I PANTANI – L’INGHIOTTITOIO E LA GROTTA DELL’ITALIA IN MINIATURA.

In qualsiasi stagione i laghetti dei Pantani di Accumuli regalano sempre fantastiche visioni, come riportato anche in una precedente escursione del 25 luglio 2023 a cui rimando.

L’unica nota stonata è la lunga palizzata che circonda i laghi.

Mi sono sempre domandato a cosa servisse quella orribile e costosa palizzata intorno ai laghetti: ad impedire che le mucche e i cavalli vadano a bere e farsi il bagno nei laghi per non deturpare il loro naturale ambiente ? ma se le palizzate sono state da sempre mantenute aperte in diversi punti e sprovviste di chiusure e quindi gli animali transitano dentro e fuori i laghi sporcandoli ed inquinandoli con le loro deiezioni……….rimane il dilemma di questo bruttissimo spreco di soldi.

Ricordo che nelle acque dei laghetti vivono contemporaneamente due specie di crostacei rari, il Chirocephalus diaphanus e il Tanimastix stagnalis che in altri laghi dell’Italia centrale vivono in acque separate in quanto vanno in competizione alimentare, entrambe parenti stretti degli esclusivi Chiorocephalus sibyllae del laghetto di Palazzo Borghese e del Chirocephalus marchesonii del lago di Pilato, come ho descritto da pagina 76 in poi nel mio libro I MIEI MONTI SIBILLINI.

Inoltre le acque dei Pantani d’estate si colorano di rosso a causa di proliferazioni algali, ormai divenute rarissime in tutta Italia.

Fino ad una decina di anni fa esisteva un laghetto al Pian Perduto che diventava rosso sangue a causa della imponente fioritura algale ma ormai da anni, con la vicinanza di uno stazzo di pecore nel periodo estivo, non diventa più rosso ma forse nessuno se ne rende conto che abbiamo perso anche questa rarità e meraviglia della natura.

Dopo aver visitato i Pantani abbiamo portato i nostri amici a visitare l’Inghiottitoio del Fosso Mergani che raccoglie le acque del Piano Grande e poi alla Grotta presso il boschetto a forma di Italia che è registrata presso il Catasto Speleologico Umbro con la sigla 599 U PG e il nome di Grotta dell’Italia in Miniatura, un profondo pozzo di oltre 20 metri, situata nel pendio a mezza costa a sinistra del Rimboschimento a forma di Italia.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1 – 3- Galaverna nella strada da Forca Canapine verso i Pantani
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4 – 5- Il Monte Vettore e la Cima del Redentore visto dai rilievi intorno ai Pantani.
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7- Lunghe ombre del sole di Gennaio.
8- La strada per i Pantani, visto lo scarso innevamento un fuoristrada era arrivato fino al Laghetti,
9- La valletta prima dei Pantani con ceduta verso Norcia.
10 – 23 -I Laghetti dei Pantani gelati ma, visto lo scarso innevamento, per fortuna non ricoperti di neve.
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24- Gilberto prova la tenuta del ghiaccio ma non è da fidarsi, un forte scricchiolio lo ha fatto desistere.
25- Ghiacciolo in fase di scioglimento
26- Veduta del massiccio Cima del Redentore – M-Vettore visto dal rilievo sopra ai Pantani.
27- 31 – I Laghetti dei Pantani visti dai rilievi sovrastanti
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32- Il Monte Porche ricoperto dalla nebbia e il Monte Palazzo Borghese
33- Il Monte Argentella, innevamento penoso.

L’INGHIOTTITOIO DEL FOSSO MERGANI DEL PIANO GRANDE.

Il Fosso Mergani raccoglie le acque del Piano Grande e si trova nella parte finale verso il Monte Serrone e Monte Cappelletta, sotto al tratto di strada che sale dal Piano Grande in direzione di Norcia.

Lo si raggiunge parcheggiando proprio prima che inizia la salita della strada e proseguendo a piedi su un sentiero in direzione Sud che costeggia il pendio del Monte Castello.

