Verso la metà di Maggio i prati del Piano Grande di Castelluccio, nella zona verso il Fosso Mergani, si colorano di strisce di giallo e bianco grazie alla fioritura primaverile e pressoché sconosciuta della flora spontanea, costituita principalmente da Ranuncoli, Tulipani gialli (Tulipa australis) e Narcisi (Narcissus poeticus).
Questa fioritura non ha nulla a che fare con la più conosciuta ed appariscente fioritura estiva dei campi coltivati intorno alla collina di Castelluccio, che si sviluppa intorno ai primi di luglio, costituita principalmente da Senape selvatica (gialla), Papaveri rossi, Fiordalisi blu e margherite bianche, specie legate esclusivamente alle coltivazioni, e che ormai, essendo troppo fotografata, sta perdendo il suo fascino, ricordo che la famosa Lenticchia di Castelluccio ha fiori bianchi piccolissimi e non porta alcun contributo alla fioritura estiva.
Non troverete mai infatti alcun Fiordaliso o Papavero fiorito verso il Piano Grande dove si effettua solo lo sfalcio dell’erba ma nessuna coltivazione.
Poi se arrivate al mattino presto quando ancora non si è dissolta la nebbia che si forma spesso nel Piano Grande, si possono osservare le meravigliose opere d’arte della natura, le ragnatele, trasformate in altrettante meravigliose collane di rugiada.
Di seguito le immagini dell’escursione.
1- I campi coltivati sono alla collina di Castelluccio e i residui della nebbia notturna.2 – 8 -Ragnatele trasformate in collane di perle dalla rugiada notturna.3456789- Uno stelo d’erba trasformato in un palo di collegamento10- Un seme di Tarassaco intrappolato in una ragnatela.11 – 16 – La fioritura spontanea primaverile del Piano Grande121314151617 – Gli artefici della fioritura primaverile : Tulipa australis18 – 19 – Gli artefici della fioritura primaverile : Narcissus poeticus19 20 – Gentiana utriculosa21 – 22- Gli artefici della fioritura primaverile : Bistorta officinalis2223- Orchis morio24 – Ragnatele di ragni acquatici nei laghetti del Piano Grande25- Uno dei diversi laghetti temporanei del Piano Grande, il giorno della foto pullulavano di millimetrici Nauplii di Chirocephalus diaphanii.26- I campi coltivati di Castelluccio con le prime fioriture di Sinapsi arvensis, anticipa la fioritura estiva di Papaveri e Fiordalisi.
LE MARMITTE DEI GIGANTI E LA GOLA DEL FURLO
Facile gita per osservare le meraviglie naturalistiche delle montagne del Nostro Appennino, caratterizzate da profonde gole e forre rocciose.
MARMITTE DEI GIGANTI:
Si raggiunge in auto il paese di Fossombrone (PU) e si prosegue prendendo le indicazioni per la Via Marmitte dei Giganti, raggiunto il ponte si parcheggia oltre e si prosegue a piedi la via e quindi il sentiero in discesa di deviazione per scendere al fiume Metauro.
Le Marmitte dei Giganti sono profonde depressioni a forma di pozzo nelle rocce, che nascono dall’erosione fluviale nelle località che erano ricoperte da ghiacciaio. Molto più ampie di quelle che ho già segnalato nel torrente Fluvione nell’Ascolano nell’articolo “Torrente Fluvione – Forre e Mulini”, sono davvero spettacolari.
GOLA DEL FURLO:
Dopo questa breve escursione consiglio di fare una passeggiata nella Gola del Furlo, distante pochi chilometri dalle Marmitte in direzione Acqualagna, formata dal fiume Candigliano, affluente del Metauro, percorrendo a piedi la strada che costeggia il lago per vedere la stretta gola, il Chiavicotto di epoca Romana e la Grotta del Grano.
Per gli appassionati di botanica, oltre alle particolarità paesaggistiche della zona, nelle pareti verticali della Gola del Furlo si può anche ammirare la Moehringia papulosa, specie endemica delle gole calcaree dell’Appennino marchigiano. È stata rinvenuta per la prima volta nella Gola del Furlo e successivamente nella Gola di Frasassi e in quella della Rossa; sono queste le uniche località ove cresce la specie, non solo delle Marche ma di tutto il mondo.
Le indicazioni per osservare la Moehringia papulosa anche nella Gola della Rossa e di Frasassi, gli altri due siti Marchigiani dove cresce.
