LE CASCATELLE DEGLI SCIANCI E LA GROTTA DEL TASSO – IL SENTIERO DE “LA PRESA” Due brevi itinerari intorno a Montemonaco.

Per concludere una giornata di escursione in cui si attraversa in auto il territorio comunale di Montemonaco propongo due brevi itinerari poco conosciuti.

LA CASCATA DEGLI SCIANCI E LA GROTTA DEL TASSO – LE “LAME ROSSE” di Isola: Da Montemonaco si prosegue in auto in direzione del M. Sibilla-Isola S. Biagio, si supera la deviazione per il Rifugio Sibilla e la frazione di Isola e si prosegue per la frazione di Colle Regnone fino ad incontrare una deviazione in discesa verso destra che conduce a le Cese. Si scende in auto fino al primo tornante dove si parcheggia e si prosegue a piedi sul tratturo sottostante (foto n.1) con cartello indicante le Cascatelle. Dopo circa 200 metri un secondo cartello indica di salire nel bosco a destra ed in breve si raggiungono le Cascatelle degli Scianci, la Grotta dell’Orso si trova salendo ancora un po’ sopra le cascatelle e rimane piuttosto nascosta (foto n.7). L’itinerario è facilissimo ed adatto a tutti.

Al ritorno dalle cascatelle nel tratturo si nota a sinistra un sentiero che sale verso un rimboschimento a pini, faticosamente si guadagna quota costeggiando un ampio canalone dove alla sua sommità di trovano dei caratteristici torrioni di conglomerato bianchi e rossi denominate localmente “Lame Rosse” anche se molto più piccoli e ben diversi dalle più conosciute Lame Rosse della Valle del Fiastrone. Si può raggiungere la base di questi torrioni attraversando faticosamente il canalone detritico su breccia molto scivolosa e folta vegetazione, questo itinerario invece è adatto ad escursionisti con un po’ di esperienza in più.

IL SENTIERO DE “LA PRESA” : Da Montemonaco si scende in direzione di Foce, superata la frazione di Rocca si prosegue fino al restringimento della valle dove è presente una nota sorgente che esce da un tubo conficcato nella roccia, si parcheggia di lato cinquanta metri prima in corrispondenza di un lungo parapetto in pietra sopra il quale è presente un rimboschimento a pino e un alto traliccio di ferro (foto n.18), qui una traccia sale nel bosco dapprima verso destra per poi ripiegare nettamente in salita verso sinistra fino a condurre, in 10 minuti, sotto a delle pareti dove parte una cengia con una galleria in lontananza. Si prosegue nel tracciato in piano con un panorama aereo sulla valle di Foce e sulla strada sottostante fino alla terza galleria oltre la quale non vale più la pena proseguire. L’itinerario è adatto a chi non soffre di vertigini.

Di seguito le immagini delle due escursioni proposte

LE CASCATELLE DEGLI SCIANCI , LA GROTTA DEL TASSO E LE LAME ROSSE

1- Il tornante sotto a Colle Regnone dove parte il tratturo per le Cascate degli Scianci e la Grotta del Taso.
2- 5 – La cascatella degli Scianci buca un potente banco di Travertino.
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6- La cascatella vista da sopra.
7- Sopra la cascata, nella parete di destra, si apre la Grotta del Tasso, non facilmente visibile.
8 – 11 – La Grotta del Tasso, con un ingresso molto stillicidioso.
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12- All’interno della grotta è presente un a sorgente che esce da un foro nella parete.
13- Le “Lame Rosse” di Isola San Biagio.
14 – 16 – Le Lame Rosse sono torrioni costituiti da breccia bianca e rossastra
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17- Le Lame Rosse e il Monte Banditello sulla sinistra

IL SENTIERO DE “LA PRESA” DI FOCE

18- Il punto di salita al sentiero de La Presa, poco prima ella sorgente sulla strada.
19- Il sentiero de “La Presa” si snoda con tre gallerie in quota sopra alla strada che conduce a Foce.
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22- La strada proprio sotto ai piedi.
23- La seconda galleria
24 – 25 – La terza galleria
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26- la terza galleria e la strada per Foce.
27- La terza galleria con un grande albero all’uscita
28- Per concludere, una curiosità geologica, una immagine dal Piano della Gardosa, veduta verso Sud nella Valle di Pilato con il suo caratteristico profilo glaciale ad “U”.
29- Nello stesso punto girando le spalle verso Nord, verso il Monte Sibilla, la valle prosegue con il profilo fluviale a “V”.



CASTELLUCCIO: L’altra fioritura – foto notturne con luna piena e in luce UV.

La notte del plenilunio del 21 giugno sono uscito a fare delle foto alla fioritura dei campi coltivati di Castelluccio.

Ormai le immagini diurne della fioritura sono banali, anche perché ogni anno, forse a causa dei cambiamenti climatici, sta diminuendo di intensità, per cui ho pensato di fare una cosa diversa, foto notturne con la luna piena e in luce UV di una lampada artificiale, di seguito le prove che ho fatto.

L’unico inconveniente è stato che la luna piena era offuscata dall’aria sahariana con sabbia del deserto in sospensione che diffondeva troppo la luce e quindi ha reso le immagini nebbiose, poco nitide.