34 – 35 -Buche di Talpa al Piano Grande, aspetto primaverile dei Piani, non essendoci il terreno gelato (permafrost superficiale), le talpe scavano in prossimità della superficie in cerca di cibo.
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36- La voragine circolare apertasi dopo il terremoto del 2016 nei pressi del sentiero per l’Inghiottitoio del Fosso Mergani.
37 – 38- Bolle di gas metano o anidride carbonica che si sviluppano dal sottosuolo e rimangono intrappolate nelle acque gelate dei laghetti del Piano Grande
39- Il cartello esplicativo dell’Inghiottitoio del Fosso Mergani.
40- Il Fosso Mergani parzialmente gelato.
41 – 42- L’Inghiottitoio del Fosso Mergani
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43- Un distacco dalla parete nei pressi dell’Inghiottitoio provocata dal terremoto del 2016.
44 – 47- Larve di Friganea sopravvivono racchiuse in un bozzolo fatto di sassolini nelle acque del Fosso Mergani.
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LA GROTTA DI PIANO GRANDE O DEL RIMBOSCHIMENTO ITALIA

La Grotta si raggiunge facilmente parcheggiando di fronte al Rimboschimento a forma di Italia e raggiungendo a piedi il pendio alla sua sinistra, dove, a mezza costa e nei pressi di un fosso, si apre la voragine, come visibile nella foto n.56.

48 – 50- l profondo pozzo di 20 metri della Grotta del Piano Grande con la recinzione protettiva caduta al suo interno.
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51- La Grotta del Piano Grande e la Cima del Redentore.
52 – 54- Procediamo ad effettuare una misura della profondità….20 metri.
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55- La Cima del Redentore vista dall’imbocco della grotta.
56- Il rimboschimento a forma di Italia del Piano Grande e l’ingresso della Grotta, nel pendio a sinistra, poco sopra al palo centrale.



MERAVIGLIOSA GALAVERNA AI PIANI GRA E MACCHIA TONDA

La galaverna (o calaverna) è una forma di precipitazione atmosferica consistente in un deposito di ghiaccio in forma di aghi o scaglie, su superficie continua ghiacciata o su oggetti esterni che può prodursi in presenza di nebbia quando la temperatura dell’aria è nettamente inferiore a 0°C.

Lo spettacolo della galaverna, ormai ogni inverno sempre più raro, deve essere ammirato velocemente in quanto effimero, basta un lieve aumento di temperatura, vento e sole che la glassatura che crea negli alberi e negli oggetti esterni cade rapidamente al suolo.

Il 12 gennaio 2024, dopo diversi giorni di copertura di nebbia soprattutto nella parte adriatica dei Monti Sibillini, ci ha regalato uno spettacolo che erano anni che non vedevo così imponente.

Ai Piani Gra e alla Macchia Tonda della Pintura di Bolognola c’era una copertura decimetrica di Galaverna davvero spettacolare.

Di seguito le immagini, con notevole imbarazzo della scelta, della splendida giornata.

1- Il bosco di fronte a Bolognola rivestito di Galaverna.
2 – 4 -I pali della strada nei pressi della <pintura di Bolognola.
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MACCHIA TONDA

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27- Ombre e luci alla Pintura di Bolognola ma innevamento scarsissimo.

PIANI GRA

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FAGGETA DI PIANI GRA : Il peso della elevata ricopertura di Galaverna ha rotto numerosi rami e alberi nella faggeta disboscata di recente, il diradamento degli alberi ha indebolito il bosco in quanto ha permesso alla nebbia di entrare nella faggeta glassando di galaverna i rami appesantendoli fino alla rottura.

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MARMOLADA – CASCATE DI BAREZZE – MALGA BOSCH BRUSE’ – SENTIERO GEOLOGICO.

Il 4 gennaio 2024, dall’abitato di Marmolada abbiamo preso il sentiero geologico che conduce alle Cascate di Barezze formate dal torrente Gavon e quindi proseguito con una interminabile salita fino alla isolata Malga Bosch Brusà, nel gruppo delle Marmolade, con un percorso di 13 chilometri e 1100 metri di dislivello.

L’itinerario è riportato sul web a cui rimando.

Di seguito le foto dell’escursione.

1- Il tabellone del percorso geologico delle Marmolade.
2- Il bosco di Abeti nella prima parte del percorso.
3- Giochi di neve su un piccolo abete.
4- Ricristallizzazione della brina su uno stelo d’erba.
5- Abeti imbiancati dalla recente nevicata.
6- Il tratto attrezzato poco prima delle Cascate di Barezze.
7- La prima cascata di Barezze.
8 – 11 -a seconda cascata di Barezze si apre sotto al ponte del sentiero geologico e forma una ampia caverna.
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12- Veduta verticale verso il ponte della cascata
13- Si prosegue nel bosco che si fa man mano più ripido.
14- Erica fiorita, normalmente fiorisce a Marzo.
15- Tra gli alberi si apre la vista verso il Monte Vallesella.
16 – 22- Finalmente, dopo una ripidissima e lunga salita raggiungiamo la Malga Bosch Brusà a 1860 m.
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23- la Cima la Banca a 2875 m. assomigli molto alla mia più familiare Punta Anna del Monte Bove Nord, nei Monti Sibillini.
24- Intorno alla Malga solo tracce di animali, siamo i primi ad averla raggiunta nel 2024.
25- veduta verso il Monte Agner dalla Malga.

