  si può scendere
dirigendosi in piano verso nord in direzione del tracciato estivo che conduce
verso il Monte Porche quindi nella valletta tra i due monti si prende il canale
innevato verso destra che aggira la parete nord di Sasso di Palazzo Borghese e
permette di scendere velocemente verso “il laghetto”.

Oppure se c’è innevamento
buono dalla Sella si scende a sud verso la conca posta tra il M. Palazzo
Borghese e il M. Argentella tenendosi sotto la cima dello Scoglio di quota 2046
m. aggirandolo alla sua destra per immettersi nel ripido ma breve canale che
scende verso la “strada imperiale” sottostante come visibile nella immagine
satellitare del tracciato della via.

Il tracciato verde
rappresenta l’avvicinamento, il rosso il tracciato della via di salita e il
giallo il tracciato di discesa.

13. Il traverso sotto al terzo torrione per andare a prendere il ramo sinistro che finalmente si presentava completamente riempito di neve.

14. L’ultima parte della salita nel canale terminale finalmente innevato, alle spalle i tre torrioni che caratterizzano il bordo sinistro del canale di salita, il primo è visibile in fondo a destra tra i due pendii innevati.
15. Le cenge parallele che caratterizzano la parte alta della parete sud di Sasso di Palazzo Borghese e l’ultimo pendio nevoso prima della cresta finale

GIANLUCA CARRADORINI – BRUNO BARTOLAZZI – FAUSTO SERRANI

15 aprile 2016

Piante satellitari del percorso con:

PERCORSO VERDE: RAGGIUNGIMENTO

PERCORSO ROSSO: ITINERARIO PROPOSTO

PERCORSO GIALLO: DISCESA




TRAVERSATA DA FOCE PER IL SENTIERO DI CIVITETTO ALTO AL M. LIETO PER LA ANTICA VIA IMPERIALE

Il presente itinerario, percorso il 15 giugno 2015, non è descritto in tale forma in alcuna guida dei Monti Sibillini in commercio.
La parte superiore relativa al cosiddetto sentiero di Civitetto alto o via imperiale viene descritta con partenza dalle Grotte Nere, presenti nel versante est del M. Sibilla, proprio nella strada che risale il monte,
fino al bosco della Frondosa, in una guida in commercio e su un sito internet, in modo non sufficientemente dettagliato.
Tale descrizione invece permette di salire da Foce per il Fosso del Balzo fino ad intercettare un vecchio sentiero che si inoltra verso la zona denominata Civitetto (basso) quindi anziché seguire il sentiero
verso lo Scoglio della Volpe, posto nel versante sud-est del M. Sibilla, risale una cresta rocciosa per riprendere più in alto il terzo sentiero di Civitetto (strada imperiale) che proviene dallo scoglio stesso, che in realtà è lo stesso sentiero basso che, a causa di formazioni rocciose, forma un ampissimo tornante nel versante della montagna.
Si arriva piuttosto faticosamente così sotto ai grandi torrioni rocciosi che delimitano, a valle, la zona chiamata “Banditella” posta nel versante sud del M. Sibilla.
Dai ripidi pendii erbosi posti sotto a tali torrioni si compie una traversata in quota mozzafiato, su tracce di sentiero espostissimo sopra a canali e pareti verticali, fino a raggiungere la sconosciuta zona denominata Monte Lieto, che in realtà non è una cima vera e propria ma una vallata, situata nel versante est tra la cima del M. Sibilla e la Cima Vallelunga, a valle della sorgente del Meschino.
Dalla vallata si raggiunge facilmente la zona denominata “i campi” con una visibile fontana e da qui si ritorna a Foce scendendo per il classico sentiero del Fosso Zappacenere terminando così questa aerea e difficile traversata nel circo roccioso che il M. Sibilla forma proprio di fronte al paese.
Oppure dal M. Lieto il sentiero (descritto nelle guide ufficiali, sentiero n. 8) prosegue e dalla zona denominata “i campi” raggiunge la Fonte dell’Acero quindi prosegue in direzione de “il laghetto” di M. Palazzo Borghese e rappresenta la cosiddetta “strada imperiale” (sentiero n. 5).
Il percorso è piuttosto lungo e faticoso ed è consigliato ad escursionisti allenati ed esperti che siano in grado di muoversi con sicurezza su terreni erbosi molto ripidi, e che conoscono bene la montagna in quanto il tracciato è esile e in alcuni tratti non più visibile.
In particolare la traversata del Fosso del Balzo e dei successivi numerosi canali che caratterizzano il versante sud-est del M. Sibilla fino al M. Lieto, sicuramente una delle più impegnative dei Monti Sibillini, richiede una attenzione massima costante, non si può sbagliare un passo e soprattutto non vi è via di uscita a monte o a valle in quanto si cammina tra due alte fasce di rocce, o si va avanti o si torna indietro.
Mentre è assolutamente sconsigliato in inverno per la ripidezza dei pendii ed il rischio di slavine che essi comportano.
Il tratto di traversata interna del Fosso del Balzo è stato percorso a fine giugno 2015 in presenza di un grande accumulo di neve creato dalle slavine invernali che si scaricano a valle fino a raggiungere la strada di Foce (foto n.10).
Nella presente descrizione sono state allegate numerose foto che illustrano dettagliatamente l’itinerario proposto proprio per facilitarne la sua difficile percorrenza.

Accesso: L’itinerario ad anello prevede come partenza la strada che arriva fino a Foce di Montemonaco.
In particolare 600 metri prima di arrivare all’abitato, in corrispondenza di una edicola e di un piccolo edificio inutilizzato nei pressi della strada sulla destra, si parcheggia nel piazzale di fianco alla strada, al termine del
Fosso del Balzo che scende dal versante sud del M. Sibilla, dove negli inverni più nevosi le slavine raggiungono la strada proprio in questo punto isolando il paese di Foce (358759,5 E – 4749072,1 N , 925 m).