1 – 4 -campi fioriti prima del tramonto
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5 – 6- Papavero (Papaver rhoeas)
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7 – 8- Fiordaliso (Centaurea cyanus).
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9 – 10- Papavero in luce Ultravioletta
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12 – 14 – Fiordaliso in luce Ultravioletta
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15- Capsula di papavero in luce Ultravioletta
16- La fioritura in luce artificiale
17 – 18- La fioritura in luce lunare, sullo sfondo il paese di Castelluccio.
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19 – 20- La Cima del Redentore in luce lunare
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21- La luna piena non si riesce a distinguere a causa della diffusione causata dalla sabbia del deserto in sospensione nell’aria (Scattering), risalta la mia auto, compagna fedele delle mie avventure.



MONTE ACUTO E PIZZO TRE VESCOVI

Finalmente oggi, 22 giugno 2024, dopo giorni di afa e aria del deserto, una giornata limpida ci ha regalato la possibilità di una bella e facile escursione.

Dalla Pintura di Bolognola abbiamo raggiunto la Forcella del Fargno percorrendo la strada chiusa al traffico veicolare per poi salire al Monte Acuto (Pizzo Senza Nome in alcune carte o erroneamente Pizzo Acuto) e successivamente al Pizzo Tre Vescovi per il sentiero del versante Nord.

Quindi siamo scesi alla Forcella Angagnola e raggiunto l’Antecima Nord del Pizzo Berro per ritornare alla Pintura di Bolognola passando per il Rifugio del Fargno, per una lunghezza di 16 chilometri e 700 metri di dislivello.

Questa escursione, che faccio almeno due o tre volte l’anno, in tutte le stagioni, per me oggi ha avuto un fascino particolare perché esattamente 45 anni fa fu la mia prima uscita oltre i 2000 metri nei Monti Sibillini. La cima di Monte Acuto è una delle poche cime dei Monti Sibillini che da in pieno la sensazione di stare in alta montagna probabilmente perché è un terrazzino lungo 30 metri e largo alcuni metri sospeso in aria, tutti i pendii della cima sono estremamente ripidi. Ogni volta che salgo lassù rivivo le stesse sensazioni di quando sono salito la prima volta, è un po’ come salire su una macchina del tempo che mi riporta 45 anni indietro. La montagna non è cambiata, è sempre la stessa, del resto 45 anni di tempo geologico non sono nulla, solo qualche segno del terremoto in lontananza sulle pareti del M.Bove Nord ma del resto tutto è come sempre, gli stessi fiori, gli stessi canti di uccelli, dei grilli, gli stessi profumi. Chiudo gli occhi e mi sembra di ritornare ragazzo poi mi rendo conto che per me sono passati gli anni e non sono più quel ragazzo, dentro e fuori. Delle volte vorrei ritornare alla prima volta in modo da cambiare quello che non è andato come volevo nella mia vita ma ormai è l’inevitabile scorrere lento del tempo.

Di seguito le immagini dell’escursione

1- Una rosa canina in piena fioritura ci accoglie nella Valle del Fargno, in lontananza a sinistra il Monte Acuto, a destra la Cima di Costa Vetiche.
2- Farfalline della specie Zygaena affollano una scabiosa
3- e su una orchidea Anacamptis pyramidalis
4- Gruppo con varie tonalità di colore di Anacamptis pyramidalis
5- Tafano con “occhi” verdi.
6- Cavolaia su Linaria purpurea
7- Armeria canescens conn lo sfondo del Monte Bove Nord
8- Culbianco
9- Il sentiero che sale dalla Forcella del Fargno al Monte Acuto e Pizzo Tre Vescovi.
10- Il Pizzo Tre Vescovi visto dalla paretina di accesso al Monte Acuto.
11- Il mio amico non se la sente di salire il tratto più ripido per il Monte Acuto, sullo sfondo il Rifugio del Fargno.
12- Il Monte Rotondo e la Croce di Monte Rotondo a sinistra visti dalla cima del Monte Acuto.
13- La strettissima cima del Monte Acuto.
14- Il Pizzo Regina (M.Priora) ed il Pizzo Berro a destra con il verde bellissimo del versante Est del Pizzo Tre Vescovi.
15- Il Pizzo Tre Vescovi ed il Pizzo Berro a destra.
16- Dianthus carthusianorum nsulla cima del Monte Acuto.
17- Il Monte Acuto visto dal Pizzo Tre Vescovi, a destra il Monte Castel Manardo.
18- Il Monte Bove Nord
19- La Val di Panico ed il Monte Bove Sud.
20- Il Pizzo Berro visto dal Pizzo Tre Vescovi.
21- La croce di Pizzo Tre Vescovi vista dalla cresta che scende diretta verso il Rifugio del Fargno ma adatta solo ad esperti
22- Le pareti rocciose della cresta Sud del Pizzo Tre Vescovi ospitano una delle poche stazioni della rara Saxifraga porophylla
23- Il Monte Bove Nord emerge dalle rocce della cresta Sud.
24- Il Monte Bove Nord con un Atadinus pumilus (Rhamnus pumila) sulle rocce in primo piano la cui foto di 30 anni fa è presente a pagina 114 del mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI”-
25- Saxifraga exarata subsp. ampullacea, caratteristica specie delle rocce.
26 -27 – Il Pizzo Berro e la Forcella Angagnola.
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28- Le curiose formazioni rocciose della cresta Sud del Pizzo Tre Vescovi.
28- Il Pizzo Regina, versante Nord.
29- Il Monte Rotondo e fioritura di Eliantemi in primo piano alla Forcella Angagnola.
30- La Forcella Angagnola e l’Antecima Nord del Pizzo Berro, il bellissimo prato verde in primo piano mi ricorda una etichetta adesiva che andava di moda anni ’90 con la scritta “L’erba dei Sibillini è più verde”.
31 – 31 – Le rocce della Forcella Angagnola con il Pizzo Tre Vescovi.
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33- veduta verticale dalla Forcella Angagnola sul Casale Rinaldi nella testata della Valle dell’Ambro.
34- Saxifraga callosa con lo sfondo del Monte Bove.
35- Il Pizzo Regina visto dalla Forcella Angagnola.
36- L’Anticima Nord del Pizzo Berro vista dalla Forcella Angagnola.



