TORRENTE FLUVIONE – FORRE E MULINI

Il torrente Fluvione nasce nel versante Nord del Monte Vettore, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, e si apre a valle, verso il fiume Tronto, con una profonda, selvaggia e sconosciuta valle che, in alcuni tratti, forma veri e propri tratti di forra di difficile accesso ma veramente molto spettacolari.

Inoltre la valle è costellata da numerosi vecchi Mulini, per la maggior parte non più funzionanti, che sfruttavano la corrente del Fluvione per la macinazione del grano o la produzione di energia idroelettrica.

Questo itinerario che propongo è fattibile in una unica giornata ed è suddiviso in più tappe facilmente raggiungibili con l’auto.

Nelle varie tappe poi il percorso a piedi è breve e non presenta particolari difficoltà in quanto la presenza di profonde marmitte blocca la prosecuzione in sicurezza nell’alveo fluviale, per gli esperti è comunque possibile proseguire a piedi in acqua o anche a nuoto in tutti i tratti.

ACCESSO: L’itinerario parte dalla frazione di Uscerno di Montegallo, raggiungibile in auto tramite la Strada Provinciale n.89 Valfluvione o scendendo da Balzo di Montegallo oppure salendo da Roccafluvione per chi viene da Ascoli Piceno o da Comunanza (parte opposta) dopo aver percorso la Strada Provinciale 237 bis fino al bivio con l’indicazione per Uscerno.

PRIMO SITO: LA FORRA A VALLE DI USCERNO

DESCRIZIONE: Raggiunta la frazione di Uscerno si scende verso Roccafluvione per circa 300 metri fino ad uno slargo sulla sinistra, in corrispondenza di una abitazione isolata, dove si parcheggia e, sulla destra, si trova una stradina di breccia con un segnale di divieto di accesso che scende verso il fiume. Si passa di lato ad una lunga grotta formata da un tetto di Arenaria (Formazione della Laga) e si raggiunge il ponte Romano, affacciandosi nel lato destro del ponte si può osservare la profonda, buia ed impressionante forra. Dopo il ponte a destra si prende un tratturo caratterizzato da due molazze del vecchio mulino poste ai lati, si percorrono circa 50 metri e, a destra, si entra nel fiume a monte della stretta forra. Qui il letto del fiume è davvero unico, forma numerose marmitte dei giganti ed una alta cascata chiude la prosecuzione a valle.

A monte si prosegue dapprima fino ad un laghetto incassato tra le rocce poi, uscendo dall’alveo e percorrendo altri 50 metri di tratturo, si rientra nel fiume tra alti massi fino a raggiungere la cascata della captazione del mulino con il relativo laghetto di accumulo.

Il Mulino di Uscerno invece si trova nella parte sinistra appena dopo il ponte ma non è possibile accedervi in quanto provvisto di alta recinzione, al di sotto di esso il torrente prosegue in un ulteriore tratto di forra molto spettacolare .

Di seguito le immagini della prima tappa.

1- La strada per Uscerno con lo slargo dove parcheggiare e la stradina sterrata che scende al fiume.
2- La grotta con resti di muri formata da un lungo tetto di Arenaria.
3- Il ponte Romano.
4- Il tratturo con le due molazze che conduce alla prima forra del Fluvione.
5- La parte a valle della stretta forra visibile dal ponte.
6- Lo slargo del fiume a monte della forra.
7- Buche e marmitte formate dall’acqua nll’Arenaria.
8 – 9- La cascata a monte della forra
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10- La parte a monte della strettissima forra piena d’acqua
11 – 12- grandi marmitte dei Giganti con le pietre arrotondate nel fondo che, poste in rotazione dall’acqua, contribuiscono alla loro formazione
12- Questa Marmitta si è perfino bucata con il tempo.
13- Grande formazione di Adiantum capillis veneris su un masso stillicidioso di arenaria.
14 – 25 – I grandi solchi e le Marmitte prodotti dal Fluvione sui massi di Arenaria del fondovalle, più tenera del Calcare.
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26- Un grande vecchio tronco incastrato tra i massi dell’alveo fluviale.
27 – 30 -Il profondo laghetto a monte della forra.
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31- Nonostante la calda stagione estiva trascorsa il Fluvione presenta una notevole portata con formazione di mulinelli nei punti con maggiore corrente
32 – 34 -l tratto del fiume a monte del laghetto caratterizzato da grandi massi di frana fino alla diga del mulino.
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35 – 36 – Il laghetto delle foto 27-30 visto da monte.
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37 – 38- La cascata sotto alla diga del Mulino in diversi tempi di esposizione.
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39 – 41- La cascatella sotto alla diga.
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42 – Il laghetto di accumulo per la condotta del Mulino
43- Rubus caesius o rovo bluastro.

SECONDO SITO: LA SECONDA FORRA E IL PONTE ROMANO

DESCRIZIONE: Scendendo a valle dalla prima tappa verso Roccafluvione, dopo circa 1,5 chilometri si intercettano due case sulla destra e, dopo circa 300 metri si trova un incrocio a destra con l’indicazione per Ronciglione-Gaico-Meschia, si scende la strada fino al ponte dove a destra un cartello indica il Ponte Romano. Nel prato sottostante si individua una traccia di sentiero che scende nel fiume.

Dopo circa 200 metri si entra nell’alveo del Fluvione dove ci si trova uno spettacolo meraviglioso e sconosciuto, il vecchio ponte Romano che sembra formare un buco di una enorme serratura nella stretta forra sovrastato dal ponte moderno.

Si può proseguire nel letto del torrente fin sotto al ponte ma poi un profondo laghetto anche qui blocca la prosecuzione. almeno se non si vuole fare una breve nuotata.

Percorrendo il ponte e scendendo alla sua sinistra si può raggiungere il ponte romano sottostante, dove crescono degli alberi e dove si può notare ancora il suo utilizzo da parte degli animali selvatici.

Di seguito le immagini della seconda tappa.

44- L’incrocio dove bisogna scendere.
45- Il ponte moderno con l’indicazione del Ponte Romano.
46 – 47 – Scesi nel fiume ci si presenta davanti questo spettacolo formato dalla natura e dall’uomo.
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48 – 49 – Il ponte Romani inferiore ed il Ponte moderno sovrastante.
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50 – 51- La forra allagata in corrispondenza del Ponte Romano.
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52 – 53 – Dettaglio architettonico del Ponte Romano.
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54 – 55 – ll Ponte Romano con delle piante cresciute sopra di esso e percorso da una traccia prodotta da animali selvatici.
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56- La forra prosegue a valle del Ponte Romano.
57- 61 -Mentre a monte del Ponte il Fluvione prosegue aprendosi la strada tra grandi frane.
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TERZO SITO: LA CASCATA DELL’ARENA E IL MULINO PIGNOLONI.

DESCRIZIONE: Scendendo ancora a valle dalla seconda tappa verso Roccafluvione, dopo circa 2,5 chilometri si nota un evidente cartello turistico a sinistra indicante la CASCATA DELL’ARENA ed il MULINO PIGNOLONI, si parcheggia nei pressi e si scende fino al Mulino in disuso ed al Ponte dove si ammira il laghetto, la bellissima cascata e la forra sottostante.

62 – La cascata dell’Arena
63 – La forra sottostante
64 – Il Mulino Pignoloni ed il laghetto di accumulo.

QUARTO SITO: IL PONTE NATIVO ED IL MULINO OMONIMO

DESCRIZIONE: Si prosegue in auto la discesa della valle del Fluvione verso il paese di Roccafluvione, superato l’abitato di Marsia (capoluogo del Comune di Roccafluvione) si trova un cartello turistico a sinistra indicante il PONTE NATIVO si parcheggia nel paese. Si scende a piedi dalla strada Provinciale ed in breve si raggiunge il Ponte con la chiesetta ed il Mulino, attualmente diventato una centralina idroelettrica dell’Enel, non visitabile poco dopo sulla sinistra.

La particolarità del ponte e della chiesetta è che sono stati costruiti su un ponte di roccia naturale, ormai non più visibile, sopra ad un ulteriore tratto di Fluvione molto stretto visibile affacciandosi dal ponte stesso.

65 – Il Ponte Nativo con la chiesetta laterale.
66 – La piccola centrale idroelettrica, ex Mulino di Ponte Nativo.

QUINTO SITO: LA TERZA FORRA A VALLE DI ROCCAFLUVIONE ED IL MULINO BRANDI

DESCRIZIONE: Proseguendo in auto da Roccafluvione in direzione di Ascoli Piceno, dopo circa 500 metri dall’uscita dal paese di Marsia si incontra a destra l’incrocio per Osoli e una nota fabbrica di prodotti alimentari a base di Tartufi, si prosegue ancora verso la Salaria per 700 metri fino ad incontrare sulla sinistra un edificio pericolante messo in sicurezza con cavi di acciaio con il cartello indicante il Mulino Brandi.

