LA GROTTA DE LU VALLO’ – Alta valle dell’Ambro

Nell’alta valle dell’Ambro, nel versante Nord del Monte Priora, in prossimità della formazione rocciosa denominata localmente “La Travertina”, si apre una ampia grotta conosciuta solo dagli anziani di Vetice e non riportata sul catasto delle Grotte e Caverne della Regione Marche.

La Grotta, denominata “de Lu Vallo'” perché si trova nel grande vallone che scende prima dell’Aia della Regina, verso le Roccacce, si trova a poche centinaia di metri sotto al sentiero che da Vetice attraversa il Prato Porfidia e raggiunge le Sorgenti dell’Ambro ed il Casale Rinaldi.

ACCESSO: Si raggiunge con l’auto la frazione di Vetice di Montefortino, si prosegue il tratturo verso i Campi di Vetice parcheggiando in modo tale da non ostacolare il passaggio dei trattori.

DESCRIZIONE: Si prosegue il tratturo a piedi (sentiero n.224 sulle carte, conosciutissimo e riportato nella bibliografia dei Monti Sibillini) che si dirige verso il Pizzo attraversando campi coltivati, giunti alla Fonte Vecchia si devia a destra per la Valle dell’Ambro (la deviazione a sinistra conduce verso la Samara- versante Infernaccio) e si prosegue fino ad entrare nel bosco, si intercetta il sentiero che sale dalla Madonna dell’Ambro e si prosegue, con tratti in salita, si supera la deviazione a sinistra che sale verso Il Pizzo con indicazione su un tronco e con circa 1,15 ore si raggiunge Prato Porfidia con i resti di numerosi ricoveri in pietra.

Si prosegue raggiungendo la Fonte dell’Acqua Arva e si continua per netto sentiero fino a risalire un tratto roccioso in corrispondenza dei torrioni de La Travertina oltre il quale il sentiero gira nettamente versante e si apre in alcuni tratti di prato sottostante le alte pareti rocciose dove è possibile ammirare l’imponente versante Nord del Monte Priora o Pizzo Regina e l’alta valle dell’Ambro con il versante Est del Pizzo Tre Vescovi ed il Monte Acuto (1 ora)

Si è giunti nell’ampio vallone che scende dalla Priora, appena termina il bosco (357024,4 E – 476484,8 N; 1415 m.) si lascia il sentiero che prosegue per le sorgenti dell’Ambro e si scende circa un centinaio di metri per il ripido prato sottostante costeggiando gli alberi e aggirando alcune rocce che si incontrano in basso, alla base di tali rocce si apre la ampia e doppia Grotta de Lu Vallo’ (356909,2 E – 4756492,4 N; 1340 m.; 2,30 ore dall’auto).

Raggiunta la grotta si risale sul sentiero di raggiungimento e si sale su ripidi prati e rocce verso la base de La Travertina dove si aprono altre cavità costituite principalmente da ampi tetti rocciosi poco profondi e nascosti dalla vegetazione arborea.

Quindi si consiglia di proseguire in sentiero e raggiungere le Sorgenti dell’Ambro ed il Casale Rinaldi.

Ritorno, stesso itinerario.

1- Il Balzo Rosso al primo mattino.
2- Il Pizzo con il Poggio della Croce.
3- Il Poggio della Croce visto dal bosco sottostante
4- La “bellissima” indicazione con vernice sul tronco che indica la deviazione in salita per Il Pizzo, solo sui Monti Sibillini si vedono certe cose.
5- Un fontanile ormai asciutto da anni nei pressi di Prato Porfidia.
6 – 7 – I vecchi ripari di Prato Porfidia.
7
8- Il versante Sud del Monte Amandola.
9- Il Balzo Rosso visto di lato.
10 – Usciti dal bosco si apre l’alta Valle dell’Ambro, le Roccacce e la Forcella Bassete.
11- Il versante Est del Pizzo Tre Vescovi con la cresta in parziale ombra che abbiamo risalito anni fa (descritta nel sito) ed il Monte Acuto.
12- La Travertina e la Grotta de Lu Vallo’ sottostante.
13 – 17- la Grotta de Lu Vallo’
14
15
16
17
18- La seconda grotta più interna e profonda.
19 – 20 – a colonna di roccia che separa le due grotte.
20
21- Il Pizzo Tre Vescovi ed il Monte Acuto visti dall’interno della grotta.
22- Risaliamo i ripidi prati sovrastanti il sentiero per raggiungere altre cavità alla base de La Travertina.
23- Le alte e levigate pareti de La Travertina.
24- Una modesta cavità alla base de La Travertina
25- Altre cavità formate da tetti di roccia poco profondi si aprono alla base delle pareti rocciose, nascoste dagli alberi.
26- Ritorno a Vetice, il Pizzo e Poggio della Croce.
27- E di nuovo il Balzo Rosso.
28 – Pianta satellitare dell’ultimo tratto dell’itinerario per raggiungere la Grotta de Lu Vallo’.



TORRENTE FLUVIONE – FORRE E MULINI

Il torrente Fluvione nasce nel versante Nord del Monte Vettore, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, e si apre a valle, verso il fiume Tronto, con una profonda, selvaggia e sconosciuta valle che, in alcuni tratti, forma veri e propri tratti di forra di difficile accesso ma veramente molto spettacolari.

Inoltre la valle è costellata da numerosi vecchi Mulini, per la maggior parte non più funzionanti, che sfruttavano la corrente del Fluvione per la macinazione del grano o la produzione di energia idroelettrica.

Questo itinerario che propongo è fattibile in una unica giornata ed è suddiviso in più tappe facilmente raggiungibili con l’auto.

Nelle varie tappe poi il percorso a piedi è breve e non presenta particolari difficoltà in quanto la presenza di profonde marmitte blocca la prosecuzione in sicurezza nell’alveo fluviale, per gli esperti è comunque possibile proseguire a piedi in acqua o anche a nuoto in tutti i tratti.

ACCESSO: L’itinerario parte dalla frazione di Uscerno di Montegallo, raggiungibile in auto tramite la Strada Provinciale n.89 Valfluvione o scendendo da Balzo di Montegallo oppure salendo da Roccafluvione per chi viene da Ascoli Piceno o da Comunanza (parte opposta) dopo aver percorso la Strada Provinciale 237 bis fino al bivio con l’indicazione per Uscerno.