CAMOSCIARA E VAL FONDILLO – PNALM

Una escursione alla Camosciara e alla Val Fondillo , nei pressi del Lago di Barrea, nel Parco Nazionale Abruzzo-Lazio -Molise, regala sempre molte emozioni sia per i paesaggi che per la flora e la fauna.

In particolare le due valli sono due delle poche stazioni dell’ Appennino della rarissima orchidea Cipripedyum calceolus, un’altra stazione la si ritrova sulla Maiella e poi solo nell’arco alpino.

Di seguito le immagini delle due escursioni fatte con Romina, Lucia e Massimo.

1- Il monte Marsicano visto dall’ingresso della Camosciara
2 – 4 – Il Cipripedyum calceolus che fiorisce nell’Appennino solo nella Camosciara e Val Fondillo.
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5 – 6 -La cascata delle tre cannelle
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7- La orchidea saprofita Neottia nidus avis
8- Un’altra rara orchidea, la Corallorhiza trifida
9- La endemica esclusiva della Camosciara è la rarissima Pinguicula vallis regiae che cresce nelle rupi stillicidiose.
10- Salendo dalla cascata delle tre cannelle verso il Rifugio Belvedere della Liscia si incontrano alte splendide cascate.
12- La foresta della Camosciara
13- L’Eriophorum latifolium.
14- La Foresta della Camosciara salendo verso il Belvedere con faggi altissimi
15 – 16 – Cervo maschio tranquillamente al pascolo vicino al Lago di Barrea.
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17 – 18- Cerva femmina e cerbiatto nei pressi dell’abitato di Barrea ad un centinaio di metri dal nostro albergo.
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19 – 20 – Il Lago di Barrea al tramonto
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21- Strana forma di Ophrys apifera alla Val Fondillo
22- Dactylorizha fuchsii
23 – La grotta delle Fate alla Val Fondillo
24 – 25 – La Foresta Vetusta della Val Fondillo con Faggi secolari.
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26 – Campanula fragilis subsp. cavolini nei muri di Aielli insieme a tanti murales.



IL SENTIERO DELLE ACQUE – PIEVETORINA

Il sentiero delle acque è un percorso che si snoda praticamente in piano lungo un torrente, da Pievetorina fino alla frazione di Fiume, con visita al ponte romano, l’Eremo dei Santi e il Mulino ad acqua, oltre alle cascate, molto conosciuto di recente anche se non particolarmente entusiasmante.

E’ adatto alle famiglie con bambini in quanto presenta dei percorsi sensoriali mentre l’interesse naturalistico si concentra solo nella parte finale in corrispondenza delle cascate e delle vasche termali anche se di termale non hanno nulla in quanto non ci sono sorgenti calde o di acque saline ma sono semplicemente delle cascate di acqua molto calcarea che, tramite la presenza di muschi del genere Eucladium e Palustriella, formano delle colate travertinose, come in molti altri luoghi dell’Appennino.

Infatti, al contrario di conosciuti siti termali quali Saturnia e Bagni San Filippo, dove le vasche termali, per l’alta temperatura e salinità, sono senza alcuna vegetazione, queste cascate sono ricoperte dei sopraddetti muschi.

Raggiunto il ponte romano si può abbinare la visita all’Eremo dei Santi o di Sant’Angelo di Prefoglio, del XII secolo, situato oltre il ponte, più a monte e dopo aver oltrepassato la strada che collega Pievetorina con Fiume.

Il sito è stato lesionato dal terremoto del 2016, completamente abbandonato a se stesso, è possibile entrare in quanto le porte dell’eremo e dei locali adiacenti sono tutte aperte e con finestre rotte e con totale assenza di segnaletica di divieto o di pericolo.

Forse qualcuno dovrebbe intervenire per la protezione del sito, abbiamo cercato di bloccare la chiusura della porta della chiesa per evitare l’ingresso ai visitatori meno esperti (bambini).

L’eremo è stato costruito inglobando una grotta, non censita nel Catasto delle Grotte della Regione Marche, lunga oltre 30 metri che si apre sulla parete a ridosso dell’eremo.

