ITINERARIO DEL FERRO INTORNO A CASALI DI USSITA.

Itinerario inconsueto e
al di fuori degli schemi, non si raggiunge una cima ma si visitano siti di
interesse geologico, storico e naturalistico intorno alla frazione Casali di
Ussita, percorrendo un itinerario ad anello facile ed adatto a tutti.

Itinerario percorso il 21 aprile 2016.

Esso descrive la salita e
visita al Fosso di S. Simone che scende a nord-ovest da Casali, dalle pendici
sud della Croce di Monte Rotondo, sito di importanza geologica dove si possono
trovare ancora discrete quantità di minerali di ferro, scendendo
successivamente costeggiando Le Cute, barriera rocciosa situata proprio sopra
all’abitato di Casali dove sono presenti due grotte, fino al paese dove si
visita uno scavo circolare presente da tempi immemorabile, forse un sito
preistorico, per poi concludere la visita alla ricerca di scorie di fusione del
ferro, anch’esse di probabile epoca preistorica e la visita finale al grande
acero di Casali, che si trovano sulla strada che scende dalla Val di Panico verso
Casali.

Inizio primo tratto dell’itinerario:  Si sale in auto da Ussita verso la frazione di
Casali, superato il cimitero, dopo 200 metri si incontra la deviazione a sinistra della
strada sterrata per il Rifugio del Fargno.

            Si
sale la strada per circa 100
metri e si lascia l’auto in corrispondenza di una
traccia di sentiero che sale nei campi soprastanti.

            Si
sale senza tracciato tenendosi verso sinistra superando campi incolti e tratti
di bosco per circa 300 metri, (15 minuti) fino ad intercettare un ampio sentiero
che sale verso sinistra.

            Lo
si percorre per circa 200
metri fino a che esso non scende attraversando la parte
terminale incassata del Fosso di S. Simone.

            All’interno
del fosso si segue una traccia che in costante salita, in altri 20 minuti,
permette un pò faticosamente di raggiungere il fondo del fosso caratterizzato
da saltini rocciosi e ghiaia fino ad arrivare sotto ad un enorme tetto in forte
pendenza oltre il quale la salita necessita di attrezzatura e conoscenza
alpinistiche (foto n.1).

Il fosso è molto
particolare perché è caratterizzato a destra, salendo (versante sinistro
orografico) da grandi placche coricate di calcare massiccio (foto n. 2) mentre
a sinistra da torrioni di scaglia rossa fortemente fratturata e a rischio di
caduta di pietre.

Inoltre si ha un
bellissimo panorama del Monte Bove nord e della Val di Panico da Pizzo Berro fino
al Pizzo Regina (M. Priora) ed al Pizzo Tre Vescovi come visibile nella foto n.
3.

Il fosso di S. Simone
coincide proprio con un piano di faglia diretta, immergente verso sud, in
corrispondenza del quale si realizza il particolare contatto tra i due tipi di
rocce indicati sopra, cosa alquanto rara nei Monti Sibillini in quanto tutti
gli altri fossi presentano ambedue i versanti che li compongono formati dallo stesso
tipo di roccia.

Inoltre sulle placche di
calcare massiccio presenti sulla destra si ritrovano estese incrostazioni di
minerali ferrosi, principalmente limonite o pirite limonitizzata, come visibile
nella foto n.2.

In particolare nella
parte bassa si nota che tali minerali sono stati asportati (o dalle acqua di
scorrimento in occasione di forti  piogge
o per mano dell’uomo ?) e sono presenti solo spalmature che riempiono le
fessure, se ci si innalza sulle placche, magari con l’aiuto di attrezzatura alpinistica
in quanto sulle placche sono presenti delle vie su roccia chiodate (palestra di
arrampicata) è possibile trovare ancora dei bei noduli degli stessi minerali
che riempiono le numerose buche circolari (foto n.4), oltre ad estese
spalmature superficiali come visibile nelle foto n.5 e 6.

Si suppone che la
presenza di minerali ferrosi in questo fosso possa essere stata utilizzata
anticamente (epoca preistorica ?) da parte umana per alimentare forni fusori
per la produzione di manufatti in ferro, questo spiegherebbe la presenza in
zona, a poca distanza da Casali, di tracce di scorie di fusione di ferro (foto
n.14).

Terminata la visita del
fosso si costeggiano le placche di calcare massiccio scendendo lievemente per
poi iniziare una lunga traversata verso est (a sinistra rispetto alla discesa,
foto n.7) sotto alla barriera rocciosa denominata “le Cute”, passando proprio
alla base delle pareti, in questo tratto è presente una traccia di sentiero
utilizzato dagli arrampicatori che frequentano la palestra di roccia presente di
questi torrioni rocciosi, è facile notare in diversi punti le chiodature o i
cavi di acciaio messi nelle clessidre di roccia presenti sulle pareti.

            Dopo
circa 15 minuti si raggiunge un tratto boscoso caratterizzato da alti faggi, sempre
costeggiando la barriera rocciosa, dopo altri 10 minuti si arriva ad una grande
grotta situata proprio alla base della barriera rocciosa, al suo interno è
presente addirittura un vecchio caldaio in alluminio che raccoglie le acque di
stillicidio che cadono dal tetto della cavità (foto n.8-9).

            Si
prosegue sempre costeggiando le pareti per altri 10 minuti e si arriva ad un
torrione che si stacca dalla barriera rocciosa, formando un altissimo camino
con massi incastrati (foto n.10).

            Salendo
verso l’imbocco del camino, superando alcune levigate rocce facendo attenzione soprattutto
poi in discesa, si nota sulla sinistra, l’ingresso di una piccola ma profonda
cavità che non si riesce ad osservare dalla base del torrione (foto n.11 – 12).

            Visitato
anche  questo sito si ritorna indietro,
si supera la prima grotta e si arriva al tratto boscoso centrale dove si scende
liberamente, senza tracciato, in direzione del paese di Casali che si nota
leggermente sulla sinistra appena usciti dal bosco.

            Per campi abbandonati si intercetta un ampio sentiero incassato che, sempre in discesa, raggiunge la parte terminale del Fosso il Vallone, che scende da nord-est verso l’abitato di Casali. ˔

1- La parte finale del Fosso di San Simone con il grande tetto ed il contatto di faglia tra le placche di calcare massiccio a destra e la scaglia rossa a sinistra.
2- Le grandi placche di calcare massiccio del versante sinistro orografico del Fosso di S. Simone, la chiazza nera sopra all’escursionista sono le incrostazioni di minerali di ferro ancora presenti nella parete
3- Il panorama dal Fosso di S. Simone spazia dal Pizzo Tre Vescovi a sinistra, il Pizzo Regina, il Pizzo Berro ed il Monte Bove Nord a destra.
4- Un nodulo di pirite limonitizzata.
5- Incrostazioni ferrose nella parte alta delle placche.
6-  Incrostazioni ferrose parzialmente staccate nella parte bassa delle placche.
7- Traversata costeggiando la barriera rocciosa sotto a “Le Cute”, sullo sfondo il Pizzo Tre Vescovi. 
8- L’ingresso della grotta grande.
9- L’interno della grotta grande con il caldaio per la raccolta delle acque di stillicidio.
10 – Il camino al termine della barriera rocciosa, la grotta è sulla sinistra ma non è visibile, occorre salire le placche di rocce bianche in primo piano.
11- L’ingresso della grotta più piccola è visibile solo quando si è di fronte, a destra il camino.
12- Dentro alla grotta più piccola ma più profonda

Inizio secondo tratto dell’itinerario
e ritorno:  Giunti all’abitato di Casali, si percorre la
frazione verso sinistra per tutta la sua lunghezza fino ad arrivare ad una
piccolissima piazzetta con la fontana pubblica (nei pressi del Rifugio Casali),
dove in piano inizia il sentiero segnalato per il Monte Rotondo passando per i
campi alti di Casali.

            Si
percorre l’ampio sentiero per circa 300 metri fino a raggiungere  una curva dove a sinistra, in parte coperto
dalla vegetazione, si nota uno scavo nella roccia perfettamente circolare con
apertura di ingresso che permettere di entrare in questo sito chiaramente di
fattura umana di cui non si conosce l’epoca di realizzazione, come visibile
nella foto n.13.

Probabilmente esso
presentava una copertura in legno tenuta da un palo centrale, strutture simili
si trovano in Abruzzo e venivano realizzate ed utilizzate anticamente dai
pastori.

Visitato questo
misterioso sito si prosegue il sentiero sempre in salita per altri 400 metri fino ad
prendere una ampia deviazione che scende a destra.

Si scende quindi per
altri 700 metri
fino ad intercettare la strada sterrata che da Casali si inoltra verso la val
di Panico.

Prendendo la strada in
discesa in direzione di Casali si incontra un elettrodotto caratterizzato da
pali metallici di colore verde installati proprio sul bordo esterno della
carreggiata.