Di seguito le immagini dell’escursione.
1- 3 – Le Marmitte dei Giganti viste dal ponte sul fiume Metauro234- Il ponte sul Fiume Metauro5- Un facile sentiero permette di scendere alle Marmitte6 – 7 -Le profonde Marmitte78 – La pianta alloctona invasiva Amorpha fruticosa o falso indaco originaria del Nordamerica che sta colonizzando anche l’entroterra delle Marche9 – 12 – Si prosegue fino al greto del fiume, facendo attenzione ai passaggi scivolosi10111213- Una Marmitta profonda solo qualche metro14- Nella Gola del Furlo è possibile ammirare, sulle pareti verticali della strada, la Moehringia papulose, pianta endemica delle Marche, la si ritrova solo nelle Gole di Furlo, Frasassi e della Rossa.15- Campanula tanfanii, endemismo dell’Appennino Centrale.16- Il Muscari tenuiflorum, altra pianta rara che si può osservare nei pendii rupestri della Gola del Furlo.17- Il Lago del Furlo con le sue pareti verticali18- Il cosiddetto “Chiavicotto”, forra laterale della gola convogliata nl fiume tramite un’opera idraulica di epoca Romana.19- Un tranquillo Airone Cinerino nelle acque del Lago del Furlo.
LA GROTTA DELLE FATE DEL MONTE SPINA DI GUALDO ED IL SENTIERO DELLA BATTAGLIA DI PIAN PERDUTO NELLA VALLE DELL’ACQUA GILARDA
La Valle dell’Acqua Gilarda è una vallata poco conosciuta a cui si accede da Gualdo di Castelsantangelo sul Nera.
Ho riportato nel 2019 un altro interessante itinerario in questa valle poco conosciuta:
In questo itinerario propongo la visita ad una piccolissima ma particolare cavità denominata in zona la “Grotta delle Fate” e la salita da Gualdo alla Spina di Gualdo e Madonna della Cona per un vecchio sentiero che veniva usato per salire al Pian Perduto prima dell’apertura dell’attuale strada carrozzabile e che, molto probabilmente, è stato usato dalle truppe di Visso per la storica battaglia del Pian Perduto contro i Norcini il 20 luglio 1522 : una battaglia provocata dalla contesa di un pascolo perduto da Norcia e conquistato da Visso e dalle sue Guaite di Ussita e Castelsantangelo.
Secondo il poema il casus belli , un antico poema popolare che secondo la tradizione sarebbe stato composto in ottave agli inizi del Seicento da Berrettaccia di Castelsantangelo, uno di quei pastori-poeti celebri per la loro capacità di comporre versi e di recitare a memoria interi poemi, sarebbe stato un certo Giorro che un giorno si recò in bosco per abbattere un faggio e impadronirsi del tronco. Sorpreso da un guardiano di Norcia che esige il pagamento di uno scudo minacciandolo di farlo rinchiudere in prigione, Giorro reagisce a suon di bastonate, per cui il guardiano fa ritorno a Norcia coperto di ferite, provocando l’ira e la sete di vendetta dei suoi concittadini che si armarono e decisero di marciare contro i Vissani, ma questi anche se inferiori di numero risposero con le armi in pugno, misero in fuga i Norcini e li costrinsero a rinchiudersi nel castello.
Dopo questa prima schermaglia, i Vissani chiesero di riportare indietro i loro feriti, ma furono maltrattati e bastonati dai Norcini. Tornati al loro campo, i Vissani fecero suonare le campane a stormo per radunare il popolo che era impegnato nei lavori agricoli. Accorsero al suono dei tamburi per unirsi ai soldati di Visso, guidati dagli uomini di Castelsantangelo, che avevano come condottiero Buzio, un uomo di aspetto fiero e spaventoso, figlio del Conte e con l’immagine dell’Arcangelo San Michele come insegna. Si unirono ai Vissani anche gli uomini di Ussita, che avevano come simbolo una volpe, insieme a quelli di Montemonaco e Montefortino.