PRIMO SITO: LA FORRA A VALLE DI USCERNO

DESCRIZIONE: Raggiunta la frazione di Uscerno si scende verso Roccafluvione per circa 300 metri fino ad uno slargo sulla sinistra, in corrispondenza di una abitazione isolata, dove si parcheggia e, sulla destra, si trova una stradina di breccia con un segnale di divieto di accesso che scende verso il fiume. Si passa di lato ad una lunga grotta formata da un tetto di Arenaria (Formazione della Laga) e si raggiunge il ponte Romano, affacciandosi nel lato destro del ponte si può osservare la profonda, buia ed impressionante forra. Dopo il ponte a destra si prende un tratturo caratterizzato da due molazze del vecchio mulino poste ai lati, si percorrono circa 50 metri e, a destra, si entra nel fiume a monte della stretta forra. Qui il letto del fiume è davvero unico, forma numerose marmitte dei giganti ed una alta cascata chiude la prosecuzione a valle.

A monte si prosegue dapprima fino ad un laghetto incassato tra le rocce poi, uscendo dall’alveo e percorrendo altri 50 metri di tratturo, si rientra nel fiume tra alti massi fino a raggiungere la cascata della captazione del mulino con il relativo laghetto di accumulo.

Il Mulino di Uscerno invece si trova nella parte sinistra appena dopo il ponte ma non è possibile accedervi in quanto provvisto di alta recinzione, al di sotto di esso il torrente prosegue in un ulteriore tratto di forra molto spettacolare .

Di seguito le immagini della prima tappa.

1- La strada per Uscerno con lo slargo dove parcheggiare e la stradina sterrata che scende al fiume.
2- La grotta con resti di muri formata da un lungo tetto di Arenaria.
3- Il ponte Romano.
4- Il tratturo con le due molazze che conduce alla prima forra del Fluvione.
5- La parte a valle della stretta forra visibile dal ponte.
6- Lo slargo del fiume a monte della forra.
7- Buche e marmitte formate dall’acqua nll’Arenaria.
8 – 9- La cascata a monte della forra
9
10- La parte a monte della strettissima forra piena d’acqua
11 – 12- grandi marmitte dei Giganti con le pietre arrotondate nel fondo che, poste in rotazione dall’acqua, contribuiscono alla loro formazione
12- Questa Marmitta si è perfino bucata con il tempo.
13- Grande formazione di Adiantum capillis veneris su un masso stillicidioso di arenaria.
14 – 25 – I grandi solchi e le Marmitte prodotti dal Fluvione sui massi di Arenaria del fondovalle, più tenera del Calcare.
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26- Un grande vecchio tronco incastrato tra i massi dell’alveo fluviale.
27 – 30 -Il profondo laghetto a monte della forra.
28
29
30
31- Nonostante la calda stagione estiva trascorsa il Fluvione presenta una notevole portata con formazione di mulinelli nei punti con maggiore corrente
32 – 34 -l tratto del fiume a monte del laghetto caratterizzato da grandi massi di frana fino alla diga del mulino.
33
34
35 – 36 – Il laghetto delle foto 27-30 visto da monte.
36
37 – 38- La cascata sotto alla diga del Mulino in diversi tempi di esposizione.
38
39 – 41- La cascatella sotto alla diga.
40
41
42 – Il laghetto di accumulo per la condotta del Mulino
43- Rubus caesius o rovo bluastro.

SECONDO SITO: LA SECONDA FORRA E IL PONTE ROMANO

DESCRIZIONE: Scendendo a valle dalla prima tappa verso Roccafluvione, dopo circa 1,5 chilometri si intercettano due case sulla destra e, dopo circa 300 metri si trova un incrocio a destra con l’indicazione per Ronciglione-Gaico-Meschia, si scende la strada fino al ponte dove a destra un cartello indica il Ponte Romano. Nel prato sottostante si individua una traccia di sentiero che scende nel fiume.

Dopo circa 200 metri si entra nell’alveo del Fluvione dove ci si trova uno spettacolo meraviglioso e sconosciuto, il vecchio ponte Romano che sembra formare un buco di una enorme serratura nella stretta forra sovrastato dal ponte moderno.

Si può proseguire nel letto del torrente fin sotto al ponte ma poi un profondo laghetto anche qui blocca la prosecuzione. almeno se non si vuole fare una breve nuotata.

Percorrendo il ponte e scendendo alla sua sinistra si può raggiungere il ponte romano sottostante, dove crescono degli alberi e dove si può notare ancora il suo utilizzo da parte degli animali selvatici.

Di seguito le immagini della seconda tappa.

44- L’incrocio dove bisogna scendere.
45- Il ponte moderno con l’indicazione del Ponte Romano.
46 – 47 – Scesi nel fiume ci si presenta davanti questo spettacolo formato dalla natura e dall’uomo.
47
48 – 49 – Il ponte Romani inferiore ed il Ponte moderno sovrastante.
49
50 – 51- La forra allagata in corrispondenza del Ponte Romano.
51
52 – 53 – Dettaglio architettonico del Ponte Romano.
53
54 – 55 – ll Ponte Romano con delle piante cresciute sopra di esso e percorso da una traccia prodotta da animali selvatici.
55
56- La forra prosegue a valle del Ponte Romano.
57- 61 -Mentre a monte del Ponte il Fluvione prosegue aprendosi la strada tra grandi frane.
58
59
60
61

TERZO SITO: LA CASCATA DELL’ARENA E IL MULINO PIGNOLONI.

DESCRIZIONE: Scendendo ancora a valle dalla seconda tappa verso Roccafluvione, dopo circa 2,5 chilometri si nota un evidente cartello turistico a sinistra indicante la CASCATA DELL’ARENA ed il MULINO PIGNOLONI, si parcheggia nei pressi e si scende fino al Mulino in disuso ed al Ponte dove si ammira il laghetto, la bellissima cascata e la forra sottostante.

62 – La cascata dell’Arena
63 – La forra sottostante
64 – Il Mulino Pignoloni ed il laghetto di accumulo.