Descrizione itinerario: Dalla strada si prende un tratturo incassato e delimitato da alberi che si insinua nel fosso, piuttosto largo nella prima parte (sentiero n.8 segnalato su alcune carte).
Quando il tratturo, dopo circa 350 metri, devia verso dei prati a sinistra verso il Fosso Zappacenere, ci si mantiene a destra e si risale la sponda orografica del Fosso del Balzo su pendio erboso e giunti alla vista
delle rocce che iniziano a chiudere in alto il fosso si entra nel suo interno, facendosi faticosamente largo tra alberi abbattuti, massi e arbusti.
Giunti 100 metri prima della prima parete rocciosa che forma un salto all’interno del fosso si nota a destra un accumulo detritico al di sopra del quale inizia, verso destra, un ampio sentiero che sale nel bosco
(358454,7 E – 4749666,4 N, 1075 m., ometto di sassi).
Si sale facilmente per il comodo sentiero all’interno del bosco fino a raggiungere (45 minuti dall’auto) uno sperone roccioso con una piccola cavità annerita da fuochi di boscaioli.
Proseguendo si esce dal bosco e si raggiunge un terrazzo roccioso con una ampia veduta sulla vallata di Foce (Foto n.1; 358998,3 E – 4749826,4 N, 1265 m.)
Qui il sentiero sembra finire, in realtà prosegue nei prati 100 metri in piano ancora verso destra e si dirige verso lo Scoglio della Volpe ma si consiglia di ignorarlo in quanto l’itinerario proposto diventa molto più interessante ma anche più impegnativo.
Dal terrazzo roccioso si risale liberamente la cresta rocciosa sovrastante fino alla base di uno sperone di rocce verticali.
Qui si devia nettamente verso destra (Foto n.8) dirigendosi alla base di un circo roccioso (358978,4 E – 4749987,3 N, 1345 m.) caratterizzato da salti rocciosi alternati a tratti erbosi che si supera al centro con
passaggi di I° grado. Superato il circo roccioso ci si trova su un pendio erboso molto ripido che si risale per circa 150 metri in verticale.
Si raggiunge, in 40 minuti dal terrazzo roccioso, un ampio pianoro dove si scorge più a sinistra, un vecchio fontanile senza acqua (foto n. 9; 358864,6 E – 4750060,2 N, 1440 m.)
Dal fontanile si aggira il pendio verso sinistra tenendosi dapprima in quota per circa 200 metri quindi scendendo lievemente in corrispondenza di una caratteristica fila di piante poste ad una certa distanza l’una dall’altra.
Si traversa su terreno ripido a circa 100 metri sotto ad un classico campanile di roccia fino a raggiungere, con una ultima discesa di pochi metri, l’ultima pianta della fila di alberi.
Questa pianta si trova a picco sul Fosso del Balzo che si apre sotto ai vostri piedi (foto n. 11, 30 minuti dal fontanile, 358489,5 E – 4750245,8 N, 1430 m.).
Questo rappresenta il tratto più impegnativo del percorso, si scende con molta attenzione all’interno del fosso tenendosi su dei ginepri (utile una corda e piccozza).
Al momento dell’apertura di questo itinerario il fosso era riempito ancora di neve pertanto abbiamo dovuto prestare particolare attenzione al crepaccio laterale che si era formato nel bordo sinistro del fosso.
Raggiunto il centro del fosso lo si risale per circa 50 metri fino ad uno slargo dove, sotto a delle rocce strapiombanti sulla destra, si nota la traccia di sentiero che continua al sua traversata nel versante opposto (358438,9 E – 4750255,7 N, 1450 m.).
Si prosegue su tracce di sentiero sotto a pareti rocciose salendo lievemente per riprendere delle tracce più in alto che permettono di scavalcare attraversando con saliscendi, altri tre canali posti in successione sempre su terreno ripidissimo per cui prestare moltissima attenzione (foto n. 13).
Ci si mantiene in quota per altri due canali quindi si sale lievemente in direzione di un piccolo nucleo di faggi (358038 E – 4750348,1 N, 1535 m.) oltre il quale, con 40 minuti di cammino dal fosso, su un evidente ghiaione, si nota una netta linea di sentiero che occorre raggiungere (foto n. 14, 357849,6 E – 4750340,1 N, 1545 m.).
Una volta arrivati al ghiaione, nei pressi del M. Lieto, le difficoltà sono finalmente terminate.
Scendere liberamente tra prati ed arbusti di ginepro tenendosi verso destra in direzione di un evidente sentiero posto molto più a valle, che sale dal bosco della Frondosa alla fonte dell’Acero (30 minuti).

Discesa: dal sentiero si continua in discesa e si giunge così alla Fonte di S. Maria, (357937,5 E – 4749715,2 N, 1360 m.) si continua la discesa per l’evidentissimo sentiero che poi, più a valle, prima di addentrarsi nel
bosco della Frondosa, si trasforma in un ampio tratturo.
In circa un’ora si scende alla strada, nei pressi de “il canale” dove è presente un’area pic-nic e da qui all’auto posta 200 metri più a valle.

GIANLUCA CARRADORINI – FAUSTO SERRANI – BARTOLAZZI BRUNO

15 GIUGNO 2015

1- Vista dalla cresta rocciosa in uscita dal bosco, sotto ai nostri piedi la strada e Foce con il laghetto in alto a destra .
2- la prima parte dell’itinerario, la neve facilita l’individuazione dei sentieri all’interno dei boschi
3 – Dettaglio della cresta rocciosa, la seconda parte dell’itinerario, da qui in poi iniziano le difficoltà.
4 – La parte centrale dell’itinerario, la traversata da brivido.
5 – Dettaglio della parte centrale della traversata, nel tratto meno evidente dopo il fontanile.
6- Dettaglio della parte centrale della traversata con i quattro canali consecutivi
7- Dettaglio dell’ultima parte della traversata, gli ultimi canali, il nucleo boschivo fino al ghiaione.
8-La ripida traversata dalla cresta al circo roccioso di salita, sullo sfondo la Valle del Lago di Pilato
9- Il vecchio fontanile
10- Il centro del Fosso del Balzo a fine giugno 2015 ancora riempito di neve e l’ultimo albero a sinistra.
11- Superato il Fosso del Balzo e guardando indietro si osserva il campanile roccioso e la fila di alberi che bisogna seguire nella prima parte della traversata con l’ultimo albero a picco sul fosso.
12- I torrioni della zona denominata “La Banditella” dominano dall’alto tuta la prima parte del percorso
13- Traversata del terzo canale dopo il Fosso del Balzo, la traccia è appena percettibile.
14- Il ghiaione finale con il sentiero fin troppo evidente, sullo sfondo le pareti est di sasso di Palazzo Borghese ed il ghiaione della zona Fonte dell’Acero – Ramatico sotto a Cima Vallelunga.
Pianta satellitare del percorso:
PERCORSO GIALLO: DISCESA
PERCORSO ROSSO: ITINERARIO PROPOSTO



SASSO SPACCATO E CIMA DI PRETARE DALL’IMBUTO DEL VETTORE

      

L’itinerario proposto, percorso il 27 settembre 2014, non descritto in altre guide, permette di raggiungere l’enorme scoglio isolato denominato “Sasso spaccato” che incombe sopra al paese di Colleluce di Montegallo, nel versante nord-est della Cima di Pretare, attraversando, su resti di un vecchio tracciato, tutto l’imbuto del Monte Vettore (Fosso di Casale) ad una quota compresa tra 1600 e 1800 metri.

Il percorso è uno dei più
spettacolari della catena dei Monti Sibillini, davvero incredibile, è
consigliato esclusivamente ad escursionisti allenati ed esperti che
siano in grado di muoversi con sicurezza su terreni erbosi molto ripidi e che
conoscono bene la montagna in quanto il tracciato è esile e in alcuni tratti
non più visibile, recentemente è stato segnalato con bolli rossi.

Mentre è assolutamente
sconsigliato in inverno per la ripidezza dei pendii ed il rischio di slavine
che essi comportano.

Da questo versante si
sono staccate le più grandi e disastrose valanghe della storia dei Monti
Sibillini.

Nel 1929 una valanga dal
fosso di Colleluce giunse fino ai pressi del paese di Balzo, nel 1934 dal fosso
di Casale distrusse l’omonimo paese di cui sono visibili ancora i ruderi,
provocando anche diversi morti.

1- L’itinerario completo per il Sasso Spaccato, attraverso l’imbuto nord del M. Vettore.

Accesso: La traccia di sentiero che dal Fosso
di Colleluce si addentra nell’imbuto del M. Vettore può essere raggiunto da due
punti distinti.

1- L’accesso più lungo prevede il
raggiungimento con l’auto della frazione di Colleluce di Montegallo. Si
prosegue a sinistra per una diramazione quindi dopo circa 500 metri si devia a
destra su strada dissestata fino a S. Maria in Pantano dove si parcheggia.

2- L’itinerario per il Sasso Spaccato, attraverso l’imbuto nord del M. Vettore, tratto iniziale.

2- L’accesso più breve ma non meno impegnativo
prevede, da Colleluce, il proseguimento della strada per Casale quindi
raggiunto il greto del Fosso di Casale, si parcheggia in corrispondenza di uno
slargo a sinistra del fosso.

