MONTE ARGENTELLA – Canale Ovest da Pian Perduto per San Lorenzo.
Nonostante l’inverno avaro di neve, il 20 aprile 2024, in condizioni pienamente invernali con tanto di nevicata a tratti, abbiamo completato le salite delle creste e canali del Monte Argentella salendo il canale Ovest partendo dal Pian Perduto passando per il San Lorenzo, con un percorso di circa 10 chilometri andata e ritorno e 900 metri di dislivello.
La salita del canale Ovest è facile, prettamente invernale, anche questa non è riportata in bibliografia ed è consigliata a chi ha superato la fase propedeutica con la montagna invernale e vuole iniziare ad approcciarsi con salite più ripide.
Il canale, oltre il bosco di San Lorenzo, nella prima parte è caratterizzato da una strettoia con una parete rocciosa laterale molto liscia per poi allargarsi di più man mano che si sale fino a diventare un ripido pendio con pendenze costanti tra i 40 e i 45°.
ACCESSO: Si raggiunge in auto il Pian Perduto di Gualdo di Castelsantangelo e si parcheggia in una delle aree di sosta di lato alla strada.
DESCRIZIONE: Dalla strada si attraversa a piedi tutto il Pian Perduto in direzione Nordest verso la Portella del Vao che permette di immettersi nella Valle di San Lorenzo, dopo circa 40 minuti e 3 chilometri di prati si raggiunge la Fonte di San Lorenzo.
Dalla Fonte si prosegue il vallone erboso a monte in lieve ma costante salita in direzione dell’evidente canale Ovest del Monte Argentella fino alla strettoia rocciosa caratterizzata da un’alta parete verticale a destra. Si prosegue nel canale che subito si impenna, la prima parte del canale è caratterizzato da sponde rocciose che si allargano man mano che ci si innalza.
Si supera il sentiero che taglia il pendio, in piano, proveniente dalla Capanna Ghezzi, e si prosegue sempre dritti nel canale che diventa meno inciso per trasformarsi in un ripido pendio con pendenze costanti di 40-45 gradi fino a raggiungere l’Antecima Ovest del Monte Argentella.
Dall’Antecima si discende un po’ per poi risalire e con altri 400 metri si raggiunge la cima del Monte Argentella, a 2175 m.
DISCESA: Dalla cima del Monte Argentella si può scendere rapidamente dirigendosi in direzione del Monte Palazzo Borghese per prendere il Canale di San Lorenzo situato verso Nordovest sotto alla Anticima Ovest.
Di seguito le immagini della salita.
IL COMPLESSO DELLE GROTTE DI ABETO – PRECI
Sulle pendici Ovest della Montagna di Civita, a circa 2 chilometri dalla frazione di Fiano di Abeto, nel comune di Preci e a circa 500 metri dal confine del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, in una scarpata della strada si aprono queste interessanti grotte.
Denominate “complesso delle Grotte di Abeto”, sono 7 cavità naturali fortemente rimaneggiate dall’uomo nell’antichità, come ben osservabile dall’ingresso della Grotta A che assomiglia ad una vera e propria tomba dotata di una enorme pietra fungente da architrave e dalle Grotte C e F che presentano dei vani interni opposti decisamente scavati a mano che sembrano dei siti sepolcrali paleocristiani.
Al loro interno anni fa sono stati anche trovati manufatti preistorici.
ACCESSO: Facilissimo, da Norcia si percorre la Strada Provinciale 476/2 in direzione di Preci. Dopo circa 4 chilometri in salita, giunti all’incrocio per Abeto-Todiano, si gira a destra per la strada Provinciale 475.
Dopo circa 2 chilometri, in vista di Fiano di Abeto e della sottostante bellissima valle coltivata, si incontra una strada sterrata sulla destra dove si parcheggia.
In teoria le cavità sono raggiungibili anche in auto ma poi si trova difficoltà a parcheggiare nei pressi.
Dall’incrocio si prosegue la strada sterrata in piano per circa un chilometro fino alle grotte che si aprono sulla scarpata destra della stessa strada.
Per individuare le 7 cavità si consiglia di partire dall’ultima che si incontra, che è la Grotta A in quanto le cavità H e I sono dei semplici saggi di scavi ormai riempiti di detrito e di difficile riconoscimento. Come visibile dai rilievi di seguito allegati, hanno ingressi, forme, profondità ed altezze molto diverse.