QUARTO SITO: IL PONTE NATIVO ED IL MULINO OMONIMO

DESCRIZIONE: Si prosegue in auto la discesa della valle del Fluvione verso il paese di Roccafluvione, superato l’abitato di Marsia (capoluogo del Comune di Roccafluvione) si trova un cartello turistico a sinistra indicante il PONTE NATIVO si parcheggia nel paese. Si scende a piedi dalla strada Provinciale ed in breve si raggiunge il Ponte con la chiesetta ed il Mulino, attualmente diventato una centralina idroelettrica dell’Enel, non visitabile poco dopo sulla sinistra.

La particolarità del ponte e della chiesetta è che sono stati costruiti su un ponte di roccia naturale, ormai non più visibile, sopra ad un ulteriore tratto di Fluvione molto stretto visibile affacciandosi dal ponte stesso.

65 – Il Ponte Nativo con la chiesetta laterale.
66 – La piccola centrale idroelettrica, ex Mulino di Ponte Nativo.

QUINTO SITO: LA TERZA FORRA A VALLE DI ROCCAFLUVIONE ED IL MULINO BRANDI

DESCRIZIONE: Proseguendo in auto da Roccafluvione in direzione di Ascoli Piceno, dopo circa 500 metri dall’uscita dal paese di Marsia si incontra a destra l’incrocio per Osoli e una nota fabbrica di prodotti alimentari a base di Tartufi, si prosegue ancora verso la Salaria per 700 metri fino ad incontrare sulla sinistra un edificio pericolante messo in sicurezza con cavi di acciaio con il cartello indicante il Mulino Brandi.

Si scende la stradina di breccia sottostante fino al ponte da cui si scende al greto del fiume per un sentiero scalettato a destra, di fianco al Mulino restaurato ma non funzionante. In questo tratto il Fluvione crea una ulteriore forra caratterizzata da particolari formazioni rocciose modellate dall’acqua. Il sito è di notevole interesse naturalistico anche per la presenza del Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), che non sono riuscito a fotografare ma che ho riconosciuto e del granchio di fiume (Potamon fluviatile) ormai divenuti rarissimi.

Di seguito le immagini della quinta tappa.

67- Il cartello turistico indicante il Mulino Brandi e la casa pericolante.
68 – La Forra sotto al Mulino Brandi.
69 – Le bianche rocce modellate dall’acqua del Fluvione.
70- Le rocce del greto ed il ponte sovrastante.
71- L’ex Mulino Brandi, ormai ridotto ad un vuoto edificio.
72 – 73 – Le rocce scavate e incredibilmente levigate dall’acqua.
73
74 – 76 – la Forra
75
76
77 – 79 – Anche in questo punto profonde marmitte impediscono il proseguimento escursionistico a meno che non si vuole fare una nuotata.
78
79
80 – Il Granchio di fiume (Potamon fluviatile).

SESTO SITO: IL MULINO SPINUCCI A VALLE DI OSOLI

DESCRIZIONE: Dal Mulino Brandi si ritorna indietro in auto verso Marsia per 300 metri circa fino a ritornare all’incrocio, a sinistra, per Osoli, nei pressi della fabbrica di prodotti alimentari a base di Tartufi.

Si devia a sinistra e si prosegue in direzione Osoli per circa 3,5 chilometri fino ad incontrare a sinistra una deviazione in terra battuta con un piccolo edificio agricolo trasformato in abitazione estiva (con auto rottamata nei pressi) ed una seconda abitazione di recente restauro più interna meno visibile dove il gentilissimo proprietario ci ha accompagnato ai resti del Mulino Spinucci difficilmente visibili nel sottostante greto del Torrente Noscia.

81- La deviazione sulla strada per Osoli per raggiungere i resti del Mulino Spinucci.
82- La vasca di accumulo del Mulino Spinucci ormai quasi invisibile, nel greto del torrente Noscia.
83- I resti ,tra la vegetazione, del Mulino.
84 – Il magico e tranquillo ambiente del Torrente Noscia.
85 -Pianta satellitare della valle del Fluvione con i cinque siti proposti.
86 – Pianta satellitare del sito n.1
87 – Pianta satellitare del sito n.1
88 – Pianta satellitare del sito n.1
89 – Pianta satellitare del sito n.1
90 – Pianta satellitare del sito n.1



LE PORCHE DI VALLINFANTE – Sentiero Basso.

Nuovo itinerario ad anello, si snoda in una zona dei Monti Sibillini, dimenticata ed al di fuori dei normali itinerari escursionistici conosciuti, non è riportato ne nella bibliografia e neppure nella cartografia dei Monti Sibillini eppure è un tracciato antico che permetteva ai pastori di spostarsi tra tre importanti fonti di abbeveramento presenti nelle pendici Ovest della Cima di Vallinfante, la Fonte della Giumenta, la Fonte dell’Acero e la Fonte delle Vene, attraversando la parte più bassa, e anche più ripida ma più diretta, delle cosiddette Porche di Vallinfante, i diversi canaloni che scendono dalla cima omonima verso la Valle Infante.

L’itinerario è ad anello in quanto la traccia di sentiero, all’altezza dello Scoglio della Volpe, si sdoppia e le due tracce viaggiano parallele a distanza di poco più di cento metri di dislivello per cui, all’andata si può prendere la traccia più alta ed al ritorno quella più bassa, più ripida.

L’itinerario è classificato EE, non presenta difficoltà particolari ma si snoda su pendii molto ripidi, in alcuni tratti la traccia scompare sotto un’alta cotica erbosa di Falasco e quindi bisogna muoversi su terreni scivolosi e sconnessi, a tratti ricorda la Cengia dei Fiumarelli per cui è richiesto un passo sicuro e non si deve soffrire di vertigini.

Il tracciato che propongo parte dalla Fonte della Giumenta ed arriva alla Fonte delle Vene per poi ritornare di nuovo alla Fonte della Giumenta ma volendo si può fare al contrario o anche la traversata dal Monte Prata a Macchie di Vallinfante con due auto.