Interessante è che all’interno della grotta abbiamo trovato la presenza di una coppia di Geotritoni (Speleomantes italicus), anfibio alquanto raro e che ormai, vista la non più frequentazione religiosa dell’eremo, si sta appropriando del suo ambiente.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1 – 2 -La maggio parte dell’itinerario costeggia un torrente di scarso interesse.
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3 – 4 -Uno strano pioppo che trasuda acqua da una lesione della corteccia.
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5- Una piccola cicalina
6- Il Ponte Romano e l’Eremo in alto.
7 – L’Eremo di Sant’Angelo in Prefoglio, con porte aperte e finestre rotte ed assenza di segnaletica di divieto o pericolo.
8- La lapide posta sulla parete anteriore dell’Eremo.
9- La descrizione della storia dell’Eremo.
10 – L’interno dell’Eremo.
11 – La statua dell’Arcangelo Michele
11- La Grotta si apre sul fondo della chiesa, oltre l’altare
13- L’altare
14- La grotta si apre oltre il muro dell’altare
15 – 18 – L’interno della lunga grotta
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19 – 20 – la coppia di Geotritoni scoperti dentro la grotta.
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21 – 27 – Poi ci siamo divertiti a fotografare le Damigelle (Calopteryx) in volo sopra al torrente
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28- Felci nella sponda Nord del torrente
29 – 32 -Le cosiddette “vasche termali” di travertino ricoperte di muschi del genere Eucladium e Palustriella.
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33 – 36 -Le cascate di Sant’Angelo di Prefoglio
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37 – Un curioso torrione nei pressi della deviazione cascate – Fiume.
38- 39 -Il Mulino ad acqua di Fiume.
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LA FIORITURA SPONTANEA DEL PIANO GRANDE

Verso la metà di Maggio i prati del Piano Grande di Castelluccio, nella zona verso il Fosso Mergani, si colorano di strisce di giallo e bianco grazie alla fioritura primaverile e pressoché sconosciuta della flora spontanea, costituita principalmente da Ranuncoli, Tulipani gialli (Tulipa australis) e Narcisi (Narcissus poeticus).

Questa fioritura non ha nulla a che fare con la più conosciuta ed appariscente fioritura estiva dei campi coltivati intorno alla collina di Castelluccio, che si sviluppa intorno ai primi di luglio, costituita principalmente da Senape selvatica (gialla), Papaveri rossi, Fiordalisi blu e margherite bianche, specie legate esclusivamente alle coltivazioni, e che ormai, essendo troppo fotografata, sta perdendo il suo fascino, ricordo che la famosa Lenticchia di Castelluccio ha fiori bianchi piccolissimi e non porta alcun contributo alla fioritura estiva.

Non troverete mai infatti alcun Fiordaliso o Papavero fiorito verso il Piano Grande dove si effettua solo lo sfalcio dell’erba ma nessuna coltivazione.

Poi se arrivate al mattino presto quando ancora non si è dissolta la nebbia che si forma spesso nel Piano Grande, si possono osservare le meravigliose opere d’arte della natura, le ragnatele, trasformate in altrettante meravigliose collane di rugiada.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- I campi coltivati sono alla collina di Castelluccio e i residui della nebbia notturna.
2 – 8 -Ragnatele trasformate in collane di perle dalla rugiada notturna.
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9- Uno stelo d’erba trasformato in un palo di collegamento
10- Un seme di Tarassaco intrappolato in una ragnatela.
11 – 16 – La fioritura spontanea primaverile del Piano Grande
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17 – Gli artefici della fioritura primaverile : Tulipa australis
18 – 19 – Gli artefici della fioritura primaverile : Narcissus poeticus
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20 – Gentiana utriculosa
21 – 22- Gli artefici della fioritura primaverile : Bistorta officinalis
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23- Orchis morio
24 – Ragnatele di ragni acquatici nei laghetti del Piano Grande
25- Uno dei diversi laghetti temporanei del Piano Grande, il giorno della foto pullulavano di millimetrici Nauplii di Chirocephalus diaphanii.
26- I campi coltivati di Castelluccio con le prime fioriture di Sinapsi arvensis, anticipa la fioritura estiva di Papaveri e Fiordalisi.



LE MARMITTE DEI GIGANTI E LA GOLA DEL FURLO

Facile gita per osservare le meraviglie naturalistiche delle montagne del Nostro Appennino, caratterizzate da profonde gole e forre rocciose.

MARMITTE DEI GIGANTI:

Si raggiunge in auto il paese di Fossombrone (PU) e si prosegue prendendo le indicazioni per la Via Marmitte dei Giganti, raggiunto il ponte si parcheggia oltre e si prosegue a piedi la via e quindi il sentiero in discesa di deviazione per scendere al fiume Metauro.

Le Marmitte dei Giganti sono profonde depressioni a forma di pozzo nelle rocce, che nascono dall’erosione fluviale nelle località che erano ricoperte da ghiacciaio. Molto più ampie di quelle che ho già segnalato nel torrente Fluvione nell’Ascolano nell’articolo “Torrente Fluvione – Forre e Mulini”, sono davvero spettacolari.

