MONTE FRASCARE – Una escursione fuori dagli schemi.

Il Monte Frascare, 1278 metri, è situato nel gruppo Nordest dei Monti Sibillini, in una zona dimenticata e poco conosciuta, compresa tra il Monte Montioli e il Monte Corvo, delimita la testata del Rio Fessa, di fronte alla Grotta dei Frati, lo si ritrova con difficoltà nelle carte dei Sentieri dei Monti Sibillini in quanto riportato anche semplicemente come zona “Frascare” e non come monte, non è una cima alta, non è un cima particolarmente panoramica, non è una cima difficile, più che una cima è dosso erboso, non c’è una flora o una fauna particolare, non è una cima di passaggio ma occorre andarci appositamente, l’unico lato positivo se lo vogliamo evidenziare è che essendo erboso si presta alla pastorizia e vegetano funghi prataioli in autunno ma del resto come in tutte le montagne di media altezza.

Con queste premesse proporre pertanto una escursione in questa montagna non avrebbe senso se non fosse per il notevole interesse geologico e speleologico che essa presenta.

Tutta l’area tra il Monte Frascare e il Monte Corvo è interessata da una enorme frana con faglie tettoniche aperte e in evoluzione, per questo motivo, insieme alla valle del Fiastrone, vi si trova la più alta concentrazione di grotte e pozzi dei Monti Sibillini anche se non riportata sulla bibliografia.

La cosa è nota ai ricercatori da molti anni e viene monitorata dal Servizio Nazionale Dighe dal terremoto del 1997 per evitare situazioni tipo Vajont.

Nelle pendici del versante Nord del Monte Frascare sono presenti numerose trincee, pozzi e grotte che scendono nel sottosuolo anche per decine di metri, alcune di esse sono ancora in corso di esplorazione.

Dai dati disponibili nel Catasto delle Grotte della Regione Marche nella zona è presente la Grotta di Belvedere (197 MA MC). Da lì, a circa 275 m a NNE si trova il Crepaccio sopra la Testata di Rio Fessa (491 MA MC), di poco più di 5 m di sviluppo; sempre prendendo a riferimento la 197, a 650-700 m a NNO si trovano le grotte 276-275-274 MA MC : Grotta della Macchia – Grotta Franosa – Grotta dell’Elce.

Un ringraziamento a Romina V., Massimo S. per l’aiuto prestato e soprattutto a Patrizio R. che ha fornito un contributo fondamentale per ritrovare alcune delle grotte e ad Andrea B. per le informazioni sulle grotte della zona.

Premetto che la zona presenta numerose aperture nascoste da cespugli di ginepri e quindi occorre fare attenzione a dove si cammina, l’accesso alle grotte è riservato solo ad esperti speleologi in quanto presentano percorsi strettissimi e verticali.

Le grotte verticali più profonde e strette le abbiamo esplorate usando uno “Speleodrone”.

Ometto le coordinate precise perché, come al solito, toglierei il fascino dell’avventura, tanto se le abbiamo trovate noi, anche se con un po’ di fatica, le possono trovare tutti seguendo le indicazioni sommarie e le planimetrie satellitari allegate.

Diffidate dalle indicazioni delle ultime tre grotte presenti su alcuni strumenti di navigazione GPS in quanto le posizionano più in quota, nel versante orografico sinistro del fosso di Rio Fessa, in luogo molto ripido.

ACCESSO ALLA ZONA: La zona si può raggiungere salendo in auto alla Pintura del Ragnolo, qui si incrociano a poca distanza le strade che salgono da San Liberato e, a circa 250 metri verso Nord, da Acquacanina e da Monastero per proseguire in direzione opposta, Sud-ovest, verso i Piani di Ragnolo.

Giunti in particolare all’incrocio della strada che sale da Acquacanina e da Monastero si scende verso quest’ultimo paese per 200 metri fino ad una semicurva dove si parcheggia e dove, di fronte, nel prato pianeggiante, parte un tratturo in direzione Nord come indicato nella planimetria satellitare della foto n.92.

DESCRIZIONE: Si segue il tratturo in piano verso Nord per 450 metri, alla prima deviazione, poco prima di un nucleo boschivo, si prosegue per altri 200 metri verso destra costeggiando a sinistra una fascia boscosa fino a che si incontra una deviazione poco marcata verso sinistra (355098,5 E – 4767537,3 N; 1260 m) che si addentra nel bosco per pochi metri per poi proseguire su prato in discesa, poco più in basso sul prato sulla destra sono presenti dei recinti metallici di stazzi di pastori per questo motivo consiglio di visitare la zona prima del mese di aprile e dopo ottobre per evitare i cani da pastore.

Dopo circa 250 metri di discesa si raggiunge la prima grande faglia di frana che viene tagliata dal sentiero (354955,9 E – 4767812,2 N; 1215 m. foto n.3-4) come indicato nella planimetria satellitare della foto n.93.

Si risale il bordo a valle dove si osservano numerose trincee e pozzi, in particolare nel prato intorno alle coordinate 354896 E – 476733 N, a circa 1215 metri di altezza, si apre il pozzo/grotta di Belvedere, per trovarla si può osservare la foto n.30, fare molta attenzione perché si apre a terra sul prato e non è recintato, abbiamo messo delle pietre di indicazione.

Al ritorno consiglio di percorrere tutto il bordo a valle della faglia fino alla sommità del monte, oltre il termine del bosco, per osservare le varie trincee e pozzi.