3- L’itinerario per il Sasso Spaccato, attraverso l’imbuto nord del M. Vettore, tratto finale.

Descrizione itinerario di accesso 1: Dalla chiesa di S. Maria in Pantano
(361154,7 E – 4745575 N; 1180
m.) si prende l’evidente tratturo segnalato che sale
verso monte in direzione del M. Vettore (sentiero n°4).

Evitata una deviazione a sinistra
dopo 20 minuti e una a destra subito, dopo si continua per tornanti su sentiero
poco evidente che gradualmente si sposta verso sinistra.

Dopo circa 1 ora si raggiunge la
Fonte del Pastore (360293,1 E – 4745282,6 N; m. 1540) posta sotto a dei
caratteristici massi di conglomerato.

Dalla fonte, anziché salire verso
sinistra per l’evidente classico sentiero segnato (n° 4) che arriva fino alla
cima del M. Vettore, traversare in quota nettamente verso sinistra per
affacciarsi nel Fosso di Casale.

Qui si noterà una traccia di sentiero
(360395,4 E – 4745094 N; 1490
m.) che, tra ginepri e alberi isolati, attraversa
diversi canali erbosi per dirigersi sempre più marcatamente all’interno del
fosso.

Andando avanti il pendio del versante
est del M. Torrone si fa sempre più ripido pertanto occorre fare molta
attenzione.

Prima di raggiungere il Fosso di
Casale il sentiero si fa netto ed intagliato nella roccia su pendenze molto
elevate.

Superato il fosso caratterizzato da
una debole ruscellamento, si prosegue su pendio che man mano si fa meno ripido,
per uscire su ampi prati sopra al bosco compreso tra il Fosso di Casale e il
Fosso di Colleluce, dove la traccia si perde.

Ci si mantiene qualche decina di metri sopra al bosco per affacciarsi verso il Fosso di Colleluce e quindi al grande imbuto nord del M. Vettore (40 minuti). Questo è il punto di partenza del vecchio sentiero per il “Sasso Spaccato” (360156,3 E – 4744028,8 N; 1600 m.) che è raggiunto anche dal seguente itinerario 2.

Descrizione itinerario di accesso 2: Dallo slargo nei pressi del greto
del Fosso di Casale, (360948,5 E – 4744621,6 N; 1110 m.) parte a sinistra un
tratturo che si addentra nel bosco ed utilizzato per la ceduazione.

Con numerosi tornanti, faticosamente,
si sale nel bosco fino a raggiungere, dopo circa 1,5 ore una radura e quindi i
prati sommitali dove si intercetta, da destra, l’itinerario 1 (360156,3 E –
4744028,8 N; 1600 m.)
.

Descrizione itinerario per il “Sasso
spaccato”: Dal
ripiano erboso posto sopra al bosco tra il Fosso di Colleluce ed il Fosso di
Casale, raggiunto con entrambe gli itinerari proposti, si costeggia il bosco
verso destra fino ad affacciarsi nel grande imbuto nord del M. Vettore.  Qui, in lieve salita si notano delle tracce
di sentiero, attualmente segnate con bolli rossi, che si dirigono verso
l’imbuto.

Si prosegue in quota attraversando
diversi canali ghiaiosi e pendii molto ripidi facendo molta attenzione.

La traccia si dirige nel cuore
dell’imbuto verso l’unico arbusto (359924,1 E – 4743342,2 N; 1750 m.) presente nel suo
interno battuto dalle grandi slavine invernali, passando circa 150 metri sotto alla
fascia di rocce che interrompe in alto i ripidissimi canali che scendono dalla
cima del M. Vettore.

Si raggiunge quindi l’arbusto e la
traccia, qui più visibile, traversa in lieve salita in direzione del “Sasso
spaccato”, il versante nord della Cima di Pretare.

Si passa sotto a degli scogli (bollo
rosso) e supera così un terrazzino erboso molto esposto oltre il quale il
sentiero sale nettamente verso la cima del Sasso spaccato.

Si raggiunge così la sella erbosa (360313,9
E – 4743038,8 N; 1870 m.)
sopra alla cima del Sasso Spaccato , oltre la quale si apre la maestosa visione
della parete est della Cima di Pretare che si innalza ripidissima di fronte
(foto n°5).

Scendendo lievemente per cresta rocciosa si raggiunge la cima del Sasso Spaccato, caratterizzata da liscissime placche rocciose, (fare molta attenzione) con una incredibile vista aerea sulle varie frazioni di Montegallo.

4 – Il tratto di traversata molto ripida prima dell’imbuto nord, in alto la cima del M. Vettore.

Discesa: Per una rapida discesa si percorre l’itinerario
di salita al Sasso spaccato fino al margine del bosco tra i due fossi per poi
proseguire per uno dei due itinerari di raggiungimento percorsi.

Altrimenti, per chi ha fiato e ben
allenamento e soprattutto una buona esperienza di salita su terreni ripidi, può
salire fino alla sovrastante Cima di Pretare.

Per questo tratto è consigliabile
portarsi una piccozza anche d’estate per maggiore sicurezza.

Dalla sella del Sasso Spaccato
proseguire la cresta erbosa in salita, girare verso sinistra per 50 metri per aggirare un
bastione roccioso, ben visibile nella foto n.5, quindi salire verticalmente nel
canale ghiaioso centrale fino ad una fascia di rocce che delimitano la cresta a
destra.

Traversare con molta attenzione a
destra 50 metri
sotto alle rocce per uscire direttamente nella cresta  erbosa terminale.

Dalla cresta di uscita si continua su
erba e tratti rocciosi facili ma piuttosto ripidi fino alla Cima di Pretare.

Da qui per ampio crestone che collega
la Cima di Pretare alla cima del M. Vettore si intercetta, verso destra,  il sentiero n. 4 che sale da S. Maria in
Pantano da cui si ridiscende. 

5 – La sella erbosa sopra al Sasso Spaccato, di fronte il ripido versante est della Cima di Pretare con l’itinerario della salita proposta
6- Verso l’imbuto del Vettore la cui cima è visibile in alto.
7- Il Fosso di Casale sotto ai nostri piedi.
8- Uno dei tratti più scoscesi nella traversata dell’imbuto
9- Superato l’imbuto del Vettore ci avviciniamo a Sasso Spaccato.
10- Sasso Spaccato si fa sempre più vicino.
11- Montegallo visto dalla cima di Sasso Spaccato.
12- Il Monte Vettore visto da Sasso Spaccato.
13 – La cima del Sasso Spaccato, tra la spaccatura a destra, il paese di Balzo di Montegallo.
14- Il ripido versante est di Cima di Pretare
15- Il versante Nord di Cima di Pretare e Sasso Spaccato.

GIANLUCA CARRADORINI  – FAUSTO SERRANI – BARTOLAZZI BRUNO                                                    27 SETTEMBRE 2014

PIANTA SATELLITARE DEL PERCORSO.
PERCORSO GIALLO: RAGGIUNGIMENTO
PERCORSO ROSSO: ITINERARIO PROPOSTO
PERCORSO VERDE: DISCESA



MONTE ZAMPA PER LA CRESTA NORD-EST.

Il 21 Ottobre 2017 abbiamo risalito la ripidissima cresta del versante nord-est del Monte Zampa che sale dalla Valle dell’Infernaccio a monte di Valleria.

La cresta presenta tre
caratteristici ripiani suddivisi da tratti quasi verticali, si sale su un
ambiente grandioso con la verticale parete nord del Monte Zampa che domina
sempre sul versante destro di salita.