IMMAGINI DALLE DOLOMITI, durante i nostri spostamenti in auto.

26 – 28 – I tre versanti del Monte Pelmo.
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29 – 30 – Il Monte Averau.
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31- Incantevole Malga ai piedi del gruppo dell’Averau.
32 – 33- Tracce di fuoripista.
34 – 35 -l Ra Gusela dal Passo Giau.
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36- La Marmolada vista dal Passo Giau.
37 – 38- La Tofana di Rozes.
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39 – La Tofana di Mezzo.
40 – La Tofana di Mezzo vista da Cortina.
41- La Tofana di Dentro.
42- Il Monte Civetta, versante Nord.
43- Il gruppo del Sella.
44 – Il Gran Vernel e la Ponta de Cornates al tramonto.
45- Dettaglio sulla Ponta de Cornates.
46- Lo splendido Hotel “Il Cirmolo” che ci ha ospitato questi giorni, foto del 31 dicembre 2023.



PERCORSO CIASPAMOON A LASTE

Laste è una frazione del comune italiano di Rocca Pietore in provincia di Belluno, come specificato nello statuto comunale, la stessa frazione è costituita da tredici abitati distinti, arroccati in posizione sopraelevata alla destra del torrente Cordevole:

Savinèr di Laste (Savinèi)È il principale villaggio della frazione, con 136 abitanti[1]. Sorge a 1.017 m d’altitudine alla confluenza del torrente Pettorina nel Cordevole. Quest’ultimo la divide da Caprile di Alleghe, si trova su un pianoro che domina la riva destra del Cordevole, a 1.191 m. Conta 60 abitanti.

Digonera (Digonèra)A 1.157 m di altitudine, è l’abitato più settentrionale del comune, trovandosi di fronte a Salesei di Livinallongo del Col di Lana. Vi abitano 92 persone.

Laste di Sotto (Laste de Sot)Minuscolo agglomerato con 15 residenti, a 1.362 m d’altitudine.

Laste di Sopra (Laste de Sora)Conta 18 abitanti e si trova a 1.405 m.

Soppera (Sopièra), Dagai (Daghèi), Val (Val)Tre borgate contigue lungo la provinciale di Laste, con 68 abitanti e a 1.451 m d’altitudine. L’abitato più elevato di tutto il comune: 1.537 m. 8 i residenti.

Col di Laste (Còl de Laste)Villaggio posto tra Val e Moè, a 1.477 m.Moè (Muiéi)Sorge a 1.500 m e conta 50 abitanti. Notevole è la vista panoramica che offre, rivolta in particolare verso Civetta, Pelmo Tofana e Lagazuoi.

Coste (le Còste)Pochi edifici subito a sud di Val.Ronch (Ronch), agglomerato con 5 residenti posto a sud di Val (1.508 m).

Per fortuna la zona presentava una più abbondante copertura nevosa che ci ha permesso di percorrere in ciaspole il bellissimo tracciato perfettamente segnalato “Ciaspamoon” che costeggia degli altissimi e verticali torrioni denominati Sass de la Murada , in totale abbiamo percorso 8 chilometri con 400 metri di dislivello per terminare la giornata in un piccolo Bar realizzato in splendida baita di legno degustando Bombardino e dolci tipici.

L’itinerario è riportato sul web a cui rimando.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- Il tratto iniziale del percorso Ciaspamoon con la chiesta di Laste di sopra.
2- Sullo sfondo il M. Pelmo
3- La perfetta segnaletica
4- Il secondo tratto dentro boschi di altissimi abeti e larici (senza aghi).
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13- Una piccola Baita nel bosco.
14- Il Rifugio Migon con il Pelmo.
15- e con la Tofana di Rozes.
16- la Chiesetta degli Alpini
17- Il Belvedere con il M.Pelmo
18- e con il M. Civetta
19- Il tratto verso i torrioni rocciosi.
20 – 26 -I verticalissimi torrioni del Sass de la Murada.
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27- Tra due torrioni si vede una Malga del versante opposto della valle .
28- Il Sass de la Murada visto da Laste di sopra.
29- Il Sass de la Murada con il M. Civetta sul lato destro
30- Il M. Pelmo
31- Nella zona ancora sono visibili nei boschi gli effetti della tempesta Vaia.
32- Il campanile della chiesa di Laste di sopra sembra sommerso dalla neve.
33- Gli splendidi masi di legno della zona.
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35- Il Bar che ci ha accolto a fine ciaspolata.