Anche Norcia radunò uomini dalle sue contrade, guidati dal capitano Arbillo. I due eserciti si scontrarono con grande violenza sull’altopiano, in un bagno di sangue. I Norcini, desiderosi di sottomettere Visso e avendo abbondantemente mangiato e bevuto prima dello scontro, furono sconfitti, perdendo le armi e la loro bandiera. I Vissani ringraziarono i loro santi protettori per la vittoria ottenuta per cui il toponimo “Pian Perduto” si riferisce proprio al fatto che in questa battaglia Norcia perse la proprietà di questo piano che, ancora adesso, ricade nel comune di Castelsantangelo sul Nera.
Secondo la tradizione Giorro alla sua morte fu seppellito nei pressi della sommità del Monte della Spina.
Le due escursioni proposte possono essere effettuate nella stessa giornata vista la vicinanza.
ACCESSO PER LA GROTTA DELLE FATE: Per raggiungere questa piccolissima cavità conviene raggiungere in auto la Forca della Spina e parcheggiare nel piazzale antistante l’ex Hotel la Fiorita distrutto dal sisma del 2016.
DESCRIZIONE: Dal piazzale, con l’Hotel alle spalle, si entra nel bosco in corrispondenza di un piccolo edificio recintato, scendendo verso destra in direzione Sud per aggirare, dopo un centinaio di metri, lo spigolo Ovest del Monte Spina di Gualdo ed immettersi nel ripido bosco di questo ultimo versante e per proseguire in direzione Nordovest scendendo dalla quota dell’auto a 1340 metri fino a quota 1200 metri fino a delle rocce alle seguenti coordinate:
42° 52′ 27,9” N – 13° 10′ 26,3” E / 42.874417 – 12.173976
dove è presente un grande terrazzo roccioso con vista sul Monte Cardosa e dove si apre questa piccola cavità nella parete rocciosa, caratterizzata da uno stretto antro in cui prende posto una sola persona e che prosegue poi con uno strettissimo budello nelle viscere della montagna che meriterebbe una ulteriore esplorazione.
Non è possibile fare una descrizione dettagliata dell’itinerario di raggiungimento della cavità in quanto non è possibile lasciare segnali e nel bosco non ci sono punti di riferimento, anche noi l’abbiamo trovata con fatica ispezionando tutto il versante non avendo indicazioni precise.
Secondo alcuni sensitivi della zona, che ce l’hanno indicata, dalla cavità uscirebbe un forte flusso di energia tellurica, in effetti dal cunicolo di proseguimento esce un filo di aria fredda, nella piattaforma rocciosa posta davanti alla cavità ci sarebbero impresse, tra l’erba, delle forme di piccoli piedi, che la fantasia fa attribuire a leggende sulle frequentazioni di questa cavità da parte di fate dei Monti Sibillini.
Ovviamente riporto queste indicazioni così come ci sono state fornite senza commenti.
Per il ritorno si può salire in verticale nel bosco fino alla cresta del Monte Spina di Gualdo per scendere poi verso la Forca della Spina.
ACCESSO PER IL SENTIERO GUALDO-SPINA DI GUALDO: Si scende in auto dalla Forca della Spina alla frazione di Gualdo dove si parcheggia.
DESCRIZIONE: Da Gualdo si prosegue la strada sterrata che si immette nella Valle dell’Acqua Gilarda, si tralascia la deviazione a destra per la Valle di Corveto-Nocelleto e si prosegue per circa 1,2 chilometri fino a raggiungere una radura erbosa sulla sinistra, sovrastata da ampio canale ghiaioso, un centinaio di metri prima dei ruderi della chiesetta della Madonnella di Gualdo che si incontrano sulla destra di fianco alla strada.
Qui (351004,1 E – 4748101,7 N; 1075 m.) si nota una rampa erbosa delimitata da alcuni grandi massi caduti a valle dopo il sisma del 2016 dagli scogli superiori, che rappresenta l’inizio del vecchio sentiero per la Forca di Gualdo (foto n.18-19).
Prima di iniziare la salita del sentiero consiglio di dirigersi verso sinistra del vallone dove è presente un alto torrione di roccia dove alla sua base si aprono altre piccole cavità (foto n. 14-17) per poi ridiscendere alla base del ghiaione dove parte il sentiero proposto. Alla base del torrione una traccia di sentiero riporta verso Gualdo.
Si risale la rampa erbosa che si immette in breve all’interno di un bosco, nonostante il tracciato sia ampio e sembra una vecchia mulattiera le piante cresciute nel suo fondo rendono difficoltosa la salita, dopo circa 20 minuti il sentiero cambia versante attraversando un canale.