Itinerario inedito, piuttosto
impegnativo sia per lunghezza che per dislivello (800 metri), è adatto solo ad
escursionisti esperti che si sanno muovere su terreno molto ripido in quanto
presenta tratti di arrampicata su erba e roccette che rasentano la verticalità.

Accesso:

L’itinerario prevede come base di partenza
la frazione di Isola San Biagio di  Montemonaco
 facilmente raggiungibile in auto dal
capoluogo sia per la strada per il Monte Sibilla sia per la strada per
l’Infernaccio.

Avvicinamento:  

Da Isola S. Biagio si
prende una stradina asfaltata che passa nelle case più in alto del paese dove
al suo termine parte un tratturo sterrato in piano che si dirige verso Nord. (361841,3
E – 4752191,8 N; 950 m.).

Il tratturo si snoda quindi
in lieve salita verso nord, dopo circa 650 metri m si superano due tornanti
sempre in salita.

Giunti ad una netta curva
in un ripiano erboso (30 minuti; 361539,6 E – 4753102,7 N; 1130 m.) si lascia
il tratturo principale che si dirige verso un edificio situato nei prati più in
alto.

Si devia quindi a destra
per un tratturo in piano meno transitato in direzione Nord-ovest che più avanti
si addentra nel bosco .

Lo si percorre per circa
un chilometro tralasciando eventuali varianti in salita o in discesa meno
frequentate fino a che non diventa un sentiero poco visibile,  che sempre in piano ed in circa altri 500
metri (30 minuti) conduce di fronte alla cresta rocciosa di salita (360498,5 E
– 4753925,5 N; 1170 m.).

Descrizione:

Raggiunta la cresta si
apre subito una grande spaccatura che scende verso Valleria (attenzione).

Si risale la spaccatura
passando sui ripidi prati a sinistra per riprendere il filo di cresta rocciosa.

Si è raggiunto così il
primo ripiano.

Sempre seguendo il filo
di  resta si risale il primo tratto molto
ripido tra alberi, erba e roccette.

Si giunge al secondo
ripiano  (360374,1 E – 4753843 N; 1235
m.) caratterizzato da una sottile cresta rocciosa che fornisce visioni
mozzafiato sulla parete nord del Monte Zampa e su tutta la Valle
dell’Infernaccio con alle spalle il selvaggio versante sud-est de Il Pizzo e
della Priora (foto n.5).

            Dal
ripiano parte l’ultimo tratto di salita (foto n.6) più impegnativo che devia in
alto nettamente verso destra.

            Percorsa
tutta la cresta rocciosa del secondo ripiano ci si innalza dapprima lentamente poi
su terreno sempre più ripido verso il terzo ripiano.

            Si
superano gli ultimi alberi e si raggiunge una fascia rocciosa che rasenta la
verticalità (foto n. 10).

Si risale proprio sul
filo di cresta su un canalino erboso intervallato da roccette (foto n.11-12)
facendo molta attenzione all’erba (falasco) scivolosa, in questo tratto può
essere utile una piccozza.

Superato questo tratto
più impegnativo dell’intera salita ci si ritrova su facile pendio erboso fino a
raggiungere il terzo ripiano (foto n. 14; 360263,7 E – 4753653,2 N; 1420 m.) che
rappresenta la cima della parete nord del Monte Zampa che incombe sulla Valle
dell’Infernaccio.

Questo ripiano è stato
raggiunto anche dall’itinerario n.8  della traversata del versante nord del Monte
Zampa, proposto nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” Anno 2014.

            Il
ripiano è un vero e proprio terrazzo sospeso sopra la Valle dell’Infernaccio.

Il panorama che si vede
da qui è mozzafiato, si è praticamente 500 metri di dislivello in verticale
sopra la parcheggio di Valleria per l’Infernaccio (attualmente chiuso alle
escursioni), di fronte al Romitorio di San Leonardo la cui foto n.17 sicuramente
non è riportata in alcun libro in commercio dei Monti Sibillini.

             Dal ripiano erboso si percorre la cresta fino ad
incontrare a destra una traccia di sentiero che taglia in alto l’imbuto che si
apre sulla destra e che è stato percorso dall’itinerario n.6 descritto nel mio
secondo libro  (foto n.16) e quindi si
prosegue facilmente per il lungo e ripido pendio che sale in direzione sud che
in altri 30 minuti conduce alla cima del Monte Zampa (360276,8 E – 4752783,3 N;
1790 m.).

Discesa:

Dalla cima del Monte Zampa si scende
per classico itinerario di salita per la cresta M. Zampa – M. Sibilla, in 20 minuti
raggiunge il Rifugio Sibilla.

Dal rifugio si percorre la strada in
discesa per 50 metri fino al primo tornante che si incontra.

Dal tornante (360653 E – 4752103,8 N;
1520 m.)  ci si affaccia nei prati
sottostanti dove parte un sentiero appena accennato ma recentemente segnalato
con numerosissimi bolli rossi a terra che, passando sotto a caratteristici
massi (foto n.20; 361106 E – 4752613 N; 1300 m.), in circa 40 minuti conduce velocemente
e facilmente al tratturo di salita in corrispondenza della curva su un ripiano
erboso dove all’andata si è deviato a destra.

Quindi per la strada sterrata di
salita in altri 15 minuti si giunge ad Isola S. Biagio.

GIANLUCA
CARRADORINI            – FAUSTO
SERRANI             21
OTTOBRE 2017

1-La caratteristica cresta nord-est del Monte zampa vista dalla strada per Rubbiano con il percorso di raggiungimento (giallo) e di salita (rosso).
2- la sommità del primo ripiano, in basso si nota la strada Rubbiano – Parcheggio di Valleria
3- Il tratto molto ripido (pendio > 45°) con alberi, erba e roccette per raggiungere il secondo ripiano.
4- la parete nord del Monte Zampa, anch’essa sconvolta dal terremoto dell’Ottobre 2016 con tre visibili frane tiene compagnia nel lato destro per tutta la salita. A destra, ancora in ombra, il Romitorio di San Leonardo.
5- L’aerea cresta rocciosa che caratterizza il secondo ripiano, sullo sfondo il versante sud-est de Il Pizzo e dietro emerge il Monte Amandola con il Balzo Rosso.
6- L’ultimo tratto di ripidissima salita prima del terzo ripiano, in alto sotto alla cima (freccia) si nota il tratto roccioso più impegnativo, a destra la verticale parete nord del Monte Zampa.
7- Il tratto terminale del secondo ripiano con l’inizio dell’ultimo tratto di salita che si fa sempre più ripido, Fausto lungo per terra non è caduto, sta facendo una foto alle pareti verticali sottostanti.
8

8 – 9- Fasi di salita al
terzo ripiano, il pendio si fa sempre più ripido 

9
10- Giunti sotto il tratto verticale roccioso (foto n.6) si risale il canalino erboso a destra di fianco alla cresta.
11- Sotto al canalino roccioso di salita, si nota nettamente l’elevata pendenza della cresta.
12- Fausto impegnato nel superamento del tratto verticale più impegnativo dell’intera salita, in fondo la strada Rubbiano – Parcheggio di Valleria
13- Terminato il tratto più impegnativo si contempla la salita effettuata
14- Giunti sul terzo ripiano rimane da salire l’ultima facile cresta erbosa a sinistra che conduce alla cima di Monte Zampa non ancora visibile.
15- Il versante est del Monte Priora con il profondo vallone de Il Rio.
16- La sommità del terzo ripiano corrispondente alla cima della parete nord del Monte Zampa, a destra, completamente illuminata, la cresta oggetto della salita.
17- La cima della foto n.16 dove ci troviamo noi proietta la sua ombra sotto al Romitorio di San Leonardo, sembra quasi di toccarlo con le mani.
18- Il versante nord del Monte Sibilla con la cresta illuminata dal sole descritta nel nostro itinerario n.34 -2017.
19- Il ripido versante nord-ovest del Monte Zampa dove corre il nostro itinerario n.8 riportato nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” Anno 2014.
20-Caratteristici massi nel sentiero di discesa  (cerchio rosso nella cartina satellitare).