Si segue l’elettrodotto
ed in corrispondenza dell’ultimo palo, si possono trovare a terra, tra i sassi
di calcare bianco della strada, dei frammenti neri di scorie di forni fusori di
ferro, come visibile nella foto n.14.

Una trentina di anni fa
questi frammenti neri e quindi ben visibili rispetto ai sassi bianchi, erano
piuttosto comuni, attualmente si è fortunati se si riesce a trovare almeno un
campione.

Poco tempo fa in una mia
assidua ricerca nel luogo indicato ne ho trovati quattro campioni che però ho
lasciato ai margini della strada per permettere ai miei appassionati
escursionisti di poter fare il proprio ritrovamento ma consiglio di
fotografarli e rilasciarli sul posto in quanto divenuti molto rari.

Questi frammenti sono
chiaramente prodotti da mano umana in quanto, in alcuni campioni, si nota la
loro forma arrotondata come materiale fuso e poi rappreso, inoltre sono
identici a frammenti di scorie di fusione di ferro di epoca etrusca che ho
potuto osservare al Museo Mineralogico dell’Isola d’Elba.

Inoltre ho effettuato una
analisi chimica su un campione riscontrando in esso circa il 40% di ferro.

Ciò lascia presumere che
nella zona di Casali, essendo presenti minerali di ferro come osservato al
Fosso di S. Simone e buona dotazione di combustibile quale legna da ardere nei
boschi, siano stati realizzati dei forni fusori per la produzione di manufatti
in ferro e che la realizzazione della strada abbia in qualche modo intercettato
la loro posizione facendo trovare a terra le scorie di fusione abbandonate
intorno ai siti di lavorazione del ferro.

Sarebbe interessante
effettuare una ricerca più accurata nella zona intorno alla strada e al paese
per vedere se nei boschi sono presenti ulteriori tracce.

            Dal
sito indicato si prosegue per la strada fino a raggiungere un tratto con una
sorgente a destra che scende dalla parete di roccia e una staccionata di legno
a sinistra a protezione del ripido versante che scende verso il torrente
Ussita.

In questo tratto a valle,
proprio oltre la staccionata, si  può
notare il maestoso Acero di Casali, un esemplare di Acer opalus di oltre 100
anni alto circa 15 metri
(foto n. 15)

Proseguendo sempre in discesa per altri 700 metri si raggiunge la chiesa ed il parcheggio di Casali, oltrepassando il paese si giunge all’auto terminando così il giro proposto.

GIANLUCA CARRADORINI – BRUNO BARTOLAZZI 21 APRILE 2016

13- Il sito circolare intagliato nella roccia presente a pochi minuti a piedi da Casali.
14- I frammenti di scorie ferrose,  nel frammento maggiore si nota nettamente il suo aspetto di materiale fuso
15- Il grande Acero di Casali ai bordi della strada per la Val di Panico.
16- Il Fosso di S. Simone e Le Cute viste da Casali di Ussita.
17- Il tracciato dell’itinerario proposto, visto dal terrazzino dello spalto orientale del Monte Bove nord.
Pianta satellitare dell’itinerario proposto.



DUE BREVI ITINERARI A CACCIA DI GROTTE: FOCE E FORCA DI PRESTA

Come di consueto anche questi due itinerari, aperti tra il marzo e l’aprile del 2016, non sono descritti in alcuna guida dei Monti Sibillini in commercio.

Essi descrivono l’accesso
a due siti caratterizzati da torrioni e cenge che formano delle cavità molto
particolari.

Il primo itinerario si
trova a monte di Foce di Montemonaco e si innalza dal Piano della Gardosa fino
a delle pareti di roccia poste nel versante est della zona denominata “i tre
faggi”.

Il secondo itinerariosi trova in corrispondenza di una
fascia rocciosa in una zona dimenticata situata a valle tra Forca di Presta ed
il Rifugio degli Alpini, nelle pendici sud est del Monte Forciglieta (1642 m.).

Ambedue gli itinerari
sono brevissimi,  si percorrono in poche
ore, ma richiedono una certa pratica in quanto presentano salite e aerei passaggi
su roccia anche se facili (massimo II° grado) o discesa su terreno ripido se in
libera oppure si possono percorrere con maggiore sicurezza ma prevedono la conoscenza
della tecnica di progressione su corda e di discesa in corda doppia .

Accesso primo itinerario:

L’itinerario prevede come base di partenza
l’area camping attrezzata situata al termine della frazione di Foce di
Montemonaco che si raggiunge facilmente in auto.

            Da
Foce si prosegue a piedi per la strada che conduce al Piano della Gardosa – Valle
del Lago di Pilato, dopo circa 1200 metri si incontra su bordo sinistro della
strada sterrata un grande masso a forma di piramide.

Dal masso si sale a
destra nel bosco costeggiando gli ultimi pini di un rimboschimento situato
ancora più a valle,  come visibile nella
foto n.1 per circa 150 metri di dislivello in direzione di una fascia di rocce
soprastanti che si interseca perpendicolarmente con un grande torrione.

Giunti sotto alla fascia
di rocce si individua una ampia caverna proprio tra la fascia di rocce ed il
torrione che emerge dal bosco.

D’inverno, con la
mancanza di foglie nel bosco, la grotta è visibile anche dal Piano della
Gardosa.

Ai lati della grande
caverna scendono due caratteristici canalini rocciosi simili e molto incassati,
quasi a formare due camini paralleli, che è possibile salire con brevi passaggi
su roccia fino alla grotta (I° e II° grado) oppure, più facilmente, si può
raggiungere la grotta salendo nella fascia centrale costituita da roccette
alternate a tratti erbosi di moderata pendenza che richiedono attenzione,
meglio procedere in cordata in questo tratto utilizzando ancoraggi naturali
costituiti dagli arbusti presenti.

Si raggiunge così l’ampia caverna che si snoda in due tratti tra la fascia di roccia ed il torrione posto sulla vostra destra.

1-  Il masso piramidale della strada del Piano della Gardosa e, in alto nel bosco, l’ingresso della grotta “Buco Grangene”.

La parte sinistra della
grotta, visibile nella foto n.2, si inoltra per almeno altri 5-6 metri, quelli
visibili, ma in mancanza di idonei sistemi di ancoraggio (spit) nel giorno
della prima salita, non siamo riusciti a portare a termine l’esplorazione della
cavità.

La particolarità della
cavità è che si apre nel contatto tra una parete rocciosa parallela ed una
perpendicolare che, forse tramite forze tettoniche, si sono scontrate e si sono
sollevate formando appunto lo spazio vuoto nel punto di contatto, come visibile
nella foto n.3  

Dalla grotta è possibile
osservare un bel panorama nel sottostante Piano della Gardosa e verso il Monte
Torrone come visibile nelle foto. 4-5.

Interessante è notare che
nel versante opposto (ovest) della montagna, circa alla stessa quota, sono
presenti altre due cavità già conosciute e descritte in bibliografia, la grotta
dei Tre Favi e la grotta dei Briganti, di quest’ultima si suppone che ci sia un
proseguimento, come narrato nelle leggende del luogo, chissà se la grotta qui
descritta è proprio l’uscita di quella posta nel versante opposto.

2-  La parte sinistra della grotta con il “buco” di proseguimento non ancora esplorato
3-  L’ingresso della grotta formato da una fascia di rocce parallele e un alto torrione verticale.

Ritorno primo itinerario: Dalla grotta si può scendere in libera facendo molta attenzione a non scivolare per le roccette alternate ad erba poste nella parte centrale come indicato per la salita oppure, più facilmente e consigliato, come visibile nella foto n.6,  si può scendere in corda doppia utilizzando come ancoraggi per l’appunto gli arbusti presenti indicati da utilizzare anche durante la salita.

4-  Vista verso il Monte Torrone dall’ingresso della cavità
5-  Vista verso il Piano della Gardosa sottostante dall’ingresso della cavità..
6-  Discesa in corda doppia, sopra alle nostre teste l’enorme torrione che forma la parte destra della cavità.

Accesso secondo itinerario:

L’itinerario prevede come base di
partenza l’area di parcheggio situata nella zona denominata “Piè Vettore”  posta circa 500 metri da Forca di Presta
sulla strada che scende verso  Arquata –
Montegallo, ed in corrispondenza dell’inizio del sentiero dei Mietitori, una volta
adeguatamente segnalato.

Dal parcheggio si scende il
pendio sottostrada senza itinerario tagliandolo in costante ma lieve discesa e dirigendosi
verso la base di torrioni rocciosi che scendono da Sasso Tagliato, la parete di
roccia rossa tagliata dalla strada posta circa 100 metri dopo Forca di Presta,
come visibile nella foto n.7.