Dopo circa 40 minuti di ripida salita si esce dal bosco in corrispondenza di una radura, si continua ancora in netta salita su prato fino a raggiungere un caratteristico passaggio tra delle rocce, denominato Sasso Tagliato (351646,2 E – 47471648,8 N; 1325 m.; foto n.23-25).
Poco dopo il Sasso Tagliato, nel sentiero, sembra essere presente un tumulo di rocce dove la leggenda narra della sepoltura di una persona uccisa nella zona con tanto di un piccolo tesoro in monete o forse la stessa sepoltura di Giorro narrato nel poema indicato sopra (foto n.26).
Il sentiero quindi prosegue evidente a mezza costa su prato fino a raggiungere la strada poche centinaia di metri prima della Spina di Gualdo.
DISCESA: Per lo stesso itinerario oppure, una volta raggiunta la Spina di Gualdo si incontra più in basso, sulla curva del tornante finale, verso destra un sentiero che si addentra nel bosco, lo si prende e dopo circa 200 metri si incontra una deviazione verso destra che scende ripidamente nel bosco e che, in circa 30 minuti, permette di raggiungere il fondo della Valle dell’Acqua Gilarda dove si intercetta la strada sterrata di salita.
Con altri 30 minuti si raggiunge l’auto superando una captazione di acqua (Fonte delle Scentelle perché ci andavano a bere e pettinarsi le fate che frequentavano la grotta) e i ruderi della Madonnella.
1- Il bosco del versante Ovest del Monte Spina di Gualdo2- nel bosco sono presenti grandi vecchi faggi3 – 4 – e una vasta zona di alberi secchi, all’apparenza senza cause di valanghe o altro, forse attaccati da parassiti45- La rupe nascosta da alberi dove si apre la piccolissima cavità della Grotta delle Fate.6 – 8 – La Grotta delle Fate con il suo stretto cunicolo di proseguimento.789- Veduta del Monte Cardosa dal terrazzino roccioso prospiciente la grotta10- Il terrazzino della grotta11- Il Monte Pagliano posto di fronte alla grotta12- La Grotta Boccalarga già descritta in questo blog.13- Il fungo Tremella sabinae che cresce sui rami di ginepro.14- Il torrione roccioso posto nei pressi dell’inizio del sentiero per la Forca di Gualdo15 – 17 – Le piccole cavità presenti alla base del torrione.161718 – 19 – L’erboso inizio del sentiero per la Spina di Gualdo con i massi che lo indicano, nella radura della strada poco prima della Madonnella.1920 – 21 – La Madonnella distrutta dal sisma del 2016.2122- Anche nel sentiero che sale dalla valle dell’Acqua Gilarda alla Forca di Gualdo ci sono grandi faggi.23 – 24 – Il caratteristico passaggio oltre il bosco denominato Sasso tagliato2425- Il Monte Cardosa sullo sfondo e il Monte Spina di Gualdo sulla destra visti dal Sasso tagliato.26- Il sentiero continua a mezza costa nel prato verso la strada per la Forca di Gualdo. a sinistra quello che sembra un tumulo di una tomba sul terreno.27- 28 – La Valle dell’Acqua Gilarda con il sentiero che si intravede nel bosco a mezza costa al centro della foto.2829- Planimetria satellitare con il percorso per la Grotta delle Fate.30- Planimetria satellitare del vecchio sentiero della Valle dell’Acqua Gilarda.31- Planimetria della Valle dell’Acqua Gilarda con i due percorsi proposti in rosso, percorso di discesa in giallo.
MONTE NERONE: FONDARCA MONTE CATRIA: MADONNA DEL GROTTONE
Due escursioni in giornata nei monti della Provincia di Pesaro-Urbino: anche se con una giornata non molto luminosa, abbiamo raggiunto due siti di particolare interesse naturalistico situati a pochi chilometri tra di loro per cui effettuabili in successione.
Le due escursioni sono facili e adatte a tutti, sono raccomandate calzature adatte per ambienti umidi e scivolosi.
GRUPPO DEL MONTE NERONE: FONDARCA: Si raggiunge in auto il paese di Cagli quindi si prosegue in direzione di Secchiano e successivamente si raggiunge il paese di Pianello. Nel paese si prende la deviazione per Pieia che si raggiunge dopo una tortuosa e strettissima strada facendo molta attenzione ai veicoli che si possono incontrare. Raggiunto Pieia si parcheggia all’ingresso della piccola frazione dove si trovano le indicazioni per Fondarca che si raggiunge in venti minuti con comodo sentiero e ultima ripida salita.