GOLA DEL FURLO:

Dopo questa breve escursione consiglio di fare una passeggiata nella Gola del Furlo, distante pochi chilometri dalle Marmitte in direzione Acqualagna, formata dal fiume Candigliano, affluente del Metauro, percorrendo a piedi la strada che costeggia il lago per vedere la stretta gola, il Chiavicotto di epoca Romana e la Grotta del Grano.

Per gli appassionati di botanica, oltre alle particolarità paesaggistiche della zona, nelle pareti verticali della Gola del Furlo si può anche ammirare la Moehringia papulosa, specie endemica delle gole calcaree dell’Appennino marchigiano. È stata rinvenuta per la prima volta nella Gola del Furlo e successivamente nella Gola di Frasassi e in quella della Rossa; sono queste le uniche località ove cresce la specie, non solo delle Marche ma di tutto il mondo.

Ho riportato, nel Giugno del 2020, nell’articolo:

ESCURSIONI BOTANICHE IN APPENNINO.

ASCENSIONI CLASSICHE DAL 2018 AD OGGI GIUGNO 14, 2020

Le indicazioni per osservare la Moehringia papulosa anche nella Gola della Rossa e di Frasassi, gli altri due siti Marchigiani dove cresce.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- 3 – Le Marmitte dei Giganti viste dal ponte sul fiume Metauro
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4- Il ponte sul Fiume Metauro
5- Un facile sentiero permette di scendere alle Marmitte
6 – 7 -Le profonde Marmitte
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8 – La pianta alloctona invasiva Amorpha fruticosa o falso indaco originaria del Nordamerica che sta colonizzando anche l’entroterra delle Marche
9 – 12 – Si prosegue fino al greto del fiume, facendo attenzione ai passaggi scivolosi
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13- Una Marmitta profonda solo qualche metro
14- Nella Gola del Furlo è possibile ammirare, sulle pareti verticali della strada, la Moehringia papulose, pianta endemica delle Marche, la si ritrova solo nelle Gole di Furlo, Frasassi e della Rossa.
15- Campanula tanfanii, endemismo dell’Appennino Centrale.
16- Il Muscari tenuiflorum, altra pianta rara che si può osservare nei pendii rupestri della Gola del Furlo.
17- Il Lago del Furlo con le sue pareti verticali
18- Il cosiddetto “Chiavicotto”, forra laterale della gola convogliata nl fiume tramite un’opera idraulica di epoca Romana.
19- Un tranquillo Airone Cinerino nelle acque del Lago del Furlo.



LA GROTTA DELLE FATE DEL MONTE SPINA DI GUALDO ED IL SENTIERO DELLA BATTAGLIA DI PIAN PERDUTO NELLA VALLE DELL’ACQUA GILARDA

La Valle dell’Acqua Gilarda è una vallata poco conosciuta a cui si accede da Gualdo di Castelsantangelo sul Nera.

Ho riportato nel 2019 un altro interessante itinerario in questa valle poco conosciuta:

LA GROTTA “BOCCA LARGA” DELLA VALLE DELL’ACQUA GILARDA E L’ANELLO DELLE TRE CIME (GUALDO DI CASTELSANTANGELO).

In questo itinerario propongo la visita ad una piccolissima ma particolare cavità denominata in zona la “Grotta delle Fate” e la salita da Gualdo alla Spina di Gualdo e Madonna della Cona per un vecchio sentiero che veniva usato per salire al Pian Perduto prima dell’apertura dell’attuale strada carrozzabile e che, molto probabilmente, è stato usato dalle truppe di Visso per la storica battaglia del Pian Perduto contro i Norcini il 20 luglio 1522 : una battaglia provocata dalla contesa di un pascolo perduto da Norcia e conquistato da Visso e dalle sue Guaite di Ussita e Castelsantangelo.

Secondo il poema il casus belli , un antico poema popolare che secondo la tradizione sarebbe stato composto in ottave agli inizi del Seicento da Berrettaccia di Castelsantangelo, uno di quei pastori-poeti celebri per la loro capacità di comporre versi e di recitare a memoria interi poemi,  sarebbe stato un certo Giorro che un giorno si recò in bosco per abbattere un faggio e impadronirsi del tronco. Sorpreso da un guardiano di Norcia che esige il pagamento di uno scudo minacciandolo di farlo rinchiudere in prigione, Giorro reagisce a suon di bastonate, per cui il guardiano fa ritorno a Norcia coperto di ferite, provocando l’ira e la sete di vendetta dei suoi concittadini che si armarono e decisero di marciare contro i Vissani, ma questi anche se inferiori di numero risposero con le armi in pugno, misero in fuga i Norcini e li costrinsero a rinchiudersi nel castello.

Dopo questa prima schermaglia, i Vissani chiesero di riportare indietro i loro feriti, ma furono maltrattati e bastonati dai Norcini. Tornati al loro campo, i Vissani fecero suonare le campane a stormo per radunare il popolo che era impegnato nei lavori agricoli. Accorsero al suono dei tamburi per unirsi ai soldati di Visso, guidati dagli uomini di Castelsantangelo, che avevano come condottiero Buzio, un uomo di aspetto fiero e spaventoso, figlio del Conte e con l’immagine dell’Arcangelo San Michele come insegna. Si unirono ai Vissani anche gli uomini di Ussita, che avevano come simbolo una volpe, insieme a quelli di Montemonaco e Montefortino.