CARTA
SATELLITARE DEL PERCORSO CON:

GIALLO: Percorso di avvicinamento

ROSSO: Percorso proposto

VERDE: Percorso di discesa




LE GROTTE DELLA COSTA LA MONNA – VERSANTE SUD EST DEL MONTE VETTORE.

Il 21 giugno 2018 abbiamo
esplorato due cavità presenti nel selvaggio versante sud-est del Monte Vettore,
oltre alla ben più conosciuta Grotta delle Fate presente nella zona denominata
Aia della Regina il cui itinerario di raggiungimento è descritto unicamente nel
mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” (Anno 2014), sebbene viene indicata
sulle principali carte topografiche dei Monti Sibillini in commercio.

Come di consueto anche
questo itinerario per raggiungere le due cavità esplorate non è descritto in
alcuna guida dei Monti Sibillini in commercio.

L’itinerario proposto è adatto
ad esperti escursionisti in quanto presenta qualche difficoltà tecnica dovuta
ai ripidi pendii erbosi che bisogna percorrere per il loro raggiungimento.

Accesso: L’itinerario prevede come base di partenza
la località Piè Vettore, da dove inizia il Sentiero dei Mietitori, che si
raggiunge in auto dopo 500 metri da Forca di Presta scendendo verso Pretare –
Montegallo con attenzione per la strada ancora dissestata dal terremoto
dell’ottobre 2016, infatti  proprio in
questo tratto la faglia attraversa la strada in corrispondenza del canale est
del Monte Vettoretto. (vedi scheda itinerario n.24 M. Vettore per il canale
della Faglia).

Trecento metri prima del
primo tornante si nota sulla sinistra un primo nucleo boschivo e sulla destra
un ampio piazzale dove si parcheggia.

Nel prato pianeggiante
sopra strada una volta erano presenti dei pali che segnavano l’inizio del
“Sentiero dei mietitori” (358827 E – 4739979 N, 1380 m.).

Descrizione: Si percorre il sentiero dei
Mietitori per circa 200
metri quindi, senza percorso, si risale per altri 200 metri di dislivello
il pendio verso nord-ovest caratterizzato da arbusti nani di ginepro e uva
orsina in direzione del Canalone del Mezzi Litri che scende dal pendio
sottostante la Forca delle Ciaole.

L’imbocco del canalone è
caratterizzato da ghiaioni di breccia rossastra e blocchi di conglomerato posti
a strati nella sponda sinistra (358801 E – 4740792 N, 1560 m.) .

Proprio alla base di tali blocchi inizia verso destra in direzione nord in salita una traccia di sentiero indicato con frequenti omini di pietra che man mano si fa più evidente (25 minuti dall’auto).
            Il sentiero diventa pianeggiante ed inizia ad attraversare una bellissima zona caratterizzata da spuntoni rocciosi sparsi a valle e a monte.

            Dopo circa 400
metri dall’inizio del sentiero nel Canale dei Mezzi Litri, si raggiunge un ampio
canale (40 minuti dall’auto), caratterizzato da due grossi alberi (i più grandi
della zona, 358992 E – 474107 N, 1615 m.) posti quasi alla stessa quota,  uno sopra e l’altro sotto al sentiero, oltre
il quale gli alberi finiscono.

1– Il tratto iniziale del Sentiero della Costa la Monna
2- Il tratto centrale del Sentiero della Costa la Monna con il doppio tracciato per raggiungere la prima grotta.
3– Il particolare del Sentiero della Costa la Monna da dove si sale per raggiungere la prima grotta esplorata.

Superati i due alberi si
incontra un canalino con fondo ghiaioso che si risale fin quasi al termine
della barriera rocciosa sovrastante caratterizzata da un torrione franato dal
terremoto (foto n.2-3).

In corrispondenza di un
alto torrione sulla destra si traversa sotto di esso  fino ad intercettare l’ingresso della prima
grotta esplorata (vedi foto n.3, 359001,6 E – 4741246,5 N; 1725 m.).

La grotta, profonda pochi
metri, si può raggiungere anche oltrepassando i due alberi fino al canale
successivo dove finiscono le formazioni arboree quindi risalendo il ripido
pendio erboso della sponda destra del canale per poi deviare nettamente verso
sinistra verso l’alto torrione che forma la grotta da visitare (vedi foto n.2).

Questo secondo percorso
si può utilizzare per ridiscendere dalla grotta al sentiero della Costa la
Monna.

Raggiunta la traccia di
sentiero si prosegue in lieve salita al di sopra del rimboschimento di pini che
caratterizza la parte bassa della montagna, fino a raggiungere, in altri 30
minuti, un ampio canalone roccioso, caratterizzato da immense placche rocciose
coricate tra cui si snoda il sentiero, denominato “canale diretto alla vetta”
(359470 E – 4741669 N; 1735 m.)  in
quanto percorso da una via invernale che raggiunge la cima del Monte Vettore.

In questo tratto il
sentiero si snoda su terreno molto ripido e insidioso per gli accumuli di frana
formatisi dopo il terremoto dell’Ottobre 2016.

Si esce dal canale e si
traversa un ampio prato in forte pendenza 
con vista sulla Piramide fino a raggiungere, sopra al sentiero, un
caratteristico masso isolato che funge da riparo per una pianta (foto n.6).

Oltrepassato  il masso, si prosegue fino a raggiungere un
piccolo pino isolato.

Poco prima del pino (359601,5
E – 4741724,2 N; 1710 m.) si lascia il sentiero che prosegue per l’Aia della
Regina e si scende liberamente nel prato sottostante facendo molta attenzione.

Si devia dapprima verso
destra poi, in corrispondenza di alcune rocce, si devia verso sinistra per aggirare
il torrione che forma la grotta.

Quindi costeggiando il
torrione si raggiunge la grotta di cui si vede prima il tetto di rocce che la
forma (vedi foto n.4-5, 359667 E – 4741673 N; 1645 m.).

Questa grotta è più
ampia, profonda diversi metri e alta almeno sei, fornisce un ottimo riparo per
gli animali della zona.

Visitata la grotta si
risale faticosamente il pendio erboso disceso per ritornare sul soprastante
sentiero quindi o si prosegue verso l’Aia della Regina dove abbiamo costatato
elevate difficoltà e pericoli oggettivi per raggiungere la più grande cavità
della zona,  la Grotta delle Fate
(descritta nel mio secondo libro) per le numerose frane prodotte dal terremoto
dell’Ottobre 2016 (in questo tratto consigliata una corda e chiodi da roccia
per scendere verso la placconata dell’Aia della Regina) oppure si ritorna
indietro verso l’auto per lo stesso itinerario.

Ritorno: Si ripercorre il Sentiero della
Costa la Monna fino all’auto.