Si prosegue quindi in
quota passando alla base dei torrioni, caratterizzati da delle piccole grotte,
che si succedono e in un caratteristico passaggio obbligato posto tra due
torrioni fino a raggiungere un ampio vallone boscoso posto circa 300 metri proprio
sotto Forca di Presta, si nota infatti in alto il tratto con muro di cemento e
paracarri posto tra Forca di Presta e Sasso Tagliato.

In questo tratto abbiamo
scoperto una vera e propria discarica abusiva con cartelli stradali divelti,
bidoni, elettrodomestici, pneumatici, materiali vari e PERFINO DUE AUTOMOBILI
di dubbia provenienza, lasciate probabilmente cadere dalla strada nel canalone
ormai molti anni fa in quanto completamente distrutte e accorpate alla
vegetazione, come visibile nelle foto n. 9 e 10.

Di tale ritrovamento
abbiamo dato notizia al Corpo Forestale di Arquata del Tronto domandandoci come
mai nessuno se n’era mai accorto prima e soprattutto se mai qualcuno riuscirà a
togliere tutti quei rifiuti abbandonati nel canalone all’interno del Parco
Nazionale.

 Superato questo vergognoso tratto si prosegue
entrando in un tratto di bosco all’interno di un canalone, qui si trova una
traccia di sentiero che, in piano, esce dal bosco e si inerpica su un torrione
di roccia posto di seguito sulla sinistra, (foto n.7), che rappresenta il primo
tratto della fascia rocciosa che corre proprio a valle del tratto che va da
Forca di Presta verso il Rifugio degli Alpini, sulle pendici sud-est del Monte
Forciglieta (1642 m.), come indicato nelle foto n. 14-15.

Qui parte una fascia di
rocce di altezza variabile che si percorre alla base per altri 300 metri.

Giunti sulla verticale di
grandi tetti si nota che, a circa 6 – 8 metri dalla base delle rocce, parte una
cengia parallela che si raggiunge in alcuni punti arrampicandosi per facili
roccette (foto n.11).

Giunti nella cengia la si
percorre per un lungo tratto in lieve salita attraversando ampi scavernamenti
alternati a passaggi bassi dove occorre proseguire carponi e a delicati
passaggi esposti nel vuoto, questi ultimi, è consigliabile superarli in cordata
utilizzando chiodi come protezioni intermedie. 

Si raggiunge quindi l’ultimo torrione di roccia dove la cengia mediana termina con un passaggio spettacolare come visibile nella foto n.13. Dall’aereo passaggio si scende facilmente su roccette e si raggiunge quindi il bosco alla base della fascia rocciosa, volendo si prosegue dapprima in piano poi salendo nel bosco fino alla sommità del Buco d’Urie a 1528 m. quindi si intercetta a destra l’ampio tratturo che conduce fino al Rifugio degli Alpini oppure si ritorna indietro alla base della fascia di roccia fino a raggiungere il bosco intermedio per salire quindi al suo interno senza tracciato e su terreno ripido fino a raggiungere la strada che collega Forca di Presta al Rifugio degli Alpini, posto più sulla sinistra dell’uscita.

7-  Veduta dell’itinerario dal torrione iniziale della fascia rocciosa situata sotto al Rifugio degli Alpini, all’interno del cerchio è visibile una delle auto abbandonate. Sullo sfondo il versante sud del Monte Vettore
8-  Dentro ad una delle prime cavità dell’itinerario sotto a Sasso Tagliato con una contorta pianta cresciuta al suo ingresso
9

9-10  I resti
delle due auto abbandonate nel canalone, nella foto sotto, in alto si nota il
muro di cemento ed il paracarri posto tra Forca di Presta e Sasso Tagliato,
punto da dove probabilmente sono state fatte cadere le auto.

10
11-  La facile paretina rocciosa che permette di accedere alla cengia soprastante nei torrioni sotto al Rifugio degli Alpini

Ritorno secondo itinerario: Dal Rifugio degli Alpini si prende
la strada a destra per Forca di Presta quindi si scende per la strada asfaltata
che conduce a Arquata-Montegallo , passando per Sasso Tagliato dove è presente
il paracarri e il muro di cemento dove, nel sottostante vallone, come
descritto, è presente la discarica scoperta.

Quindi sempre su strada asfaltata si raggiunge l’auto lasciata al parcheggio di “Piè Vettore”.

GIANLUCA CARRADORINI – BRUNO BARTOLAZZI – FAUSTO SERRANI . STEFANO CIOCCHETTI MARZO-APRILE 2016

12-  All’interno della cengia mediana con la successione di cavità e passaggi aerei.

13-  L’uscita della cengia mediana con il caratteristico passaggio aereo, sullo sfondo la cima del M. Vettore.
14

14-15 Il tracciato dell’itinerario visto da Piè Vettore, sotto il
particolare della cengia mediana.

15
Pianta satellitare dell’itinerario per Buco Grangene da Foce
Pianta satellitare dell’itinerario della cengia del Rifugio degli Alpini.



CANALE EST DI SASSO DI PALAZZO BORGHESE.

Il 15 aprile 2016 è stato
risalito integralmente il ripidissimo canale est che separa Sasso di Palazzo
Borghese dalla cima rocciosa (scoglio di quota 2046 m.) posta a sud dello
stesso, in parte su roccia marcia e in parte su neve dura in quanto stanchi di
aspettare condizioni migliori di inverni nevosi e freddi.

La via è straordinaria,
permette di risalire su un pendio che sembra inaccessibile sia se visto dall’alto,
dalla Sella di Monte Palazzo Borghese sia se visto dal basso, dalla cosiddetta
“strada imperiale” che attraversa il circo glaciale della conca de “il laghetto”
alla base proprio della parete est di Sasso di Palazzo Borghese.

Eppure anni fa, percorrendo
a primavera la cresta che conduce da il “pian delle cavalle” alla conca de “il laghetto”,
prima di intercettare la “strada imperiale” notammo una lingua di neve quasi
continua che serpeggiava proprio a ridosso della parete sud del Sasso di
Palazzo Borghese che ci diede l’impressione che era possibile una via di salita
all’interno di quell’impressionante canale roccioso.

  L’itinerario, salito da “il laghetto”, è
stato oggetto di diversi nostri tentativi invernali negli ultimi tre anni, nell’ultimo,
il 19 marzo 2016, siamo stati fermati da accumuli di oltre 1 metro di neve fresca,
negli anni passati invece siamo stati fermati dalle condizioni di scarso
innevamento in particolare nella prima parte del canale.

Nel giorno della salita
integrale la prima parte del canale era senza innevamento e ha richiesto una
risalita su pendii ghiaiosi ed erbosi molto ripidi e su tratti e brevi paretine
di roccia marcia mentre l’uscita presentava ancora scivoli innevati sia nella
parte destra che in quella sinistra che ci hanno permesso così di completare
l’intera risalita su neve.

Manca ancora la salita su
ghiaccio della sola prima parte del canale dalla base dello spigolo del Sasso
di Palazzo Borghese alla sommità del primo torrione.

Il canale è delimitato a
destra dalla parete sud di Sasso di Palazzo Borghese e a nord da tre torrioni
rocciosi posti in successione.

L’ambiente di salita è impressionante, si costeggia la altissima muraglia della parete sud di Sasso di Palazzo Borghese che in questo versante è caratterizzata, nella parte bassa, da enormi lisce e verticali placche, dove corre la prima via di roccia tracciata nella parete, la “via della fessura a goccia” aperta negli anni ’80 dalla cordata Gigliotti-Marchini e nella parte alta è invece tagliata orizzontalmente da numerose cenge parallele che corrono in lieve salita fino allo spigolo, una delle quali è risalita dalla mia via alpinistica e seconda via della parete, descritta nella pubblicazione “I MIEI MONTI SIBILLINI” anno 2011, già ripetuta dai Lupi della Sibilla (http://lupidellasibilla.blogspot.com/2014/10/cengia-della-parete-sud-di-sasso-di.html).

Anche questo itinerario è
inedito e molto impegnativo, richiede conoscenze ed attrezzatura alpinistica
sia per roccia (corda, chiodi, rinvii ecc.) sia se si affronta in inverno con ramponi
e doppia piccozza mentre è sempre tassativo l’uso del casco per le frequenti
cadute di sassi viste le pessime condizioni delle pareti di roccia sotto cui si
sale.

Le immagini riportate
nella presente descrizione dove sono presenti i salitori sono un tracciato
cronologico delle fasi di salita 

1.Il Laghetto e la parete est di Sasso di Palazzo Borghese, il bordo sinistro della linea di neve che sale nel ghiaione indica l’accesso all’attacco della via. > o

Accesso: L’itinerario prevede come base di
partenza la frazione di Foce che si raggiunge in auto dal capoluogo di comune,
Montemonaco prendendo in direzione di Montegallo e girando al bivio posto
all’imbocco della valle dell’Aso.