Fondarca è un grande arco di roccia naturale rimasto dopo il crollo di una grande grotta di cui rimangono solo le pareti laterali.
Nella zona sono presenti altri numerosi sentieri riportati sulla cartografia della zona.
1- La frazione di Pieia da dove si parte per raggiungere Fondarca2- L’ingresso della Grotta delle Nottole, così chiamata per la secolare presenza di una numerosa colonia di pipistrelli di diverse specie, l’ingresso è vietato proprio per la salvaguardia delle specie.3 – 7- Il grande arco di roccia denominato “Fondarca” rimasto dopo il crollo della volta di una grande roccia.45678- Le pareti laterali della grotta crollata.9 -14 – La grotta rimasta intatta nella parte finale della vallata.101112131415 – 16 -L’arco di Fondarca visto dalla parte terminale della grotta15
GRUPPO DEL MONTE CATRIA: MADONNA DEL GROTTONE: Si raggiunge in auto il paese di Cagli quindi si prosegue in direzione di Frontone per continuare in direzione di Serra S. Abbondio, dopo circa 2 chilometri dal paese si incontra a destra una deviazione per la frazione di Petrara. Si prosegue su strada sterrata fino al termine oltre il qual si prosegue a piedi su un sentiero risistemato dopo la recente alluvione del 2022. Dopo circa 30 minuti di sentiero si raggiunge la grande Grotta contenente una statua della Madonna, denominata “Madonna del Grottone”. Proseguendo ancora si raggiunge il fondo della forra dove due cascate in successione chiudono la selvaggia valle.
1- La prima parte della strada sterrata per la Madonna del Grottone è stata distrutta dall’alluvione del 2022 ma il sentiero è stato ripristinato.2- Le condizioni del fosso dopo l’alluvione del 2022.3- La prima cascatina della forra.4 – 5 -Il Grottone 56- La storia della Madonna del grottone7 – 10 – Veduta dall’interno del Grottone891011 – 14 – Le cascate che chiudono la valle in una stretta forra.121314
MONTE ARGENTELLA – Canale Ovest da Pian Perduto per San Lorenzo.
Nonostante l’inverno avaro di neve, il 20 aprile 2024, in condizioni pienamente invernali con tanto di nevicata a tratti, abbiamo completato le salite delle creste e canali del Monte Argentella salendo il canale Ovest partendo dal Pian Perduto passando per il San Lorenzo, con un percorso di circa 10 chilometri andata e ritorno e 900 metri di dislivello.
La salita del canale Ovest è facile, prettamente invernale, anche questa non è riportata in bibliografia ed è consigliata a chi ha superato la fase propedeutica con la montagna invernale e vuole iniziare ad approcciarsi con salite più ripide.
Il canale, oltre il bosco di San Lorenzo, nella prima parte è caratterizzato da una strettoia con una parete rocciosa laterale molto liscia per poi allargarsi di più man mano che si sale fino a diventare un ripido pendio con pendenze costanti tra i 40 e i 45°.
ACCESSO: Si raggiunge in auto il Pian Perduto di Gualdo di Castelsantangelo e si parcheggia in una delle aree di sosta di lato alla strada.
DESCRIZIONE: Dalla strada si attraversa a piedi tutto il Pian Perduto in direzione Nordest verso la Portella del Vao che permette di immettersi nella Valle di San Lorenzo, dopo circa 40 minuti e 3 chilometri di prati si raggiunge la Fonte di San Lorenzo.
Dalla Fonte si prosegue il vallone erboso a monte in lieve ma costante salita in direzione dell’evidente canale Ovest del Monte Argentella fino alla strettoia rocciosa caratterizzata da un’alta parete verticale a destra. Si prosegue nel canale che subito si impenna, la prima parte del canale è caratterizzato da sponde rocciose che si allargano man mano che ci si innalza.
Si supera il sentiero che taglia il pendio, in piano, proveniente dalla Capanna Ghezzi, e si prosegue sempre dritti nel canale che diventa meno inciso per trasformarsi in un ripido pendio con pendenze costanti di 40-45 gradi fino a raggiungere l’Antecima Ovest del Monte Argentella.