MARMOLADA – PUNTA ROCCA

Il 1 gennaio 20124, con un tempo splendido, dopo la nevicata notturna del 31 dicembre che, anche se non abbondante, ha trasformato l’immenso panorama in un mare bianco, da Malga Ciapela siamo saliti in funivia fino alla Terrazza della Marmolada quindi proseguito fino a Punta Penia con una temperatura di -14°C

Di seguito le immagini dell’ascensione.

1- I contrafforti del versante Nord della Marmolada.
2- Passiamo sotto alla funivia.
3- Il pendio innevato che conduce a Pun ta Penia.
4 – 5 -La Punta Penia
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6- A destra il gruppo del Sassolungo.
7 – 10- Le pareti del versante Sud della Marmolada, in basso a destra la Valle d’Ombretta raggiunta il giorno prima.
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11- 14 -Le incredibili verticali pareti del versante Sud della Marmolada e il canalone innevato della Forcella d’Ombretta.
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14- Veduta verticale dalle pareti con i massi caduti nei millenni alla base della parete.
15 – 16 -La Punta Rocca e Gran Vernel che la sovrasta dietro.
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17- Panorama verso le Dolomiti Ampezzane.
18- Panorama verso Nord con il Lago di Fedaia gelato in basso.
19- Il gruppo del Sassolungo
20- Il lunghissimo gruppo del Sella.
21 – Il Monte Civetta, sopra ad Alleghe.
22- Il Monte Pelmo.
25- La stazione della Funivia inferiore e la pista da sci della Marmolada.
26 – 29 -Piz Serauta
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30- Si rientra alla funivia.
31- Il Monte Civetta visto dalla finestra della funivia.
32- Discesa in funivia da Piz Serauta a Malga Ciapela.
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34 – 35- La strada che da Malga Ciapela conduce al Passo Fedaia.
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MALGA CIAPELA – MALGA OMBRETTA al cospetto della parete Sud della Marmolada.

31 Gennaio 2023, escursione classica da Malga Ciapela, uno dei villaggi che compongono Rocca, frazione capoluogo del comune di Rocca Pietore (BL), che sorge poco prima del passo Fedaia, lungo la strada statale 641 del Passo Fedaia, alla Malga Ombretta seguendo il sentiero n.610. Peccato per la nebbia in quota che non ci ha permesso di osservare in pieno la gigantesca parete Sud della Marmolada. La notte seguente ci ha portato la neve che ha trasformato il paesaggio.

L’itinerario è riportato sul web e sulla bibliografia della zona a cui rimando.

Di seguito le immagini della giornata.

1- L’inizio del sentiero n.610 per la Malga Ombretta – Rifugio Falier, sullo sfondo il Monte Fop
2- Il segnale di inizio del sentiero.
3- I partecipanti all’escursione: Romina, Loredana, Lucia e il sottoscritto.
4- L’agriturismo – Caseificio Malga Ciapela e il Piz de Guda sullo sfondo.
5 -6 – Larici senza aghi d’inverno e Abeti rossi sempreverdi caratterizzano la Valle d’Ombretta (ph. Romina V.).
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7 – 8- Il tipico profilo glaciale ad “U” della valle d’Ombretta con il Piz de Guda sullo sfondo.
8 -(ph. Romina V.)
9 – 11 -I tornanti del sentiero n.610 che sale verso la Malga Ombretta,
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12- L’ingresso alla Valle d’Ombretta.
13- La gigantesca parete Sud della Marmolada
14 – L’enorme masso erratico depositato da un ghiacciaio durante l’era glaciale nei pressi della Malga d’Ombretta.
15 – 18- La Malga Ombretta
16 – In alto il Passo Ombretta (ph. Romina V.)
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18 (ph. Romina V.)
19 – 23- Al pomeriggio abbiamo anche raggiunto il borgo di Vallier abbandonato, a monte di Sottoguda, ed ha iniziato a nevicare per chiudere l’anno in bellezza
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24 – I Serrai di Sottoguda, famosi per le cascate, interdetti alle escursioni per pericolo di caduta massi, visti dal ponte sovrastante, foto del 31 dicembre 2023 in assenza di neve.
25 – foto del 1 gennaio 2024 dopo la nevicata della notte.
26 – Il Piz Serauta
27 – Il Piz Serauta e il Piz de Guda in aspetto invernale, finalmente.
28- Ore 24 del 31 dicembre 2023, il nostro incantevole Albergo.