Anche Norcia radunò uomini dalle sue contrade, guidati dal capitano Arbillo. I due eserciti si scontrarono con grande violenza sull’altopiano, in un bagno di sangue. I Norcini, desiderosi di sottomettere Visso e avendo abbondantemente mangiato e bevuto prima dello scontro, furono sconfitti, perdendo le armi e la loro bandiera. I Vissani ringraziarono i loro santi protettori per la vittoria ottenuta per cui il toponimo “Pian Perduto” si riferisce proprio al fatto che in questa battaglia Norcia perse la proprietà di questo piano che, ancora adesso, ricade nel comune di Castelsantangelo sul Nera.

Secondo la tradizione Giorro alla sua morte fu seppellito nei pressi della sommità del Monte della Spina.

Le due escursioni proposte possono essere effettuate nella stessa giornata vista la vicinanza.

ACCESSO PER LA GROTTA DELLE FATE: Per raggiungere questa piccolissima cavità conviene raggiungere in auto la Forca della Spina e parcheggiare nel piazzale antistante l’ex Hotel la Fiorita distrutto dal sisma del 2016.

DESCRIZIONE: Dal piazzale, con l’Hotel alle spalle, si entra nel bosco in corrispondenza di un piccolo edificio recintato, scendendo verso destra in direzione Sud per aggirare, dopo un centinaio di metri, lo spigolo Ovest del Monte Spina di Gualdo ed immettersi nel ripido bosco di questo ultimo versante e per proseguire in direzione Nordovest scendendo dalla quota dell’auto a 1340 metri fino a quota 1200 metri fino a delle rocce alle seguenti coordinate:

42° 52′ 27,9” N – 13° 10′ 26,3” E / 42.874417 – 12.173976

dove è presente un grande terrazzo roccioso con vista sul Monte Cardosa e dove si apre questa piccola cavità nella parete rocciosa, caratterizzata da uno stretto antro in cui prende posto una sola persona e che prosegue poi con uno strettissimo budello nelle viscere della montagna che meriterebbe una ulteriore esplorazione.

Non è possibile fare una descrizione dettagliata dell’itinerario di raggiungimento della cavità in quanto non è possibile lasciare segnali e nel bosco non ci sono punti di riferimento, anche noi l’abbiamo trovata con fatica ispezionando tutto il versante non avendo indicazioni precise.

Secondo alcuni sensitivi della zona, che ce l’hanno indicata, dalla cavità uscirebbe un forte flusso di energia tellurica, in effetti dal cunicolo di proseguimento esce un filo di aria fredda, nella piattaforma rocciosa posta davanti alla cavità ci sarebbero impresse, tra l’erba, delle forme di piccoli piedi, che la fantasia fa attribuire a leggende sulle frequentazioni di questa cavità da parte di fate dei Monti Sibillini.

Ovviamente riporto queste indicazioni così come ci sono state fornite senza commenti.

Per il ritorno si può salire in verticale nel bosco fino alla cresta del Monte Spina di Gualdo per scendere poi verso la Forca della Spina.

ACCESSO PER IL SENTIERO GUALDO-SPINA DI GUALDO: Si scende in auto dalla Forca della Spina alla frazione di Gualdo dove si parcheggia.

DESCRIZIONE: Da Gualdo si prosegue la strada sterrata che si immette nella Valle dell’Acqua Gilarda, si tralascia la deviazione a destra per la Valle di Corveto-Nocelleto e si prosegue per circa 1,2 chilometri fino a raggiungere una radura erbosa sulla sinistra, sovrastata da ampio canale ghiaioso, un centinaio di metri prima dei ruderi della chiesetta della Madonnella di Gualdo che si incontrano sulla destra di fianco alla strada.

Qui (351004,1 E – 4748101,7 N; 1075 m.) si nota una rampa erbosa delimitata da alcuni grandi massi caduti a valle dopo il sisma del 2016 dagli scogli superiori, che rappresenta l’inizio del vecchio sentiero per la Forca di Gualdo (foto n.18-19).

Prima di iniziare la salita del sentiero consiglio di dirigersi verso sinistra del vallone dove è presente un alto torrione di roccia dove alla sua base si aprono altre piccole cavità (foto n. 14-17) per poi ridiscendere alla base del ghiaione dove parte il sentiero proposto. Alla base del torrione una traccia di sentiero riporta verso Gualdo.

Si risale la rampa erbosa che si immette in breve all’interno di un bosco, nonostante il tracciato sia ampio e sembra una vecchia mulattiera le piante cresciute nel suo fondo rendono difficoltosa la salita, dopo circa 20 minuti il sentiero cambia versante attraversando un canale.

Dopo circa 40 minuti di ripida salita si esce dal bosco in corrispondenza di una radura, si continua ancora in netta salita su prato fino a raggiungere un caratteristico passaggio tra delle rocce, denominato Sasso Tagliato (351646,2 E – 47471648,8 N; 1325 m.; foto n.23-25).

Poco dopo il Sasso Tagliato, nel sentiero, sembra essere presente un tumulo di rocce dove la leggenda narra della sepoltura di una persona uccisa nella zona con tanto di un piccolo tesoro in monete o forse la stessa sepoltura di Giorro narrato nel poema indicato sopra (foto n.26).