Il raggiungimento della Fonte delle Vene da Macchie di Vallinfante è descritto in un mio precedente articolo: “CIMA DI VALLINFANTE DA MACCHIE PER LA FONTE DELLE VENE E LE PORCHE DI VALLINFANTE” del Maggio 2022 a cui rimando.

ACCESSO: Si raggiunge in auto il nuovissimo e costosissimo parcheggio del Monte Prata (che non si è ben capito il suo utilizzo visto che gli impianti sciistici non sono stati più riaperti dopo il terremoto) da cui si parte a piedi proseguendo la strada sterrata per la Fonte della Giumenta.

DESCRIZIONE: Raggiunta la Fonte della Giumenta (354452,8 E – 4748392,7 N; 1790 m.; 40 minuti dall’auto) si devia a destra per il classico sentiero verso il Monte Porche ma dopo 150 metri si scende e si prende una traccia in piano, non facile da individuare perché il continuo passaggio delle greggi ha formato molte tracce parallele, che conduce verso la Fonte del Sambuco.

L’itinerario per la Fonte del Sambuco è riportato nel mio articolo : “FONTE DELLA GIUMENTA-FONE DEL SAMBUCO-PORCHE DI VALLINFANTE; ANCORA EFFETTI DEL TERREMOTO DELL’OTTOBRE 2016” dell’Ottobre 2018, a cui rimando.

Dopo circa 300 metri il sentiero raggiunge un ampio costone erboso (15 minuti dalla fonte) dove si scoprono le Porche di Vallinfante, qui invece di continuare il sentiero che aggira il costone ed inizia a salire, si scende liberamente il costone per circa 100 metri tenendosi verso il fosso che scende dal versante Nordovest del Monte Porche fino ad intercettare una traccia di sentiero che entra nel fosso con fondo roccioso ed esce dalla sponda opposta (354344 E – 4749040,5 N; 1700 m.).

Si prosegue su traccia di sentiero per raggiungere un secondo costone erboso dove si intercetta una traccia di scavo forse dell’acquedotto che scende a valle dalla Fonte del Sambuco posta più in alto, si scende ancora per altri 150 metri in direzione di un nucleo di Faggi sopra il quale si ritrova la traccia che conduce verso il fondo roccioso del Fosso (354374,7 E – 4749298,1 N; 1650 m.; 15 minuti).

Qui la traccia è ben visibile e scavalca anche questo secondo fosso per attraversare una zona ghiaiosa, dove il sentiero si sdoppia, una traccia sale verso la base dello Scoglio della Volpe per passare ad una decina di metri sotto allo scoglio, l’altra rimane parallela una cinquantina di metri sotto.

Si entra quindi in un fosso molto inciso e sconvolto dal terremoto del 2016, ci sono tratti franati e, guardando in direzione della cima del Monte Porche, si può osservare l’incredibile fessura e la sottostante faglia descritta nell’articolo citato sopra.

Io consiglio di prendere all’andata la traccia superiore per poi ritornare da quella inferiore.

In ogni caso le due tracce viaggiano parallele tra i 1600 e i 1700 metri e scavalcano gli altri sei fossi, più o meno incisi ma ripidissimi, che costituiscono le Porche di Vallinfante.

I tracciati non sono sempre ben evidenti per la presenza in alcuni tratti, soprattutto del sentiero più basso, di cotica erbosa a Falasco dove essi si perdono ma intuitivamente si ritrovano nel fosso successivo.

Una volta superati i vari canali delle Porche di Vallinfante si raggiunge un ampio dosso erboso (1,15 ore dallo Scoglio della Volpe) a Falasco dove si prosegue in quota (353823,3 E – 4750339,8 N; 1685m.) fino a scavalcare il dosso ed intercettare l’evidente sentiero che collega la Fonte delle Vene con la Cima di Vallinfante (già descritto come indicato sopra).

Per raggiungere la Fonte delle Vene si scende nel sentiero che raggiunge dapprima un ampio ripiano erboso sottostante e prosegue scendendo nel fondo di due canaloni detritici successivi n discesa fino alla fonte stessa.

Per il ritorno alla Fonte della Giumenta, si ritorna all’ampio ripiano erboso dove sovente sono presenti bovini al pascolo, anziché risalire il dosso erboso lo si aggira in quota passando una cinquantina di metri sopra al bosco dirigendosi verso i canali delle Porche dove, poco al di sopra di alcuni alberi isolati sopra al bosco, si intercetta la traccia bassa che avvicinandosi ai vari canali, passa sotto ad un caratteristico torrione roccioso isolato che presenta anche una piccola grotta alla sua base e che, con un’ora circa, riconduce alla Fonte della Giumenta.

Anche questo tracciato attraversa i vari canali su terreno molto ripido e si perde nel Falasco in alcuni punti e in circa un’ora si riporta sulla verticale dello Scoglio della Volpe dove si riprende il sentiero fatto all’andata.

Giunti alla Fonte della Giumenta si scende all’auto per la strada sterrata fino al Monte Prata fatta all’andata.

Interessante è anche la risalita del Fosso della Fonte del Sambuco, una volta giunti, al ritorno, nel fondo roccioso del fosso lo si risale fino ad una parete rocciosa che lo chiude in alto e che forma anche una particolare grotta.

Itinerario percorso il 3 settembre 2023 con Luca e Federico.