In alcune si entra strisciando, in altre ci si può stare anche in piedi, il loro fascino è legato proprio a questa variabilità che presentano.
Sono facilissime da raggiungere ed esplorare, non richiedono attrezzatura ad esclusione di un caschetto e di una frontale e possono essere visitate da chi vuole iniziare un approccio con il meraviglioso mondo sotterraneo.
Vista la brevità del percorso e la vicinanza con la Grotta di Patino, già descritta nel presente blog, si consiglia di accoppiare le due escursioni in giornata con un breve spostamento in auto.
Di seguito le immagini delle 7 grotte:
LA GROTTA “A”
LA GROTTA “B”
LA GROTTA “C”
LA GROTTA “D”
LA GROTTA “E”
LA GROTTA “F”, la più ampia e alta, dotata di 6 cavità laterali parallele.
LA GROTTA “G”
LA SALAMANDRINA DI SAVI
Scomparsa per diverso tempo da un sito di cui non rivelo l’ubicazione per salvaguardare la rara specie dove l’avevo trovata tempo fa, a seguito di una sistemazione di una strada di montagna apparentemente inutile nel gruppo Nord dei Monti Sibillini, fortunatamente è ritornata nel suo habitat la Salamandrina di Savi.
La salamandrina dagli occhiali settentrionale (Salamandrina perspicillata Savi), detta anche salamandrina di Savi, è un anfibio caudato della famiglia Salamandridae, molto simile alla Salamandrina terdigitata, dalla quale è stata separata nel 2005 in base a studi genetici.
La Salamandrina di Savi presenta testa piuttosto lunga ed occhi sporgenti, coda più lunga della testa e del corpo, parti superiori brunastre o nerastre con macchia più o meno triangolare sul capo gialla o vermiglia, ventre pallido con macchie scure, gola nera e parti inferiori delle zampe e della coda degli adulti rosso brillante. Gli adulti misurano dai 7 agli 11 cm di lunghezza, coda compresa. Il carattere distintivo rispetto agli altri urodeli europei è la presenza di quattro dita sulle zampe (anziché 5).
È endemica dell’Italia a nord del fiume Volturno, più frequente sul versante tireenico. A nord è diffusa fino in Liguria. Frequenta principalmente zone montuose e collinari degli Appennini, solitamente tra i 200 m e i 900 m di altitudine.
Vive in aree forestali con abbondante sottobosco solcate da ruscelli privi di ittiofauna predatrice.
Nonostante la protezione formale, questo anfibio risulta essere minacciato da una gestione non corretta degli habitat naturali (alterazione degli ecosistemi forestali, estese ceduazioni lungo impluvi e vallecole, captazioni senza rilascio del minimo deflusso vitale, rilascio di ittiofauna aliena, attività escursionistiche estreme come il torrentismo, ecc.
L’habitat di forra umida dove vive la Salamandrina di Savi.
MONTE FRASCARE – Una escursione fuori dagli schemi.
Il Monte Frascare, 1278 metri, è situato nel gruppo Nordest dei Monti Sibillini, in una zona dimenticata e poco conosciuta, compresa tra il Monte Montioli e il Monte Corvo, delimita la testata del Rio Fessa, di fronte alla Grotta dei Frati, lo si ritrova con difficoltà nelle carte dei Sentieri dei Monti Sibillini in quanto riportato anche semplicemente come zona “Frascare” e non come monte, non è una cima alta, non è un cima particolarmente panoramica, non è una cima difficile, più che una cima è dosso erboso, non c’è una flora o una fauna particolare, non è una cima di passaggio ma occorre andarci appositamente, l’unico lato positivo se lo vogliamo evidenziare è che essendo erboso si presta alla pastorizia e vegetano funghi prataioli in autunno ma del resto come in tutte le montagne di media altezza.
Con queste premesse proporre pertanto una escursione in questa montagna non avrebbe senso se non fosse per il notevole interesse geologico e speleologico che essa presenta.
Tutta l’area tra il Monte Frascare e il Monte Corvo è interessata da una enorme frana con faglie tettoniche aperte e in evoluzione, per questo motivo, insieme alla valle del Fiastrone, vi si trova la più alta concentrazione di grotte e pozzi dei Monti Sibillini anche se non riportata sulla bibliografia.