Una volta osservata la Grotta di Belvedere si scende nella faglia fino a riprendere il sentiero, si può scendere ancora nel canale per altri 50 metri per osservare il punto di monitoraggio della frana (foto n.29) ma per poi risalire un po’ e poi si devia sul prato sopra al bosco verso la testata del Rio Fessa fino a raggiungere un canale pietroso che si scende rientrando nel bosco ed al di sotto del quale si apre il Crepaccio sopra la Testata di Rio Fessa (foto n.52), si trova intorno alle coordinate 354892 E – 4767945 N, ad una altezza di circa 1155 metri, l’unico che presenta un accesso facile ma occorre una corda per risalirlo.

Terminata la visita di questo crepaccio si risale il bosco fino al prato sommitale, caratterizzato da numerosi ginepri e rovi, per traversarlo in piano per circa 200 metri in direzione della cresta erbosa che delimita il versante orografico sinistro del Rio Fessa (354696,6 E – 4768035 N; 1105 m.) come indicato nella planimetria satellitare della foto n.93.

Si prosegue in discesa la cresta erbosa che a destra scende ripidissima verso il fosso per circa 350 metri fino a che, nel bosco del versante destro si notano dei solchi-canali che scendono paralleli verso valle, qui si scende e, tra gli alberi, si inizia la ricerca delle tre cavità: Grotta della Macchia (foto n.59 i poi) – Grotta Franosa (foto n.71 in poi) – Grotta dell’Elce (foto n.75 in poi), in successione di discesa.

Esse si trovano nei dintorni delle coordinate 354682,5 E – 4768322 N; intorno a 1055 metri di altezza.

In alternativa, se si hanno difficoltà a ritrovarle, si prosegue la cresta erbosa in discesa fino a trovare un piccolo edificio di captazione di un acquedotto (354679,5 E – 4768429 N; 1025 m.).

Dalla casetta si ritorna indietro risalendo la cresta ma passando dentro al bosco a sinistra fino ad incontrare i solchi-canali e quindi le cavità.

RITORNO: Si risale la cresta erbosa in direzione della grande faglia sommitale visibile anche dal basso fino a riprendere il sentiero che la attraversa.

Una volta raggiunta la grande fagli consiglio di percorrere tutto il suo bordo a valle fino alla sommità del monte, in direzione Sudovest, oltre il termine del bosco, per osservare le varie trincee e pozzi.

Una volta raggiunti i prati sommitali e si è in vista del Monte Montioli si può deviare vero Sud per raggiungere anche la chiesetta di Santa Maria Maddalena ( foto n. 85 in poi) adesso trasformata ad un ricovero per pastori.

Quindi in direzione Est per ampi prati si ritorna all’auto

1- La zona delle faglie tettoniche del versante Nord visti dalla cima-pianoro del Monte Frascare.
2- Le Lame Rosse e il M. Fiegni visti dal M.Frascare.

LE FAGLIE E I CREPACCI

3 – 4 -La lunga faglia tettonica trasversale del versante Nord del M.Frascare, la montagna sta collassando verso valle
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5 – 6 – Una prima profonda trincea
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7 – 8 -La faglia più larga
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9 – 11- Altri pozzi e trincee si aprono anche tra i cespugli di ginepro tali da richiedere anche molta attenzione.
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12 – Qui l’apertura della trincea nella faglia è veramente ben visibile.
13 – 15 – Una grotta laterale, prosegue per molti metri nella montagna ma è strettissima.
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16 – 20- Risalendo verso la cima del Monte Frascare lungo la lunga e larga faglia tettonica si incontrano altre trincee e pozzi
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20- Qui esce anche una lieve corrente d’aria ma il pozzo è largo poche decine di centimetri ed è impossibile esplorarlo.
21- In questo pozzo qualcuno ha infilato una gomma da motocross per evitare che qualcuno cada dentro.
22- Il profondo pozzo di circa 4 metri senza gomma, per osservare la sua profondità, che poi abbiamo rimesso al suo posto.
23 – 26 – Le trincee e i pozzi che si aprono nel terreno sono davvero tanti, per la maggior parte profondi solo fino a qualche metro
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27 – 28- Qui una piccola grotta che entra nel sottosuolo per diversi metri ma impraticabile per le sue dimensioni.
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29- Al termine della grande faglia tettonica è presente un punto di monitoraggio della frana per monitoraggi aerei e satellitari, Assolutamente da NON TOCCARE.

GROTTA DI BELVEDERE

30- Poco al di sotto della grande faglia, nel prato, si apre un profondo pozzo, la Grotta di Belvedere.
31- Con la pila dall’esterno non si vede il fondo, il pozzo è molto stretto e non ci permette la discesa se non di pochi metri, riservata solo ad esperti speleologi.
32- Mandiamo giù lo “Speleodrone” per misurare la sua lunghezza, ci sono alcune pietre incastrate a diverse profondità.
33- fasi di discesa del drone
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38 – Tocchiamo il fondo ad oltre 15 metri.
39 – 40 – Immagini riprese dal drone all’interno della grotta-pozzo, la prima pietra incastrata
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41- raggiunta la prima pietra incastrata.
42- Si prosegue ancora
43 – 44 -La seconda pietra incastrata.
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45- Raggiungiamo anche la seconda pietra
46- Si prosegue per altri 5 metri
47- Si vede una terza pietra incastrata
48- Ci avviciniamo
49- E la raggiungiamo per prosegue ancora per altri metri.
50- Fino al fondo del pozzo, ad oltre 15 metri, dove è caduta dell’erba dall’alto.
51- Un ingrandimento dell’immagine del fondo ci fa notare la presenza di un coleottero., al centro della foto

IL CREPACCIO DELLA TESTATA DI RIO FESSA

52- Scendendo verso la testata del fosso di Rio Fessa, nel bosco, si incontra un profondo crepaccio, scendiamo in esplorazione.
53- Patrizio nel crepaccio
54- E anche Massimo, inconfondibile con il suo berretto fluorescente, adatto proprio per le grotte.
55- Il crepaccio non prosegue a vista, forse occorre disostruirlo dai detriti.
56- Foto dell’apertura dall’interno del crepaccio.
57- Risalgo anche io.
58- Nei pressi un secondo crepaccio molto stretto, non praticabile.