1- Le Porche di Vallinfante, viste dalla Fonte della Giumenta, sullo sfondo la cima del Monte Bove Sud e la Cima di Passo Cattivo.
2- Nel pendio di fronte si vede il sentiero che si sdoppi sotto lo Scoglio della Volpe, che emerge, isolato, dal pendio.
3- Arrivati vicino allo Scoglio della Volpe si vedono bene i due sentieri.
4- Il Fosso dal fondo roccioso della Fonte del Sambuco che si può risalire al ritorno.
5 – 6- Passaggio in ambiente roccioso dentro al fosso della Fonte del Sambuco.
6
7- Superato il Fosso della Fonte del Sambuco (la cui parete finale è ben visibile) si osserva l’intaglio che scende dalla fonte nel pendio erboso sottostante e, sotto, la traccia dell’itinerario proposto.
8- Lo Scoglio della Volpe.
9- Oltre la verticale dello Scoglio della Volpe si osservano le due tracce viaggiare parallele.
10- Il pendio dopo lo Scoglio della Volpe, parzialmente illuminato dal sole.
11- Il tratto degradato e franato dal sisma del 2016 oltre lo Scoglio della Volpe.
12- Guardando in alto si osserva la zona spaccata dal sisma del 2016 e la relativa faglia (riga bianca) che ha subito un abbassamento di quasi due metri.
13- La Valle infante
14- I primi canaloni attraversati con lo Scoglio della Volpe illuminato dal sole, sullo sfondo la roulotte dei pastori della Fonte della Giumenta.
15 – Uno dei tratti più ripidi del sentiero superiore.
16- Un altro ripido tratto, ormai è giunto anche il sole, a sinistra il Monte Cardosa.
17- Il dosso erboso dove si ricongiungono i due sentieri paralleli.
18- La successione dei canaloni delle Porche di Vallinfante attraversati, il Monte Porche a sinistra in alto e la Fonte della Giumenta a destra in basso.
19- Il pianoro a monte della Fonte delle Vene e il canalone ghiaioso di discesa.
20- Il tratto iniziale del sentiero inferiore di ritorno, con il caratteristico torrione roccioso isolato con piccola cavità alla sua base.
20- Il tratto iniziale del sentiero inferiore di ritorno, a sinistra lo scoglio isolato della foto precedente..
21- Tratto erboso a Falasco molto ripido nel percorso di ritorno.
22- Il pendio attraversato ed il Monte Cardosa sullo sfondo.
23- Al ritorno si ripassa sotto alla faglia del terremoto del 2016
24 – 25 -Tratti molto ripidi al ritorno verso lo Scoglio della Volpe.
25
26 – 27 -L’ultimo tratto fino al bosco, sotto allo Scoglio della Volpe visibile sul pendio.
27
28 – 30 – Risalita del Fosso della Fonte del Sambuco
29
30
31- 33 – Il salto del fosso con Grotta finale.
32
33
34- La risalita del pendio destro del Fosso anziché ridiscenderlo completamente.
35- Pianta satellitare del percorso proposto
36- Dettaglio satellitare della prima parte dell’itinerario.
37- Dettaglio satellitare della seconda parte dell’itinerario.
38- Dettaglio satellitare della terza parte dell’itinerario.
39- Dettaglio satellitare della quarta parte dell’itinerario.



IL BUCO DELL’ISTRICE e la CAVERNA VI del Lago del Fiastrone

Intorno al Lago del Fiastrone e nella valle sottostante si aprono numerose caverne e grotte tra cui la conosciutissima Grotta dei Frati.

Meno conosciute sono altre grotte distribuite intorno al Lago, in particolare una grotta molto caratteristica anche se di limitatissima estensione è la Grotta VI del Lago del Fiastrone.

Si raggiunge facilmente dalla strada che scende da Fiastra verso Monastero, poco prima dell’ansa del Lago si lascia l’auto nel parcheggio del lungolago (400 metri circa prima dell’incrocio per Podalla) e si sale sopra strada su traccia di sentiero che parte dal bordo ghiaioso in fondo allo slargo.

Dal bosco si ci costeggia verso Nord la strada una cinquantina di metri sopra di essa per raggiungere la zona rocciosa franata con il terremoto del 2016 e bonificata con reti plastiche, nel primo nucleo roccioso di Travertino si apre il Buco dell’Istrice, una profonda fessura che, come indicato dal nome, viene utilizzata come tana dagli animali.

Proseguendo in quota nella zona franata ma resa sicura da reti plastiche a terra si raggiunge un secondo nucleo roccioso franato con il terremoto ed attualmente imbracato con reti metalliche dove alla base si apre una seconda grotta, salendo al fianco sinistro del costone roccioso si raggiunge la Grotta VI del Lago del Fiastrone, particolare per la forma del torrione roccioso di travertino che la forma.

Il Travertino è una roccia tenera prodotta dallo stillicidio dell’acqua calcarea in presenza di particolari muschi, essa assume le forme delle specie vegetali dove si deposita il calcare trasportato dall’acqua.

Il raggiungimento di queste cavità, facile e brevissimo, può essere abbinato ad una escursione in zona come ad esempio alle Lame Rosse.

La cavità, come le altre presenti nella zona, è riportata nel Catasto delle Grotte della Regione Marche.

1- Il Lago del Fiastrone visto dalla zona franata.
2- Il Buco dell’Istrice, una profonda e stretta fessura in cui non si riesce a scendere.
3 – 4 -Provo ad entrare ma dopo neppure due metri mi fermo.
4
5 – 6 -Poco più avanti si apre una seconda buca, anch’essa impossibile da esplorare.
6
7 – 8- Nel secondo torrione messo in sicurezza con reti metalliche dopo la frana prodotta dal terremoto del 2016 si apre una piccola cavità.
8
9 – 10 – La particolarissima struttura rocciosa di Travertino che forma la Grotta VI del Lago del Fiastrone.
10
11 – 12- Dettagli della struttura di Travertino che forma la grotta davvero unica in zona.
12
13- Nei pressi si apre una ulteriore piccola cavità usta come riparo dagli animali, come si nota dalle buche presenti sul terreno.
14- Il Travertino della struttura rocciosa.
15 -18 – Scorci del Lago del Fiastrone dalla zona della Grotta.
16
17
18
19- Colata calcitica staccatesi dalla rupe dopo il terremoto del 2016.
20- Blocco di Travertino che riporta la forma sub-fossile di alcuni vegetali che hanno contribuito a formare la roccia.
21- Veduta dell’itinerario dal parcheggio dell’ansa del Lago del Fiastrone, in prossimità dell’incrocio per Podalla di Fiastra.



VERSANTE NORD DEL MONTE SIBILLA – I sentieri estivi de Le Vene.

L’imponente, selvaggio e ripidissimo versante Nord del Monte Sibilla contiene una quantità di itinerari estivi incredibile, ben 7 tracciati, paralleli grazie alle cenge naturali o creste in salita, che permettono di attraversare questo versante, all’apparenza impraticabile.

Il tracciato di cresta n.7 è il classico percorso facile, conosciuto e frequentatissimo da tutti gli escursionisti che intendono salire alla cima del Monte Sibilla e perciò riportato in tutta la bibliografia dei Monti Sibillini.