La cosa è nota ai ricercatori da molti anni e viene monitorata dal Servizio Nazionale Dighe dal terremoto del 1997 per evitare situazioni tipo Vajont.
Nelle pendici del versante Nord del Monte Frascare sono presenti numerose trincee, pozzi e grotte che scendono nel sottosuolo anche per decine di metri, alcune di esse sono ancora in corso di esplorazione.
Dai dati disponibili nel Catasto delle Grotte della Regione Marche nella zona è presente la Grotta di Belvedere (197 MA MC). Da lì, a circa 275 m a NNE si trova il Crepaccio sopra la Testata di Rio Fessa (491 MA MC), di poco più di 5 m di sviluppo; sempre prendendo a riferimento la 197, a 650-700 m a NNO si trovano le grotte 276-275-274 MA MC : Grotta della Macchia – Grotta Franosa – Grotta dell’Elce.
Un ringraziamento a Romina V., Massimo S. per l’aiuto prestato e soprattutto a Patrizio R. che ha fornito un contributo fondamentale per ritrovare alcune delle grotte e ad Andrea B. per le informazioni sulle grotte della zona.
Premetto che la zona presenta numerose aperture nascoste da cespugli di ginepri e quindi occorre fare attenzione a dove si cammina, l’accesso alle grotte è riservato solo ad esperti speleologi in quanto presentano percorsi strettissimi e verticali.
Le grotte verticali più profonde e strette le abbiamo esplorate usando uno “Speleodrone”.
Ometto le coordinate precise perché, come al solito, toglierei il fascino dell’avventura, tanto se le abbiamo trovate noi, anche se con un po’ di fatica, le possono trovare tutti seguendo le indicazioni sommarie e le planimetrie satellitari allegate.
Diffidate dalle indicazioni delle ultime tre grotte presenti su alcuni strumenti di navigazione GPS in quanto le posizionano più in quota, nel versante orografico sinistro del fosso di Rio Fessa, in luogo molto ripido.
ACCESSO ALLA ZONA: La zona si può raggiungere salendo in auto alla Pintura del Ragnolo, qui si incrociano a poca distanza le strade che salgono da San Liberato e, a circa 250 metri verso Nord, da Acquacanina e da Monastero per proseguire in direzione opposta, Sud-ovest, verso i Piani di Ragnolo.
Giunti in particolare all’incrocio della strada che sale da Acquacanina e da Monastero si scende verso quest’ultimo paese per 200 metri fino ad una semicurva dove si parcheggia e dove, di fronte, nel prato pianeggiante, parte un tratturo in direzione Nord come indicato nella planimetria satellitare della foto n.92.
DESCRIZIONE: Si segue il tratturo in piano verso Nord per 450 metri, alla prima deviazione, poco prima di un nucleo boschivo, si prosegue per altri 200 metri verso destra costeggiando a sinistra una fascia boscosa fino a che si incontra una deviazione poco marcata verso sinistra (355098,5 E – 4767537,3 N; 1260 m) che si addentra nel bosco per pochi metri per poi proseguire su prato in discesa, poco più in basso sul prato sulla destra sono presenti dei recinti metallici di stazzi di pastori per questo motivo consiglio di visitare la zona prima del mese di aprile e dopo ottobre per evitare i cani da pastore.
Dopo circa 250 metri di discesa si raggiunge la prima grande faglia di frana che viene tagliata dal sentiero (354955,9 E – 4767812,2 N; 1215 m. foto n.3-4) come indicato nella planimetria satellitare della foto n.93.
Si risale il bordo a valle dove si osservano numerose trincee e pozzi, in particolare nel prato intorno alle coordinate 354896 E – 476733 N, a circa 1215 metri di altezza, si apre il pozzo/grotta di Belvedere, per trovarla si può osservare la foto n.30, fare molta attenzione perché si apre a terra sul prato e non è recintato, abbiamo messo delle pietre di indicazione.
Al ritorno consiglio di percorrere tutto il bordo a valle della faglia fino alla sommità del monte, oltre il termine del bosco, per osservare le varie trincee e pozzi.