Giunti 300 metri prima di Foce
si nota sulla destra un’area pic nic con dei tavoli di legno e le indicazioni
per il sentiero Fonte dell’Acero – Frondosa e “Il laghetto”.

Si risale per tratturo
prendendo la deviazione a sinistra che si immette nel selvaggio e incassato
“canale” descritto nelle guide in commercio.

Si risale nel bosco per
ampio ma ripido e sassoso tracciato e in circa 2 ore si raggiunge la conca
erbosa sottostante la dolomitica parete di Sasso di Palazzo Borghese dove a
primavera si forma il “Laghetto”.

Descrizione: Dal “laghetto” se c’è neve si
risale il pendio diretto verso lo spigolo sud della parete fino a raggiungere,
in circa 15 minuti, la sua base, come visibile nella foto n.1.

  Lo spigolo sud della parete est di sasso di
Palazzo Borghese visto dall’attacco della via è davvero impressionante,
trasforma la parete da una muraglia, come si osserva di fronte, dal laghetto,
ad un altissimo pinnacolo dolomitico inviolato come visibile nella foto n.4

Giunti alla base dello spigolo parte, proprio a ridosso della parete, uno stretto canale roccioso caratterizzato in alto da un masso incastrato, questa parte della via non è ancora stata risalita in inverno per la difficoltà di trovare innevamento sufficiente e consolidato.

2. Risalita della lingua di neve che sale dal laghetto fino all’attacco della via, a sinistra la parete est di Sasso di Palazzo Borghese, a destra il Monte Sibilla.
3.La maestosa parete est di Sasso di Palazzo Borghese e il canalone sud con il tracciato in rosso della via di salita ed in verde dell’avvicinamento, la parte iniziale tratteggiata non è ancora stata salita per la mancanza di condizioni idonee.

4. L’attacco della via con il dolomitico e verticale spigolo della parete est e, a sinistra, la successione dei tre torrioni che delimitano il canale di salita.

5. Sotto al primo torrione si prepara l’attrezzatura alpinistica per la salita.

Pertanto, se non c’è
neve, si risale ancora più a sinistra, su erba e roccia marcia fino alla sommità
del primo torrione che si incontra, come indicato nella foto n.2.

            Quindi
si rientra nel canale e ci si porta alla base del secondo torrione (20 minuti).

  Ci si sposta a destra e si rientra
all’interno del canale che si restringe e lo si risale fino alla sommità del
secondo torrione (15 minuti).

Nel giorno della prima
ascensione questo tratto di canale era anch’esso libero dalla neve ed è stato
quindi risalito su ghiaia e brevi pareti di rocce marce facendo molta
attenzione al distacco di pietre.

Usciti dalla strozzatura
il pendio si allarga e qui c’è la possibilità di risalire il canale sia a
destra, meno ripido, che a sinistra, più ripido, in quanto in alto esso viene
diviso in  due rami da un terzo torrione
roccioso.

Durante la prima
ascensione solo il pendio di sinistra era completamente innevato e quindi
abbiamo approfittato per completare la risalita anche su neve pressata.

Ci si sposta quindi a
sinistra facendo un traverso su pendio a 45° e si prende il ripido canale
innevato che in due tiri di corda a 45-50° ed uscita su delle rocce termina (30
minuti) nei pressi della cresta della Sella di Sasso di Palazzo Borghese (2080
m.).

6. L’autore sopra al primo torrione prima di rientrare nel canale, visto dal basso
7. La sommità del primo torrione, visto dall’alto, al fianco sinistro di salita l’impressionante e maestosa parete sud di Sasso di Palazzo Borghese, in secondo piano la zona denominata “Pian delle cavalle” e sullo sfondo il M. Banditello.
8. La “strada imperiale” e la zona denominata “Pian delle cavalle” vista dalla sommità del secondo torrione ed i miei compagni che si accingono ad affrontare il secondo tratto di canale.

9. Risalita del secondo tratto del canale, a destra la cima del Monte Argentella e lo scoglio di quota 2046 m.
10. La strettoia del secondo tratto del canale
12. L’incredibile ambiente di salita a circa metà via, nella parete in alto a destra si nota la “fessura a goccia” della via alpinistica citata.

Discesa: Una volta raggiunta la Sella del
Monte Palazzo Borghese  si può scendere
dirigendosi in piano verso nord in direzione del tracciato estivo che conduce
verso il Monte Porche quindi nella valletta tra i due monti si prende il canale
innevato verso destra che aggira la parete nord di Sasso di Palazzo Borghese e
permette di scendere velocemente verso “il laghetto”.

Oppure se c’è innevamento
buono dalla Sella si scende a sud verso la conca posta tra il M. Palazzo
Borghese e il M. Argentella tenendosi sotto la cima dello Scoglio di quota 2046
m. aggirandolo alla sua destra per immettersi nel ripido ma breve canale che
scende verso la “strada imperiale” sottostante come visibile nella immagine
satellitare del tracciato della via.

Il tracciato verde
rappresenta l’avvicinamento, il rosso il tracciato della via di salita e il
giallo il tracciato di discesa.

13. Il traverso sotto al terzo torrione per andare a prendere il ramo sinistro che finalmente si presentava completamente riempito di neve.

14. L’ultima parte della salita nel canale terminale finalmente innevato, alle spalle i tre torrioni che caratterizzano il bordo sinistro del canale di salita, il primo è visibile in fondo a destra tra i due pendii innevati.
15. Le cenge parallele che caratterizzano la parte alta della parete sud di Sasso di Palazzo Borghese e l’ultimo pendio nevoso prima della cresta finale

GIANLUCA CARRADORINI – BRUNO BARTOLAZZI – FAUSTO SERRANI

15 aprile 2016

Piante satellitari del percorso con:

PERCORSO VERDE: RAGGIUNGIMENTO

PERCORSO ROSSO: ITINERARIO PROPOSTO

PERCORSO GIALLO: DISCESA




TRAVERSATA DA FOCE PER IL SENTIERO DI CIVITETTO ALTO AL M. LIETO PER LA ANTICA VIA IMPERIALE

Il presente itinerario, percorso il 15 giugno 2015, non è descritto in tale forma in alcuna guida dei Monti Sibillini in commercio.
La parte superiore relativa al cosiddetto sentiero di Civitetto alto o via imperiale viene descritta con partenza dalle Grotte Nere, presenti nel versante est del M. Sibilla, proprio nella strada che risale il monte,
fino al bosco della Frondosa, in una guida in commercio e su un sito internet, in modo non sufficientemente dettagliato.
Tale descrizione invece permette di salire da Foce per il Fosso del Balzo fino ad intercettare un vecchio sentiero che si inoltra verso la zona denominata Civitetto (basso) quindi anziché seguire il sentiero
verso lo Scoglio della Volpe, posto nel versante sud-est del M. Sibilla, risale una cresta rocciosa per riprendere più in alto il terzo sentiero di Civitetto (strada imperiale) che proviene dallo scoglio stesso, che in realtà è lo stesso sentiero basso che, a causa di formazioni rocciose, forma un ampissimo tornante nel versante della montagna.
Si arriva piuttosto faticosamente così sotto ai grandi torrioni rocciosi che delimitano, a valle, la zona chiamata “Banditella” posta nel versante sud del M. Sibilla.
Dai ripidi pendii erbosi posti sotto a tali torrioni si compie una traversata in quota mozzafiato, su tracce di sentiero espostissimo sopra a canali e pareti verticali, fino a raggiungere la sconosciuta zona denominata Monte Lieto, che in realtà non è una cima vera e propria ma una vallata, situata nel versante est tra la cima del M. Sibilla e la Cima Vallelunga, a valle della sorgente del Meschino.
Dalla vallata si raggiunge facilmente la zona denominata “i campi” con una visibile fontana e da qui si ritorna a Foce scendendo per il classico sentiero del Fosso Zappacenere terminando così questa aerea e difficile traversata nel circo roccioso che il M. Sibilla forma proprio di fronte al paese.
Oppure dal M. Lieto il sentiero (descritto nelle guide ufficiali, sentiero n. 8) prosegue e dalla zona denominata “i campi” raggiunge la Fonte dell’Acero quindi prosegue in direzione de “il laghetto” di M. Palazzo Borghese e rappresenta la cosiddetta “strada imperiale” (sentiero n. 5).
Il percorso è piuttosto lungo e faticoso ed è consigliato ad escursionisti allenati ed esperti che siano in grado di muoversi con sicurezza su terreni erbosi molto ripidi, e che conoscono bene la montagna in quanto il tracciato è esile e in alcuni tratti non più visibile.
In particolare la traversata del Fosso del Balzo e dei successivi numerosi canali che caratterizzano il versante sud-est del M. Sibilla fino al M. Lieto, sicuramente una delle più impegnative dei Monti Sibillini, richiede una attenzione massima costante, non si può sbagliare un passo e soprattutto non vi è via di uscita a monte o a valle in quanto si cammina tra due alte fasce di rocce, o si va avanti o si torna indietro.
Mentre è assolutamente sconsigliato in inverno per la ripidezza dei pendii ed il rischio di slavine che essi comportano.
Il tratto di traversata interna del Fosso del Balzo è stato percorso a fine giugno 2015 in presenza di un grande accumulo di neve creato dalle slavine invernali che si scaricano a valle fino a raggiungere la strada di Foce (foto n.10).
Nella presente descrizione sono state allegate numerose foto che illustrano dettagliatamente l’itinerario proposto proprio per facilitarne la sua difficile percorrenza.