Si scende la stradina di breccia sottostante fino al ponte da cui si scende al greto del fiume per un sentiero scalettato a destra, di fianco al Mulino restaurato ma non funzionante. In questo tratto il Fluvione crea una ulteriore forra caratterizzata da particolari formazioni rocciose modellate dall’acqua. Il sito è di notevole interesse naturalistico anche per la presenza del Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), che non sono riuscito a fotografare ma che ho riconosciuto e del granchio di fiume (Potamon fluviatile) ormai divenuti rarissimi.

Di seguito le immagini della quinta tappa.

67- Il cartello turistico indicante il Mulino Brandi e la casa pericolante.
68 – La Forra sotto al Mulino Brandi.
69 – Le bianche rocce modellate dall’acqua del Fluvione.
70- Le rocce del greto ed il ponte sovrastante.
71- L’ex Mulino Brandi, ormai ridotto ad un vuoto edificio.
72 – 73 – Le rocce scavate e incredibilmente levigate dall’acqua.
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74 – 76 – la Forra
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77 – 79 – Anche in questo punto profonde marmitte impediscono il proseguimento escursionistico a meno che non si vuole fare una nuotata.
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80 – Il Granchio di fiume (Potamon fluviatile).

SESTO SITO: IL MULINO SPINUCCI A VALLE DI OSOLI

DESCRIZIONE: Dal Mulino Brandi si ritorna indietro in auto verso Marsia per 300 metri circa fino a ritornare all’incrocio, a sinistra, per Osoli, nei pressi della fabbrica di prodotti alimentari a base di Tartufi.

Si devia a sinistra e si prosegue in direzione Osoli per circa 3,5 chilometri fino ad incontrare a sinistra una deviazione in terra battuta con un piccolo edificio agricolo trasformato in abitazione estiva (con auto rottamata nei pressi) ed una seconda abitazione di recente restauro più interna meno visibile dove il gentilissimo proprietario ci ha accompagnato ai resti del Mulino Spinucci difficilmente visibili nel sottostante greto del Torrente Noscia.

81- La deviazione sulla strada per Osoli per raggiungere i resti del Mulino Spinucci.
82- La vasca di accumulo del Mulino Spinucci ormai quasi invisibile, nel greto del torrente Noscia.
83- I resti ,tra la vegetazione, del Mulino.
84 – Il magico e tranquillo ambiente del Torrente Noscia.
85 -Pianta satellitare della valle del Fluvione con i cinque siti proposti.
86 – Pianta satellitare del sito n.1
87 – Pianta satellitare del sito n.1
88 – Pianta satellitare del sito n.1
89 – Pianta satellitare del sito n.1
90 – Pianta satellitare del sito n.1



OMAGGIO A FAUSTO

Il 28 Settembre 2023 ci ha lasciato anche il nostro caro amico Fausto Serrani.

Ho conosciuto Fausto il 29 Dicembre 2011 in montagna, fu un incontro casuale al M.Porche, io ero con Bruno, l’altro nostro amico scomparso nel 2017.

Da quel giorno con Fausto ho condiviso grandi giorni, giorni di avventure, giorni di esplorazione, anche giorni dove la montagna ci ha messo a dura prova ma, grazie alla sua tenacia, alla sua forza, al suo senso pratico, ce l’abbiamo sempre fatta.

Insieme abbiamo fatto decine di nuove vie su roccia e su ghiaccio, abbiamo messo piede in luoghi dove nessuno era passato prima , abbiamo esplorato un piccolo pezzetto del nostro meraviglioso pianeta.

Ricordo un giorno per tutti, il 18 Ottobre 2014 salimmo al Gran Sasso per la Direttissima, non c’erano più neppure le corde e catene fisse di una volta, nei manuali la indica per 2,5-3 ore di salita da Campo Imperatore, noi ci mettemmo 1,45 ore, tutta di un tiro, senza corde, senza soste.

Arrivammo in cima per primi, era una giornata limpida, meravigliosa, si vedeva il Mare Adriatico e il Tirreno.

Ci godemmo per più di un’ora la cima che era tutta nostra poi, come iniziò ad arrivare gente iniziammo la discesa.

Scendendo lungo la via normale, prima della Sella dei Grilli, incontrammo un ragazzo con entrambe gli scarponi aperti, gli si erano scollati e faceva fatica a scendere, visto che ormai non sarebbe potuto più proseguire verso la cima.

Allora Fausto tirò fuori dallo zaino il nastro telato, dei cordini, delle fascette e gli richiuse gli scarponi come solo lui sapeva fare e gli permise di scendere fino a Campo Imperatore senza difficoltà.

Ecco chi era Fausto, un uomo tenace, forte, pieno di inventiva e di capacità manuali, pieno di vita e di voglia di esplorare questo mondo, un compagno di cordata su cui potevi contare in qualsiasi situazione.

Aveva sconfitto il cancro ma un infarto lo ha tradito.

Mi vengono in mente le ultime frasi che scrisse Fausto nel mio secondo libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI”:

Con la speranza che la carica non si esaurisca, le gambe ci sorreggano, la curiosità rimanga e la sorte
ci sorrida, “sempre avanti” ancora per mille e più di queste avventure.

Ciao Fausto, sarai per sempre con noi e con Bruno sui nostri monti.

Il 29 dicembre 2011, il giorno in cui conobbi Fausto al Monte Porche.
Verso i Tre faggi, alle spalle il Sasso di Palazzo Borghese
Sulla cresta dei Tre Faggi verso il Pian delle Cavalle.
Sulla cresta di Cima Vallelunga.
Il ripidissimo Canale Est del Sasso di Palazzo Borghese, prima salita documentata.
Sulla cresta degli Imbuti alla Nord del Monte Sibilla, l’intaglio della “Corona”, prima salita documentata.
Sulla Direttissima alla Croce di Monte Bove Nord, prima salita documentata.
Sulla Direttissima alla Croce di Monte Bove Nord, prima salita documentata.
Sulla Direttissima Ovest al Monte Bicco,, prima salita documentata.
Sulla Direttissima Ovest al Monte Bicco,, prima salita documentata.
Sulla Direttissima Ovest al Monte Bicco,, prima salita documentata.
Sulla Direttissima Ovest al Monte Bicco,, prima salita documentata.
Sulla cresta Ovest del Monte Torrone, prima salita documentata.
Discesa in doppia dalla Grotta Grangene
Sulla cima di Sasso Spaccato
L’uscita del Fosso di San Simone
18 Ottobre 2014, Direttissima del Gran Sasso in 1,45 ore.
18 Ottobre 2014, Direttissima del Gran Sasso in 1,45 ore.
18 Ottobre 2014, Direttissima del Gran Sasso in 1,45 ore.
18 Ottobre 2014, Direttissima del Gran Sasso in 1,45 ore.
Sulla Nord del Monte Zampa, prima salita documentata.
Al Tempio della Sibilla.
Sulla cengia delle Ammoniti.
Sulla Nord del Monte Bicco.
L’uscita della Nord del Monte Bicco.
Sul terrazzino dello Spalto Orientale del Monte Bove Nord, con 700 metri di parete sotto ai piedi.
Sul Monte Acuto e Pizzo Tre Vescovi.
Sulla Faglia del Cordone del Vettore, dopo il terremoto dell’Ottobre 2016.
Sulla Faglia del Cordone del Vettore, dopo il terremoto dell’Ottobre 2016.
Sulla Faglia del Cordone del Vettore, dopo il terremoto dell’Ottobre 2016; foto storica visibile al MUST – Museo delle scienze e del territorio di Spoleto.
L’uscita del canale Est della Cima dell’Osservatorio con Bruno che dice “siamo saliti qui ??”.
Sulla cresta Est del Pizzo Berro con il Casale Rinaldi sotto ai piedi, prima salita documentata.
Sulla cresta Est del Pizzo Berro, prima salita documentata.
Sulla cresta Est del Pizzo Berro, prima salita documentata.
Sulla cresta Sud del Pizzo Berro , prima salita documentata.
Sulla cresta Sud del Pizzo Berro , prima salita documentata.
Sulla cresta Sud del Pizzo Berro , prima salita documentata con Fausto che mi guarda e sembra dirmi “ma dove c….. mi hai portato oggi ?”.
Salita a Monte Pietralata e Croce di Monte Rotondo con forte vento.
Salita a Monte Pietralata e Croce di Monte Rotondo con forte vento.
Salita a Monte Pietralata e Croce di Monte Rotondo con forte vento.
A Santa Maria in Pantano dopo il terremoto del 2016.
In cima a Pizzo Regina.
E anche Fausto ci ha voltato le spalle……….. Ciao Fausto.