Una volta osservata la Grotta di Belvedere si scende nella faglia fino a riprendere il sentiero, si può scendere ancora nel canale per altri 50 metri per osservare il punto di monitoraggio della frana (foto n.29) ma per poi risalire un po’ e poi si devia sul prato sopra al bosco verso la testata del Rio Fessa fino a raggiungere un canale pietroso che si scende rientrando nel bosco ed al di sotto del quale si apre il Crepaccio sopra la Testata di Rio Fessa (foto n.52), si trova intorno alle coordinate 354892 E – 4767945 N, ad una altezza di circa 1155 metri, l’unico che presenta un accesso facile ma occorre una corda per risalirlo.
Terminata la visita di questo crepaccio si risale il bosco fino al prato sommitale, caratterizzato da numerosi ginepri e rovi, per traversarlo in piano per circa 200 metri in direzione della cresta erbosa che delimita il versante orografico sinistro del Rio Fessa (354696,6 E – 4768035 N; 1105 m.) come indicato nella planimetria satellitare della foto n.93.
Si prosegue in discesa la cresta erbosa che a destra scende ripidissima verso il fosso per circa 350 metri fino a che, nel bosco del versante destro si notano dei solchi-canali che scendono paralleli verso valle, qui si scende e, tra gli alberi, si inizia la ricerca delle tre cavità: Grotta della Macchia (foto n.59 i poi) – Grotta Franosa (foto n.71 in poi) – Grotta dell’Elce (foto n.75 in poi), in successione di discesa.
Esse si trovano nei dintorni delle coordinate 354682,5 E – 4768322 N; intorno a 1055 metri di altezza.
In alternativa, se si hanno difficoltà a ritrovarle, si prosegue la cresta erbosa in discesa fino a trovare un piccolo edificio di captazione di un acquedotto (354679,5 E – 4768429 N; 1025 m.).
Dalla casetta si ritorna indietro risalendo la cresta ma passando dentro al bosco a sinistra fino ad incontrare i solchi-canali e quindi le cavità.
RITORNO: Si risale la cresta erbosa in direzione della grande faglia sommitale visibile anche dal basso fino a riprendere il sentiero che la attraversa.
Una volta raggiunta la grande fagli consiglio di percorrere tutto il suo bordo a valle fino alla sommità del monte, in direzione Sudovest, oltre il termine del bosco, per osservare le varie trincee e pozzi.
Una volta raggiunti i prati sommitali e si è in vista del Monte Montioli si può deviare vero Sud per raggiungere anche la chiesetta di Santa Maria Maddalena ( foto n. 85 in poi) adesso trasformata ad un ricovero per pastori.
Quindi in direzione Est per ampi prati si ritorna all’auto
LE FAGLIE E I CREPACCI
GROTTA DI BELVEDERE
IL CREPACCIO DELLA TESTATA DI RIO FESSA
GROTTA DELLA MACCHIA
GROTTA FRANOSA
GROTTA DELL’ELCE o forse Grotta della Felce visto che all’ingresso sono presenti delle felci
LA CHIESETTA DI SANTA MARIA MADDALENA
MONTE VENTOSOLA – GROTTA LALLA AL MONTE CALLARELLE – MONTE CASTELLACCIO
Il 21 gennaio abbiamo raggiunto in auto il Valico di Castelluccio quindi abbiamo proseguito a piedi in direzione Nord-ovest per evidente tratturo, con forte vento e scarsissimo innevamento, in direzione del Monte Ventosola.
Quindi scendendo dalla cima del Monte Ventosola, oggi dal nome quanto mai azzeccato, si prosegue verso la cresta del Monte Callarelle visitando la piccola Grotta Lalla che al suo interno ci ha consesso una breve tregua dal vento.
Quindi abbiamo ripiegato verso la sella tra il Monte Castello ed il Castellaccio, risalito la cresta di quest’ultimo e scesi di nuovo verso il valico.
Per maggiori dettagli in proposito vedasi anche l’articolo del 27 ottobre 2022 al M.Ventosola e del 24 aprile 2022 al Monte Castello e Castellaccio nel presente sito.
Di seguito le immagini dell’escursione.