Degli altri, di fatto, il tracciato più evidente e comodo, anche se poco frequentato, è solo il n.1, mentre gli altri sono pressoché lievi tracce, sconosciuti e molto impegnativi quindi non percorsi dai normali escursionisti.

Anche su richiesta di alcuni miei amici facciamo chiarezza sui vari tracciati indicati nelle foto n.1-2 presenti nel versante Nord del M. Sibilla.

1- Panoramica di tutti i tracciati estivi del versante Nord de Le Vene del Monte Sibilla visti dal Pizzo Regina.
2- Panoramica di tutti i tracciati estivi del versante Nord de Le Vene del Monte Sibilla visti dalla cima del Monte Sibilla (itinerario n.7).

ITINERARIO N.1

Questo itinerario, l’unico con una certa frequenza da parte di escursionisti, oltre al frequentatissimo itinerario n.7, in quanto di media difficoltà, con partenza dal Rifugio M. Sibilla, raggiunge la Sella di M. Zampa per discendere nel versante opposto, è descritto in questo sito per il raggiungimento dell’Arco di Meta nel mio reportage “LE “FINESTRE” DEI MONTI SIBILLINI PARTE 1 IL TEMPIO DELLA SIBILLA, L’OCCHIO DEL CICLOPE, ARCOFÙ E L’ARCO DI META NELLA VALLE DEL TENNA” e nel reportage “MONTE SIBILLA VERSANTE NORD – ANCORA EFFETTI DEL TERREMOTO DEL 2016 – TORRIONE DI MÈTA”  percorrendo il sentiero de “Le Calle della Sibilla” situato nel versante Nord.

E’ anche riportato anche nella bibliografia dei Monti Sibillini di cui allego link della descrizione più dettagliata.

(http://www.auaa.it/articoli-escursionismo/175-anello-della-sibilla-monti-sibillini).

Il tracciato supera il fosso de Le Vene all’altezza dei torrioni che lo delimitano e prosegue in direzione del Casale Lanza che non conviene raggiungere ma per risalire al Casale della Sibilla da cui, con una lunga salita, si raggiunge la cresta Ovest del Monte Sibilla, nei pressi del termine della strada.

Per il suo tracciato, valutato EE, rimando pertanto a questi articoli e bibliografia.

ITINERARIO N.2

Notevole itinerario adatto solo ad esperti e valutato EEA, l’unico in totale risalita su cresta, aperto da me e alcuni miei amici il 29 luglio 2017, è descritto dettagliatamente in questo sito nel reportage “MONTE SIBILLA PER LA CRESTA DEGLI IMBUTI” a cui rimando, per la sua risalita è consigliata una piccozza.

ITINERARIO N.3 concatenazione dell’itinerario n.1 con l’itinerario n.4

Questo itinerario è stato proposto dal mio amico Giuseppe S. che ringrazio anche per le immagini.

Sicuramente anche questo è un itinerario difficile, valutato EEA, risale i contrafforti dei fossi delle Vene che scendono nell’imbuto verso valle e congiunge l’itinerario n.1 con il numero 4; anche qui è strettamente consigliata una piccozza.

ACCESSO: Si raggiunge la cima del torrione destro orografico del Fosso Le Vene mediante il tracciato n.1 descritto sopra.

Anziché proseguire la traccia dell’itinerario n.1 che scende nel fosso si risale su pendio erboso senza traccia in direzione del centro del fosso, si superano due tratti ghiaiosi arrivando a costeggiare le pareti da cui scendono le numerose cascatelle delle sorgenti del Fosso Le Vene.

Superato il quarto canale roccioso inciso, si giunge al tratto chiave e più impegnativo del percorso, si inizia a salire un costone erboso molto ripido alla destra del canale, si sale in verticale e, giunti sotto le sovrastanti pareti rocciose, si devia nettamente verso sinistra su cengia erbosa, si entra quindi nel canale e si risale il suo fondo roccioso per alcune decine di metri fino ad uscire nel tratto erboso della sponda di sinistra. Si continua a risalire in verticale il ripido pendio erboso sovrastante fino a raggiungere la cengia superiore dove si incontra il tracciato n.4 che si prosegue o verso destra per uscire sui pendii ghiaiosi ad Ovest della cima del Monte Sibilla oppure verso sinistra per ritornare indietro verso Est da cui si giunge all’accesso dell’itinerario n.4.

3- Percorso n.3 di concatenamento tra l’itinerario 1 e 4.
4- Il Fosso Le Vene visto dal torrione destro orografico che si raggiunge tramite l’itinerario n.1
5- Il pendio erboso che si deve risalire verso il centro del fosso, al centro della foto la sommità del torrione destro de Le Vene.
6- La traversata del Fosso Le Vene implica l’attraversamento di tratti ghiaiosi e ripidi pendii erbosi.
7- I primi contrafforti del Fosso Le Vene, in alto la cengia dell’itinerario n.4 che si deve raggiungere.
8- Altri canali dove , a primavera, scendono diverse cascate.
9- Il tracciato del tratto chiave dell’itinerario n.3.
10- Giunti sotto al quarto fosso si prosegue verso il ripido pendio di lato, in direzione dell’arbusto in basso a destra.
11- Il pendio erboso che, oltre l’arbusto in primo piano, si risale fin sotto le pareti a prendere la cengia erbosa che, verso sinistra, permette l’attraversamento del canale.
12- Raggiunto il canale si entra nel suo interno fino alla sponda sinistra meno ripida.
13- Il tratto di risalita del fosso, forte esposizione su erba e roccette fino a raggiungere gli arbusti in alto a destra.
14- Il pendio erboso ed il fosso di risalita.
15- Il pendio erboso nella parte sinistra del fosso.
16- salendo sul ripido pendio erboso ci si avvicina lentamente alla cengia dove passa l’itinerario n.4
17- L’esile tracciato n.4 si può osservare nel pendio erboso in primo piano.

ITINERARIO N.4

Altro notevole itinerario adatto solo ad esperti, valutato EE fino alle sorgenti e alpinistico (F) fino all’uscita sul ghiaione sottostante la cresta, riportato anche nella bibliografia dei Monti Sibillini: http://www.auaa.it/articoli-escursionismo/1086-fosso-le-vene-monti-sibillini.