LAGO DI PILATO – GROTTE DI FORCA DI PALA Monitoraggio degli arbusti intorno al Lago.

Il 14 Settembre 2023, passando per la Valle delle Fonti e Forca Viola, siamo ritornati al Lago di Pilato, come ogni estate, per monitorare, da ormai una quindicina di anni, la crescita di alcuni arbusti di Salix apennina e Salix caprae che stanno vegetando sulle sue sponde e che, credo presto, forniranno ombra ai tanti, forse troppi, escursionisti che visitano la valle.

Si veda anche l’articolo “C’ERA UNA VOLTA IL LAGO DI PILATO” in occasione del prosciugamento del Lago del 11 ottobre 2022.

Con l’occasione riporto anche un breve itinerario da fare al ritorno per visitare alcune grotte sotto a Forca di Pala.

1- Saturno splende sopra alla Cima del Redentore mentre, ancora notte, ci apprestiamo a risalire la Valle delle Fonti.
2- Il sentiero che da Forca di Pala prosegue verso il Lago di Pilato
3- Il Pizzo del Diavolo con le grandi conoiodi detritiche formate dalle frane del terremoto del 2016 e il Gran Gendarme.
4- Gli arbusti di Salici intorno alle sponde del Lago di Pilato, ormai fanno parte del paesaggio, dieci anni fa erano piccolissimi e non si osservavano nelle foto dell’epoca.
5 – 7- Piccoli salici crescono
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8 – 11 -Altri sono già dei piccoli alberi.
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12 – 16 – Una serie di Salici in ordinata fila stanno vegetando nella parte Sud del Lago di Pilato e già si rispecchiano nelle sue acque.
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17 – 21 – Una seconda fila si sta allineando alla sponda Ovest.
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22- Ramo di Salix caprae.
23- Ramo di Salix apennina.
24 – Solo alcuni esemplari più grandi invece vegetano nella parte Nord del Lago.
25 – 28 – Quel che resta del Lago di Pilato quest’anno, almeno non si è prosciugato.
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29 – 30- Uno dei Salici che vegeta nella parte Nord del Lago si specchia sulle sue acque.
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31 – 32 – l Pizzo del Diavolo
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33- Uno dei tanti massi crollati con il terremoto del 2016.
34- Per fortuna il Chirocefalo del Marchesoni ancora sopravvive nelle acque del Lago di Pilato.

GROTTE DI FORCA DI PALA.

Al ritorno dal Lago di Pilato, una volta superata Forca di Pala il sentiero continua verso Forca Viola attraversando il versante Nord di Cima di Forca Viola.

Arrivati a circa metà tragitto si scende liberamente dal sentiero e ci si dirige nel ghiaione sottostante ritornando indietro verso le rocce situate sotto al sentiero dove, già da lontano, si osservano le cavità che si aprono in una lunga cengia rocciosa.

Ringrazio Patrizio R. per le immagini.

35- La variante proposta per visitare le Grotte di Forca di Pala.
36- Veduta del versante Est del Monte Argentella dalle cavità proposte.
36 – Veduta del versante Nord di Cima di Forca Viola, nel prato di sinistra in alto si osserva il sentiero che corre in piano verso Forca Viola da cui si discende per visitare le grotte..
37- 40 – L’interno delle piccole grotte.
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41 – 42- La cengia rocciosa che forma le cavità
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43- 46 – La Ripa Grande vista dalle grotte
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LE PORCHE DI VALLINFANTE – Sentiero Basso.

Nuovo itinerario ad anello, si snoda in una zona dei Monti Sibillini, dimenticata ed al di fuori dei normali itinerari escursionistici conosciuti, non è riportato ne nella bibliografia e neppure nella cartografia dei Monti Sibillini eppure è un tracciato antico che permetteva ai pastori di spostarsi tra tre importanti fonti di abbeveramento presenti nelle pendici Ovest della Cima di Vallinfante, la Fonte della Giumenta, la Fonte dell’Acero e la Fonte delle Vene, attraversando la parte più bassa, e anche più ripida ma più diretta, delle cosiddette Porche di Vallinfante, i diversi canaloni che scendono dalla cima omonima verso la Valle Infante.

L’itinerario è ad anello in quanto la traccia di sentiero, all’altezza dello Scoglio della Volpe, si sdoppia e le due tracce viaggiano parallele a distanza di poco più di cento metri di dislivello per cui, all’andata si può prendere la traccia più alta ed al ritorno quella più bassa, più ripida.

L’itinerario è classificato EE, non presenta difficoltà particolari ma si snoda su pendii molto ripidi, in alcuni tratti la traccia scompare sotto un’alta cotica erbosa di Falasco e quindi bisogna muoversi su terreni scivolosi e sconnessi, a tratti ricorda la Cengia dei Fiumarelli per cui è richiesto un passo sicuro e non si deve soffrire di vertigini.

Il tracciato che propongo parte dalla Fonte della Giumenta ed arriva alla Fonte delle Vene per poi ritornare di nuovo alla Fonte della Giumenta ma volendo si può fare al contrario o anche la traversata dal Monte Prata a Macchie di Vallinfante con due auto.

Il raggiungimento della Fonte delle Vene da Macchie di Vallinfante è descritto in un mio precedente articolo: “CIMA DI VALLINFANTE DA MACCHIE PER LA FONTE DELLE VENE E LE PORCHE DI VALLINFANTE” del Maggio 2022 a cui rimando.

ACCESSO: Si raggiunge in auto il nuovissimo e costosissimo parcheggio del Monte Prata (che non si è ben capito il suo utilizzo visto che gli impianti sciistici non sono stati più riaperti dopo il terremoto) da cui si parte a piedi proseguendo la strada sterrata per la Fonte della Giumenta.

DESCRIZIONE: Raggiunta la Fonte della Giumenta (354452,8 E – 4748392,7 N; 1790 m.; 40 minuti dall’auto) si devia a destra per il classico sentiero verso il Monte Porche ma dopo 150 metri si scende e si prende una traccia in piano, non facile da individuare perché il continuo passaggio delle greggi ha formato molte tracce parallele, che conduce verso la Fonte del Sambuco.

L’itinerario per la Fonte del Sambuco è riportato nel mio articolo : “FONTE DELLA GIUMENTA-FONE DEL SAMBUCO-PORCHE DI VALLINFANTE; ANCORA EFFETTI DEL TERREMOTO DELL’OTTOBRE 2016” dell’Ottobre 2018, a cui rimando.

Dopo circa 300 metri il sentiero raggiunge un ampio costone erboso (15 minuti dalla fonte) dove si scoprono le Porche di Vallinfante, qui invece di continuare il sentiero che aggira il costone ed inizia a salire, si scende liberamente il costone per circa 100 metri tenendosi verso il fosso che scende dal versante Nordovest del Monte Porche fino ad intercettare una traccia di sentiero che entra nel fosso con fondo roccioso ed esce dalla sponda opposta (354344 E – 4749040,5 N; 1700 m.).

Si prosegue su traccia di sentiero per raggiungere un secondo costone erboso dove si intercetta una traccia di scavo forse dell’acquedotto che scende a valle dalla Fonte del Sambuco posta più in alto, si scende ancora per altri 150 metri in direzione di un nucleo di Faggi sopra il quale si ritrova la traccia che conduce verso il fondo roccioso del Fosso (354374,7 E – 4749298,1 N; 1650 m.; 15 minuti).

Qui la traccia è ben visibile e scavalca anche questo secondo fosso per attraversare una zona ghiaiosa, dove il sentiero si sdoppia, una traccia sale verso la base dello Scoglio della Volpe per passare ad una decina di metri sotto allo scoglio, l’altra rimane parallela una cinquantina di metri sotto.

Si entra quindi in un fosso molto inciso e sconvolto dal terremoto del 2016, ci sono tratti franati e, guardando in direzione della cima del Monte Porche, si può osservare l’incredibile fessura e la sottostante faglia descritta nell’articolo citato sopra.

Io consiglio di prendere all’andata la traccia superiore per poi ritornare da quella inferiore.

In ogni caso le due tracce viaggiano parallele tra i 1600 e i 1700 metri e scavalcano gli altri sei fossi, più o meno incisi ma ripidissimi, che costituiscono le Porche di Vallinfante.

I tracciati non sono sempre ben evidenti per la presenza in alcuni tratti, soprattutto del sentiero più basso, di cotica erbosa a Falasco dove essi si perdono ma intuitivamente si ritrovano nel fosso successivo.