Accesso: L’itinerario ad anello prevede come partenza la strada che arriva fino a Foce di Montemonaco.
In particolare 600 metri prima di arrivare all’abitato, in corrispondenza di una edicola e di un piccolo edificio inutilizzato nei pressi della strada sulla destra, si parcheggia nel piazzale di fianco alla strada, al termine del
Fosso del Balzo che scende dal versante sud del M. Sibilla, dove negli inverni più nevosi le slavine raggiungono la strada proprio in questo punto isolando il paese di Foce (358759,5 E – 4749072,1 N , 925 m).

Descrizione itinerario: Dalla strada si prende un tratturo incassato e delimitato da alberi che si insinua nel fosso, piuttosto largo nella prima parte (sentiero n.8 segnalato su alcune carte).
Quando il tratturo, dopo circa 350 metri, devia verso dei prati a sinistra verso il Fosso Zappacenere, ci si mantiene a destra e si risale la sponda orografica del Fosso del Balzo su pendio erboso e giunti alla vista
delle rocce che iniziano a chiudere in alto il fosso si entra nel suo interno, facendosi faticosamente largo tra alberi abbattuti, massi e arbusti.
Giunti 100 metri prima della prima parete rocciosa che forma un salto all’interno del fosso si nota a destra un accumulo detritico al di sopra del quale inizia, verso destra, un ampio sentiero che sale nel bosco
(358454,7 E – 4749666,4 N, 1075 m., ometto di sassi).
Si sale facilmente per il comodo sentiero all’interno del bosco fino a raggiungere (45 minuti dall’auto) uno sperone roccioso con una piccola cavità annerita da fuochi di boscaioli.
Proseguendo si esce dal bosco e si raggiunge un terrazzo roccioso con una ampia veduta sulla vallata di Foce (Foto n.1; 358998,3 E – 4749826,4 N, 1265 m.)
Qui il sentiero sembra finire, in realtà prosegue nei prati 100 metri in piano ancora verso destra e si dirige verso lo Scoglio della Volpe ma si consiglia di ignorarlo in quanto l’itinerario proposto diventa molto più interessante ma anche più impegnativo.
Dal terrazzo roccioso si risale liberamente la cresta rocciosa sovrastante fino alla base di uno sperone di rocce verticali.
Qui si devia nettamente verso destra (Foto n.8) dirigendosi alla base di un circo roccioso (358978,4 E – 4749987,3 N, 1345 m.) caratterizzato da salti rocciosi alternati a tratti erbosi che si supera al centro con
passaggi di I° grado. Superato il circo roccioso ci si trova su un pendio erboso molto ripido che si risale per circa 150 metri in verticale.
Si raggiunge, in 40 minuti dal terrazzo roccioso, un ampio pianoro dove si scorge più a sinistra, un vecchio fontanile senza acqua (foto n. 9; 358864,6 E – 4750060,2 N, 1440 m.)
Dal fontanile si aggira il pendio verso sinistra tenendosi dapprima in quota per circa 200 metri quindi scendendo lievemente in corrispondenza di una caratteristica fila di piante poste ad una certa distanza l’una dall’altra.
Si traversa su terreno ripido a circa 100 metri sotto ad un classico campanile di roccia fino a raggiungere, con una ultima discesa di pochi metri, l’ultima pianta della fila di alberi.
Questa pianta si trova a picco sul Fosso del Balzo che si apre sotto ai vostri piedi (foto n. 11, 30 minuti dal fontanile, 358489,5 E – 4750245,8 N, 1430 m.).
Questo rappresenta il tratto più impegnativo del percorso, si scende con molta attenzione all’interno del fosso tenendosi su dei ginepri (utile una corda e piccozza).
Al momento dell’apertura di questo itinerario il fosso era riempito ancora di neve pertanto abbiamo dovuto prestare particolare attenzione al crepaccio laterale che si era formato nel bordo sinistro del fosso.
Raggiunto il centro del fosso lo si risale per circa 50 metri fino ad uno slargo dove, sotto a delle rocce strapiombanti sulla destra, si nota la traccia di sentiero che continua al sua traversata nel versante opposto (358438,9 E – 4750255,7 N, 1450 m.).
Si prosegue su tracce di sentiero sotto a pareti rocciose salendo lievemente per riprendere delle tracce più in alto che permettono di scavalcare attraversando con saliscendi, altri tre canali posti in successione sempre su terreno ripidissimo per cui prestare moltissima attenzione (foto n. 13).
Ci si mantiene in quota per altri due canali quindi si sale lievemente in direzione di un piccolo nucleo di faggi (358038 E – 4750348,1 N, 1535 m.) oltre il quale, con 40 minuti di cammino dal fosso, su un evidente ghiaione, si nota una netta linea di sentiero che occorre raggiungere (foto n. 14, 357849,6 E – 4750340,1 N, 1545 m.).
Una volta arrivati al ghiaione, nei pressi del M. Lieto, le difficoltà sono finalmente terminate.
Scendere liberamente tra prati ed arbusti di ginepro tenendosi verso destra in direzione di un evidente sentiero posto molto più a valle, che sale dal bosco della Frondosa alla fonte dell’Acero (30 minuti).

Discesa: dal sentiero si continua in discesa e si giunge così alla Fonte di S. Maria, (357937,5 E – 4749715,2 N, 1360 m.) si continua la discesa per l’evidentissimo sentiero che poi, più a valle, prima di addentrarsi nel
bosco della Frondosa, si trasforma in un ampio tratturo.
In circa un’ora si scende alla strada, nei pressi de “il canale” dove è presente un’area pic-nic e da qui all’auto posta 200 metri più a valle.

GIANLUCA CARRADORINI – FAUSTO SERRANI – BARTOLAZZI BRUNO

15 GIUGNO 2015

1- Vista dalla cresta rocciosa in uscita dal bosco, sotto ai nostri piedi la strada e Foce con il laghetto in alto a destra .
2- la prima parte dell’itinerario, la neve facilita l’individuazione dei sentieri all’interno dei boschi
3 – Dettaglio della cresta rocciosa, la seconda parte dell’itinerario, da qui in poi iniziano le difficoltà.
4 – La parte centrale dell’itinerario, la traversata da brivido.
5 – Dettaglio della parte centrale della traversata, nel tratto meno evidente dopo il fontanile.
6- Dettaglio della parte centrale della traversata con i quattro canali consecutivi
7- Dettaglio dell’ultima parte della traversata, gli ultimi canali, il nucleo boschivo fino al ghiaione.
8-La ripida traversata dalla cresta al circo roccioso di salita, sullo sfondo la Valle del Lago di Pilato
9- Il vecchio fontanile
10- Il centro del Fosso del Balzo a fine giugno 2015 ancora riempito di neve e l’ultimo albero a sinistra.
11- Superato il Fosso del Balzo e guardando indietro si osserva il campanile roccioso e la fila di alberi che bisogna seguire nella prima parte della traversata con l’ultimo albero a picco sul fosso.
12- I torrioni della zona denominata “La Banditella” dominano dall’alto tuta la prima parte del percorso
13- Traversata del terzo canale dopo il Fosso del Balzo, la traccia è appena percettibile.
14- Il ghiaione finale con il sentiero fin troppo evidente, sullo sfondo le pareti est di sasso di Palazzo Borghese ed il ghiaione della zona Fonte dell’Acero – Ramatico sotto a Cima Vallelunga.
Pianta satellitare del percorso:
PERCORSO GIALLO: DISCESA
PERCORSO ROSSO: ITINERARIO PROPOSTO



SASSO SPACCATO E CIMA DI PRETARE DALL’IMBUTO DEL VETTORE

      

L’itinerario proposto, percorso il 27 settembre 2014, non descritto in altre guide, permette di raggiungere l’enorme scoglio isolato denominato “Sasso spaccato” che incombe sopra al paese di Colleluce di Montegallo, nel versante nord-est della Cima di Pretare, attraversando, su resti di un vecchio tracciato, tutto l’imbuto del Monte Vettore (Fosso di Casale) ad una quota compresa tra 1600 e 1800 metri.