Dall’Antecima si discende un po’ per poi risalire e con altri 400 metri si raggiunge la cima del Monte Argentella, a 2175 m.
DISCESA: Dalla cima del Monte Argentella si può scendere rapidamente dirigendosi in direzione del Monte Palazzo Borghese per prendere il Canale di San Lorenzo situato verso Nordovest sotto alla Anticima Ovest.
Di seguito le immagini della salita.
1- Il Laghetto del Pian Perduto.2- Superata la Portella del Vao ci si immette nella valle di San Lorenzo, in alto il canale Ovest del Monte Argentella.3 – L’inizio del canale a monte della Fonte di San Lorenzo ed inizia a nevicare.4 – 5 – La strettoia del canale con la caratteristica verticale parete laterale.56 – 11 -Superata la strettoia si prosegue nella prima parte del canale caratterizzato da sponde rocciose.789101112- Quindi si raggiunge il sentiero che proviene in piano da Capanna Ghezzi.13- E si continua nel canale che si allarga man mano si sale.14- Il Monte Prata sullo sfondo al centro.15- Il pendio canale con l’uscita ancora molto in alto.16- Troviamo anche neve dura per un buon tratto.17 – 18 -Si prosegue su pendio costante a 45 gradi.1819- Il Piano Grande e Castelluccio20- Riprende a nevicare21 – 24 -L’ultimo tratto di ripida salita prima dell’anticima Ovest.22232425- L’uscita sull’anticima Ovest del Monte Argentella.26- Proseguiamo verso la cima del Monte Argentella.27- Il Monte Palazzo Borghese ed il Sasso di Palazzo Borghese si intravedono tra la nebbia.28- In cima.29 – 30 – La rapida e facile discesa nel canale di San Lorenzo3031- I boschi di faggio del San Lorenzo con le foglie, un forte contrasto.32 – 33 – I pendii ovest del Monte Palazzo Borghese 3334- Il ritorno verso il Pian Perduto per la Portella del Vao.35- L’itinerario proposto visto dalla Fonte di San Lorenzo36- Tuti gli itinerari estivi ed invernali della conca del San Lorenzo.
CAMPO IMPERATORE – La fioritura di primavera.
A primavera, a seconda dell’innevamento, Campo Imperatore, nel gruppo del Gran Sasso, offre una vasta e coloratissima fioritura di diverse specie botaniche.
Saliti in auto da Fonte Cerreto fino all’incrocio Campo Imperatore – Castel del Monte, abbiamo proseguito a piedi fino allo splendido lago Pietranzoni dove si riflette il Corno Grande.
Per concludere la giornata nel pomeriggio abbiamo visitato Castel del Monte, Rocca Calascio e Santo Stefano di Sessanio, splendidi paesini del meraviglioso Abruzzo.
Di seguito le immagini dell’escursione del 7 aprile 2024.
1 – 4 – Fioritura di Crocus vernus subsp.vernus a Campo Imperatore2345- Il Lago Pietranzoni, quest’anno in carenza d’acqua vista la scarsità di neve.6 – 10 – Il Corno Grande si specchia nel Lago Pietranzoni.7891011- Zoom sul Corno Grande, versante Sud.12- Draba aizoides.13- Viola eugeniae14- Scilla bifolia15- Estesa fioritura di Scilla bifoliae16- Gagea lutea17- Ranunculus ficaria18- Crocus vernus subsp. vernus19- Viola eugeniae20- Il Monte Brancastello21- Le Torri di Casanova22- Il versante Ovest del Monte Prena23- Il versante Sud del Monte Prena.24 – Il versante Sudovest del Monte Camicia.25- Il versante Nordovest del Monte Camicia.26- Il Corno Grande visto dal Canyon di Campo Imperatore27- Il Monte Bolza a sinistra ed il Corno Grande sullo sfondo.28- Il Monte Bolza visto da Castel del Monte.29- Rocca Calascio visto da una piccola grotta nei pressi della strada da Castel del Monte.30- Rocca Calascio.
Vedute dalle finestre di Rocca Calascio
31- Il Corno Grande32- Il Monte Bolza33- La Majella34- Il Monte Camicia35- Il Monte Prena.36- La Vetta Orientale del Corno Grande.37 – 38 – Il Monte Camicia ed il Monte Bolza.3839- Castel del Monte40- Monte Brancastello – Torri di Casanova – Monte Prena.41- Rocca Calascio
IL COMPLESSO DELLE GROTTE DI ABETO – PRECI
Sulle pendici Ovest della Montagna di Civita, a circa 2 chilometri dalla frazione di Fiano di Abeto, nel comune di Preci e a circa 500 metri dal confine del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, in una scarpata della strada si aprono queste interessanti grotte.