Una volta superati i vari canali delle Porche di Vallinfante si raggiunge un ampio dosso erboso (1,15 ore dallo Scoglio della Volpe) a Falasco dove si prosegue in quota (353823,3 E – 4750339,8 N; 1685m.) fino a scavalcare il dosso ed intercettare l’evidente sentiero che collega la Fonte delle Vene con la Cima di Vallinfante (già descritto come indicato sopra).

Per raggiungere la Fonte delle Vene si scende nel sentiero che raggiunge dapprima un ampio ripiano erboso sottostante e prosegue scendendo nel fondo di due canaloni detritici successivi n discesa fino alla fonte stessa.

Per il ritorno alla Fonte della Giumenta, si ritorna all’ampio ripiano erboso dove sovente sono presenti bovini al pascolo, anziché risalire il dosso erboso lo si aggira in quota passando una cinquantina di metri sopra al bosco dirigendosi verso i canali delle Porche dove, poco al di sopra di alcuni alberi isolati sopra al bosco, si intercetta la traccia bassa che avvicinandosi ai vari canali, passa sotto ad un caratteristico torrione roccioso isolato che presenta anche una piccola grotta alla sua base e che, con un’ora circa, riconduce alla Fonte della Giumenta.

Anche questo tracciato attraversa i vari canali su terreno molto ripido e si perde nel Falasco in alcuni punti e in circa un’ora si riporta sulla verticale dello Scoglio della Volpe dove si riprende il sentiero fatto all’andata.

Giunti alla Fonte della Giumenta si scende all’auto per la strada sterrata fino al Monte Prata fatta all’andata.

Interessante è anche la risalita del Fosso della Fonte del Sambuco, una volta giunti, al ritorno, nel fondo roccioso del fosso lo si risale fino ad una parete rocciosa che lo chiude in alto e che forma anche una particolare grotta.

Itinerario percorso il 3 settembre 2023 con Luca e Federico.

1- Le Porche di Vallinfante, viste dalla Fonte della Giumenta, sullo sfondo la cima del Monte Bove Sud e la Cima di Passo Cattivo.
2- Nel pendio di fronte si vede il sentiero che si sdoppi sotto lo Scoglio della Volpe, che emerge, isolato, dal pendio.
3- Arrivati vicino allo Scoglio della Volpe si vedono bene i due sentieri.
4- Il Fosso dal fondo roccioso della Fonte del Sambuco che si può risalire al ritorno.
5 – 6- Passaggio in ambiente roccioso dentro al fosso della Fonte del Sambuco.
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7- Superato il Fosso della Fonte del Sambuco (la cui parete finale è ben visibile) si osserva l’intaglio che scende dalla fonte nel pendio erboso sottostante e, sotto, la traccia dell’itinerario proposto.
8- Lo Scoglio della Volpe.
9- Oltre la verticale dello Scoglio della Volpe si osservano le due tracce viaggiare parallele.
10- Il pendio dopo lo Scoglio della Volpe, parzialmente illuminato dal sole.
11- Il tratto degradato e franato dal sisma del 2016 oltre lo Scoglio della Volpe.
12- Guardando in alto si osserva la zona spaccata dal sisma del 2016 e la relativa faglia (riga bianca) che ha subito un abbassamento di quasi due metri.
13- La Valle infante
14- I primi canaloni attraversati con lo Scoglio della Volpe illuminato dal sole, sullo sfondo la roulotte dei pastori della Fonte della Giumenta.
15 – Uno dei tratti più ripidi del sentiero superiore.
16- Un altro ripido tratto, ormai è giunto anche il sole, a sinistra il Monte Cardosa.
17- Il dosso erboso dove si ricongiungono i due sentieri paralleli.
18- La successione dei canaloni delle Porche di Vallinfante attraversati, il Monte Porche a sinistra in alto e la Fonte della Giumenta a destra in basso.
19- Il pianoro a monte della Fonte delle Vene e il canalone ghiaioso di discesa.
20- Il tratto iniziale del sentiero inferiore di ritorno, con il caratteristico torrione roccioso isolato con piccola cavità alla sua base.
20- Il tratto iniziale del sentiero inferiore di ritorno, a sinistra lo scoglio isolato della foto precedente..
21- Tratto erboso a Falasco molto ripido nel percorso di ritorno.
22- Il pendio attraversato ed il Monte Cardosa sullo sfondo.
23- Al ritorno si ripassa sotto alla faglia del terremoto del 2016
24 – 25 -Tratti molto ripidi al ritorno verso lo Scoglio della Volpe.
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26 – 27 -L’ultimo tratto fino al bosco, sotto allo Scoglio della Volpe visibile sul pendio.
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28 – 30 – Risalita del Fosso della Fonte del Sambuco
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31- 33 – Il salto del fosso con Grotta finale.
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34- La risalita del pendio destro del Fosso anziché ridiscenderlo completamente.
35- Pianta satellitare del percorso proposto
36- Dettaglio satellitare della prima parte dell’itinerario.
37- Dettaglio satellitare della seconda parte dell’itinerario.
38- Dettaglio satellitare della terza parte dell’itinerario.
39- Dettaglio satellitare della quarta parte dell’itinerario.



MONTE RAGNOLO in notturna.

Questa non è una escursione per appassionati camminatori ma un idea per una semplice uscita in notturna con pernotto al fresco per gli amanti della fotografia.

Di seguito le migliori immagini della notte:

1- Passaggio di aereo nella costellazione dell’Orsa Maggiore o Gran Carro.
2- Passaggio di due meteoriti di diverse dimensioni.
3- Altro passaggio di aereo nella zona della costellazione di Orione
4- La Via Lattea sopra al Monte Rotondo, a sinistra la appuntita cima del Monte Acuto ed il successivo Pizzo Tre Vescovi.
5- L’Orsa Maggiore o Gran Carro sopra a Camerino.
6 – 8 – La Via Lattea in diverse esposizioni.
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9- Giochi notturni con raggi Laser e lunghe esposizioni della fotocamera.
10- La tenda per la notte.
11- Il nostro punto di sosta notturna con Camerino sullo sfondo e l’Orsa Maggiore in alto nel cielo, un panorama meraviglioso.



EREMO DI SAN BENEDETTO IN SAXI LATRONIS, LA MADONNA DEL SASSO , GROTTA E FESSURE I e II DELLA CIARLA A MONTE FIUNGO.

Su richiesta di alcuni miei amici riporto la descrizione del facile itinerario per raggiungere i ruderi dell’Eremo di San Benedetto in Saxi Latronis, sito nel Comune di Caldarola, nelle pendici Nordovest del Monte Fiungo, nella valle del Chienti, poco al di fuori dei confini del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

Terminata la visita ai ruderi di Saxi Latronis si può allungare il breve e facile percorso per andare alla ricerca di alcune cavità presenti nella zona quindi, scendendo, si può visitare la Chiesa della Madonna del Sasso.

ACCESSO: Dalla superstrada Civitanova Marche – Foligno, si esce al Lago di Caccamo quindi si prende la vecchia Strada Statale n.77 in direzione di Camerino fino alla frazione Valcimarra di Caldarola.

Appena entrati nel paese una deviazione a sinistra attraversa con un ponte il fiume Chienti e la superstrada e conduce alla frazione di Valcimarra Alta, si continua in ripida salita (attenzione strada stretta) a fino ad arrivare ad uno spiazzale con sulla sinistra una fonte dove si parcheggia.

DESCRIZIONE: Dal fontanile si prende una strada di fronte recante l’indicazione per l’Eremo. Si continua lungo la strada che si snoda dentro il bosco fino ad uno slargo, dove volendo si può arrivare anche in macchina e qui si può parcheggiare. Si continua in piano, si supera un ponticello che passa sopra la condotta forzata della centrale idroelettrica di Valcimarra.

Dopo circa 500 metri si intercetta una deviazione a sinistra, con un piccolo cartello posizionato quasi a terra, che sale in netta salita con diversi tornanti.

Dopo circa 100 metri di dislivello e 300 metri di ripidissima salita si raggiunge una deviazione a destra con due cartelli, uno su un albero e l’altro quasi a terra si prosegue in questa deviazione ed in breve si raggiunge la terrazza rocciosa naturale sulla valle del Chienti sottostante oltre la quale si trovano i ruderi dell’Eremo di San Benedetto in Saxi Latronis che sin dal IX secolo domina la valle da questo sperone roccioso, ben visibili anche dalla superstrada nel tratto verso Civitanova Marche all’altezza della frazione di Campolarzo di Camerino.