Il percorso è uno dei più
spettacolari della catena dei Monti Sibillini, davvero incredibile, è
consigliato esclusivamente ad escursionisti allenati ed esperti che
siano in grado di muoversi con sicurezza su terreni erbosi molto ripidi e che
conoscono bene la montagna in quanto il tracciato è esile e in alcuni tratti
non più visibile, recentemente è stato segnalato con bolli rossi.

Mentre è assolutamente
sconsigliato in inverno per la ripidezza dei pendii ed il rischio di slavine
che essi comportano.

Da questo versante si
sono staccate le più grandi e disastrose valanghe della storia dei Monti
Sibillini.

Nel 1929 una valanga dal
fosso di Colleluce giunse fino ai pressi del paese di Balzo, nel 1934 dal fosso
di Casale distrusse l’omonimo paese di cui sono visibili ancora i ruderi,
provocando anche diversi morti.

1- L’itinerario completo per il Sasso Spaccato, attraverso l’imbuto nord del M. Vettore.

Accesso: La traccia di sentiero che dal Fosso
di Colleluce si addentra nell’imbuto del M. Vettore può essere raggiunto da due
punti distinti.

1- L’accesso più lungo prevede il
raggiungimento con l’auto della frazione di Colleluce di Montegallo. Si
prosegue a sinistra per una diramazione quindi dopo circa 500 metri si devia a
destra su strada dissestata fino a S. Maria in Pantano dove si parcheggia.

2- L’itinerario per il Sasso Spaccato, attraverso l’imbuto nord del M. Vettore, tratto iniziale.

2- L’accesso più breve ma non meno impegnativo
prevede, da Colleluce, il proseguimento della strada per Casale quindi
raggiunto il greto del Fosso di Casale, si parcheggia in corrispondenza di uno
slargo a sinistra del fosso.

3- L’itinerario per il Sasso Spaccato, attraverso l’imbuto nord del M. Vettore, tratto finale.

Descrizione itinerario di accesso 1: Dalla chiesa di S. Maria in Pantano
(361154,7 E – 4745575 N; 1180
m.) si prende l’evidente tratturo segnalato che sale
verso monte in direzione del M. Vettore (sentiero n°4).

Evitata una deviazione a sinistra
dopo 20 minuti e una a destra subito, dopo si continua per tornanti su sentiero
poco evidente che gradualmente si sposta verso sinistra.

Dopo circa 1 ora si raggiunge la
Fonte del Pastore (360293,1 E – 4745282,6 N; m. 1540) posta sotto a dei
caratteristici massi di conglomerato.

Dalla fonte, anziché salire verso
sinistra per l’evidente classico sentiero segnato (n° 4) che arriva fino alla
cima del M. Vettore, traversare in quota nettamente verso sinistra per
affacciarsi nel Fosso di Casale.

Qui si noterà una traccia di sentiero
(360395,4 E – 4745094 N; 1490
m.) che, tra ginepri e alberi isolati, attraversa
diversi canali erbosi per dirigersi sempre più marcatamente all’interno del
fosso.

Andando avanti il pendio del versante
est del M. Torrone si fa sempre più ripido pertanto occorre fare molta
attenzione.

Prima di raggiungere il Fosso di
Casale il sentiero si fa netto ed intagliato nella roccia su pendenze molto
elevate.

Superato il fosso caratterizzato da
una debole ruscellamento, si prosegue su pendio che man mano si fa meno ripido,
per uscire su ampi prati sopra al bosco compreso tra il Fosso di Casale e il
Fosso di Colleluce, dove la traccia si perde.

Ci si mantiene qualche decina di metri sopra al bosco per affacciarsi verso il Fosso di Colleluce e quindi al grande imbuto nord del M. Vettore (40 minuti). Questo è il punto di partenza del vecchio sentiero per il “Sasso Spaccato” (360156,3 E – 4744028,8 N; 1600 m.) che è raggiunto anche dal seguente itinerario 2.

Descrizione itinerario di accesso 2: Dallo slargo nei pressi del greto
del Fosso di Casale, (360948,5 E – 4744621,6 N; 1110 m.) parte a sinistra un
tratturo che si addentra nel bosco ed utilizzato per la ceduazione.

Con numerosi tornanti, faticosamente,
si sale nel bosco fino a raggiungere, dopo circa 1,5 ore una radura e quindi i
prati sommitali dove si intercetta, da destra, l’itinerario 1 (360156,3 E –
4744028,8 N; 1600 m.)
.

Descrizione itinerario per il “Sasso
spaccato”: Dal
ripiano erboso posto sopra al bosco tra il Fosso di Colleluce ed il Fosso di
Casale, raggiunto con entrambe gli itinerari proposti, si costeggia il bosco
verso destra fino ad affacciarsi nel grande imbuto nord del M. Vettore.  Qui, in lieve salita si notano delle tracce
di sentiero, attualmente segnate con bolli rossi, che si dirigono verso
l’imbuto.

Si prosegue in quota attraversando
diversi canali ghiaiosi e pendii molto ripidi facendo molta attenzione.

La traccia si dirige nel cuore
dell’imbuto verso l’unico arbusto (359924,1 E – 4743342,2 N; 1750 m.) presente nel suo
interno battuto dalle grandi slavine invernali, passando circa 150 metri sotto alla
fascia di rocce che interrompe in alto i ripidissimi canali che scendono dalla
cima del M. Vettore.

Si raggiunge quindi l’arbusto e la
traccia, qui più visibile, traversa in lieve salita in direzione del “Sasso
spaccato”, il versante nord della Cima di Pretare.

Si passa sotto a degli scogli (bollo
rosso) e supera così un terrazzino erboso molto esposto oltre il quale il
sentiero sale nettamente verso la cima del Sasso spaccato.

Si raggiunge così la sella erbosa (360313,9
E – 4743038,8 N; 1870 m.)
sopra alla cima del Sasso Spaccato , oltre la quale si apre la maestosa visione
della parete est della Cima di Pretare che si innalza ripidissima di fronte
(foto n°5).

Scendendo lievemente per cresta rocciosa si raggiunge la cima del Sasso Spaccato, caratterizzata da liscissime placche rocciose, (fare molta attenzione) con una incredibile vista aerea sulle varie frazioni di Montegallo.

4 – Il tratto di traversata molto ripida prima dell’imbuto nord, in alto la cima del M. Vettore.

Discesa: Per una rapida discesa si percorre l’itinerario
di salita al Sasso spaccato fino al margine del bosco tra i due fossi per poi
proseguire per uno dei due itinerari di raggiungimento percorsi.

Altrimenti, per chi ha fiato e ben
allenamento e soprattutto una buona esperienza di salita su terreni ripidi, può
salire fino alla sovrastante Cima di Pretare.

Per questo tratto è consigliabile
portarsi una piccozza anche d’estate per maggiore sicurezza.

Dalla sella del Sasso Spaccato
proseguire la cresta erbosa in salita, girare verso sinistra per 50 metri per aggirare un
bastione roccioso, ben visibile nella foto n.5, quindi salire verticalmente nel
canale ghiaioso centrale fino ad una fascia di rocce che delimitano la cresta a
destra.

Traversare con molta attenzione a
destra 50 metri
sotto alle rocce per uscire direttamente nella cresta  erbosa terminale.

Dalla cresta di uscita si continua su
erba e tratti rocciosi facili ma piuttosto ripidi fino alla Cima di Pretare.

Da qui per ampio crestone che collega
la Cima di Pretare alla cima del M. Vettore si intercetta, verso destra,  il sentiero n. 4 che sale da S. Maria in
Pantano da cui si ridiscende. 

5 – La sella erbosa sopra al Sasso Spaccato, di fronte il ripido versante est della Cima di Pretare con l’itinerario della salita proposta
6- Verso l’imbuto del Vettore la cui cima è visibile in alto.
7- Il Fosso di Casale sotto ai nostri piedi.
8- Uno dei tratti più scoscesi nella traversata dell’imbuto
9- Superato l’imbuto del Vettore ci avviciniamo a Sasso Spaccato.
10- Sasso Spaccato si fa sempre più vicino.
11- Montegallo visto dalla cima di Sasso Spaccato.
12- Il Monte Vettore visto da Sasso Spaccato.
13 – La cima del Sasso Spaccato, tra la spaccatura a destra, il paese di Balzo di Montegallo.
14- Il ripido versante est di Cima di Pretare
15- Il versante Nord di Cima di Pretare e Sasso Spaccato.

GIANLUCA CARRADORINI  – FAUSTO SERRANI – BARTOLAZZI BRUNO                                                    27 SETTEMBRE 2014

PIANTA SATELLITARE DEL PERCORSO.
PERCORSO GIALLO: RAGGIUNGIMENTO
PERCORSO ROSSO: ITINERARIO PROPOSTO
PERCORSO VERDE: DISCESA



MONTE ZAMPA PER LA CRESTA NORD-EST.