GROTTA DELLA MACCHIA

59 – 60 – Un largo e profondo ingresso caratterizza la Grotta della Macchia
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61- Anche in questa grotta caliamo lo “Speleodrone”, l’ingresso è solo destinato a speleologi esperti, al centro si osservano dei gocciolamenti d’acqua.
62 – Anche a questa profondità, circa 6 metri, ancora gocciolamenti d’acqua.
63- Il drone fotografa gocce d’acqua mentre cadono.
64- La cavità, a circa 8 metri, si apre.
65- Dopo altri 2 metri il drone sotto ad un piccolo tetto scova qualcosa di strano.
66- Un pipistrello in letargo.
67- La grotta prosegue lateralmente ma non si riesce ad andare.
68- Tocchiamo il fondo a circa 10 metri, anche qui foglie secche e rami caduti dall’ingresso.
69- Poco sopra una seconda apertura ma molto stretta e poco profonda.
70- Forse da disostruire.

GROTTA FRANOSA

71 – 72 – L’ingresso della Grotta Franosa, posta più a valle, poco distante dalla Grotta della Macchia.
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73- 74- La grotta è piena di pietre cadute dal soffitto, non a caso chiamata Grotta Franosa. In fondo si nota un proseguimento ma troppo pericoloso da raggiungere.
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GROTTA DELL’ELCE o forse Grotta della Felce visto che all’ingresso sono presenti delle felci

75 – 76 – A poche decine di metri dalle altre due grotte, a valle, si apre la Grotta dell’Elce, anch’essa un profondo pozzo.
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77- L’ingresso è caratterizzato da felci, forse il nome della grotta potrebbe derivare dalla loro presenza.
78- Anche qui facciamo scendere il drone perchè l’ingresso è molto stretto
79- Ecco le felci presenti qualche metro sotto all’ingresso.
80- Raggiungiamo le felce.
81- Scendiamo ancora
82 – 83 – La grotta si allarga notevolmente.
84- Il fondo del pozzo ma la grotta prosegue lateralmente.

LA CHIESETTA DI SANTA MARIA MADDALENA

85- A circa 700 metri a Sud della grande faglia tettonica si trova la chiesetta di Santa Maria Maddalena, vecchia costruzione usata come chiesa/rifugio. Attualmente su Google Earth qualche ignorante l’ha ribattezzata “Casale dei Reati”. Sullo sfondo il Monte Coglia.
86- Veduta verso Est, a destra il Monte Montioli.
87- Veduta verso Sudovest, a sinistra il Monte Rotondo.
88- Veduta verso Nord, a sinistra la città di Camerino.
89- Zoom su Camerino, a sinistra in basso il quartiere dove abito.
90- L’assurda didascalia della chiesetta di Santa Maria Maddalena sul web.
91- E per concludere, Crochi già in fiore nonostante siamo a metà Febbraio.
92- Pianta satellitare del primo tratto del percorso
93- Pianta satellitare del secondo tratto del percorso
93- Dettaglio della zona delle grotte.



MONTE DI PALE Per la Direttissima o Via Macaco – GROTTA DELLE CASCATE DI PALE.

Il 28 gennaio 2024, con clima primaverile e con altri 13 fantastici e simpaticissimi amici siamo saliti al Monte di Pale per la Direttissima alla vetta.

Partiti da Pale, frazione di Foligno, abbiamo preso il sentiero per le falesia di arrampicata quindi alla prima deviazione indicata con cartello recante la scritta “Macaco – direttissima alla vetta” e con bolli verdi continui sulla roccia siamo saliti, in circa 2 ore, in direzione della cresta rocciosa Sud fino in vetta.

La Direttissima è indicata come percorso EEA quindi adatta solo per persone esperte in quanto implica brevi passaggi su roccia, un tratto verticale da oltre 10 metri è aggirabile, e tratti rocciosi molto ripidi attrezzati con corde.

Dalla cima siamo scesi quindi per il versante Ovest per ripido sentiero nel bosco, anch’esso attrezzato in alcuni tratti più ripidi e scivolosi con corde, fino all’Eremo di Santa Maria Giacobbe quindi siamo scesi anche alla Grotta della Cascata.

Infine siamo risaliti alle altre cascate superiori fino alla frazione di Pale dove ci siamo rifocillati in una locanda del paese.

Di seguito le immagini della bellissima escursione.

1- Il sentiero che da Pale conduce alle falesia di arrampicata e all’attacco della via direttissima.
2- Le prime pareti.
3- 9- La lunghissima cresta rocciosa trasversale.
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10 – 13 -Le successive pareti sempre più verticali.
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14 – 23 – La verticale paretina finale di una decina di metri, aggirabile a destra.
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24- L’uscita della parete verticale con la valle umbra intorno a Foligno sottostante, sul lontano sfondo il Monte Amiata.
25 – 29 – a crestina finale prima della grande croce e ripetitore di vetta.
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29- in fondovalle la frazione di Pale da dove siamo partiti.
30- Foto di gruppo sulla croce di vetta.
31- Panorama dalla cima verso Ovest con la vallata umbra intorno a Foligno
32- Panorama dalla cima verso est con i Monti Sibillini.

DISCESA DAL MONTE DI PALE

33 – 35- Fasi della ripida discesa anch’essa attrezzata con tratti di corde.
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36 -In discesa si costeggiano le falesie di arrampicata di Pale.
37 – L’Eremo di Santa Maria Giacobbe
38- La discesa dall’Eremo attrezzata con comodi scalini e corrimani, in alto a destra il paese di Pale.