Raggiunti i ruderi dell’Eremo è presente alto muro visibile dall’esterno dove, nella parte inferiore laterale, è presente un intatto ambiente con volta a botte e finestrelle che si affacciano sulla valle sottostante e che costituiscono la parte bassa del muro rivolto verso la valle, nei ruderi verso monte è presente un ambiente con un arco ancora intatto con una monofora nella parete. Nella parte terminale sinistra del sito è presente invece una alta parete rocciosa dove si apre una grotta chiusa con pietre a secco e, dentro addossato alla roccia, si trova un altare molto rudimentale fatto anch’esso con pietre a secco con resti di ossa umane.

Per chi vuole approfondire le notizie storiche del sito, in fondo all’articolo, allego gli ultimi studi in PDF scaricabili riferiti all’eremo.

GROTTA E FESSURE I e II DELLA CIARLA

Terminata la visita ai ruderi di Saxi Latronis si può proseguire per andare alla ricerca di alcune cavità presenti nella zona.

Dalla terrazza naturale sulla valle del Chienti si risale una rampa addossata alla parete su traccia di sentiero che inizia a salire sul costone roccioso, si raggiunge un capanno di cacciatori e si continua in lieve salita verso Ovest nel bosco sempre su traccia poco visibile fino a raggiungere un canalone delimitato a destra da una parete rocciosa dove, scendendo per una cinquantina di metri, si trovano le due Fessure della Ciarlia.

Mentre per raggiungere la Grotta della Ciarla si prosegue per altri circa duecento metri nel bosco fino ad una successiva parete rocciosa.

Qui per raggiungere la Grotta e le due fessure della Ciarla ci si deve affidare ad un navigatore satellitare che riporti le posizioni delle tre cavità quale Outdooractive o aprendo direttamente il sito del Catasto delle Grotte e delle cavità della Regione Marche in quanto descrivere l’itinerario di raggiungimento a parole dettagliate risulterebbe davvero difficile poiché non sono presenti segnalazioni ne punti di riferimento.

CHIESA DELLA MADONNA DEL SASSO

Al ritorno scendendo per il sentiero di salita all’Eremo e giunti alla strada si prosegue verso sinistra per poche centinaia di metri fino a raggingere la Chiesa della Madonna del Sasso.

La chiesa è chiusa, ma visibile internamente da una finestrella sul lato, risale al XIV secolo ha all’interno un affresco con la crocefissione e una Madonna con Bambino sull’altare. Davanti la chiesa passa il cammino della via Lauretana che da Assisi porta a Loreto nel tratto Valdiea-Valcimarra.

Di seguito le immagini dell’itinerario.

1- Dalla Fontana di Valcimarra Alta si trova di fronte il cartello per l’Eremo.
2- La strada prosegue in piano verso la condotta forzata della Centrale Idroelettrica di Valcimarra.
3- Dopo circa 500 metri si incontra la deviazione in salita, indicata da un piccolo cartello a terra, visibile poco a sinistra dello zaino a terra.
4- Dopo la ripida salita si incontra la deviazione a destra per l’Eremo, meglio segnalata.
5- Il terrazzo roccioso sulla Valle del Chienti, a sinistra parte la rampa per raggiungere le Grotta e Fessure della Ciarla.
6 – 7- Dal Terrazzo si apre una visione aerea della Valle del Chienti, peccato l’orribile cava di Bistocco.
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8- La Frazione di Bistocco di Caldarola con la grande cava.
9- 12 -Gli imponenti ruderi dei diversi edifici dell’Eremo.
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13- 18 – La porta del locale a piano terra ancora sorprendentemente intatto nonostante i secoli ed i terremoti.
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19 – 21 -I ruderi addossati alla parete rocciosa.
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23- I ruderi nei pressi della grotta dell’Eremo.
24- La cisterna di raccolta dell’acqua.
25- Il “trono” dell’Eremo.
26- La grotta dell’Eremo.
27- Veduta dall’interno della Grotta.
28- Il piccolo altare
29- Il fondo della Grotta.
30- I resti umani ancora presenti nella Grotta.
31- 32 -La Chiesa della Madonna del Sasso.
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33- L’interno della chiesa, visibile dalla finestrella.

GROTTA E FESSURA I e II DELLA CIARLA.

34- Il terrazzo roccioso poco prima dell’Eremo, per le fessure della Ciarla si sale nella rampa al suo fianco destro.
35- I resti di uno strano capanno in legna, forse di cacciatori.
36 – 39 – La Grotta della Ciarla, profonda pochi metri.
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40 – 43 -La Fessura I della Ciarla, nella parete destra del canalone soprastante l’Eremo, più stretta della grotta ma si addentra per una decina di metri.
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44- La Fessura della Ciarla II, a poche decine di metri dalla I, strettissima e molto profonda ma impossibile da entrare.
45- Pianta satellitare dei percorsi proposti.

I documenti storici sull’Eremo di San Benedetto in Saxi Latronis.




IL BUCO DELL’ISTRICE e la CAVERNA VI del Lago del Fiastrone

Intorno al Lago del Fiastrone e nella valle sottostante si aprono numerose caverne e grotte tra cui la conosciutissima Grotta dei Frati.

Meno conosciute sono altre grotte distribuite intorno al Lago, in particolare una grotta molto caratteristica anche se di limitatissima estensione è la Grotta VI del Lago del Fiastrone.

Si raggiunge facilmente dalla strada che scende da Fiastra verso Monastero, poco prima dell’ansa del Lago si lascia l’auto nel parcheggio del lungolago (400 metri circa prima dell’incrocio per Podalla) e si sale sopra strada su traccia di sentiero che parte dal bordo ghiaioso in fondo allo slargo.

Dal bosco si ci costeggia verso Nord la strada una cinquantina di metri sopra di essa per raggiungere la zona rocciosa franata con il terremoto del 2016 e bonificata con reti plastiche, nel primo nucleo roccioso di Travertino si apre il Buco dell’Istrice, una profonda fessura che, come indicato dal nome, viene utilizzata come tana dagli animali.

Proseguendo in quota nella zona franata ma resa sicura da reti plastiche a terra si raggiunge un secondo nucleo roccioso franato con il terremoto ed attualmente imbracato con reti metalliche dove alla base si apre una seconda grotta, salendo al fianco sinistro del costone roccioso si raggiunge la Grotta VI del Lago del Fiastrone, particolare per la forma del torrione roccioso di travertino che la forma.

Il Travertino è una roccia tenera prodotta dallo stillicidio dell’acqua calcarea in presenza di particolari muschi, essa assume le forme delle specie vegetali dove si deposita il calcare trasportato dall’acqua.

Il raggiungimento di queste cavità, facile e brevissimo, può essere abbinato ad una escursione in zona come ad esempio alle Lame Rosse.

La cavità, come le altre presenti nella zona, è riportata nel Catasto delle Grotte della Regione Marche.

1- Il Lago del Fiastrone visto dalla zona franata.
2- Il Buco dell’Istrice, una profonda e stretta fessura in cui non si riesce a scendere.
3 – 4 -Provo ad entrare ma dopo neppure due metri mi fermo.
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5 – 6 -Poco più avanti si apre una seconda buca, anch’essa impossibile da esplorare.
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7 – 8- Nel secondo torrione messo in sicurezza con reti metalliche dopo la frana prodotta dal terremoto del 2016 si apre una piccola cavità.
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9 – 10 – La particolarissima struttura rocciosa di Travertino che forma la Grotta VI del Lago del Fiastrone.
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11 – 12- Dettagli della struttura di Travertino che forma la grotta davvero unica in zona.
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13- Nei pressi si apre una ulteriore piccola cavità usta come riparo dagli animali, come si nota dalle buche presenti sul terreno.
14- Il Travertino della struttura rocciosa.
15 -18 – Scorci del Lago del Fiastrone dalla zona della Grotta.
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19- Colata calcitica staccatesi dalla rupe dopo il terremoto del 2016.
20- Blocco di Travertino che riporta la forma sub-fossile di alcuni vegetali che hanno contribuito a formare la roccia.
21- Veduta dell’itinerario dal parcheggio dell’ansa del Lago del Fiastrone, in prossimità dell’incrocio per Podalla di Fiastra.



PIZZO REGINA (M.PRIORA) dalla Pintura di Bolognola.

Percorso estivo classico, dalla Pintura di Bolognola si percorre a piedi la strada (chiusa agli autoveicoli) che conduce al Rifugio del Fargno quindi si prosegue a sinistra per ampio sentiero fino alla Forcella Angagnola.

Da qui si inizia la salita per il sentiero che conduce al Pizzo Berro, ormai diventato praticamente un fossato, quindi raggiunta la cima si scende per la cresta Est fino alla sella e si raggiunge il Pizzo Regina risalendo la sua lunga cresta Ovest, ritorno per lo stesso itinerario per un totale di 25 Km e 1000 metri di dislivello.