IL FOSSO CACARABBIA – CUPRA MARITTIMA

A pochi chilometri di distanza dall’abitato di Cupra Marittima (AP) e dal mare si apre un selvaggio e profondo vallone denominato Fosso Cacarabbia o Canyon di Piazza di Coso come riportato su Google Earth.

L’escursione è facile ma è complicata in quanto sono presenti deviazioni laterali più evidenti che possono confondere, è come una immersione in una foresta tropicale, ci si inoltra in una intricata e fittissima boscaglia con rovi, stracciabraghe, tralci di edera e vitalbe che scendono dai rami di alberi altissimi, rami e tronchi di piante cadute fino a raggiungere una piccola e umidissima forra piena di felci, muschi e ed epatiche, scavata nell’arenaria per poi ritornare all’auto tramite un percorso ad anello.

Il tutto si svolge ai margini di campi coltivati e case di campagna ma nel fosso, essendo scavato in alte pareti di arenaria, non arrivano i rumori della civiltà.

Ringrazio il mio amico Tony Galdi che ci ha fatto scoprire, insieme a Romina ed Angelo, questo luogo selvaggio ed a cui potete fare riferimento per visitare il fosso.

ACCESSO: In auto dal centro di Cupra Marittima si prende per via Ennio Ruzzi fino ad un incrocio in salita che prosegue in collina verso Contrada San Michele, si superano alcune azienda agricole quindi, ad un incrocio a destra con un edificio circolare, si prosegue dritti su strada sterrata per altri 250 metri fino al punto di parcheggio dove inizia il sentiero, nei pressi di una casa colonica abbandonata situata sotto strada. (403352,8 E – 4764230,4 N; 230 m.; vedi percorso GPS).

Oppure si prende in direzione di contrada S.Egidio e si prosegue per circa 6 chilometri fino ad un incrocio a destra in salita che ritorna in direzione mare e conduce al punto di parcheggio.

DESCRIZIONE: Dalla strada sterrata si scende verso la casa colonica sottostante, poco visibile e dove è presente perfino una grotta scavata nell’arenaria, si curva e si prosegue in direzione opposta fino ad un secondo tornante dove si devia di nuovo in direzione opposta attraversando un campo di olivi. Alla fine del campo una traccia di sentiero cambia di nuovo direzione e conduce nel fosso. Per il proseguimento consiglio di seguire la traccia GPS allegata in quanto il fosso è davvero selvaggio, ci sono dei tratturi di servizio che lo raggiungono ma che occorre ignorare. Si prosegue sempre nel fondo del fosso e si raggiunge un piccolo lago, si prosegue per altri 500 metri sempre nel fondo del fosso fino a raggiungere la forra che si supera anche grazie ad un ponticello di legno (attenzione). Si continua ancora per il fondo del fosso per poi risalire la sponda destra orografica fino ad una grotta. Da qui in salita si risale nei campi della sponda del fosso e si chiude l’anello per traccia di sentiero tra campi incolti e tratti di bosco.

1- La planimetria completa da Cupra Marittima.
2- Dettaglio per raggiungere l’inizio del percorso
3- Il percorso ad anello completo.
4- La casa colonica abbandonata situata all’inizio del percorso
5 – 6 – La grotta a servizio della casa colonica scavata nell’arenaria.
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7- Una Vanessa Atlanta si gode il sole di dicembre nel muro della casa colonica.
8- Si inizia subito con una folta vegetazione del rampicante Smilax aspera detta non a caso “stracciabraghe” o “salsapariglia”.
9- E qualche ormai vecchio cardo dei lanaioli (Dipsacus fullonum).
10- L’edera, abbondantissima nel fosso, forma quasi un vaso sanguigno su un vecchio tronco.
11- Il laghetto sitato nel fosso a metà percorso.
12 – 14- Non mancano funghi di diversi tipi.
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15- Tony Galdi nel suo ambiente preferito.
16 -19 – Il percorso è accidentato e intricato.
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20- Vista da un lato del sentiero per farvi capire quanto è intricata la vegetazione, una vera e propria rete vegetale.
21- 23 -Gli alti alberi si intrecciano sopra le nostre teste
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24- E lunghi tralci di edera scendono dagli alberi creando uno scenario davvero da foresta tropicale.
25- Ruscus aculeatus o detto volgarmente Pungitopo di altezza superiore al metro, veramente eccezionale.
26 – Nella forra abbondano felci (Dryopteris filix-mas)
27- E anche la bellissima Asplenium scolopendrium o Lingua Cervina.
28- E l’adiantum capillus veneris o Capelvenere.
29- Giunti nella forra le pareti si fanno molto più strette e alte.
30- Fori di vespe solitarie colonizzate da ragni nelle pareti della forra.
31- 32 – Ma siamo vicino a Cupra marittima o in America centrale ??
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33- Il raro muschio Plagiomnium undulatum che sembra quasi una pianta erbacea tanto è grande.
34- Anche le epatiche abbondano nella forra.
35- L’umidità crea delle immagini straordinarie.
36 – 42 – Immagini della forra del Fosso Cacarabbia.
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42- il ponticello di legno che permette di superare il tratto finale più incassato della forra.
43- La grotta situata in una parete di conglomerato posta all’uscita dalla forra.
44- L’interno della grotta che sembra scavata dall’uomo ma non si hanno conferme, è visitata da numerosi animali come mostrano le tracce di escrementi in primo piano.
45- Il sottoscritto nel fosso Cacarabbia o in una foresta tropicale ????