Il sentiero quindi prosegue evidente a mezza costa su prato fino a raggiungere la strada poche centinaia di metri prima della Spina di Gualdo.

DISCESA: Per lo stesso itinerario oppure, una volta raggiunta la Spina di Gualdo si incontra più in basso, sulla curva del tornante finale, verso destra un sentiero che si addentra nel bosco, lo si prende e dopo circa 200 metri si incontra una deviazione verso destra che scende ripidamente nel bosco e che, in circa 30 minuti, permette di raggiungere il fondo della Valle dell’Acqua Gilarda dove si intercetta la strada sterrata di salita.

            Con altri 30 minuti si raggiunge l’auto superando una captazione di acqua (Fonte delle Scentelle perché ci andavano a bere e pettinarsi le fate che frequentavano la grotta) e i ruderi della Madonnella.

1- Il bosco del versante Ovest del Monte Spina di Gualdo
2- nel bosco sono presenti grandi vecchi faggi
3 – 4 – e una vasta zona di alberi secchi, all’apparenza senza cause di valanghe o altro, forse attaccati da parassiti
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5- La rupe nascosta da alberi dove si apre la piccolissima cavità della Grotta delle Fate.
6 – 8 – La Grotta delle Fate con il suo stretto cunicolo di proseguimento.
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9- Veduta del Monte Cardosa dal terrazzino roccioso prospiciente la grotta
10- Il terrazzino della grotta
11- Il Monte Pagliano posto di fronte alla grotta
12- La Grotta Boccalarga già descritta in questo blog.
13- Il fungo Tremella sabinae che cresce sui rami di ginepro.
14- Il torrione roccioso posto nei pressi dell’inizio del sentiero per la Forca di Gualdo
15 – 17 – Le piccole cavità presenti alla base del torrione.
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18 – 19 – L’erboso inizio del sentiero per la Spina di Gualdo con i massi che lo indicano, nella radura della strada poco prima della Madonnella.
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20 – 21 – La Madonnella distrutta dal sisma del 2016.
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22- Anche nel sentiero che sale dalla valle dell’Acqua Gilarda alla Forca di Gualdo ci sono grandi faggi.
23 – 24 – Il caratteristico passaggio oltre il bosco denominato Sasso tagliato
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25- Il Monte Cardosa sullo sfondo e il Monte Spina di Gualdo sulla destra visti dal Sasso tagliato.
26- Il sentiero continua a mezza costa nel prato verso la strada per la Forca di Gualdo. a sinistra quello che sembra un tumulo di una tomba sul terreno.
27- 28 – La Valle dell’Acqua Gilarda con il sentiero che si intravede nel bosco a mezza costa al centro della foto.
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29- Planimetria satellitare con il percorso per la Grotta delle Fate.
30- Planimetria satellitare del vecchio sentiero della Valle dell’Acqua Gilarda.
31- Planimetria della Valle dell’Acqua Gilarda con i due percorsi proposti in rosso, percorso di discesa in giallo.



MONTE NERONE: FONDARCA MONTE CATRIA: MADONNA DEL GROTTONE

Due escursioni in giornata nei monti della Provincia di Pesaro-Urbino: anche se con una giornata non molto luminosa, abbiamo raggiunto due siti di particolare interesse naturalistico situati a pochi chilometri tra di loro per cui effettuabili in successione.

Le due escursioni sono facili e adatte a tutti, sono raccomandate calzature adatte per ambienti umidi e scivolosi.

GRUPPO DEL MONTE NERONE: FONDARCA: Si raggiunge in auto il paese di Cagli quindi si prosegue in direzione di Secchiano e successivamente si raggiunge il paese di Pianello. Nel paese si prende la deviazione per Pieia che si raggiunge dopo una tortuosa e strettissima strada facendo molta attenzione ai veicoli che si possono incontrare. Raggiunto Pieia si parcheggia all’ingresso della piccola frazione dove si trovano le indicazioni per Fondarca che si raggiunge in venti minuti con comodo sentiero e ultima ripida salita.

Fondarca è un grande arco di roccia naturale rimasto dopo il crollo di una grande grotta di cui rimangono solo le pareti laterali.

Nella zona sono presenti altri numerosi sentieri riportati sulla cartografia della zona.

1- La frazione di Pieia da dove si parte per raggiungere Fondarca
2- L’ingresso della Grotta delle Nottole, così chiamata per la secolare presenza di una numerosa colonia di pipistrelli di diverse specie, l’ingresso è vietato proprio per la salvaguardia delle specie.
3 – 7- Il grande arco di roccia denominato “Fondarca” rimasto dopo il crollo della volta di una grande roccia.
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8- Le pareti laterali della grotta crollata.
9 -14 – La grotta rimasta intatta nella parte finale della vallata.
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15 – 16 -L’arco di Fondarca visto dalla parte terminale della grotta
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GRUPPO DEL MONTE CATRIA: MADONNA DEL GROTTONE: Si raggiunge in auto il paese di Cagli quindi si prosegue in direzione di Frontone per continuare in direzione di Serra S. Abbondio, dopo circa 2 chilometri dal paese si incontra a destra una deviazione per la frazione di Petrara. Si prosegue su strada sterrata fino al termine oltre il qual si prosegue a piedi su un sentiero risistemato dopo la recente alluvione del 2022. Dopo circa 30 minuti di sentiero si raggiunge la grande Grotta contenente una statua della Madonna, denominata “Madonna del Grottone”. Proseguendo ancora si raggiunge il fondo della forra dove due cascate in successione chiudono la selvaggia valle.