LA CASCATA DELLE GROTTE DI PALE

39- Continuiamo la discesa per visitare la Grotta della Cascata e le altre cascate più in alto.
40- L’imbocco della grotta di lato alla cascata.
42- Il soffitto stillicidioso della grotta della cascata
43- Laghetto interno alla grotta.
44 – La finestra al lato opposto alla cascata.
45 – La finestra al lato della cascata
46- La base della cascata
47- Folta vegetazione a Lingua cervina lungo il fosso.
48- L’acqua in questo punto esce da una fessura che ha scavato nella tenera pietra spugna.
49- La cascata situata sotto al paese di Pale.
50- Enormi pioppi caratterizzano il fosso.
51- Meritata merenda finale ad una locanda di Pale.



MONTE VENTOSOLA – GROTTA LALLA AL MONTE CALLARELLE – MONTE CASTELLACCIO

Il 21 gennaio abbiamo raggiunto in auto il Valico di Castelluccio quindi abbiamo proseguito a piedi in direzione Nord-ovest per evidente tratturo, con forte vento e scarsissimo innevamento, in direzione del Monte Ventosola.

Quindi scendendo dalla cima del Monte Ventosola, oggi dal nome quanto mai azzeccato, si prosegue verso la cresta del Monte Callarelle visitando la piccola Grotta Lalla che al suo interno ci ha consesso una breve tregua dal vento.

Quindi abbiamo ripiegato verso la sella tra il Monte Castello ed il Castellaccio, risalito la cresta di quest’ultimo e scesi di nuovo verso il valico.

Per maggiori dettagli in proposito vedasi anche l’articolo del 27 ottobre 2022 al M.Ventosola e del 24 aprile 2022 al Monte Castello e Castellaccio nel presente sito.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- Il tratturo che dal Valico di Castelluccio conduce verso il Monte Ventosola a sinistra.
2- A destra invece si innalza il Monte Castellaccio.
3- Veduta del Piano Grande, Castelluccio e i Monti Sibillini dal Pizzo Berro a sinistra fino al M. Argentella a destra.
4- E la Cima del Redentore che svetta dietro alla cresta M.Castello-M. Castellaccio
5- Dal M.Ventosola ci dirigiamo verso il M.Callarelle, a sinistra, quindi in successione il M. Vetica, M. Valle Sirica e, più a destra, il Colle Tosto.
6- Il Monte Callarelle con la Grotta Lalla che già si vede poco sotto alla cima.
7 – 11 -La piccola Grotta Lalla
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9 – Le pendici del Monte Ventosola viste dall’interno della Grotta Lalla.
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11- (Ph. R.Vittori)
12- Proseguiamo verso il M. Vetica ma il vento è troppo forte, ripieghiamo verso il Monte Castellaccio (Ph. R.Vittori).
13- Discesa da Monte Callarelle.
14- Il Monte Ventosola visto dal Monte Callarelle.
15- La valletta del versante Nord del Monte Castellaccio, più riparata dal vento.
16- Il Monte Castello in primo piano.
17- Lo Scoglio dell’Aquila visto dal Monte Castellaccio.
18- Zoom sul Monte Porche e Monte Palazzo Borghese.
19- Zoom sul Monte Argentella con i canali gemelli.
20- Castelluccio emerge dalla valle sottostante il Monte Castello (Ph. R.Vittori).
21- Luci ed ombre a Forca Viola (Ph. R.Vittori) .
22 – 24 – Traversata nella valletta del versante Nord del Monte Castellaccio per andare prendere la cresta Nord.
23 – (Ph. R.Vittori)
24- (Ph. R.Vittori)
25- La cresta Nord che collega Monte Castello al Monte Castellaccio.
26- Il versante Nord del Monte Castellaccio.
27- Il Piano Grande e la Cima del Redentore visti dal Monte Castellaccio.
28- La catena dei Monti Sibillini visti dal Monte Castellaccio
29- Veduta aerea del Fosso Mergani del Piano Grande.
30- Il Monte Castello visto dal Monte Castellaccio.
31- La faggeta del versante Nord.
32- Il pendio di ritorno verso il valico di Castelluccio da dove siamo partiti.



I PANTANI – L’INGHIOTTITOIO E LA GROTTA DELL’ITALIA IN MINIATURA.

In qualsiasi stagione i laghetti dei Pantani di Accumuli regalano sempre fantastiche visioni, come riportato anche in una precedente escursione del 25 luglio 2023 a cui rimando.

L’unica nota stonata è la lunga palizzata che circonda i laghi.

Mi sono sempre domandato a cosa servisse quella orribile e costosa palizzata intorno ai laghetti: ad impedire che le mucche e i cavalli vadano a bere e farsi il bagno nei laghi per non deturpare il loro naturale ambiente ? ma se le palizzate sono state da sempre mantenute aperte in diversi punti e sprovviste di chiusure e quindi gli animali transitano dentro e fuori i laghi sporcandoli ed inquinandoli con le loro deiezioni……….rimane il dilemma di questo bruttissimo spreco di soldi.

Ricordo che nelle acque dei laghetti vivono contemporaneamente due specie di crostacei rari, il Chirocephalus diaphanus e il Tanimastix stagnalis che in altri laghi dell’Italia centrale vivono in acque separate in quanto vanno in competizione alimentare, entrambe parenti stretti degli esclusivi Chiorocephalus sibyllae del laghetto di Palazzo Borghese e del Chirocephalus marchesonii del lago di Pilato, come ho descritto da pagina 76 in poi nel mio libro I MIEI MONTI SIBILLINI.