Il 15 luglio 2023, di ritorno alla Pintura di Bolognola per questo itinerario, ormai con cielo coperto, un fastidioso e continuo rumore di passaggi di aerei militari mi ha fatto alzare gli occhi al cielo e, tra le nuvole, ho osservato una esercitazione di rifornimento aereo in volo (foto n. 27-28), chiaramente sopra una zona montuosa e Parco Nazionale, non sopra zone abitate, così se si verifica una perdita di carburante o un incidente aereo non cade sopra alla testa della gente !!!!.

1- Inquietante e indecifrabile (solo per gli addetti ai lavori !!!) cartello al Rifugio del Fargno, nei Monti Sibillini ci sono tutti i tipi di cartelli tranne quelli necessari che indicano i sentieri……..qualcuno avrà dato il permesso per posizionare questo….spero.
2- Il Monte Bove Nord visto dalla Forcella Angagnola.
3- Il Pizzo Tre Vescovi e la piccola cima del Monte Acuto a destra, visti dall’antecima Nord del Pizzo Berro, a sinistra il Monte Rotondo.
4- Il versante Est del Pizzo Berro visto dall’inizio della cresta Ovest del Pizzo Regina.
5- Il ripido versante Nord del Pizzo Regina.
6- Il versante Est del Pizzo Berro visto dalla cima del Pizzo Regina.
7- Dopo neppure 30 minuti da quando ho scattato la foto n.6 arriva la nebbia.
8- La croce del Pizzo Regina, ricorda le polemiche di poco tempo fa proprio sulla necessità di posizionare o togliere le croci di vetta.
9- Astragalus depressus.
10- Pedicularis tuberosa
11- Dianthus barbatus subsp. compactus.
12- Edraianthus graminifolius abbondante sulla cresta Ovest del Pizzo Regina.
13- Aster alpinus
14- Linum viscosum.
15- Lepidottero della Famiglia Arcitiidae su foglie di Gentiana lutea.
16 — 17 – Incredibile sfarfallamento di migliaia di esemplari in volo per il prato del versante Est del Pizzo Berro di Lepidotteri della specie Melitaea
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18- Coleotteri Crisomelidi.
19- La nuvolosità proveniente dal versante Adriatico inizia ad avvolgere anche il Pizzo Berro.
20 – 21- Mentre la Val di Panico con il Monte Bove Sud e Nord (foto n.21) rimangono ancora fuori.
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22 – 23 – Il Pizzo Regina invece si copre sempre di più.
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24- La nuvolosità arriva nel frattempo anche a Forcella Angagnola e Pizzo Tre Vescovi.
25- Saxifraga australis su una fessura a Forcella Angagnola, sullo sfondo il Casale Rinaldi.
26-Orchidea Anacamptis pyramidalis nei pressi del Rifugio del Fargno che si nota (sfuocato) a sinistra.
27- Bellissima Vipera Orsini sulla strada del Fargno.

Immagini ingrandite dell’esercitazione aeronautica militare con rifornimento in volo sopra i cieli di Bolognola, una esercitazione analoga l’avevo già osservata nel gennaio 2023 ma non avevo con me la fotocamera.

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VERSANTE NORD DEL MONTE SIBILLA – I sentieri estivi de Le Vene.

L’imponente, selvaggio e ripidissimo versante Nord del Monte Sibilla contiene una quantità di itinerari estivi incredibile, ben 7 tracciati, paralleli grazie alle cenge naturali o creste in salita, che permettono di attraversare questo versante, all’apparenza impraticabile.

Il tracciato di cresta n.7 è il classico percorso facile, conosciuto e frequentatissimo da tutti gli escursionisti che intendono salire alla cima del Monte Sibilla e perciò riportato in tutta la bibliografia dei Monti Sibillini.

Degli altri, di fatto, il tracciato più evidente e comodo, anche se poco frequentato, è solo il n.1, mentre gli altri sono pressoché lievi tracce, sconosciuti e molto impegnativi quindi non percorsi dai normali escursionisti.

Anche su richiesta di alcuni miei amici facciamo chiarezza sui vari tracciati indicati nelle foto n.1-2 presenti nel versante Nord del M. Sibilla.

1- Panoramica di tutti i tracciati estivi del versante Nord de Le Vene del Monte Sibilla visti dal Pizzo Regina.
2- Panoramica di tutti i tracciati estivi del versante Nord de Le Vene del Monte Sibilla visti dalla cima del Monte Sibilla (itinerario n.7).

ITINERARIO N.1

Questo itinerario, l’unico con una certa frequenza da parte di escursionisti, oltre al frequentatissimo itinerario n.7, in quanto di media difficoltà, con partenza dal Rifugio M. Sibilla, raggiunge la Sella di M. Zampa per discendere nel versante opposto, è descritto in questo sito per il raggiungimento dell’Arco di Meta nel mio reportage “LE “FINESTRE” DEI MONTI SIBILLINI PARTE 1 IL TEMPIO DELLA SIBILLA, L’OCCHIO DEL CICLOPE, ARCOFÙ E L’ARCO DI META NELLA VALLE DEL TENNA” e nel reportage “MONTE SIBILLA VERSANTE NORD – ANCORA EFFETTI DEL TERREMOTO DEL 2016 – TORRIONE DI MÈTA”  percorrendo il sentiero de “Le Calle della Sibilla” situato nel versante Nord.

E’ anche riportato anche nella bibliografia dei Monti Sibillini di cui allego link della descrizione più dettagliata.

(http://www.auaa.it/articoli-escursionismo/175-anello-della-sibilla-monti-sibillini).

Il tracciato supera il fosso de Le Vene all’altezza dei torrioni che lo delimitano e prosegue in direzione del Casale Lanza che non conviene raggiungere ma per risalire al Casale della Sibilla da cui, con una lunga salita, si raggiunge la cresta Ovest del Monte Sibilla, nei pressi del termine della strada.

Per il suo tracciato, valutato EE, rimando pertanto a questi articoli e bibliografia.

ITINERARIO N.2

Notevole itinerario adatto solo ad esperti e valutato EEA, l’unico in totale risalita su cresta, aperto da me e alcuni miei amici il 29 luglio 2017, è descritto dettagliatamente in questo sito nel reportage “MONTE SIBILLA PER LA CRESTA DEGLI IMBUTI” a cui rimando, per la sua risalita è consigliata una piccozza.

ITINERARIO N.3 concatenazione dell’itinerario n.1 con l’itinerario n.4

Questo itinerario è stato proposto dal mio amico Giuseppe S. che ringrazio anche per le immagini.

Sicuramente anche questo è un itinerario difficile, valutato EEA, risale i contrafforti dei fossi delle Vene che scendono nell’imbuto verso valle e congiunge l’itinerario n.1 con il numero 4; anche qui è strettamente consigliata una piccozza.

ACCESSO: Si raggiunge la cima del torrione destro orografico del Fosso Le Vene mediante il tracciato n.1 descritto sopra.

Anziché proseguire la traccia dell’itinerario n.1 che scende nel fosso si risale su pendio erboso senza traccia in direzione del centro del fosso, si superano due tratti ghiaiosi arrivando a costeggiare le pareti da cui scendono le numerose cascatelle delle sorgenti del Fosso Le Vene.

Superato il quarto canale roccioso inciso, si giunge al tratto chiave e più impegnativo del percorso, si inizia a salire un costone erboso molto ripido alla destra del canale, si sale in verticale e, giunti sotto le sovrastanti pareti rocciose, si devia nettamente verso sinistra su cengia erbosa, si entra quindi nel canale e si risale il suo fondo roccioso per alcune decine di metri fino ad uscire nel tratto erboso della sponda di sinistra. Si continua a risalire in verticale il ripido pendio erboso sovrastante fino a raggiungere la cengia superiore dove si incontra il tracciato n.4 che si prosegue o verso destra per uscire sui pendii ghiaiosi ad Ovest della cima del Monte Sibilla oppure verso sinistra per ritornare indietro verso Est da cui si giunge all’accesso dell’itinerario n.4.