1- La prima parte della strada sterrata per la Madonna del Grottone è stata distrutta dall’alluvione del 2022 ma il sentiero è stato ripristinato.
2- Le condizioni del fosso dopo l’alluvione del 2022.
3- La prima cascatina della forra.
4 – 5 -Il Grottone
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6- La storia della Madonna del grottone
7 – 10 – Veduta dall’interno del Grottone
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11 – 14 – Le cascate che chiudono la valle in una stretta forra.
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MONTE ARGENTELLA – Canale Ovest da Pian Perduto per San Lorenzo.

Nonostante l’inverno avaro di neve, il 20 aprile 2024, in condizioni pienamente invernali con tanto di nevicata a tratti, abbiamo completato le salite delle creste e canali del Monte Argentella salendo il canale Ovest partendo dal Pian Perduto passando per il San Lorenzo, con un percorso di circa 10 chilometri andata e ritorno e 900 metri di dislivello.

La salita del canale Ovest è facile, prettamente invernale, anche questa non è riportata in bibliografia ed è consigliata a chi ha superato la fase propedeutica con la montagna invernale e vuole iniziare ad approcciarsi con salite più ripide.

Il canale, oltre il bosco di San Lorenzo, nella prima parte è caratterizzato da una strettoia con una parete rocciosa laterale molto liscia per poi allargarsi di più man mano che si sale fino a diventare un ripido pendio con pendenze costanti tra i 40 e i 45°.

ACCESSO: Si raggiunge in auto il Pian Perduto di Gualdo di Castelsantangelo e si parcheggia in una delle aree di sosta di lato alla strada.

DESCRIZIONE: Dalla strada si attraversa a piedi tutto il Pian Perduto in direzione Nordest verso la Portella del Vao che permette di immettersi nella Valle di San Lorenzo, dopo circa 40 minuti e 3 chilometri di prati si raggiunge la Fonte di San Lorenzo.

Dalla Fonte si prosegue il vallone erboso a monte in lieve ma costante salita in direzione dell’evidente canale Ovest del Monte Argentella fino alla strettoia rocciosa caratterizzata da un’alta parete verticale a destra. Si prosegue nel canale che subito si impenna, la prima parte del canale è caratterizzato da sponde rocciose che si allargano man mano che ci si innalza.

Si supera il sentiero che taglia il pendio, in piano, proveniente dalla Capanna Ghezzi, e si prosegue sempre dritti nel canale che diventa meno inciso per trasformarsi in un ripido pendio con pendenze costanti di 40-45 gradi fino a raggiungere l’Antecima Ovest del Monte Argentella.

Dall’Antecima si discende un po’ per poi risalire e con altri 400 metri si raggiunge la cima del Monte Argentella, a 2175 m.

DISCESA: Dalla cima del Monte Argentella si può scendere rapidamente dirigendosi in direzione del Monte Palazzo Borghese per prendere il Canale di San Lorenzo situato verso Nordovest sotto alla Anticima Ovest.

Di seguito le immagini della salita.

1- Il Laghetto del Pian Perduto.
2- Superata la Portella del Vao ci si immette nella valle di San Lorenzo, in alto il canale Ovest del Monte Argentella.
3 – L’inizio del canale a monte della Fonte di San Lorenzo ed inizia a nevicare.
4 – 5 – La strettoia del canale con la caratteristica verticale parete laterale.
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6 – 11 -Superata la strettoia si prosegue nella prima parte del canale caratterizzato da sponde rocciose.
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12- Quindi si raggiunge il sentiero che proviene in piano da Capanna Ghezzi.
13- E si continua nel canale che si allarga man mano si sale.
14- Il Monte Prata sullo sfondo al centro.
15- Il pendio canale con l’uscita ancora molto in alto.
16- Troviamo anche neve dura per un buon tratto.
17 – 18 -Si prosegue su pendio costante a 45 gradi.
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19- Il Piano Grande e Castelluccio
20- Riprende a nevicare
21 – 24 -L’ultimo tratto di ripida salita prima dell’anticima Ovest.
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25- L’uscita sull’anticima Ovest del Monte Argentella.
26- Proseguiamo verso la cima del Monte Argentella.
27- Il Monte Palazzo Borghese ed il Sasso di Palazzo Borghese si intravedono tra la nebbia.
28- In cima.
29 – 30 – La rapida e facile discesa nel canale di San Lorenzo
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31- I boschi di faggio del San Lorenzo con le foglie, un forte contrasto.
32 – 33 – I pendii ovest del Monte Palazzo Borghese
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34- Il ritorno verso il Pian Perduto per la Portella del Vao.
35- L’itinerario proposto visto dalla Fonte di San Lorenzo
36- Tuti gli itinerari estivi ed invernali della conca del San Lorenzo.