Inoltre le acque dei Pantani d’estate si colorano di rosso a causa di proliferazioni algali, ormai divenute rarissime in tutta Italia.

Fino ad una decina di anni fa esisteva un laghetto al Pian Perduto che diventava rosso sangue a causa della imponente fioritura algale ma ormai da anni, con la vicinanza di uno stazzo di pecore nel periodo estivo, non diventa più rosso ma forse nessuno se ne rende conto che abbiamo perso anche questa rarità e meraviglia della natura.

Dopo aver visitato i Pantani abbiamo portato i nostri amici a visitare l’Inghiottitoio del Fosso Mergani che raccoglie le acque del Piano Grande e poi alla Grotta presso il boschetto a forma di Italia che è registrata presso il Catasto Speleologico Umbro con la sigla 599 U PG e il nome di Grotta dell’Italia in Miniatura, un profondo pozzo di oltre 20 metri, situata nel pendio a mezza costa a sinistra del Rimboschimento a forma di Italia.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1 – 3- Galaverna nella strada da Forca Canapine verso i Pantani
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4 – 5- Il Monte Vettore e la Cima del Redentore visto dai rilievi intorno ai Pantani.
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7- Lunghe ombre del sole di Gennaio.
8- La strada per i Pantani, visto lo scarso innevamento un fuoristrada era arrivato fino al Laghetti,
9- La valletta prima dei Pantani con ceduta verso Norcia.
10 – 23 -I Laghetti dei Pantani gelati ma, visto lo scarso innevamento, per fortuna non ricoperti di neve.
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24- Gilberto prova la tenuta del ghiaccio ma non è da fidarsi, un forte scricchiolio lo ha fatto desistere.
25- Ghiacciolo in fase di scioglimento
26- Veduta del massiccio Cima del Redentore – M-Vettore visto dal rilievo sopra ai Pantani.
27- 31 – I Laghetti dei Pantani visti dai rilievi sovrastanti
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32- Il Monte Porche ricoperto dalla nebbia e il Monte Palazzo Borghese
33- Il Monte Argentella, innevamento penoso.

L’INGHIOTTITOIO DEL FOSSO MERGANI DEL PIANO GRANDE.

Il Fosso Mergani raccoglie le acque del Piano Grande e si trova nella parte finale verso il Monte Serrone e Monte Cappelletta, sotto al tratto di strada che sale dal Piano Grande in direzione di Norcia.

Lo si raggiunge parcheggiando proprio prima che inizia la salita della strada e proseguendo a piedi su un sentiero in direzione Sud che costeggia il pendio del Monte Castello.

34 – 35 -Buche di Talpa al Piano Grande, aspetto primaverile dei Piani, non essendoci il terreno gelato (permafrost superficiale), le talpe scavano in prossimità della superficie in cerca di cibo.
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36- La voragine circolare apertasi dopo il terremoto del 2016 nei pressi del sentiero per l’Inghiottitoio del Fosso Mergani.
37 – 38- Bolle di gas metano o anidride carbonica che si sviluppano dal sottosuolo e rimangono intrappolate nelle acque gelate dei laghetti del Piano Grande
39- Il cartello esplicativo dell’Inghiottitoio del Fosso Mergani.
40- Il Fosso Mergani parzialmente gelato.
41 – 42- L’Inghiottitoio del Fosso Mergani
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43- Un distacco dalla parete nei pressi dell’Inghiottitoio provocata dal terremoto del 2016.
44 – 47- Larve di Friganea sopravvivono racchiuse in un bozzolo fatto di sassolini nelle acque del Fosso Mergani.
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LA GROTTA DI PIANO GRANDE O DEL RIMBOSCHIMENTO ITALIA

La Grotta si raggiunge facilmente parcheggiando di fronte al Rimboschimento a forma di Italia e raggiungendo a piedi il pendio alla sua sinistra, dove, a mezza costa e nei pressi di un fosso, si apre la voragine, come visibile nella foto n.56.

48 – 50- l profondo pozzo di 20 metri della Grotta del Piano Grande con la recinzione protettiva caduta al suo interno.
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51- La Grotta del Piano Grande e la Cima del Redentore.
52 – 54- Procediamo ad effettuare una misura della profondità….20 metri.
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55- La Cima del Redentore vista dall’imbocco della grotta.
56- Il rimboschimento a forma di Italia del Piano Grande e l’ingresso della Grotta, nel pendio a sinistra, poco sopra al palo centrale.



MERAVIGLIOSA GALAVERNA AI PIANI GRA E MACCHIA TONDA

La galaverna (o calaverna) è una forma di precipitazione atmosferica consistente in un deposito di ghiaccio in forma di aghi o scaglie, su superficie continua ghiacciata o su oggetti esterni che può prodursi in presenza di nebbia quando la temperatura dell’aria è nettamente inferiore a 0°C.

Lo spettacolo della galaverna, ormai ogni inverno sempre più raro, deve essere ammirato velocemente in quanto effimero, basta un lieve aumento di temperatura, vento e sole che la glassatura che crea negli alberi e negli oggetti esterni cade rapidamente al suolo.

Il 12 gennaio 2024, dopo diversi giorni di copertura di nebbia soprattutto nella parte adriatica dei Monti Sibillini, ci ha regalato uno spettacolo che erano anni che non vedevo così imponente.

Ai Piani Gra e alla Macchia Tonda della Pintura di Bolognola c’era una copertura decimetrica di Galaverna davvero spettacolare.

Di seguito le immagini, con notevole imbarazzo della scelta, della splendida giornata.

1- Il bosco di fronte a Bolognola rivestito di Galaverna.
2 – 4 -I pali della strada nei pressi della <pintura di Bolognola.
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MACCHIA TONDA

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27- Ombre e luci alla Pintura di Bolognola ma innevamento scarsissimo.