4– Il tratto finale del Sentiero della Costa la Monna compreso tra il Canale diretto alla Vetta e l’Aia della Regina ed il tracciato per raggiungere la seconda grotta esplorata.
5– Il particolare del Sentiero della Costa la Monna da dove si scende per raggiungere la seconda grotta esplorata
6– Il masso con alberello oltre il quale si scende per raggiungere la seconda grotta esplorata, il alto a sinistra la cima della Piramide.

7– Il torrione che forma la prima grotta esplorata.
8– L’ingresso della prima grotta esplorata.
9– L’ingresso della seconda grotta esplorata.
10– Le dimensioni dell’ingresso della seconda grotta esplorata.
11– Il paese di Pretare, o quel che ne rimane dopo il sisma dell’Ottobre 2016,  visto dall’interno della seconda grotta esplorata.
11– Due delle numerose grandi frane prodotte dal sisma dell’Ottobre 2016 nel versante Sud-est del Monte Vettore, sullo sfondo in alto la strada di Forca di Presta. 2

CURIOSITA’  BOTANICA.

Nel tratto di sentiero prima del  “Canale diretto alla Vetta”, su un ripido
pendio detritico ad una quota di circa 1700 metri, abbiamo ritrovato una rigogliosa
stazione (molto probabilmente la seconda) di una rarissima pianta dai
graziosissimi fiori rosa, la Ononis cristata Mill. subsp. apennina (Fabaceae).

La specie, endemica delle montagne di
Marche ed Abruzzo, era stata segnalata nel 1987 per il basso versante sud-est
del Monte Vettoretto, a circa 2 chilometri di distanza da questa stazione, ed
in seguito mai più ritrovata.

Pertanto la scoperta di questa
stazione conferma la presenza della specie nei Monti Sibillini.

GIANLUCA CARRADORINI, ANDREA CARRADORINI, STEFANO CIOCCHETTI.

21 giugno 2018

13– Il ripido pendio detritico prima del Canale Diretto alla Vetta, a destra, caratterizzato da grandi placche rocciose appoggiate, dove è stata ritrovata la Ononis cristata.
14- Il ripido pendio detritico prima del Canale Diretto alla Vetta dove è stata ritrovata la Ononis cristata, a sinistra sullo sfondo i Monti della Laga.
15

15- 16 – La graziosissima Ononis cristata Mill. subsp. apennina.

15



FONTE DELLA GIUMENTA – FONTE DEL SAMBUCO – PORCHE DI VALLINFANTE; ancora effetti del terremoto dell’Ottobre 2016

Gli effetti delle forti scosse di terremoto dell’Ottobre 2016 nei Monti Sibillini non finiscono mai di stupirci.

Poco tempo fa, dalla Forca di Gualdo, avevo individuato una zona situata a metà costa nel versante ovest di Cima di Vallinfante, presso le cosiddette  “Porche di Vallinfante”, fortemente fratturata dal terremoto dell’Ottobre 2016.

La zona è visibile solo dal versante di fronte (Forca di Gualdo – Monte Prata) mentre risulta invisibile sia dalla cresta di Cima di Vallinfante che dal fondo valle e quindi risulta nascosta e difficilmente osservabile.

Il 10 ottobre 2018 abbiamo raggiunto tale zona, posta sotto ad una zona rocciosa denominata “Scoglio della Volpe”, scomoda ed impervia ed abbiamo osservato altri devastanti e spaventosi effetti provocati dal terremoto.

Il versante è attraversato da un vecchio sentiero che inizia a Fonte della Giumenta, sale per la Fonte del Sambuco per condurre fino alla sella di quota 2010 m. situata poco a sud di Cima di Vallinfante.

Un secondo sentiero diventato ormai una lieve traccia prosegue in piano dalla Fonte del Sambuco, attraversa in quota le “Porche di Vallinfante” più in alto della zona fratturata, sopra allo Scoglio della Volpe,  per proseguire fino al Poggio della Croce e scendere infine a Macchie di Vallinfante.

Nessuno dei due sentieri, come ormai per la maggior parte dei sentieri dei Monti Sibillini, è segnalato ne descritto nella bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini.

Il raggiungimento della zona fratturata descritta è consigliato solo ad escursionisti esperti in quanto si trova su un terreno molto ripido, con un lungo tratto senza tracciato e con l’attraversamento di canali detritici e rocciosi insidiosi.

A quanto mi risulta la zona fratturata esplorata non è stata monitorata ne documentata da altri.

Anche se  la qualità delle immagini riportate è scadente, in quanto per motivi di tempo abbiamo raggiunto la zona, esposta ad ovest, con il sole mattutino che non riesce ad illuminare il versante, l’importante per noi è aver documentato l’evento.

Accesso: 

L’itinerario inizia dalla Fonte della Giumenta che si raggiunge a piedi in circa 30  minuti per la strada sterrata che parte dal Parcheggio di Monte Prata dove si lascia l’auto.

Non sussistono divieti di transito a piedi nella zona.

Descrizione salita:

Dalla Fonte della Giumenta si prende a sinistra il classico sentiero che sale per il Monte Porche. 

Dopo circa 30 metri, nel ghiaione, si nota con difficoltà una traccia prosegue in piano, si lascia quindi il sentiero in salita per il Monte Porche e si continua in piano su terreno degradato dal transito delle greggi di pecore che popolano d’estate gli stazzi della Fonte (Foto n.1).

  Dopo circa 15 minuti si raggiunge il primo inciso canalone delle Porche di Vallinfante che si supera con attenzione per il fondo detritico (foto n.4; 354540,4 E – 4748871,8 N; 1850 m.).

Si prosegue in lieve salita su terreno erboso aggirando un ampio costone fino a raggiungere un secondo canale anch’esso molto inciso e con passaggi su roccia e detriti che richiedono ancora più attenzione (354618 E – 4749170,7 N; 1815 m.). 

Quindi su prati in salita, in altri 15 minuti, si raggiunge una conca erbosa dove è presente la captazione di acqua della Fonte del Sambuco (354734,4 E – 4749301,6 N; 1845 m.).

Dalla Fonte si nota, a sinistra sul versante opposto, una cresta rocciosa in discesa, denominata lo “Scoglio della Volpe”.

Ci si dirige senza tracciato verso la parte centrale dello scoglio traversando in quota su terreno erboso alternato a tratti rupestri.

In 15 minuti si raggiunge la parte centrale della cresta rocciosa (354495,6 E – 4749530,7 N; 1800 m.) che scende ripidamente verso la Valle Infante.

Si scende lungo la cresta rocciosa nella parte sinistra tra roccette ed erba fino al suo termine.

Quindi si gira nettamente oltre la cresta rocciosa per immettersi nel versante opposto.

In questo tratto il terreno è molto ripido, con tratti erbosi e rupestri a 40 – 45° di pendenza che richiedono molta attenzione per cui il proseguimento è consigliato solo ad escursionisti esperti.

Appena aggirato lo spigolo (354382,4 E – 4749513,3 N; 1755 m.) si notano subito le prime fratture nel terreno che aumentano di numero ed in altezza man mano che ci si dirige in quota verso il canale che scende oltre la cresta.

Si entra così nella ampia zona fortemente fratturata di seguito documentata.

 La zona è percorsa da una grande scarpata cosismica, di altezza paragonabile a quella documentata sul “Cordone del Vettore”, alta anche oltre 2 metri e lunga circa 300 metri che termina in corrispondenza di una fascia rocciosa al centro di un ampio canale.

In questa fascia rocciosa con l’abbassamento del terreno si sono aperte delle cavità alte poco più di 1,5 metri ed una alta e profonda spaccatura che prosegue a monte all’interno della montagna (foto n.15-16) per un centinaio di metri come visibile anche dall’immagine satellitare.