Le successive immagini di paragone le ho riprese in una vera foresta tropicale in Honduras nel 2017, non sono molto diverse…….

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49 – 50- Funghi di foresta tropicale
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51- felce tropicale molto simile alla felce della foto n.26
52- felce tropicale molto simile a quella della foto n.27
53- felce tropicale molto simile a quella della foto n.28
54 – 55- La foresta tropicale si differenzia per le varie specie di Tillandisie che crescono su rami e tronchi……….
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56 – ………E dalle variopinte orchidee epifite.
57- Pianta satellitare del sito
58- <dettaglio del fosso Cacarabbia



IL LAGHETTO E LA GROTTA DI MONTE PALAZZO BORGHESE – Magie dell’inverno.

Il 17 dicembre, con Gilberto, Elia, Paolo e Romolo, siamo saliti da Foce per il Canale fino al Laghetto quindi abbiamo proseguito, nonostante la neve fresca alta che rende la salita faticosa, fino alla Grotta di Monte Palazzo Borghese.

L’ambiente del Laghetto invernale è splendido e sicuramente uno dei più spettacolari dei Monti Sibillini.

Di seguito le immagini della bellissima giornata.

1- La galaverna ha glassato tutta la parete del Sasso di Palazzo Borghese.
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5- Galaverna sui pochi arbusti di Ramno alpino della zona.
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7 – E anche sui tenaci steli di Verbascum spp.
8- Giunti ormai nei pressi del Laghetto
9- Lo troviamo perfino con acqua …… gelata ovviamente.
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18- La maestosa parete Est del Sasso di Palazzo Borghese rivestita di Galaverna.
19- Saliamo verso lo spigolo Nord per raggiungere la Grotta
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21- Il pendio si impenna sotto allo spigolo.
22- Progressione su 30 centimetri di neve fresca e pendio di oltre 40 gradi.
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27- Il canale dello spigolo con la grotta a destra.
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31- L’ultimo ripido tratto sotto alla Grotta.
32- Raggiungiamo quindi la lama rocciosa che forma la Grotta.
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35- L’ingresso nascosto della Grotta di Monte Palazzo Borghese.
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37- Lo spazioso interno della grotta che d’inverno mantiene anche una gradevole temperatura costante.
38- Arriva anche Gilberto.
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41- Il Laghetto visto dall’interno della Grotta.
42- Arrivano anche Romolo e Paolo.
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44- Lo spigolo della parete Est visto dall’ingresso della Grotta.
45- Il canale dello spigolo continua fino al canalone Nord più in alto, salito alcuni anni fa, questo tratto l’ho salito molte volte ma oggi non è ancora in condizioni.
46- L’ingresso della Grotta.
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50- Aspettiamo gli altri poi scendiamo.
51- Costeggiamo lo spigolo della imponente parete Est per ridiscendere al Laghetto e prendere la via del ritorno.
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FOSSO DI FONTE LARDINA – FAGLIA DI SELVA RIBERTA

A valle della stazione sciistica di Sassotetto, nel Comune di Sarnano, poco al di fuori del margine Est del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, si apre una selvaggia valle poco conosciuta formata dal Fosso di Fonte Lardina.

Le pareti rocciose presenti ai lati del fosso formano un tipico ambiente di forra appenninica inoltre, nella parte iniziale delle pareti della sinistra orografica (pareti di destra in salita), si apre una suggestiva spaccatura nella roccia percorroibile, formata da una faglia tettonica.

L’escursione non presenta particolari difficoltà ma, come per tutti gli ambienti rupestri e di forra, necessita di adeguate calzature antiscivolo.