PIANI GRA

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FAGGETA DI PIANI GRA : Il peso della elevata ricopertura di Galaverna ha rotto numerosi rami e alberi nella faggeta disboscata di recente, il diradamento degli alberi ha indebolito il bosco in quanto ha permesso alla nebbia di entrare nella faggeta glassando di galaverna i rami appesantendoli fino alla rottura.

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MARMOLADA – CASCATE DI BAREZZE – MALGA BOSCH BRUSE’ – SENTIERO GEOLOGICO.

Il 4 gennaio 2024, dall’abitato di Marmolada abbiamo preso il sentiero geologico che conduce alle Cascate di Barezze formate dal torrente Gavon e quindi proseguito con una interminabile salita fino alla isolata Malga Bosch Brusà, nel gruppo delle Marmolade, con un percorso di 13 chilometri e 1100 metri di dislivello.

L’itinerario è riportato sul web a cui rimando.

Di seguito le foto dell’escursione.

1- Il tabellone del percorso geologico delle Marmolade.
2- Il bosco di Abeti nella prima parte del percorso.
3- Giochi di neve su un piccolo abete.
4- Ricristallizzazione della brina su uno stelo d’erba.
5- Abeti imbiancati dalla recente nevicata.
6- Il tratto attrezzato poco prima delle Cascate di Barezze.
7- La prima cascata di Barezze.
8 – 11 -a seconda cascata di Barezze si apre sotto al ponte del sentiero geologico e forma una ampia caverna.
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12- Veduta verticale verso il ponte della cascata
13- Si prosegue nel bosco che si fa man mano più ripido.
14- Erica fiorita, normalmente fiorisce a Marzo.
15- Tra gli alberi si apre la vista verso il Monte Vallesella.
16 – 22- Finalmente, dopo una ripidissima e lunga salita raggiungiamo la Malga Bosch Brusà a 1860 m.
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23- la Cima la Banca a 2875 m. assomigli molto alla mia più familiare Punta Anna del Monte Bove Nord, nei Monti Sibillini.
24- Intorno alla Malga solo tracce di animali, siamo i primi ad averla raggiunta nel 2024.
25- veduta verso il Monte Agner dalla Malga.

IMMAGINI DALLE DOLOMITI, durante i nostri spostamenti in auto.

26 – 28 – I tre versanti del Monte Pelmo.
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29 – 30 – Il Monte Averau.
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31- Incantevole Malga ai piedi del gruppo dell’Averau.
32 – 33- Tracce di fuoripista.
34 – 35 -l Ra Gusela dal Passo Giau.
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36- La Marmolada vista dal Passo Giau.
37 – 38- La Tofana di Rozes.
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39 – La Tofana di Mezzo.
40 – La Tofana di Mezzo vista da Cortina.
41- La Tofana di Dentro.
42- Il Monte Civetta, versante Nord.
43- Il gruppo del Sella.
44 – Il Gran Vernel e la Ponta de Cornates al tramonto.
45- Dettaglio sulla Ponta de Cornates.
46- Lo splendido Hotel “Il Cirmolo” che ci ha ospitato questi giorni, foto del 31 dicembre 2023.



PERCORSO CIASPAMOON A LASTE

Laste è una frazione del comune italiano di Rocca Pietore in provincia di Belluno, come specificato nello statuto comunale, la stessa frazione è costituita da tredici abitati distinti, arroccati in posizione sopraelevata alla destra del torrente Cordevole:

Savinèr di Laste (Savinèi)È il principale villaggio della frazione, con 136 abitanti[1]. Sorge a 1.017 m d’altitudine alla confluenza del torrente Pettorina nel Cordevole. Quest’ultimo la divide da Caprile di Alleghe, si trova su un pianoro che domina la riva destra del Cordevole, a 1.191 m. Conta 60 abitanti.

Digonera (Digonèra)A 1.157 m di altitudine, è l’abitato più settentrionale del comune, trovandosi di fronte a Salesei di Livinallongo del Col di Lana. Vi abitano 92 persone.

Laste di Sotto (Laste de Sot)Minuscolo agglomerato con 15 residenti, a 1.362 m d’altitudine.

Laste di Sopra (Laste de Sora)Conta 18 abitanti e si trova a 1.405 m.

Soppera (Sopièra), Dagai (Daghèi), Val (Val)Tre borgate contigue lungo la provinciale di Laste, con 68 abitanti e a 1.451 m d’altitudine. L’abitato più elevato di tutto il comune: 1.537 m. 8 i residenti.

Col di Laste (Còl de Laste)Villaggio posto tra Val e Moè, a 1.477 m.Moè (Muiéi)Sorge a 1.500 m e conta 50 abitanti. Notevole è la vista panoramica che offre, rivolta in particolare verso Civetta, Pelmo Tofana e Lagazuoi.

Coste (le Còste)Pochi edifici subito a sud di Val.Ronch (Ronch), agglomerato con 5 residenti posto a sud di Val (1.508 m).

Per fortuna la zona presentava una più abbondante copertura nevosa che ci ha permesso di percorrere in ciaspole il bellissimo tracciato perfettamente segnalato “Ciaspamoon” che costeggia degli altissimi e verticali torrioni denominati Sass de la Murada , in totale abbiamo percorso 8 chilometri con 400 metri di dislivello per terminare la giornata in un piccolo Bar realizzato in splendida baita di legno degustando Bombardino e dolci tipici.