La sua larghezza ci ha permesso di entrare all’interno per una decina di metri e di scoprire che ha formato perfino una cavità sotterranea oltre la quale abbiamo interrotto l’esplorazione per alto rischio di crolli, questa spaccatura che rimarrà come segno indelebile nella montagna l’abbiamo battezzata il “crepaccio 30 ottobre 2016”.

Nel pendio a monte e, soprattutto a valle, si sono aperte numerose spaccature nel terreno, alcune delle quali profondissime, non si tocca il fondo con un bastoncino da sci e si sono formate già delle frane di detriti e terra.

In particolare, a causa della forte pendenza del pendio, il terreno abbassatosi di livello sotto alla scarpata, è scivolato verso valle di alcuni metri (foto n.8 e n.11) aprendo delle trincee e facendo pressione su uno scoglio isolato (foto n.12-13) distaccandolo dalla sua sede e facendolo piegare pericolosamente a valle.

Questo scivolamento non l’abbiamo notato al Cordone del Vettore dove il terreno è rimasto aderente alla scarpata senza aprire trincee in quanto nel versante ovest della Cima del Redentore il pendio è meno ripido di questo sito visitato.

 Tutta la zona estremamente instabile ed a probabile alto rischio di smottamenti ma per fortuna non è percorsa da sentieri frequentati ed a valle ci sono solo boschi popolati da coppie di cervi come ci è capitato di osservare e ascoltare i bramiti dei maschi.

Discesa:

Si ripercorre l’itinerario di raggiungimento. 

GIANLUCA CARRADORINI – STEFANO CIOCCHETTI 10 OTTOBRE 2018 

1- Il versante ovest delle “Porche di Vallinfante”  dalla Cima di Vallinfante a M. Porche con il percorso descritto fino alla zona fratturata, visto da Monte Prata.
2- La zona fratturata vista dalla Forca di Gualdo.
3- Panoramica della zona fratturata vista dalla Forca di Gualdo.
4- La stessa zona fotografata nel 2015 senza scarpata cosismica
5- La stessa zona ingrandta fotografata nel 2015 senza scarpata cosismica
6- Il primo canale attraversato dal sentiero dopo la Fonte della Giumenta, visto dallo Scoglio della Volpe.
7- La zona fratturata con la imponente scarpata cosismica, in alto la Cima di Vallinfante.
8- La scarpata cosismica con il pendio erboso sottostante fratturato e lo scoglio in bilico.
9- Uno dei punti di maggiore altezza della prima parte della scarpata cosismica.
10- La trincea apertasi alla base della scarpata cosismica per lo scivolamento del terreno sottostante
11- Una delle tante profondissime fessure, questa si è aperta proprio sul bordo della scarpata cosismica, non si vede il fondo !!!
12- La seconda parte della scarpata cosismica verso il canale, ancora più alta, oltre i due metri.
13- La trincea apertasi anche alla base della seconda parte della scarpata cosismica per lo scivolamento del terreno sottostante.
14- Il masso in bilico sotto alla scarpata piegato verso valle dalla sua sede per lo scivolamento del terreno sovrastante.
15- La parte sommitale del masso in bilico della foto n.14, si nota la zona che stava sotto al terreno (più bianca) e che adesso dimostra che è stato spostato in avanti.
16- Il canale roccioso con le due piccole cavità (a destra) aperte dall’abbassamento del terreno. La cavità più grande a sinistra era esistente prima del terremoto.
17- La profondissima fessura aperta nella fascia rocciosa del canale, denominata “crepaccio 30 ottobre 2016”, prosegue a monte per circa cento metri.
18- L’interno del “crepaccio 30 ottobre 2016” dove più avanti si è formata anche una cavità, abbiamo interrotto l’esplorazione per le evidenti condizioni di rischio di caduta di pietre.
17-18 – Le condizioni del ripido pendio a valle della scarpata cosismica, ad alto rischio di frane.
19-20 – Le condizioni del ripido pendio a valle della scarpata cosismica, ad alto rischio di frane.
21 – Un imponente maschio di Cervo con due femmine al pascolo sotto alla zona fratturata. 

CARTE SATELLITARI DEL PERCORSO CON:

GIALLO: Percorso di avvicinamento 

ROSSO: Percorso proposto 




MONTI SIBILLINI POST SISMA : NUOVE INCREDIBILI IMMAGINI : VALLE DELLE FONTI – PIANO GRANDE DI CASTELLUCCIO DI NORCIA

Il 30 agosto 2017, partendo dalla strada alla base della discesa da Castelluccio per il Piano Grande (sentiero n.2) e ritornando da un giro al Monte Argentella,  abbiamo percorso in discesa la Valle delle Fonti per andare a vedere la scarpata cosismica provocata dal terremoto del 30 ottobre 2016 che, dall’imbocco della valle, sale verso i Colli Alti e Bassi, in direzione del Monte Abuzzago.

Molti escursionisti non sapranno neppure dove è situata la Valle delle Fonti in quanto nella bibliografia dei Monti Sibillini in commercio non vi è descritto nessun itinerario che la percorre e a malapena è riportata nella cartografia ufficiale.

Inoltre essendo coperta e perfettamente mimetizzata dai Colli Alti e Bassi non è neppure visibile da Castelluccio e sembra non essere addirittura esistente.

La si nota solo percorrendo la strada che dal Piano Grande conduce verso Forca di Presta.

Eppure da li parte un bellissimo itinerario che permette di raggiungere Forca Viola e quindi sia il Monte Argentella che soprattutto il Lago di Pilato per Forca di Pala, più corto e comodo di quello che, partendo sempre dalla base della collina di Castelluccio, si dirige per Capanna Ghezzi per poi proseguire verso Forca Viola, metà molto più conosciuta e percorsa.

La Valle delle Fonti inizia a 1650 metri circa alla base del versante sud del Monte Argentella e ad ovest sotto a Forca Viola, con un andamento da “S” è formata alla sua sinistra orografica, dalle pendici ovest di Quarto S. Lorenzo e alla sua destra orografica dalle pendici est dei Colli Alti e Bassi, termina nei campi coltivati del Piano Grande nella zona denominata “le pratarelle” a circa 1400 metri di altezza.

Nel suo imbocco, nel versante di Quarto S. Lorenzo è presente un grande fontanile (355319,3 E – 4743927,6 N; 1420 m.) posto sopra un poggio che delimita la vallata e da cui scende il sentiero che la percorre.

La valle si raggiunge prendendo la strada sterrata che inizia dalla strada alla base della discesa da Castelluccio per il Piano Grande e che conduce a Capanna Ghezzi.

Dopo circa 200 metri ad un bivio anziché andare a sinistra per Capanna Ghezzi si prende la comodissima deviazione a destra addirittura completamente percorribile in auto senza divieto, al contrario della degradatissima strada per Capanna Ghezzi, che in 10 minuti in auto o 30 minuti a piedi porta fino al grande fontanile.

Poco prima di raggiungere il fontanile non si può fare a meno di vedere la netta spaccatura nel terreno del colle posto di fronte, la grande scarpata cosismica dei Colli Alti e Bassi (foto n.1- 2).

Abbiamo quindi raggiunto ed osservato la scarpata cosismica che, nel tratto descritto e più volte osservato anche in televisione, presenta i dislivelli più alti misurati (355302,4 E – 4744166 N; 1440 m.),  come nel Cordone del Vettore nei pressi dello Scoglio dell’Aquila, partendo dalla parte più in quota con un dislivello di 40-50 centimetri, arriva a misurare fino ad oltre 1,8 metri di altezza nei pressi del fondovalle.