ACCESSO: L’imbocco del Fosso di Fonte Lardina si raggiunge in auto da Sarnano, prendendo le indicazioni per Sassotetto. Dopo circa 6 chilometri si raggiunge la frazione di Piobbico. Si prosegue per altri 300 metri fino al primo tornante sopra il quale è presente una deviazione a sinistra che conduce al piazzale della vecchia stazione della funivia (foto n.1) dove si parcheggia (358157,5 E – 4762982 N; 820 m).

La funivia è stata costruita nel 1963 per collegare la frazione Piobbico, a 820 metri, con Fonte Lardina, a 1280. Soppiantata dalla strada asfaltata, è caduta in disuso da ormai da più di trenta anni ed è rimasta come mostro ecologico della zona senza che nessuno si sia preoccupato di demolirla.

DESCRIZIONE: Dal muraglione della stazione della funivia inizia in salita un tratturo che in breve conduce ad una captazione di acquedotto (foto n.4). Si prosegue su sentiero in leggera salita fino a raggiungere la base delle pareti del fosso (15 minuti, foto n.32), qui occorre guardare in alto in quanto un cavo di acciaio di servizio, penzolante dai cavi di sostegno, indica il punto di salita alla faglia (3557680 E – 4763066,5 N; 885 m.).

SALITA DEL FOSSO

Per inoltrarsi nel fosso si prosegue il sentiero fino a raggiungere le pareti di destra stillicidiose, solo dall’inverno alla primavera, per poi scendere nel fondo roccioso del fosso che si risale faticosamente fino alla parete della foto n.31 che lo chiude in alto, scivolosissima anche d’estate per la presenza di muschi che ne interrompe la prosecuzione (45 minuti).

Il fosso è caratterizzato da alberi altissimi (carpino nero) e tratti molto ripidi e scivolosi che lo rendono di non agevole percorrimento.

SALITA ALLA FAGLIA

Per raggiungere invece la faglia tettonica, una volta raggiunta la prima parete rocciosa al fianco destro del sentiero (foto n.32) si sale il successivo pendio ghiaioso a destra (in salita) su traccia di sentiero, poco dopo il cavo penzolante dall’alto, fino a raggiungere la base delle pareti rocciose di colore rosso strisciate di nero (foto n.34) poste una cinquantina di metri più in alto del sentiero.

Costeggiando il ripido terreno roccioso verso destra alla base della parete (foto n. 35-36) si raggiunge l’ingresso nascosto della spettacolare faglia che si attraversa fino al fosso opposto (foto n.37 in poi)

RITORNO: stesso itinerario.

Di seguito le immagini del percorso proposto.

1- La vecchia funivia per Sassotetto, ormai ridotta ad un rudere.
2- Nel tepore di un trasformatore di un quadro elettrico aperto posto in un palo nei pressi della stazione delle cimici trovano riparo dal freddo.
3- La giornata, caratterizzata da bufere di neve in quota, ci ha spinto nella più riparata Forra di fondovalle.
4- Il sentiero che dalla stazione della funivia sale verso il Fosso di Fonte Lardina con la captazione dell’acquedotto
5- Il Fosso di Fonte Lardina, sopra allo scoglio in alto sullo sfondo a destra passa la strada per Sassotetto.
6 – 8 -Le alte pareti stillicidiose delle pendici basali del versante Est del Monte Sassotetto.
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9 – 10 -La parete di ingresso al Fosso di Fonte Lardina, nel suo lato destro si apre la frattura tettonica percorribile.
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11- Continuando il sentiero verso il Fosso si raggiungono delle zone stillicidiose alla base delle pareti.
12 – 15 -Lo stillicidio dell’acqua con la formazione di muschi ad Eucladium e Palustriella ha creato delle formazioni travertinose (pietra spugna)
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16- Fasi di risalita del Fosso che si restringe man mano che si sale
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19- Sotto alle pareti di destra, tra la vegetazione, si intravede anche una piccola grotta.
20- La piccola grotta
21 – 22 -Altissimi alberi caratterizzano il fondo del Fosso.
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23 – 24 – Nella prima parte del fosso è presente anche una piccola cascata.
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25 – 27 -Salendo nel fosso il terreno si f sempre più ripido
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28 – 30 -Il fosso si restringe ed è sempre caratterizzato da alti alberi.
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31- Fino ad arrivare ad un masso con salto roccioso scivolosissimo che per il momento ferma la nostra prosecuzione.