FOSSO DI FONTE LARDINA – FAGLIA DI SELVA RIBERTA
A valle della stazione sciistica di Sassotetto, nel Comune di Sarnano, poco al di fuori del margine Est del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, si apre una selvaggia valle poco conosciuta formata dal Fosso di Fonte Lardina.
Le pareti rocciose presenti ai lati del fosso formano un tipico ambiente di forra appenninica inoltre, nella parte iniziale delle pareti della sinistra orografica (pareti di destra in salita), si apre una suggestiva spaccatura nella roccia percorroibile, formata da una faglia tettonica.
L’escursione non presenta particolari difficoltà ma, come per tutti gli ambienti rupestri e di forra, necessita di adeguate calzature antiscivolo.
ACCESSO: L’imbocco del Fosso di Fonte Lardina si raggiunge in auto da Sarnano, prendendo le indicazioni per Sassotetto. Dopo circa 6 chilometri si raggiunge la frazione di Piobbico. Si prosegue per altri 300 metri fino al primo tornante sopra il quale è presente una deviazione a sinistra che conduce al piazzale della vecchia stazione della funivia (foto n.1) dove si parcheggia (358157,5 E – 4762982 N; 820 m).
La funivia è stata costruita nel 1963 per collegare la frazione Piobbico, a 820 metri, con Fonte Lardina, a 1280. Soppiantata dalla strada asfaltata, è caduta in disuso da ormai da più di trenta anni ed è rimasta come mostro ecologico della zona senza che nessuno si sia preoccupato di demolirla.
DESCRIZIONE: Dal muraglione della stazione della funivia inizia in salita un tratturo che in breve conduce ad una captazione di acquedotto (foto n.4). Si prosegue su sentiero in leggera salita fino a raggiungere la base delle pareti del fosso (15 minuti, foto n.32), qui occorre guardare in alto in quanto un cavo di acciaio di servizio, penzolante dai cavi di sostegno, indica il punto di salita alla faglia (3557680 E – 4763066,5 N; 885 m.).
SALITA DEL FOSSO
Per inoltrarsi nel fosso si prosegue il sentiero fino a raggiungere le pareti di destra stillicidiose, solo dall’inverno alla primavera, per poi scendere nel fondo roccioso del fosso che si risale faticosamente fino alla parete della foto n.31 che lo chiude in alto, scivolosissima anche d’estate per la presenza di muschi che ne interrompe la prosecuzione (45 minuti).
Il fosso è caratterizzato da alberi altissimi (carpino nero) e tratti molto ripidi e scivolosi che lo rendono di non agevole percorrimento.
SALITA ALLA FAGLIA
Per raggiungere invece la faglia tettonica, una volta raggiunta la prima parete rocciosa al fianco destro del sentiero (foto n.32) si sale il successivo pendio ghiaioso a destra (in salita) su traccia di sentiero, poco dopo il cavo penzolante dall’alto, fino a raggiungere la base delle pareti rocciose di colore rosso strisciate di nero (foto n.34) poste una cinquantina di metri più in alto del sentiero.
Costeggiando il ripido terreno roccioso verso destra alla base della parete (foto n. 35-36) si raggiunge l’ingresso nascosto della spettacolare faglia che si attraversa fino al fosso opposto (foto n.37 in poi)
RITORNO: stesso itinerario.
Di seguito le immagini del percorso proposto.
LA FAGLIA TETTONICA DELLA SELVA RIBERTA
LE POZZE DI ACQUASANTA – LA CASCATA DEL PELLEGRINO E LE CASCATELLE DI SARNANO
Di poco al di fuori del margine Est del Parco dei Monti Sibillini, nei dintorni di Piobbico, una frazione di Sarnano, sono state riscoperte e rese accessibili a tutti da pochi anni delle marmitte dei Giganti molto spettacolari, le Pozze di Acquasanta, formate da un affluente del Tennacola.
A poca distanza è presente anche la Cascata del Pellegrino, formata dal fosso che scende da Fonte Lardina, a valle dell’abitato di Sassotetto.
Più a valle sono presenti invece le Cascatelle di Sarnano, direttamente collegate ai primi due siti mediante un comodo sentiero perfettamente segnalato (siamo fuori del territorio del Parco).
I tre siti sono descritti solo sul web, mancano infatti sia nella cartografia che nella bibliografia della zona.