Denominate “complesso delle Grotte di Abeto”, sono 7 cavità naturali fortemente rimaneggiate dall’uomo nell’antichità, come ben osservabile dall’ingresso della Grotta A che assomiglia ad una vera e propria tomba dotata di una enorme pietra fungente da architrave e dalle Grotte C e F che presentano dei vani interni opposti decisamente scavati a mano che sembrano dei siti sepolcrali paleocristiani.
Al loro interno anni fa sono stati anche trovati manufatti preistorici.
ACCESSO: Facilissimo, da Norcia si percorre la Strada Provinciale 476/2 in direzione di Preci. Dopo circa 4 chilometri in salita, giunti all’incrocio per Abeto-Todiano, si gira a destra per la strada Provinciale 475.
Dopo circa 2 chilometri, in vista di Fiano di Abeto e della sottostante bellissima valle coltivata, si incontra una strada sterrata sulla destra dove si parcheggia.
In teoria le cavità sono raggiungibili anche in auto ma poi si trova difficoltà a parcheggiare nei pressi.
Dall’incrocio si prosegue la strada sterrata in piano per circa un chilometro fino alle grotte che si aprono sulla scarpata destra della stessa strada.
Per individuare le 7 cavità si consiglia di partire dall’ultima che si incontra, che è la Grotta A in quanto le cavità H e I sono dei semplici saggi di scavi ormai riempiti di detrito e di difficile riconoscimento. Come visibile dai rilievi di seguito allegati, hanno ingressi, forme, profondità ed altezze molto diverse.
In alcune si entra strisciando, in altre ci si può stare anche in piedi, il loro fascino è legato proprio a questa variabilità che presentano.
Sono facilissime da raggiungere ed esplorare, non richiedono attrezzatura ad esclusione di un caschetto e di una frontale e possono essere visitate da chi vuole iniziare un approccio con il meraviglioso mondo sotterraneo.
Vista la brevità del percorso e la vicinanza con la Grotta di Patino, già descritta nel presente blog, si consiglia di accoppiare le due escursioni in giornata con un breve spostamento in auto.
Di seguito le immagini delle 7 grotte:
1 – 5 -Le grotte si aprono direttamente sulla scarpata della strada.2345
LA GROTTA “A”
6- Il meraviglioso ingresso di questa grotta provvista di una gigantesca pietra che funge da architrave, sembra proprio di immergersi in una antica tomba.78
LA GROTTA “B”
910
LA GROTTA “C”
11121314
LA GROTTA “D”
15161718- La grotta presenta anche una finestra esterna19- La finestra vista dall’esterno
LA GROTTA “E”
202122
LA GROTTA “F”, la più ampia e alta, dotata di 6 cavità laterali parallele.
2324252627- Una faglia interna che separa la giacitura orizzontale degli strati a destra da quella verticale degli strati a sinistra. 282930
LA GROTTA “G”
313233343536 – 37- Le grotte sono abitate dalla tipica fauna delle cavità ipogee quali ortotteri caratteristici.3738- E chiaramente anche da Chirotteri.39- Alcuni frammenti di terracotta ritrovati al loro interno di cui quello a sinistra ricoperto di incrostazioni calcaree e quella a destra in particolare con tracce di vernice nera all’esterno stile bucchero,
LA SALAMANDRINA DI SAVI
Scomparsa per diverso tempo da un sito di cui non rivelo l’ubicazione per salvaguardare la rara specie dove l’avevo trovata tempo fa, a seguito di una sistemazione di una strada di montagna apparentemente inutile nel gruppo Nord dei Monti Sibillini, fortunatamente è ritornata nel suo habitat la Salamandrina di Savi.
La salamandrina dagli occhiali settentrionale (Salamandrina perspicillata Savi), detta anche salamandrina di Savi, è un anfibio caudato della famiglia Salamandridae, molto simile alla Salamandrina terdigitata, dalla quale è stata separata nel 2005 in base a studi genetici.