ACCESSO: Dal rifugio Sibilla (1540 m) si sale per il sentiero (n. 155/E10, segni bianco-rossi ) che in breve raggiunge la sella nei pressi del monte Zampa (1780 m circa, 0,30 ore), come indicato anche nell’itinerario n.1

DESCRIZIONE: Raggiunta la sella si prosegue l’evidente sentiero di cresta (itinerario n.7) fino a quota 1880 m circa dove si sdoppia, una traccia prosegue sotto cresta sul versante Sud e l’altra sul filo di cresta (359638,1 E – 4751671,1 N), qui ci si immette nel pendio erboso del versante Nord e si inizia a traversare in quota su traccia di sentiero tra l’erba, a tratti poco evidente, attraversando i Fossi di Meta e fino ad arrivare sulla cresta che divide il Fosso di Meta III dal Fosso Le Vene, risalita dall’itinerario n.2, (358417,5 E – 4751758,8 N; 1850 m.), questo punto rappresenta anche la partenza dell’itinerario n.5 descritto di seguito.

(E’ possibile anche una variante per raggiungere il filo di cresta di partenza dell’itinerario n.4; raggiunto il poggio erboso oltre il quale si apre il terzo ed ultimo imbuto di Meta (358854,1 E – 4751670 N; 1850 m.), caratterizzato sulla cresta sovrastante da uno spuntone roccioso, l’unico prima della “Corona”, anziché proseguire in quota si può scendere liberamente sul filo di cresta sottostante per circa 60 metri per prendere un tracciato più evidente in questo tratto (358845 E – 4751797 N; 1800 m.), che, in altri 500 metri di percorso in quota, facendo attenzione nell’attraversamento del fosso di Meta III, conduce direttamente all’imbocco del tracciato n.4 (358376 E – 4751898,8 N; 1785 m., 1,15 ore dal Rifugio)).

Qui si inizia a scendere il filo di cresta fino ad incrociare la netta cengia che traversa verso l’imbuto de Le Vene (358376 E – 4751898,8 N; 1785 m., 1,15 ore dal Rifugio ). Si continua in quota sotto la fascia rocciosa attraversando i fossi che a primavera generano diverse cascate fino al centro dell’imbuto (1760 m circa, 2,5 ore dal Rifugio).

Da qui si può ritornare per lo stesso percorso fatto all’andata oppure continuare a traversare.

La prosecuzione è consigliata sono ad escursionisti esperti con pratica di alpinismo in quanto non ci sono tracce di sentiero ed occorre risalire prati e ghiaioni molto ripidi dove è assolutamente necessaria una piccozza.

Si prosegue delicatamente la cengia che passa in quota sempre sotto alla barriera di rocce fino ad un canale ghiaioso con a destra una ampia zona ghiaiosa di colore rosa.

Raggiunto il canale riempito di detriti si sale faticosamente su ghiaia per alcune decine di metri nel suo interno poi ci si sposta sulla sua sponda destra cercando di tenersi nelle zone erbose fino a superare la zona di ghiaia rosa più in alto. Oltre la zona ghiaiosa si sale liberamente in verticale in direzione della cresta sovrastante, nei prati si intercetta una traccia di sentiero che si sale verso un canale detritico obliquo dove qui si nota un netto sentiero che risale fino sulla cresta ovest dove si riprende il sentiero (segnato, pannello panoramico ) che, in direzione Est, segue fedelmente l’affilato crinale fino alla vetta del monte Sibilla (2173 m, 4,0 ore dal Rifugio ).

18- La cengia che permette di traversare l’imbuto de Le Vene a media altezza.
19- Il tracciato del percorso n.4.
20- La cengia erbosa attraversa tutti i canali de Le Vene.
21- il torrione sinistro orografico de Le Vene visto dall’itinerario n.4.
22- La parte inferiore, molto più ripida, dei canali de Le Vene, in basso a destra, sopra al nucleo boschivo, si vede il sentiero n.1 che attraversa l’imbuto e risale il torrione sinistro de Le Vene. Al centro della foto risale invece l’impegnativo itinerario n.3
23- Veduta verso la “Corona” del M. Sibilla alla base della quale passa l’itinerario n.6, al centro della foto si nota, in alcuni tratti, la debolissima traccia dell’itinerario n.5

ITINERARIO N.5

Una ennesima cengia principalmente erbosa che taglia in quota il versante Nord del Monte Sibilla, parallelamente all’itinerario 4 e 6, viene percorsa da una sottile traccia che a volte si perde ma rimane intuitiva, anche perché non si hanno altre possibilità di deviazioni.

Percorso da me molti anni fa come per l’itinerario n.6, non mi risulta descritto nella bibliografia dei Monti Sibillini, è destinato solo ed esclusivamente ad escursionisti esperti con esperienza alpinistica, rigorosamente necessaria una piccozza, da percorrere in estate quando i canali dell’imbuto de Le Vene sono sgombri dalla neve altrimenti il tracciato può essere reso molto pericoloso.

ACCESSO: Il primo tratto di raggiungimento di questo percorso è in comune con l’itinerario n.4; una volta traversati i Fossi di Meta ed arrivati alla cresta che divide il Fosso di Meta III dal Fosso Le Vene, risalita dall’itinerario n.2, (358417,5 E – 4751758,8 N; 1850 m. 2 ore dal Rifugio).

DESCRIZIONE; Dalla cresta ci si immette nel versante Nord dove si nota, in alcuni tratti un po’ più evidente, una lieve traccia in quota che passa anch’essa in una cengia erbosa che inizia ad attraversare i vari fossi de Le Vene.

Dopo circa 300 metri dove si attraversano due canali con fondo ghiaioso fino a raggiungere il centro del Fosso Le Vene dove un ripidissimo canale con sponde rupestri richiede dei passaggi delicati su una strettissima cengia obbligata che ricorda molto la Cengia dei Fiumarelli.