ACCESSO: Con l’auto si raggiunge Sarnano e si prosegue in direzione della stazione sciistica di Sassotetto. Giunti all’abitato di Margani si trova un incrocio che scende in direzione di Giampereto – Abbazia di Piobbico. Si parcheggia in una piazzola di lato all’incrocio prima della discesa.
DESCRIZIONE: Si scende a piedi la strada fino alla prima curva dove un cartello indica l’inizio del sentiero per le Pozze di Acquasanta e la Cascata del Pellegrino. Si prosegue a piedi nel sentiero che scende ripido con alcuni tornanti ed in circa 20 minuti si raggiunge il torrente. Da un lato sono presenti le pozze mentre dal lato opposto, a distanza di poche centinaia di metri, la cascata, entrambe perfettamente segnalate.
Le cascatelle di Sarnano sono raggiungibili a piedi da questi siti mediante sentiero segnalato di circa 2 chilometri oppure si riprende l’auto, si ritorna verso Sarnano e, poco prima del paese, all’incrocio per Garulla – Ascoli Piceno, si scende nella strada sottostante. Nel primo gruppo di case si gira a destra (disagevole) in direzione di Bisio-Garulla e si prosegue per circa 500 metri fino ad uno spiazzo sulla strada con numerosi cartelli dove si parcheggia. Si prosegue a piedi per altri 200 metri fino alle Cascatelle perfino illuminate di notte.
Di seguito le immagini della facile escursione.
LA GROTTA DEL BEATO UGOLINO E LA GROTTA DI NICOLA – Valle del Fiastrone.
La Grotta del Beato Ugolino si apre nel versante Sud del Monte Fiegni, vicino alle Caverne I/II/III/IV del Lago del Fiastrone, descritte in un precedente articolo, è una piccola e leggendaria cavità situata in una zona selvaggia di cui se ne erano perse le tracce, esistevano indicazioni in vecchi libri ma piuttosto vaghe.
Per la sua riscoperta ringrazio il mio amico Sauro T. che ci ha fornito le indicazioni necessarie e ringrazio Federico, Manuel e Roberta per le loro ricerche storiche e per avermi accompagnato.
Il raggiungimento della Grotta del Beato Ugolino è facile ma su terreno scomodo e scivoloso che necessita di scarponi da montagna, insomma non ci si va con le calzature con cui, la maggior parte degli escursionisti della zona, raggiungono le Lame Rosse.
La Grotta di Nicola invece è conosciuta e facilmente raggiungibile, situata nei pressi della strada che conduce alle Lame Rosse.
Più a monte, partendo dalla Frazione di Fiegni di Fiastra si può raggiungere, tramite comodo tratturo, il Romitorio del Beato Ugolino, una piccola Cappellina cdi colore bianco costruita nel 1961 nei pressi della Fonte d’acqua, che si dice fece scaturire il Beato Ugolino nel luogo del suo eremitaggio.
ACCESSO: Si parcheggia l’auto nei pressi della Diga del Lago del Fiastrone.
DESCRIZIONE: Si attraversa a piedi la diga e si prende il tratturo per le Lame Rosse. Dopo circa 1000 metri, si attraversa il fosso (con acqua solo a primavera) della Val di Nicola, in corrispondenza di uno slargo con prati dove il tracciato cambia direzione (352520,3 E – 4769797 N; 620 m.).
Qui si lascia il tratturo e si prende una lieve traccia che risale il fosso passando per prati, dopo circa 200 metri il fosso si restringe e ci si addentra nel bosco seguendo il ramo sinistro (in salita).
Si prosegue per altri 300 metri circa seguendo il fondo roccioso del fosso fino a raggiungere delle pareti solcate da diversi colatoi. Dirigendosi verso il colatoio più alto verso destra si sale nel bosco il bordo destro del fosso in direzione delle pareti superiori e si è già in vista della cavità (352169 E – 4770027 N; 650 m.).
Visitata la cavità si scende per l’itinerario di salita oppure, poco sotto alla grotta, si intercetta una traccia di sentiero con vecchi bolli rossi sugli alberi che conduce in quota nell’altro fosso di sinistra della Val di Nicola dove, a primavera, è presente una cascata più alta (la cascata effimera).
Scendendo quindi per il fosso e poi per prati si ritorna al tratturo per le Lame Rosse nel punto di salita.