La Salamandrina di Savi presenta testa piuttosto lunga ed occhi sporgenti, coda più lunga della testa e del corpo, parti superiori brunastre o nerastre con macchia più o meno triangolare sul capo gialla o vermiglia, ventre pallido con macchie scure, gola nera e parti inferiori delle zampe e della coda degli adulti rosso brillante. Gli adulti misurano dai 7 agli 11 cm di lunghezza, coda compresa. Il carattere distintivo rispetto agli altri urodeli europei è la presenza di quattro dita sulle zampe (anziché 5).
È endemica dell’Italia a nord del fiume Volturno, più frequente sul versante tireenico. A nord è diffusa fino in Liguria. Frequenta principalmente zone montuose e collinari degli Appennini, solitamente tra i 200 m e i 900 m di altitudine.
Vive in aree forestali con abbondante sottobosco solcate da ruscelli privi di ittiofauna predatrice.
Nonostante la protezione formale, questo anfibio risulta essere minacciato da una gestione non corretta degli habitat naturali (alterazione degli ecosistemi forestali, estese ceduazioni lungo impluvi e vallecole, captazioni senza rilascio del minimo deflusso vitale, rilascio di ittiofauna aliena, attività escursionistiche estreme come il torrentismo, ecc.
1 – 3 La Salamandrina di Savi23
L’habitat di forra umida dove vive la Salamandrina di Savi.
PENNADOMO: Cascata, Placche dell’Oasi e arrampicata.
Avevamo scoperto l’incredibile paese di Pennadomo, in Provincia di Chieti, a Novembre del 2023 ma ci ha colpito così tanto che siamo ritornati in 21, tutti appassionati delle bellezze di questo pianeta, ed abbiamo raggiunto prima la forra e la cascata poi siamo saliti alle Placche dell’Oasi quindi ci siamo cimentati in una arrampicata al tiepido sole di inizio primavera.
Infine al ritorno abbiamo fatto una visita anche a Roccascalegna ed al suo castello.
Di seguito le immagini della splendida giornata in compagnia di tanti amici (foto di Elia, Gilberto, Romina).
LA FORRA E LA CASCATA
LE PLACCHE DELL’OASI
ARRAMPICATA A CIMA FUMOSA: Vie: “MAMMINA”: 5a – “PAPINO”: 5b
GIANLUCA (Il sottoscritto con scarpette da trekking)
LORENZO
GILBERTO
GIULIA
Giulia in arrampicata e i fotografi in azione: Elia e Romina.
MICHELE (anche lui in scarpette da trekking)
PAOLO
Roccascalegna
VALLE SCAPPUCCIA – Genga
La Valle Scappuccia è situata a Nord di Genga, è compresa all’interno del Parco Naturale Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi in provincia di Ancona, l’area è delimitata dal Monte Picco, dal Monte Termine e dal Monte Piano.
Oltrepassato il borgo di Genga in direzione Arcevia (SP15) si incrocia prima la frazione Capolavilla, poi all’incirca al km.18 della SP15 si arriva ad un tornante a destra dove è presente della segnaletica CAI e cartellonistica del Parco della Gola della Rossa. Si parcheggia di lato alla strada.
E’ anche possibile arrivare alla Valla Scappuccia passando per la frazione Capolavilla oppure, anche direttamente dal borgo di Genga prendendo il sentiero del Papa quindi superando la frazione Monticelli e proseguendo su sentiero ben segnalato.
La valle è attraversata dal torrente Scappuccia che forma una forra piuttosto stretta e sinuosa ed è caratterizzata da una molteplice varietà di ambienti e quindi aspetti vegetazionali condizionati dal substrato, dall’esposizione, dall’altitudine e dalla presenza dell’acqua.
Nelle pareti rocciose della valle si ritrova la rara Ephedra nebrodensis e nidificano diverse specie di Falchi.
L’escursione è facilissima, si percorre la piccola forra entrando nella maestosa grotta di ingresso e si prosegue poi su ampi boschi.
Di seguito le immagini dell’escursione:
1 – 2 -L’ingresso della grotta-forra.23- L’ingresso con la strada di raggiungimento.4 – 5- La parte iniziale della forra con il torrente.56 – 13 – Quindi la forra si trasforma in una grande caverna-tetto.7891011121314 – 15- L’uscita della forra vista dall’alto1516- L’ingresso della forra da monte17 – 18 – I torrioni di roccia della valle dove nidificano diverse specie di falchi.18