3- Percorso n.3 di concatenamento tra l’itinerario 1 e 4.
4- Il Fosso Le Vene visto dal torrione destro orografico che si raggiunge tramite l’itinerario n.1
5- Il pendio erboso che si deve risalire verso il centro del fosso, al centro della foto la sommità del torrione destro de Le Vene.
6- La traversata del Fosso Le Vene implica l’attraversamento di tratti ghiaiosi e ripidi pendii erbosi.
7- I primi contrafforti del Fosso Le Vene, in alto la cengia dell’itinerario n.4 che si deve raggiungere.
8- Altri canali dove , a primavera, scendono diverse cascate.
9- Il tracciato del tratto chiave dell’itinerario n.3.
10- Giunti sotto al quarto fosso si prosegue verso il ripido pendio di lato, in direzione dell’arbusto in basso a destra.
11- Il pendio erboso che, oltre l’arbusto in primo piano, si risale fin sotto le pareti a prendere la cengia erbosa che, verso sinistra, permette l’attraversamento del canale.
12- Raggiunto il canale si entra nel suo interno fino alla sponda sinistra meno ripida.
13- Il tratto di risalita del fosso, forte esposizione su erba e roccette fino a raggiungere gli arbusti in alto a destra.
14- Il pendio erboso ed il fosso di risalita.
15- Il pendio erboso nella parte sinistra del fosso.
16- salendo sul ripido pendio erboso ci si avvicina lentamente alla cengia dove passa l’itinerario n.4
17- L’esile tracciato n.4 si può osservare nel pendio erboso in primo piano.

ITINERARIO N.4

Altro notevole itinerario adatto solo ad esperti, valutato EE fino alle sorgenti e alpinistico (F) fino all’uscita sul ghiaione sottostante la cresta, riportato anche nella bibliografia dei Monti Sibillini: http://www.auaa.it/articoli-escursionismo/1086-fosso-le-vene-monti-sibillini.

ACCESSO: Dal rifugio Sibilla (1540 m) si sale per il sentiero (n. 155/E10, segni bianco-rossi ) che in breve raggiunge la sella nei pressi del monte Zampa (1780 m circa, 0,30 ore), come indicato anche nell’itinerario n.1

DESCRIZIONE: Raggiunta la sella si prosegue l’evidente sentiero di cresta (itinerario n.7) fino a quota 1880 m circa dove si sdoppia, una traccia prosegue sotto cresta sul versante Sud e l’altra sul filo di cresta (359638,1 E – 4751671,1 N), qui ci si immette nel pendio erboso del versante Nord e si inizia a traversare in quota su traccia di sentiero tra l’erba, a tratti poco evidente, attraversando i Fossi di Meta e fino ad arrivare sulla cresta che divide il Fosso di Meta III dal Fosso Le Vene, risalita dall’itinerario n.2, (358417,5 E – 4751758,8 N; 1850 m.), questo punto rappresenta anche la partenza dell’itinerario n.5 descritto di seguito.

(E’ possibile anche una variante per raggiungere il filo di cresta di partenza dell’itinerario n.4; raggiunto il poggio erboso oltre il quale si apre il terzo ed ultimo imbuto di Meta (358854,1 E – 4751670 N; 1850 m.), caratterizzato sulla cresta sovrastante da uno spuntone roccioso, l’unico prima della “Corona”, anziché proseguire in quota si può scendere liberamente sul filo di cresta sottostante per circa 60 metri per prendere un tracciato più evidente in questo tratto (358845 E – 4751797 N; 1800 m.), che, in altri 500 metri di percorso in quota, facendo attenzione nell’attraversamento del fosso di Meta III, conduce direttamente all’imbocco del tracciato n.4 (358376 E – 4751898,8 N; 1785 m., 1,15 ore dal Rifugio)).

Qui si inizia a scendere il filo di cresta fino ad incrociare la netta cengia che traversa verso l’imbuto de Le Vene (358376 E – 4751898,8 N; 1785 m., 1,15 ore dal Rifugio ). Si continua in quota sotto la fascia rocciosa attraversando i fossi che a primavera generano diverse cascate fino al centro dell’imbuto (1760 m circa, 2,5 ore dal Rifugio).

Da qui si può ritornare per lo stesso percorso fatto all’andata oppure continuare a traversare.

La prosecuzione è consigliata sono ad escursionisti esperti con pratica di alpinismo in quanto non ci sono tracce di sentiero ed occorre risalire prati e ghiaioni molto ripidi dove è assolutamente necessaria una piccozza.

Si prosegue delicatamente la cengia che passa in quota sempre sotto alla barriera di rocce fino ad un canale ghiaioso con a destra una ampia zona ghiaiosa di colore rosa.

Raggiunto il canale riempito di detriti si sale faticosamente su ghiaia per alcune decine di metri nel suo interno poi ci si sposta sulla sua sponda destra cercando di tenersi nelle zone erbose fino a superare la zona di ghiaia rosa più in alto. Oltre la zona ghiaiosa si sale liberamente in verticale in direzione della cresta sovrastante, nei prati si intercetta una traccia di sentiero che si sale verso un canale detritico obliquo dove qui si nota un netto sentiero che risale fino sulla cresta ovest dove si riprende il sentiero (segnato, pannello panoramico ) che, in direzione Est, segue fedelmente l’affilato crinale fino alla vetta del monte Sibilla (2173 m, 4,0 ore dal Rifugio ).

18- La cengia che permette di traversare l’imbuto de Le Vene a media altezza.
19- Il tracciato del percorso n.4.
20- La cengia erbosa attraversa tutti i canali de Le Vene.
21- il torrione sinistro orografico de Le Vene visto dall’itinerario n.4.
22- La parte inferiore, molto più ripida, dei canali de Le Vene, in basso a destra, sopra al nucleo boschivo, si vede il sentiero n.1 che attraversa l’imbuto e risale il torrione sinistro de Le Vene. Al centro della foto risale invece l’impegnativo itinerario n.3
23- Veduta verso la “Corona” del M. Sibilla alla base della quale passa l’itinerario n.6, al centro della foto si nota, in alcuni tratti, la debolissima traccia dell’itinerario n.5

ITINERARIO N.5

Una ennesima cengia principalmente erbosa che taglia in quota il versante Nord del Monte Sibilla, parallelamente all’itinerario 4 e 6, viene percorsa da una sottile traccia che a volte si perde ma rimane intuitiva, anche perché non si hanno altre possibilità di deviazioni.

Percorso da me molti anni fa come per l’itinerario n.6, non mi risulta descritto nella bibliografia dei Monti Sibillini, è destinato solo ed esclusivamente ad escursionisti esperti con esperienza alpinistica, rigorosamente necessaria una piccozza, da percorrere in estate quando i canali dell’imbuto de Le Vene sono sgombri dalla neve altrimenti il tracciato può essere reso molto pericoloso.

ACCESSO: Il primo tratto di raggiungimento di questo percorso è in comune con l’itinerario n.4; una volta traversati i Fossi di Meta ed arrivati alla cresta che divide il Fosso di Meta III dal Fosso Le Vene, risalita dall’itinerario n.2, (358417,5 E – 4751758,8 N; 1850 m. 2 ore dal Rifugio).

DESCRIZIONE; Dalla cresta ci si immette nel versante Nord dove si nota, in alcuni tratti un po’ più evidente, una lieve traccia in quota che passa anch’essa in una cengia erbosa che inizia ad attraversare i vari fossi de Le Vene.

Dopo circa 300 metri dove si attraversano due canali con fondo ghiaioso fino a raggiungere il centro del Fosso Le Vene dove un ripidissimo canale con sponde rupestri richiede dei passaggi delicati su una strettissima cengia obbligata che ricorda molto la Cengia dei Fiumarelli.

Si prosegue quindi su un tratto erboso meno ripido fino a raggiungere un secondo canale molto intagliato caratterizzato da una zona rocciosa con una fascia più in alto di colore rosa, questo è il tratto più impegnativo, si attraversa con molta attenzione il canale passando proprio alla base delle rocce per poi ritrovarsi su pendio ghiaioso ma meno ripido dove si individua di nuovo una traccia che attraversa lunghi pendii ghiaiosi alternati ad erba e che riporta facilmente verso la cresta Ovest del Monte Sibilla (4 ore dal Rifugio).

24 – 25- I tracciati di raggiungimento nel versante di Meta degli itinerari proposti al versante Nord del Monte Sibilla.
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26 – 27- Veduta dalla cima del Monte Sibilla degli itinerari del versante Nord de Le Vene .
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28 – 29- Veduta dalla cresta degli imbuti (itinerario n.2) degli itinerari proposti al versante Nord del Monte Sibilla.
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30- Pianta satellitare del Fosso Le Vene, dettaglio dei percorsi 3 e 4.
31- Pianta satellitare del Fosso Le Vene, dettaglio dei percorsi 5 e 6.

ITINERARIO N.6

Questo itinerario è veramente una sottile traccia, larga poco più di 20 centimetri, che attraversa in quota l’imbuto delle Vene, poco sotto la cosiddetta “Corona della Sibilla”, al di sopra di tutti gli altri itinerari descritti, dal n.1 al n.5.

E’ un itinerario che si snoda su un pendio di oltre 45-50 gradi di pendenza dove non ci si può permettere di scivolare ed è anch’esso valutato EEA, è anch’esso destinato solo ed esclusivamente ad escursionisti esperti con esperienza alpinistica, rigorosamente necessaria una piccozza, come per l’itinerario n.5 da percorrere in estate quando i canali dell’imbuto de Le Vene sono sgombri dalla neve.