Per raggiungere la Grotta di Nicola, dal fosso della Val di Nicola si continua il tratturo in lieve salita per le Lame Rosse per 50 metri fino ad uno slargo dove si trova una deviazione a destra usata dai boscaioli e che scende al Fiume Fiastrone (interdetta alle escursioni più avanti a causa di un incidente accaduto nel Giugno 2022).
Dopo circa 200 metri di tratturo, in corrispondenza della deviazione di direzione (Est), si trova un cartello metallico su un albero a destra con l’indicazione per la Grotta di Nicola che si raggiunge in breve (352598 E – 4769682 N).
La Grotta di Nicola è formata da un alto tetto roccioso naturale, un muretto a secco ne chiude un lato, probabilmente era anche dotata di tettoia in legno anteriore in quanto al suo ingresso è presente a terra un grande vecchio trave.
Da Fiegni invece, mediante comodo sentiero, in circa un’ora si raggiunge la chiesina del Beato Ugolino con l’omonima fontana.
Di seguito le immagini dell’escursione.
LA GROTTA DEL BEATO UGOLINO
LA GROTTA DI NICOLA
LA CHIESINA DEL BEATO UGOLINO Da Fiegni (foto gentilmente fornite da Manuel O.):
LE CAVERNE I/II/III/IV DEL LAGO DEL FIASTRONE E FORRA DELLA VAL DI NICOLA.
Al di sopra del sentiero che dalla Diga del Lago del Fiastrone conduce verso le, ormai conosciutissime e frequentatissime Lame Rosse, si aprono ben quattro caverne molto particolari riportate sul Catasto delle Grotte e Caverne della Regione Marche.
Le caverne sembrano essere scavate dall’uomo in quanto tutte si presentano come una galleria uniforme e la porzione di pietre mancanti accumulate davanti allo stesso ingresso, eppure non ci sono minerali da ricercare nella zona ne credo mai nessuno si sia messo a scavare per fare qualche riparo di fortuna. L’unica che ha un aspetto naturale è la Caverna III in quanto presenta un pozzo finale con un possibile proseguimento in cunicoli molto bassi.
ACCESSO: Si parcheggia l’auto nei pressi della Diga del Lago del Fiastrone.
DESCRIZIONE: Si attraversa a piedi la diga e si prende il tratturo per le Lame Rosse. Dopo circa 500 metri, si incontra sulla destra un cartello di pericolo inondazioni posto poco dopo una rientranza della strada in corrispondenza di un canale roccioso. Si sale il pendio boscoso sovrastante il cartello salendo in verticale per circa 200 metri di dislivello seguendo le coordinate delle quattro caverne indicate sul Catasto delle Grotte della Regione Marche o su alcune App di navigazione satellitare (Outdooractive, Terra Map ecc.).
Non ho segnalato (omini di pietra o bolli di vernice) sul posto l’itinerario fatto per raggiungere le caverne in quanto toglierei il fascino dell’avventura ne ho potuto fare una traccia GPS da condividere in quanto il segnale nella zona è piuttosto ballerino, a volte mi indicava che ero in acqua dentro al Lago !!!
Pertanto per raggiungere le quattro caverne ci si deve affidare al navigatore satellitare e a un po’ di pazienza nel girare intorno a ciascun punto segnalato fino a che non si trovano le caverne, nel giro di due ore dall’auto le abbiamo visitate tutte e quattro e poi siamo scesi alla Forra della Val di Nicola quindi abbiamo raggiunto anche le Lame Rosse in quanto era presto.
Dopo aver trovato la Caverna IV, la più in alto, ho notato delle tracce di cinghiali che collegavano le altre tre caverne che ho trovato in breve tempo e che infatti vengono usate come ripari dagli animali selvatici.
L’itinerario di salita non è difficile ma molto scomodo a causa della fitta boscaglia di Leccio, intricata e ripida.
Il Catasto riporta poi anche la Caverna V proprio sopra il parcheggio della diga, nel versante opposto della valle ma la nostra ricerca è stata vana, sia per la maggiore vegetazione del pendio e forse perché è stata interrata poiché in prossimità della sua posizione abbiamo trovato sito analogo alle altre grotte visitate ma chiuso con terra e pietre.