Il 21 Ottobre 2017 abbiamo risalito la ripidissima cresta del versante nord-est del Monte Zampa che sale dalla Valle dell’Infernaccio a monte di Valleria.

La cresta presenta tre
caratteristici ripiani suddivisi da tratti quasi verticali, si sale su un
ambiente grandioso con la verticale parete nord del Monte Zampa che domina
sempre sul versante destro di salita.

Itinerario inedito, piuttosto
impegnativo sia per lunghezza che per dislivello (800 metri), è adatto solo ad
escursionisti esperti che si sanno muovere su terreno molto ripido in quanto
presenta tratti di arrampicata su erba e roccette che rasentano la verticalità.

Accesso:

L’itinerario prevede come base di partenza
la frazione di Isola San Biagio di  Montemonaco
 facilmente raggiungibile in auto dal
capoluogo sia per la strada per il Monte Sibilla sia per la strada per
l’Infernaccio.

Avvicinamento:  

Da Isola S. Biagio si
prende una stradina asfaltata che passa nelle case più in alto del paese dove
al suo termine parte un tratturo sterrato in piano che si dirige verso Nord. (361841,3
E – 4752191,8 N; 950 m.).

Il tratturo si snoda quindi
in lieve salita verso nord, dopo circa 650 metri m si superano due tornanti
sempre in salita.

Giunti ad una netta curva
in un ripiano erboso (30 minuti; 361539,6 E – 4753102,7 N; 1130 m.) si lascia
il tratturo principale che si dirige verso un edificio situato nei prati più in
alto.

Si devia quindi a destra
per un tratturo in piano meno transitato in direzione Nord-ovest che più avanti
si addentra nel bosco .

Lo si percorre per circa
un chilometro tralasciando eventuali varianti in salita o in discesa meno
frequentate fino a che non diventa un sentiero poco visibile,  che sempre in piano ed in circa altri 500
metri (30 minuti) conduce di fronte alla cresta rocciosa di salita (360498,5 E
– 4753925,5 N; 1170 m.).

Descrizione:

Raggiunta la cresta si
apre subito una grande spaccatura che scende verso Valleria (attenzione).

Si risale la spaccatura
passando sui ripidi prati a sinistra per riprendere il filo di cresta rocciosa.

Si è raggiunto così il
primo ripiano.

Sempre seguendo il filo
di  resta si risale il primo tratto molto
ripido tra alberi, erba e roccette.

Si giunge al secondo
ripiano  (360374,1 E – 4753843 N; 1235
m.) caratterizzato da una sottile cresta rocciosa che fornisce visioni
mozzafiato sulla parete nord del Monte Zampa e su tutta la Valle
dell’Infernaccio con alle spalle il selvaggio versante sud-est de Il Pizzo e
della Priora (foto n.5).

            Dal
ripiano parte l’ultimo tratto di salita (foto n.6) più impegnativo che devia in
alto nettamente verso destra.

            Percorsa
tutta la cresta rocciosa del secondo ripiano ci si innalza dapprima lentamente poi
su terreno sempre più ripido verso il terzo ripiano.

            Si
superano gli ultimi alberi e si raggiunge una fascia rocciosa che rasenta la
verticalità (foto n. 10).

Si risale proprio sul
filo di cresta su un canalino erboso intervallato da roccette (foto n.11-12)
facendo molta attenzione all’erba (falasco) scivolosa, in questo tratto può
essere utile una piccozza.

Superato questo tratto
più impegnativo dell’intera salita ci si ritrova su facile pendio erboso fino a
raggiungere il terzo ripiano (foto n. 14; 360263,7 E – 4753653,2 N; 1420 m.) che
rappresenta la cima della parete nord del Monte Zampa che incombe sulla Valle
dell’Infernaccio.

Questo ripiano è stato
raggiunto anche dall’itinerario n.8  della traversata del versante nord del Monte
Zampa, proposto nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” Anno 2014.

            Il
ripiano è un vero e proprio terrazzo sospeso sopra la Valle dell’Infernaccio.

Il panorama che si vede
da qui è mozzafiato, si è praticamente 500 metri di dislivello in verticale
sopra la parcheggio di Valleria per l’Infernaccio (attualmente chiuso alle
escursioni), di fronte al Romitorio di San Leonardo la cui foto n.17 sicuramente
non è riportata in alcun libro in commercio dei Monti Sibillini.

             Dal ripiano erboso si percorre la cresta fino ad
incontrare a destra una traccia di sentiero che taglia in alto l’imbuto che si
apre sulla destra e che è stato percorso dall’itinerario n.6 descritto nel mio
secondo libro  (foto n.16) e quindi si
prosegue facilmente per il lungo e ripido pendio che sale in direzione sud che
in altri 30 minuti conduce alla cima del Monte Zampa (360276,8 E – 4752783,3 N;
1790 m.).

Discesa:

Dalla cima del Monte Zampa si scende
per classico itinerario di salita per la cresta M. Zampa – M. Sibilla, in 20 minuti
raggiunge il Rifugio Sibilla.

Dal rifugio si percorre la strada in
discesa per 50 metri fino al primo tornante che si incontra.

Dal tornante (360653 E – 4752103,8 N;
1520 m.)  ci si affaccia nei prati
sottostanti dove parte un sentiero appena accennato ma recentemente segnalato
con numerosissimi bolli rossi a terra che, passando sotto a caratteristici
massi (foto n.20; 361106 E – 4752613 N; 1300 m.), in circa 40 minuti conduce velocemente
e facilmente al tratturo di salita in corrispondenza della curva su un ripiano
erboso dove all’andata si è deviato a destra.

Quindi per la strada sterrata di
salita in altri 15 minuti si giunge ad Isola S. Biagio.

GIANLUCA
CARRADORINI            – FAUSTO
SERRANI             21
OTTOBRE 2017

1-La caratteristica cresta nord-est del Monte zampa vista dalla strada per Rubbiano con il percorso di raggiungimento (giallo) e di salita (rosso).
2- la sommità del primo ripiano, in basso si nota la strada Rubbiano – Parcheggio di Valleria
3- Il tratto molto ripido (pendio > 45°) con alberi, erba e roccette per raggiungere il secondo ripiano.
4- la parete nord del Monte Zampa, anch’essa sconvolta dal terremoto dell’Ottobre 2016 con tre visibili frane tiene compagnia nel lato destro per tutta la salita. A destra, ancora in ombra, il Romitorio di San Leonardo.
5- L’aerea cresta rocciosa che caratterizza il secondo ripiano, sullo sfondo il versante sud-est de Il Pizzo e dietro emerge il Monte Amandola con il Balzo Rosso.
6- L’ultimo tratto di ripidissima salita prima del terzo ripiano, in alto sotto alla cima (freccia) si nota il tratto roccioso più impegnativo, a destra la verticale parete nord del Monte Zampa.
7- Il tratto terminale del secondo ripiano con l’inizio dell’ultimo tratto di salita che si fa sempre più ripido, Fausto lungo per terra non è caduto, sta facendo una foto alle pareti verticali sottostanti.
8

8 – 9- Fasi di salita al
terzo ripiano, il pendio si fa sempre più ripido 

9
10- Giunti sotto il tratto verticale roccioso (foto n.6) si risale il canalino erboso a destra di fianco alla cresta.
11- Sotto al canalino roccioso di salita, si nota nettamente l’elevata pendenza della cresta.
12- Fausto impegnato nel superamento del tratto verticale più impegnativo dell’intera salita, in fondo la strada Rubbiano – Parcheggio di Valleria
13- Terminato il tratto più impegnativo si contempla la salita effettuata
14- Giunti sul terzo ripiano rimane da salire l’ultima facile cresta erbosa a sinistra che conduce alla cima di Monte Zampa non ancora visibile.
15- Il versante est del Monte Priora con il profondo vallone de Il Rio.
16- La sommità del terzo ripiano corrispondente alla cima della parete nord del Monte Zampa, a destra, completamente illuminata, la cresta oggetto della salita.
17- La cima della foto n.16 dove ci troviamo noi proietta la sua ombra sotto al Romitorio di San Leonardo, sembra quasi di toccarlo con le mani.
18- Il versante nord del Monte Sibilla con la cresta illuminata dal sole descritta nel nostro itinerario n.34 -2017.
19- Il ripido versante nord-ovest del Monte Zampa dove corre il nostro itinerario n.8 riportato nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” Anno 2014.
20-Caratteristici massi nel sentiero di discesa  (cerchio rosso nella cartina satellitare).

CARTA
SATELLITARE DEL PERCORSO CON:

GIALLO: Percorso di avvicinamento

ROSSO: Percorso proposto

VERDE: Percorso di discesa




LE GROTTE DELLA COSTA LA MONNA – VERSANTE SUD EST DEL MONTE VETTORE.