Dopodichè siamo scesi nella parte terminale della Valle delle Fonti per raggiungere la strada sotto a Castelluccio da dove eravamo partiti.

Qui, nel fondovalle, abbiamo iniziato a notare nel terreno delle aree (una decina) con zolle erbose fortemente fratturate dai visibili effetti del terremoto e mancanti per diversi metri quadri di superficie di cotica erbosa, infatti, come visibile nelle foto n.13-14 emergevano i sassi e la ghiaia sottostanti la cotica erbosa.

Dapprima non abbiamo dato molta evidenza al fenomeno già visto in altre zone, poi abbiamo iniziato a domandarci dove fossero finite tutte le zolle erbose cha mancavano nelle aree fratturate.

Abbiamo iniziato quindi a girare intorno a queste aree trovando qualche piccola zolla, come visibile nella foto n.15  ma mancavano all’appello molti metri quadri di cotica erbosa.

Ci siamo quindi avvicinati al poggio dove sta il grande fontanile e, alla base della scarpata ghiaiosa, abbiamo iniziato a trovare decine e decine di zolle erbose, con la cotica erbosa ormai secca rivolta verso terra e le radici dell’erba inglobanti la ghiaia del fondo della valle rivolte verso l’alto (foto n.17-19).

La cosa che ci ha impressionato maggiormente è che queste zolle erano distanti anche 20 – 30 metri dalle aree in cui erano state distaccate.

La domanda che ci è venuta spontanea è stata: ma è stato il terremoto a staccarle e a catapultarle fino a quella distanza ? Non penso che nessuna persona si sia divertita a trascinare le zolle, alcune pesanti anche 10-20 Kg, fino a quella distanza, che fatica avrebbe fatto.

Ebbene si è stato il terremoto, avuta conferma anche dal mio amico Pietropaolo, geologo UNICAM, le onde sismiche talmente potenti proprio in questa zona dove corre la faglia, hanno compresso il terreno facendo esplodere la cotica erbosa fratturandola in zolle, anche del peso di 10-20 Kg, quindi sparandole verso l’alto in aria per farle ricadere al contrario, con l’erba rivolta verso terra, perfino a diverse decine di metri di distanza.

Allora la seconda domanda spontanea è stata: E se eravamo lì nel momento in cui si verificava la scossa di terremoto che ha provocato questo fenomeno cosa avremmo visto ? e soprattutto saremo ritornati a casa o ci avrebbe preso un infarto ? 

Ancora a stento riesco ad immaginare lo spettacolo, se così si può chiamare, di un tale fenomeno, davvero impressionante, zolle erbose che si staccano a seguito delle onde sismiche e che volano in aria ricadendo a decine di metri di distanza !!!

Ho cercato di ricostruire la sezione della vallata per far comprendere meglio la grandezza del fenomeno.

Comunque credo che le immagini rendono chiaro l’ulteriore incredibile fenomeno provocato dal terremoto del 16 e 30 ottobre 2016 che abbiamo osservato.

Al ritorno abbiamo visitato anche il grande Sinkhole che si è aperto nel Piano Grande, nei pressi dell’inghiottitoio del Fosso Mergani, a seguito del terremoto.

GIANLUCA CARRADORINI, DAVIDE ANSOVINI, LEONARDO CAPPANNINI

30 AGOSTO 2017.

1- Il Monte Argentella e la Valle delle Fonti ai suoi piedi, vista da Monte Ventosola.
2- La scarpata cosismica dei Colli Alti e Bassi vista dall’imbocco della Valle delle Fonti. 
3- La scarpata cosismica dei Colli Alti e Bassi nel punto più in quota ma di minore dislivello , 40-50 centimetri.
4-5 La scarpata cosismica nella zona più spettacolare, alta già più di 50 centimetri, la roccia mostra la parte superiore esposta agli agenti atmosferici più grigia e quella che una volta stava sottoterra protetta dalla terra, più bianca, qui si vede nettamente lo stravolgimento compiuto.
4-5 La scarpata cosismica nella zona più spettacolare, alta già più di 50 centimetri, la roccia mostra la parte superiore esposta agli agenti atmosferici più grigia e quella che una volta stava sottoterra protetta dalla terra, più bianca, qui si vede nettamente lo stravolgimento compiuto, la roccia ha impresso la forma del cespuglio sceso più a valle.
6- La scarpata cosismica misurata dai geologi è già oltre i 50 centimetri, resiste solo un Eryngium amethystinum indicato dalla freccia.
7- Qui la roccia è incredibilmente liscia, l’azione millenaria dei terremoti con lo scontro tra placche tettoniche e lo sprigionarsi di enormi forze l’ha levigata in modo perfetto.
8-9 In questo tratto, scendendo verso la Valle delle Fonti, la scarpata supera già il metro di dislivello.
8-9 In questo tratto, scendendo verso la Valle delle Fonti, la scarpata supera già il metro di dislivello.
10- Qui la cotica erbosa originaria è appoggiata ancora sopra alla roccia che si è completamente scoperta dopo il sisma
11- Il dislivello massimo della scarpata in questo punto supera 1,8 metri (Leonardo, che funge da paragone, è alto 1,96 m.) 
12- La scarpata cosismica dei Colli Alti e Bassi con le placche riportate nelle immagini precedenti vista dall’imbocco della Valle delle Fonti.
13- Una delle prime zone del fondovalle fratturate e mancanti di cotica erbosa con in evidenza la breccia sottostante.
14- Un’altra area di cotica erbosa fratturata, chi immaginava che le zolle mancanti erano in fondo alle nostre spalle !!!! (zona indicata dalle frecce)
15- Il ritrovamento di una prima zolla caduta vicino all’area dove è stata staccata e perfettamente combaciante, con l’erba secca verso l’alto dopo essere stata raddrizzata.
16- Un’altra estesa area quasi totalmente priva di cotica erbosa ma nessuna traccia di zolle nei paraggi.
17- Una panoramica di alcune delle aree di cotica erbosa fratturata (indicate dalle frecce rosse) e le prime zolle erbose ritrovate capovolte (con la breccia verso l’alto) a decine di metri di distanza (indicate dalle frecce gialle).
18- Sotto alla scarpata sovrastata dal fontanile la lunga scia di decine e decine di zolle rovesciate (con la breccia verso l’alto) catapultate a decine di metri di distanza !!!!
19- L’ultimo tratto della Valle delle Fonti, in fondo si vede il primo campo coltivato, e la lunga scia di zolle erbose catapultate con la ghiaia all’insù.
20- La scarpata cosismica nel versante ovest di Monte Porche visibile anche da Castelluccio.
21- Il grande Sinkhole del Piano Grande, sullo sfondo la Cima del Redentore con il Cordone del Vettore che rappresenta la faglia che ha provocato il terremoto dell’ottobre 2016.
22- Il grande Sinkhole del Piano Grande, profondo circa 6 metri.
PANORAMICA SATELLITARE DELLA PARTE TERMINALE DELLA VALLE DELLE FONTI CON LE AREE DI COTICA ERBOSA FRATTURATA E LA ZONA DI RITROVAMENTO DELLE ZOLLE ERBOSE
PANORAMICA SATELLITARE DELLA PARTE TERMINALE DELLA VALLE DELLE FONTI CON LE AREE DI COTICA ERBOSA FRATTURATA E LA ZONA DI RITROVAMENTO DELLE ZOLLE ERBOSE