L’itinerario è riportato sul web a cui rimando.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- Il tratto iniziale del percorso Ciaspamoon con la chiesta di Laste di sopra.
2- Sullo sfondo il M. Pelmo
3- La perfetta segnaletica
4- Il secondo tratto dentro boschi di altissimi abeti e larici (senza aghi).
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13- Una piccola Baita nel bosco.
14- Il Rifugio Migon con il Pelmo.
15- e con la Tofana di Rozes.
16- la Chiesetta degli Alpini
17- Il Belvedere con il M.Pelmo
18- e con il M. Civetta
19- Il tratto verso i torrioni rocciosi.
20 – 26 -I verticalissimi torrioni del Sass de la Murada.
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27- Tra due torrioni si vede una Malga del versante opposto della valle .
28- Il Sass de la Murada visto da Laste di sopra.
29- Il Sass de la Murada con il M. Civetta sul lato destro
30- Il M. Pelmo
31- Nella zona ancora sono visibili nei boschi gli effetti della tempesta Vaia.
32- Il campanile della chiesa di Laste di sopra sembra sommerso dalla neve.
33- Gli splendidi masi di legno della zona.
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35- Il Bar che ci ha accolto a fine ciaspolata.



MARMOLADA – PUNTA ROCCA

Il 1 gennaio 20124, con un tempo splendido, dopo la nevicata notturna del 31 dicembre che, anche se non abbondante, ha trasformato l’immenso panorama in un mare bianco, da Malga Ciapela siamo saliti in funivia fino alla Terrazza della Marmolada quindi proseguito fino a Punta Penia con una temperatura di -14°C

Di seguito le immagini dell’ascensione.

1- I contrafforti del versante Nord della Marmolada.
2- Passiamo sotto alla funivia.
3- Il pendio innevato che conduce a Pun ta Penia.
4 – 5 -La Punta Penia
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6- A destra il gruppo del Sassolungo.
7 – 10- Le pareti del versante Sud della Marmolada, in basso a destra la Valle d’Ombretta raggiunta il giorno prima.
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11- 14 -Le incredibili verticali pareti del versante Sud della Marmolada e il canalone innevato della Forcella d’Ombretta.
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14- Veduta verticale dalle pareti con i massi caduti nei millenni alla base della parete.
15 – 16 -La Punta Rocca e Gran Vernel che la sovrasta dietro.
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17- Panorama verso le Dolomiti Ampezzane.
18- Panorama verso Nord con il Lago di Fedaia gelato in basso.
19- Il gruppo del Sassolungo
20- Il lunghissimo gruppo del Sella.
21 – Il Monte Civetta, sopra ad Alleghe.
22- Il Monte Pelmo.
25- La stazione della Funivia inferiore e la pista da sci della Marmolada.
26 – 29 -Piz Serauta
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30- Si rientra alla funivia.
31- Il Monte Civetta visto dalla finestra della funivia.
32- Discesa in funivia da Piz Serauta a Malga Ciapela.
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34 – 35- La strada che da Malga Ciapela conduce al Passo Fedaia.
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MALGA CIAPELA – MALGA OMBRETTA al cospetto della parete Sud della Marmolada.

31 Gennaio 2023, escursione classica da Malga Ciapela, uno dei villaggi che compongono Rocca, frazione capoluogo del comune di Rocca Pietore (BL), che sorge poco prima del passo Fedaia, lungo la strada statale 641 del Passo Fedaia, alla Malga Ombretta seguendo il sentiero n.610. Peccato per la nebbia in quota che non ci ha permesso di osservare in pieno la gigantesca parete Sud della Marmolada. La notte seguente ci ha portato la neve che ha trasformato il paesaggio.

L’itinerario è riportato sul web e sulla bibliografia della zona a cui rimando.

Di seguito le immagini della giornata.

1- L’inizio del sentiero n.610 per la Malga Ombretta – Rifugio Falier, sullo sfondo il Monte Fop
2- Il segnale di inizio del sentiero.
3- I partecipanti all’escursione: Romina, Loredana, Lucia e il sottoscritto.
4- L’agriturismo – Caseificio Malga Ciapela e il Piz de Guda sullo sfondo.
5 -6 – Larici senza aghi d’inverno e Abeti rossi sempreverdi caratterizzano la Valle d’Ombretta (ph. Romina V.).
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7 – 8- Il tipico profilo glaciale ad “U” della valle d’Ombretta con il Piz de Guda sullo sfondo.
8 -(ph. Romina V.)
9 – 11 -I tornanti del sentiero n.610 che sale verso la Malga Ombretta,
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12- L’ingresso alla Valle d’Ombretta.
13- La gigantesca parete Sud della Marmolada
14 – L’enorme masso erratico depositato da un ghiacciaio durante l’era glaciale nei pressi della Malga d’Ombretta.
15 – 18- La Malga Ombretta
16 – In alto il Passo Ombretta (ph. Romina V.)
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18 (ph. Romina V.)
19 – 23- Al pomeriggio abbiamo anche raggiunto il borgo di Vallier abbandonato, a monte di Sottoguda, ed ha iniziato a nevicare per chiudere l’anno in bellezza
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24 – I Serrai di Sottoguda, famosi per le cascate, interdetti alle escursioni per pericolo di caduta massi, visti dal ponte sovrastante, foto del 31 dicembre 2023 in assenza di neve.
25 – foto del 1 gennaio 2024 dopo la nevicata della notte.
26 – Il Piz Serauta
27 – Il Piz Serauta e il Piz de Guda in aspetto invernale, finalmente.
28- Ore 24 del 31 dicembre 2023, il nostro incantevole Albergo.



IL FOSSO CACARABBIA – CUPRA MARITTIMA

A pochi chilometri di distanza dall’abitato di Cupra Marittima (AP) e dal mare si apre un selvaggio e profondo vallone denominato Fosso Cacarabbia o Canyon di Piazza di Coso come riportato su Google Earth.