Il 21 giugno 2018 abbiamo
esplorato due cavità presenti nel selvaggio versante sud-est del Monte Vettore,
oltre alla ben più conosciuta Grotta delle Fate presente nella zona denominata
Aia della Regina il cui itinerario di raggiungimento è descritto unicamente nel
mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” (Anno 2014), sebbene viene indicata
sulle principali carte topografiche dei Monti Sibillini in commercio.

Come di consueto anche
questo itinerario per raggiungere le due cavità esplorate non è descritto in
alcuna guida dei Monti Sibillini in commercio.

L’itinerario proposto è adatto
ad esperti escursionisti in quanto presenta qualche difficoltà tecnica dovuta
ai ripidi pendii erbosi che bisogna percorrere per il loro raggiungimento.

Accesso: L’itinerario prevede come base di partenza
la località Piè Vettore, da dove inizia il Sentiero dei Mietitori, che si
raggiunge in auto dopo 500 metri da Forca di Presta scendendo verso Pretare –
Montegallo con attenzione per la strada ancora dissestata dal terremoto
dell’ottobre 2016, infatti  proprio in
questo tratto la faglia attraversa la strada in corrispondenza del canale est
del Monte Vettoretto. (vedi scheda itinerario n.24 M. Vettore per il canale
della Faglia).

Trecento metri prima del
primo tornante si nota sulla sinistra un primo nucleo boschivo e sulla destra
un ampio piazzale dove si parcheggia.

Nel prato pianeggiante
sopra strada una volta erano presenti dei pali che segnavano l’inizio del
“Sentiero dei mietitori” (358827 E – 4739979 N, 1380 m.).

Descrizione: Si percorre il sentiero dei
Mietitori per circa 200
metri quindi, senza percorso, si risale per altri 200 metri di dislivello
il pendio verso nord-ovest caratterizzato da arbusti nani di ginepro e uva
orsina in direzione del Canalone del Mezzi Litri che scende dal pendio
sottostante la Forca delle Ciaole.

L’imbocco del canalone è
caratterizzato da ghiaioni di breccia rossastra e blocchi di conglomerato posti
a strati nella sponda sinistra (358801 E – 4740792 N, 1560 m.) .

Proprio alla base di tali blocchi inizia verso destra in direzione nord in salita una traccia di sentiero indicato con frequenti omini di pietra che man mano si fa più evidente (25 minuti dall’auto).
            Il sentiero diventa pianeggiante ed inizia ad attraversare una bellissima zona caratterizzata da spuntoni rocciosi sparsi a valle e a monte.

            Dopo circa 400
metri dall’inizio del sentiero nel Canale dei Mezzi Litri, si raggiunge un ampio
canale (40 minuti dall’auto), caratterizzato da due grossi alberi (i più grandi
della zona, 358992 E – 474107 N, 1615 m.) posti quasi alla stessa quota,  uno sopra e l’altro sotto al sentiero, oltre
il quale gli alberi finiscono.

1– Il tratto iniziale del Sentiero della Costa la Monna
2- Il tratto centrale del Sentiero della Costa la Monna con il doppio tracciato per raggiungere la prima grotta.
3– Il particolare del Sentiero della Costa la Monna da dove si sale per raggiungere la prima grotta esplorata.

Superati i due alberi si
incontra un canalino con fondo ghiaioso che si risale fin quasi al termine
della barriera rocciosa sovrastante caratterizzata da un torrione franato dal
terremoto (foto n.2-3).

In corrispondenza di un
alto torrione sulla destra si traversa sotto di esso  fino ad intercettare l’ingresso della prima
grotta esplorata (vedi foto n.3, 359001,6 E – 4741246,5 N; 1725 m.).

La grotta, profonda pochi
metri, si può raggiungere anche oltrepassando i due alberi fino al canale
successivo dove finiscono le formazioni arboree quindi risalendo il ripido
pendio erboso della sponda destra del canale per poi deviare nettamente verso
sinistra verso l’alto torrione che forma la grotta da visitare (vedi foto n.2).

Questo secondo percorso
si può utilizzare per ridiscendere dalla grotta al sentiero della Costa la
Monna.

Raggiunta la traccia di
sentiero si prosegue in lieve salita al di sopra del rimboschimento di pini che
caratterizza la parte bassa della montagna, fino a raggiungere, in altri 30
minuti, un ampio canalone roccioso, caratterizzato da immense placche rocciose
coricate tra cui si snoda il sentiero, denominato “canale diretto alla vetta”
(359470 E – 4741669 N; 1735 m.)  in
quanto percorso da una via invernale che raggiunge la cima del Monte Vettore.

In questo tratto il
sentiero si snoda su terreno molto ripido e insidioso per gli accumuli di frana
formatisi dopo il terremoto dell’Ottobre 2016.

Si esce dal canale e si
traversa un ampio prato in forte pendenza 
con vista sulla Piramide fino a raggiungere, sopra al sentiero, un
caratteristico masso isolato che funge da riparo per una pianta (foto n.6).

Oltrepassato  il masso, si prosegue fino a raggiungere un
piccolo pino isolato.

Poco prima del pino (359601,5
E – 4741724,2 N; 1710 m.) si lascia il sentiero che prosegue per l’Aia della
Regina e si scende liberamente nel prato sottostante facendo molta attenzione.

Si devia dapprima verso
destra poi, in corrispondenza di alcune rocce, si devia verso sinistra per aggirare
il torrione che forma la grotta.

Quindi costeggiando il
torrione si raggiunge la grotta di cui si vede prima il tetto di rocce che la
forma (vedi foto n.4-5, 359667 E – 4741673 N; 1645 m.).

Questa grotta è più
ampia, profonda diversi metri e alta almeno sei, fornisce un ottimo riparo per
gli animali della zona.

Visitata la grotta si
risale faticosamente il pendio erboso disceso per ritornare sul soprastante
sentiero quindi o si prosegue verso l’Aia della Regina dove abbiamo costatato
elevate difficoltà e pericoli oggettivi per raggiungere la più grande cavità
della zona,  la Grotta delle Fate
(descritta nel mio secondo libro) per le numerose frane prodotte dal terremoto
dell’Ottobre 2016 (in questo tratto consigliata una corda e chiodi da roccia
per scendere verso la placconata dell’Aia della Regina) oppure si ritorna
indietro verso l’auto per lo stesso itinerario.

Ritorno: Si ripercorre il Sentiero della
Costa la Monna fino all’auto.

4– Il tratto finale del Sentiero della Costa la Monna compreso tra il Canale diretto alla Vetta e l’Aia della Regina ed il tracciato per raggiungere la seconda grotta esplorata.
5– Il particolare del Sentiero della Costa la Monna da dove si scende per raggiungere la seconda grotta esplorata
6– Il masso con alberello oltre il quale si scende per raggiungere la seconda grotta esplorata, il alto a sinistra la cima della Piramide.

7– Il torrione che forma la prima grotta esplorata.
8– L’ingresso della prima grotta esplorata.
9– L’ingresso della seconda grotta esplorata.
10– Le dimensioni dell’ingresso della seconda grotta esplorata.
11– Il paese di Pretare, o quel che ne rimane dopo il sisma dell’Ottobre 2016,  visto dall’interno della seconda grotta esplorata.
11– Due delle numerose grandi frane prodotte dal sisma dell’Ottobre 2016 nel versante Sud-est del Monte Vettore, sullo sfondo in alto la strada di Forca di Presta. 2

CURIOSITA’  BOTANICA.

Nel tratto di sentiero prima del  “Canale diretto alla Vetta”, su un ripido
pendio detritico ad una quota di circa 1700 metri, abbiamo ritrovato una rigogliosa
stazione (molto probabilmente la seconda) di una rarissima pianta dai
graziosissimi fiori rosa, la Ononis cristata Mill. subsp. apennina (Fabaceae).

La specie, endemica delle montagne di
Marche ed Abruzzo, era stata segnalata nel 1987 per il basso versante sud-est
del Monte Vettoretto, a circa 2 chilometri di distanza da questa stazione, ed
in seguito mai più ritrovata.

Pertanto la scoperta di questa
stazione conferma la presenza della specie nei Monti Sibillini.

GIANLUCA CARRADORINI, ANDREA CARRADORINI, STEFANO CIOCCHETTI.

21 giugno 2018

13– Il ripido pendio detritico prima del Canale Diretto alla Vetta, a destra, caratterizzato da grandi placche rocciose appoggiate, dove è stata ritrovata la Ononis cristata.
14- Il ripido pendio detritico prima del Canale Diretto alla Vetta dove è stata ritrovata la Ononis cristata, a sinistra sullo sfondo i Monti della Laga.
15

15- 16 – La graziosissima Ononis cristata Mill. subsp. apennina.

15