L’uscita di questo tracciato è indicata nel reportage “VERSANTE NORD DEL MONTE SIBILLA Ancora effetti del Terremoto del 2016” del 14 luglio 2021.

Percorso da me molti anni fa come per l’itinerario n.5, non mi risulta descritto nella bibliografia dei Monti Sibillini.

ACCESSO: Per percorrere questo tracciato si sale dal Rifugio Monte Sibilla per il classico itinerario n.7 (come indicato per il raggiungimento degli attacchi degli altri itinerari) , si percorre la cresta in direzione dalla cima del Monte Sibilla ed una volta giunti a quota 1960 metri il sentiero dell’itinerario n.7 scende leggermente verso il versante Sud in corrispondenza di uno spuntone roccioso che sporge verticale verso il versante Nord (359064,3 E – 4751494,4 N; 2 ore dal Rifugio).

DESCRIZIONE: In questo punto si devia nettamente nel versante Nord e si passa sotto allo spuntone dove si nota una lieve traccia che, in quota, raggiunge, in 20 minuti, la cresta degli imbuti percorsa dall’itinerario n.2 (358439,3 E – 4751533,1 N; 1945 m.). Ci si sporge verso il versante de Le Vene dove la traccia prosegue vertiginosamente in quota attraversando pendii rupestri alternati a canali molto ripidi dirigendosi verso un canale obliquo ghiaioso dove la traccia diventa un sentiero che permette di salire sulla cresta Ovest dove si riprende il sentiero (segnato, pannello panoramico ) che, in direzione Est, segue fedelmente l’affilato crinale fino alla vetta del monte Sibilla (2173 m, 3,5 ore dal rifugio ).

32- Pianta satellitare della prima parte dell’itinerario n.6 (imbuto di Meta).
33- Pianta satellitare della seconda parte dell’itinerario n.6 (imbuto Le Vene).
34- Veduta del tracciato n.6 dalla cima del Monte Sibilla. dall’alto si nota la traccia di sentiero presente sotto alle rocce della “Corona”
35- La cima del Monte Sibilla vista dall’imbocco del tracciato n.6

ITINERARIO N.7

E’ il classico itinerario escursionistico facile, adatto a tutti, che risale dal Rifugio M. Sibilla alla Sella del Monte Zampa per proseguire poi per cresta con evidente sentiero, superando il tratto attrezzato con catene della “Corona della Sibilla”, fino alla Grotta delle Fate ped alla cima del Monte Sibilla (3 ore dal Rifugio).

Rappresenta anche la discesa in comune di tutti gli altri itinerari descritti.

E’ riportato sulla bibliografia classica e cartografia dei Monti Sibillini a cui rimando.

36- >Pianta satellitare del versante Nord del Monte Sibilla con tutti gli itinerari proposti.



MONTE PORCHE Cresta Nord e il Crepaccio sotto la cresta.

Itinerario non particolarmente lungo ma che richiede una certa pratica per l’attraversamento di terreni erbosi ripidi, permette di raggiungere la cima del Monte Porche attraversando la testata della Valle lunga e passando per il Crepaccio della cresta Nord.

L’itinerario non è riportato sulla bibliografia dei Monti Sibillini.

ACCESSO: Si raggiunge in auto il nuovissimo parcheggio del Monte Prata da cui si parte a piedi proseguendo la strada sterrata per la Fonte della Giumenta.

DESCRIZIONE: Raggiunta la Fonte della Giumenta si sale per il classico sentiero verso il Monte Porche. Giunti alla sella anziché proseguire in direzione Sud verso la sella del Monte Palazzo Borghese si sale in direzione della cima del Monte Porche su traccia di sentiero che devia verso sinistra.

Giunti alla sella Nord-ovest del Monte Porche (1 ora dall’auto, 355018 E – 4748967,7 N; 2035 m.) , si scende la valletta sottostante per risalire la sponda opposta a riprende la cresta Ovest del Monte Porche in direzione della Valle Lunga.(355458,2 E – 4749069,1 N; 2038 m.)

Giunti a scoprire la Valle Lunga si costeggiano delle rocce a destra della cresta e si entra nella testata della valle.

Qui si inizia una lunga traversata in quota su pendio molto ripido della testata della valle con tratti a 45 gradi su pendio a cotica erbosa chiusa molto scivolosa da percorrere con molta attenzione, passando sotto a rocce ed superando l’attacco dei canali di salita invernali del versante Nord del Monte Porche descritti a pagina 62 del mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI”.

Si continua in quota in direzione della rocciosa cresta Nord del Monte Porche fino ad intercettare una faglia più infossata rispetto al ripido piano erboso che scende verso la Valle Lunga, dove si apre il Crepaccio riportato sul Catasto delle Grotte della Regione Marche (1 ora, 355850,5 E – 4748823,8 N; 2100 m.).

Il crepaccio di faglia, prodotto sicuramente da antichi terremoti, risulta profondo una decina di metri ma ha subito ulteriori allargamenti e crolli con il terremoto del 2016 per cui risulta pericoloso entrare fino al fondo.

Dal crepaccio si risale la cresta rocciosa Nord sovrastante fino a raggiungere la cresta Cima Vallelunga – Monte Porche percorsa dal classico sentiero con cui si raggiungono le due cime.

DISCESA: Dalla cima del Monte Porche si scende per il classico sentiero di salita verso la Fonte della Giumenta.

Di seguito le immagini dell’itinerario proposto.

1- La valletta sotto al versante Nordovest del Monte Porche che bisogna attraversare per immettersi nella Valle Lunga.
2- Giunti sulla cresta Ovest del Monte Porche si scopre la Valle Lunga.
3- E si inizia ad attraversare la testata della Valle Lunga
4- Si traversa in quota in direzione delle rocce del versante Nord del Monte Porche.
5- Il terreno si fa più ripido man mano che ci si avvicina ai canali di salita invernali al versante Nord del M. Porche.
6- La testata della Valle Lunga.
7- Proseguiamo verso la cresta Nord del Monte Porche visibile a destra in ombra dove si apre anche il crepaccio di faglia.
8 – 9- Passiamo sulla verticale dei canali di salita invernali al versante Nord del Monte Porche, caratterizzati da un piccolo torrione roccioso che si divide.
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10 – 11- Salix retusa di grandi dimensioni vegetano nel versante Nord del Monte Porche.
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12- Si prosegue oltre la testata della Valle Lunga osteggiando rocce su terreno molto ripido.
13- Quindi ci dirigiamo verso il crepaccio di faglia, visibile in basso al centro, a destra la Cima Vallelunga, di fronte il Pizzo Regina, il Pizzo Berro e la Cima di Vallinfante a sinistra, contornano la Valle Lunga..
14- Il crepaccio della Cresta Nord del Monte Porche, in questo punto ha subito ulteriore allargamento dopo il terremoto del 2016.
15 – Il crepaccio e il Monte Porche a destra.
16- Il crepaccio e Cima Vallelunga.
17 – 18 – Proviamo ad entrare.
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19- Ancora alcuni metri relativamente sicuri.
20- Ma poi è meglio fermarsi.
21 – 22 – Più a valle un ulteriore crepaccio aperto dal terremoto del 2016.
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23- Campanula scheuchzeri l’ingresso del crepaccio.
24- La Valle Lunga.
25- Il tratto da cui si accede alla testata della Valle Lunga.
26 – 29 – La ripida cresta Nord del Monte Porche, che risaliamo fino alla cresta che collega il M. Porche alla Cima Vallelunga.
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30 – 31 -Raggiungiamo infine la cresta sommitale che ci conduce facilmente al M. Porche.
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32- Veduta verso Nord dalla cima di M. Porche, a destra Cima Vallelunga, in fondo il Pizzo Regina ed il Pizzo Berro , il Monte Rotondo e la Cima di Vallinfante a sinistra.
33- Veduta verso Sud dalla cima di M. Porche, a destra Il Monte Palazzo Borghese e Sasso di Palazzo Borghese, sopra il Monte Argentella, sullo sfondo la Cima del Redentore a destra e il Monte Vettore a sinistra.
34 – 35 – La cima del Monte Porche.
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36- La faglia prodotta dal terremoto del 2016 nel versante Ovest del Monte Porche
37 – 39 – Rosalia alpina a monte della Fonte della Giumenta.
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40- Veduta dell’itinerario dalla cima del Monte Porche.
41- Veduta dell’itinerario dalla cresta Ovest del Monte Porche.
42- Dettaglio della posizione del crepaccio.
43- Pianta satellitare del percorso proposto.