LA FAGLIA TETTONICA DELLA SELVA RIBERTA

32- Al ritorno visitiamo la faglia della Selva Riberta, si sale il pendio ghiaioso sulla destra della foto in corrispondenza di un cavo di acciaio spezzato che scende dalla funivia.
33- La piccola grotta sotto alla faglia.
34 – La parete rocciosa sopra al sentiero dove, a destra, si apre la faglia tettonica.
35 – 36 – Il ripido pendio alla base della parete prima di arrivare alla faglia.
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37 -La faglia tettonica della Selva Riberta, una spaccatura che permette di aggirare la parete rocciosa sovrastante e proseguire nel canalone opposto.
38 – 39 -L’ingresso della faglia caratterizzata da una piccola quercia che sale secondo la disposizione della parete.
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40 – 41 – L’uscita della faglia con una seconda quercia che sembra anch’essa seguire l’andamento della parete.
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42 – Dopo l’uscita la faglia prosegue ancora per pochi metri.
43 – 45 – Altre immagini della faglia tettonica.
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46 – 51 – Sulla parete sopra alla faglia.
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52 – 53 – Usciamo dalla faglia per riprendere il sentiero di raggiungimento
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54 – Pianta satellitare del percorso proposto.
55- Dettaglio del percorso per la faglia tettonica.



LE POZZE DI ACQUASANTA – LA CASCATA DEL PELLEGRINO E LE CASCATELLE DI SARNANO

Di poco al di fuori del margine Est del Parco dei Monti Sibillini, nei dintorni di Piobbico, una frazione di Sarnano, sono state riscoperte e rese accessibili a tutti da pochi anni delle marmitte dei Giganti molto spettacolari, le Pozze di Acquasanta, formate da un affluente del Tennacola.

A poca distanza è presente anche la Cascata del Pellegrino, formata dal fosso che scende da Fonte Lardina, a valle dell’abitato di Sassotetto.

Più a valle sono presenti invece le Cascatelle di Sarnano, direttamente collegate ai primi due siti mediante un comodo sentiero perfettamente segnalato (siamo fuori del territorio del Parco).

I tre siti sono descritti solo sul web, mancano infatti sia nella cartografia che nella bibliografia della zona.

ACCESSO: Con l’auto si raggiunge Sarnano e si prosegue in direzione della stazione sciistica di Sassotetto. Giunti all’abitato di Margani si trova un incrocio che scende in direzione di Giampereto – Abbazia di Piobbico. Si parcheggia in una piazzola di lato all’incrocio prima della discesa.

DESCRIZIONE: Si scende a piedi la strada fino alla prima curva dove un cartello indica l’inizio del sentiero per le Pozze di Acquasanta e la Cascata del Pellegrino. Si prosegue a piedi nel sentiero che scende ripido con alcuni tornanti ed in circa 20 minuti si raggiunge il torrente. Da un lato sono presenti le pozze mentre dal lato opposto, a distanza di poche centinaia di metri, la cascata, entrambe perfettamente segnalate.

Le cascatelle di Sarnano sono raggiungibili a piedi da questi siti mediante sentiero segnalato di circa 2 chilometri oppure si riprende l’auto, si ritorna verso Sarnano e, poco prima del paese, all’incrocio per Garulla – Ascoli Piceno, si scende nella strada sottostante. Nel primo gruppo di case si gira a destra (disagevole) in direzione di Bisio-Garulla e si prosegue per circa 500 metri fino ad uno spiazzo sulla strada con numerosi cartelli dove si parcheggia. Si prosegue a piedi per altri 200 metri fino alle Cascatelle perfino illuminate di notte.

Di seguito le immagini della facile escursione.

1- La prima curva della strada per Giampereto – Abbazia di Piobbico con l’inizio del sentiero per le Pozze di Acquasanta e la Cascata del Pellegrino.
2- Raggiunto il torrente una ottima segnaletica indica il percorso da fare.
3- Il tabellone con la descrizione delle Pozze dell’Acquasanta.
4- Il ponticello sul Tennacola che collega i due siti.
5 – 12 -Le profonde marmitte dei Giganti denominate le Pozze dell’Acquasanta.
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13- Il tabellone con la descrizione della Cascata del Pellegrino.
14 – 15 – La cascata del Pellegrino.
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16 – 18 -Una cascatella situata tra le Pozze dell’Acquasanta e la Cascata del Pellegrino caratterizzata da una marmitta dei Giganti perfettamente circolare alla sua base.
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19- Il visibilissimo punto di partenza per raggiungere le Cascatelle di Sarnano.
20 – 23 – Le Cascatelle di Sarnano.
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24 -25 -L’acqua esce anche da un foro alla base della parete
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26- L’itinerario completo Cascate del Pellegrino – Cascatelle di Sarnano
27 – Dettaglio dell’itinerario Pozze dell’Acquasanta – Cascata del Pellegrino
28 – Dettaglio dell’itinerario per le Cascatelle di Sarnano