L’escursione è facile ma è complicata in quanto sono presenti deviazioni laterali più evidenti che possono confondere, è come una immersione in una foresta tropicale, ci si inoltra in una intricata e fittissima boscaglia con rovi, stracciabraghe, tralci di edera e vitalbe che scendono dai rami di alberi altissimi, rami e tronchi di piante cadute fino a raggiungere una piccola e umidissima forra piena di felci, muschi e ed epatiche, scavata nell’arenaria per poi ritornare all’auto tramite un percorso ad anello.

Il tutto si svolge ai margini di campi coltivati e case di campagna ma nel fosso, essendo scavato in alte pareti di arenaria, non arrivano i rumori della civiltà.

Ringrazio il mio amico Tony Galdi che ci ha fatto scoprire, insieme a Romina ed Angelo, questo luogo selvaggio ed a cui potete fare riferimento per visitare il fosso.

ACCESSO: In auto dal centro di Cupra Marittima si prende per via Ennio Ruzzi fino ad un incrocio in salita che prosegue in collina verso Contrada San Michele, si superano alcune azienda agricole quindi, ad un incrocio a destra con un edificio circolare, si prosegue dritti su strada sterrata per altri 250 metri fino al punto di parcheggio dove inizia il sentiero, nei pressi di una casa colonica abbandonata situata sotto strada. (403352,8 E – 4764230,4 N; 230 m.; vedi percorso GPS).

Oppure si prende in direzione di contrada S.Egidio e si prosegue per circa 6 chilometri fino ad un incrocio a destra in salita che ritorna in direzione mare e conduce al punto di parcheggio.

DESCRIZIONE: Dalla strada sterrata si scende verso la casa colonica sottostante, poco visibile e dove è presente perfino una grotta scavata nell’arenaria, si curva e si prosegue in direzione opposta fino ad un secondo tornante dove si devia di nuovo in direzione opposta attraversando un campo di olivi. Alla fine del campo una traccia di sentiero cambia di nuovo direzione e conduce nel fosso. Per il proseguimento consiglio di seguire la traccia GPS allegata in quanto il fosso è davvero selvaggio, ci sono dei tratturi di servizio che lo raggiungono ma che occorre ignorare. Si prosegue sempre nel fondo del fosso e si raggiunge un piccolo lago, si prosegue per altri 500 metri sempre nel fondo del fosso fino a raggiungere la forra che si supera anche grazie ad un ponticello di legno (attenzione). Si continua ancora per il fondo del fosso per poi risalire la sponda destra orografica fino ad una grotta. Da qui in salita si risale nei campi della sponda del fosso e si chiude l’anello per traccia di sentiero tra campi incolti e tratti di bosco.

1- La planimetria completa da Cupra Marittima.
2- Dettaglio per raggiungere l’inizio del percorso
3- Il percorso ad anello completo.
4- La casa colonica abbandonata situata all’inizio del percorso
5 – 6 – La grotta a servizio della casa colonica scavata nell’arenaria.
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7- Una Vanessa Atlanta si gode il sole di dicembre nel muro della casa colonica.
8- Si inizia subito con una folta vegetazione del rampicante Smilax aspera detta non a caso “stracciabraghe” o “salsapariglia”.
9- E qualche ormai vecchio cardo dei lanaioli (Dipsacus fullonum).
10- L’edera, abbondantissima nel fosso, forma quasi un vaso sanguigno su un vecchio tronco.
11- Il laghetto sitato nel fosso a metà percorso.
12 – 14- Non mancano funghi di diversi tipi.
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15- Tony Galdi nel suo ambiente preferito.
16 -19 – Il percorso è accidentato e intricato.
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20- Vista da un lato del sentiero per farvi capire quanto è intricata la vegetazione, una vera e propria rete vegetale.
21- 23 -Gli alti alberi si intrecciano sopra le nostre teste
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24- E lunghi tralci di edera scendono dagli alberi creando uno scenario davvero da foresta tropicale.
25- Ruscus aculeatus o detto volgarmente Pungitopo di altezza superiore al metro, veramente eccezionale.
26 – Nella forra abbondano felci (Dryopteris filix-mas)
27- E anche la bellissima Asplenium scolopendrium o Lingua Cervina.
28- E l’adiantum capillus veneris o Capelvenere.
29- Giunti nella forra le pareti si fanno molto più strette e alte.
30- Fori di vespe solitarie colonizzate da ragni nelle pareti della forra.
31- 32 – Ma siamo vicino a Cupra marittima o in America centrale ??
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33- Il raro muschio Plagiomnium undulatum che sembra quasi una pianta erbacea tanto è grande.
34- Anche le epatiche abbondano nella forra.
35- L’umidità crea delle immagini straordinarie.
36 – 42 – Immagini della forra del Fosso Cacarabbia.
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42- il ponticello di legno che permette di superare il tratto finale più incassato della forra.
43- La grotta situata in una parete di conglomerato posta all’uscita dalla forra.
44- L’interno della grotta che sembra scavata dall’uomo ma non si hanno conferme, è visitata da numerosi animali come mostrano le tracce di escrementi in primo piano.
45- Il sottoscritto nel fosso Cacarabbia o in una foresta tropicale ????

Le successive immagini di paragone le ho riprese in una vera foresta tropicale in Honduras nel 2017, non sono molto diverse…….

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49 – 50- Funghi di foresta tropicale
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51- felce tropicale molto simile alla felce della foto n.26
52- felce tropicale molto simile a quella della foto n.27
53- felce tropicale molto simile a quella della foto n.28
54 – 55- La foresta tropicale si differenzia per le varie specie di Tillandisie che crescono su rami e tronchi……….
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56 – ………E dalle variopinte orchidee epifite.
57- Pianta satellitare del sito
58- <dettaglio del fosso Cacarabbia