La Caverna VI del Lago del Fiastrone, situata più distante dalla diga, sicuramente la più bella, è già stata visitata e descritta nell’articolo “IL BUCO DELL’ISTRICE E LA CAVERNA VI DEL LAGO DEL FIASTRONE” a cui rimando.
La piccola ma interessante Forra della Val di Nicola si trova poco sotto il sentiero delle Lame Rosse, prima che esso devia di direzione per addentrarsi nella omonima valle e superare il fosso stesso, in corrispondenza di una traccia che scende al fiume Fiastrone.
Di seguito le immagini dell’escursione.
LA PICCOLA FORRA DELLA VAL DI NICOLA
La forra, situata poco al di sotto del sentiero per le Lame Rosse, prima che esso attraversa la omonima valle, in corrispondenza di una deviazione in discesa che conduce al fiume Fiastrone riportata sulla cartografia, presenta dei brevi salti rocciosi al di sotto dei quali delle profonde Marmitte dei Giganti accumulano sempre acqua. La Forra può essere discesa con corde per poi riprendere a destra il sentiero che risale a quello per le Lame Rosse.
LA GROTTA DE LU VALLO’ – Alta valle dell’Ambro
Nell’alta valle dell’Ambro, nel versante Nord del Monte Priora, in prossimità della formazione rocciosa denominata localmente “La Travertina”, si apre una ampia grotta conosciuta solo dagli anziani di Vetice e non riportata sul catasto delle Grotte e Caverne della Regione Marche.
La Grotta, denominata “de Lu Vallo'” perché si trova nel grande vallone che scende prima dell’Aia della Regina, verso le Roccacce, si trova a poche centinaia di metri sotto al sentiero che da Vetice attraversa il Prato Porfidia e raggiunge le Sorgenti dell’Ambro ed il Casale Rinaldi.
ACCESSO: Si raggiunge con l’auto la frazione di Vetice di Montefortino, si prosegue il tratturo verso i Campi di Vetice parcheggiando in modo tale da non ostacolare il passaggio dei trattori.
DESCRIZIONE: Si prosegue il tratturo a piedi (sentiero n.224 sulle carte, conosciutissimo e riportato nella bibliografia dei Monti Sibillini) che si dirige verso il Pizzo attraversando campi coltivati, giunti alla Fonte Vecchia si devia a destra per la Valle dell’Ambro (la deviazione a sinistra conduce verso la Samara- versante Infernaccio) e si prosegue fino ad entrare nel bosco, si intercetta il sentiero che sale dalla Madonna dell’Ambro e si prosegue, con tratti in salita, si supera la deviazione a sinistra che sale verso Il Pizzo con indicazione su un tronco e con circa 1,15 ore si raggiunge Prato Porfidia con i resti di numerosi ricoveri in pietra.
Si prosegue raggiungendo la Fonte dell’Acqua Arva e si continua per netto sentiero fino a risalire un tratto roccioso in corrispondenza dei torrioni de La Travertina oltre il quale il sentiero gira nettamente versante e si apre in alcuni tratti di prato sottostante le alte pareti rocciose dove è possibile ammirare l’imponente versante Nord del Monte Priora o Pizzo Regina e l’alta valle dell’Ambro con il versante Est del Pizzo Tre Vescovi ed il Monte Acuto (1 ora)
Si è giunti nell’ampio vallone che scende dalla Priora, appena termina il bosco (357024,4 E – 476484,8 N; 1415 m.) si lascia il sentiero che prosegue per le sorgenti dell’Ambro e si scende circa un centinaio di metri per il ripido prato sottostante costeggiando gli alberi e aggirando alcune rocce che si incontrano in basso, alla base di tali rocce si apre la ampia e doppia Grotta de Lu Vallo’ (356909,2 E – 4756492,4 N; 1340 m.; 2,30 ore dall’auto).
Raggiunta la grotta si risale sul sentiero di raggiungimento e si sale su ripidi prati e rocce verso la base de La Travertina dove si aprono altre cavità costituite principalmente da ampi tetti rocciosi poco profondi e nascosti dalla vegetazione arborea.
Quindi si consiglia di proseguire in sentiero e raggiungere le Sorgenti dell’Ambro ed il Casale Rinaldi.