Si prosegue quindi su un tratto erboso meno ripido fino a raggiungere un secondo canale molto intagliato caratterizzato da una zona rocciosa con una fascia più in alto di colore rosa, questo è il tratto più impegnativo, si attraversa con molta attenzione il canale passando proprio alla base delle rocce per poi ritrovarsi su pendio ghiaioso ma meno ripido dove si individua di nuovo una traccia che attraversa lunghi pendii ghiaiosi alternati ad erba e che riporta facilmente verso la cresta Ovest del Monte Sibilla (4 ore dal Rifugio).

24 – 25- I tracciati di raggiungimento nel versante di Meta degli itinerari proposti al versante Nord del Monte Sibilla.
25
26 – 27- Veduta dalla cima del Monte Sibilla degli itinerari del versante Nord de Le Vene .
27
28 – 29- Veduta dalla cresta degli imbuti (itinerario n.2) degli itinerari proposti al versante Nord del Monte Sibilla.
29
30- Pianta satellitare del Fosso Le Vene, dettaglio dei percorsi 3 e 4.
31- Pianta satellitare del Fosso Le Vene, dettaglio dei percorsi 5 e 6.

ITINERARIO N.6

Questo itinerario è veramente una sottile traccia, larga poco più di 20 centimetri, che attraversa in quota l’imbuto delle Vene, poco sotto la cosiddetta “Corona della Sibilla”, al di sopra di tutti gli altri itinerari descritti, dal n.1 al n.5.

E’ un itinerario che si snoda su un pendio di oltre 45-50 gradi di pendenza dove non ci si può permettere di scivolare ed è anch’esso valutato EEA, è anch’esso destinato solo ed esclusivamente ad escursionisti esperti con esperienza alpinistica, rigorosamente necessaria una piccozza, come per l’itinerario n.5 da percorrere in estate quando i canali dell’imbuto de Le Vene sono sgombri dalla neve.

L’uscita di questo tracciato è indicata nel reportage “VERSANTE NORD DEL MONTE SIBILLA Ancora effetti del Terremoto del 2016” del 14 luglio 2021.

Percorso da me molti anni fa come per l’itinerario n.5, non mi risulta descritto nella bibliografia dei Monti Sibillini.

ACCESSO: Per percorrere questo tracciato si sale dal Rifugio Monte Sibilla per il classico itinerario n.7 (come indicato per il raggiungimento degli attacchi degli altri itinerari) , si percorre la cresta in direzione dalla cima del Monte Sibilla ed una volta giunti a quota 1960 metri il sentiero dell’itinerario n.7 scende leggermente verso il versante Sud in corrispondenza di uno spuntone roccioso che sporge verticale verso il versante Nord (359064,3 E – 4751494,4 N; 2 ore dal Rifugio).

DESCRIZIONE: In questo punto si devia nettamente nel versante Nord e si passa sotto allo spuntone dove si nota una lieve traccia che, in quota, raggiunge, in 20 minuti, la cresta degli imbuti percorsa dall’itinerario n.2 (358439,3 E – 4751533,1 N; 1945 m.). Ci si sporge verso il versante de Le Vene dove la traccia prosegue vertiginosamente in quota attraversando pendii rupestri alternati a canali molto ripidi dirigendosi verso un canale obliquo ghiaioso dove la traccia diventa un sentiero che permette di salire sulla cresta Ovest dove si riprende il sentiero (segnato, pannello panoramico ) che, in direzione Est, segue fedelmente l’affilato crinale fino alla vetta del monte Sibilla (2173 m, 3,5 ore dal rifugio ).

32- Pianta satellitare della prima parte dell’itinerario n.6 (imbuto di Meta).
33- Pianta satellitare della seconda parte dell’itinerario n.6 (imbuto Le Vene).
34- Veduta del tracciato n.6 dalla cima del Monte Sibilla. dall’alto si nota la traccia di sentiero presente sotto alle rocce della “Corona”
35- La cima del Monte Sibilla vista dall’imbocco del tracciato n.6

ITINERARIO N.7

E’ il classico itinerario escursionistico facile, adatto a tutti, che risale dal Rifugio M. Sibilla alla Sella del Monte Zampa per proseguire poi per cresta con evidente sentiero, superando il tratto attrezzato con catene della “Corona della Sibilla”, fino alla Grotta delle Fate ped alla cima del Monte Sibilla (3 ore dal Rifugio).

Rappresenta anche la discesa in comune di tutti gli altri itinerari descritti.

E’ riportato sulla bibliografia classica e cartografia dei Monti Sibillini a cui rimando.

36- >Pianta satellitare del versante Nord del Monte Sibilla con tutti gli itinerari proposti.



MONTE PORCHE Cresta Nord e il Crepaccio sotto la cresta.

Itinerario non particolarmente lungo ma che richiede una certa pratica per l’attraversamento di terreni erbosi ripidi, permette di raggiungere la cima del Monte Porche attraversando la testata della Valle lunga e passando per il Crepaccio della cresta Nord.

L’itinerario non è riportato sulla bibliografia dei Monti Sibillini.

ACCESSO: Si raggiunge in auto il nuovissimo parcheggio del Monte Prata da cui si parte a piedi proseguendo la strada sterrata per la Fonte della Giumenta.

DESCRIZIONE: Raggiunta la Fonte della Giumenta si sale per il classico sentiero verso il Monte Porche. Giunti alla sella anziché proseguire in direzione Sud verso la sella del Monte Palazzo Borghese si sale in direzione della cima del Monte Porche su traccia di sentiero che devia verso sinistra.

Giunti alla sella Nord-ovest del Monte Porche (1 ora dall’auto, 355018 E – 4748967,7 N; 2035 m.) , si scende la valletta sottostante per risalire la sponda opposta a riprende la cresta Ovest del Monte Porche in direzione della Valle Lunga.(355458,2 E – 4749069,1 N; 2038 m.)

Giunti a scoprire la Valle Lunga si costeggiano delle rocce a destra della cresta e si entra nella testata della valle.

Qui si inizia una lunga traversata in quota su pendio molto ripido della testata della valle con tratti a 45 gradi su pendio a cotica erbosa chiusa molto scivolosa da percorrere con molta attenzione, passando sotto a rocce ed superando l’attacco dei canali di salita invernali del versante Nord del Monte Porche descritti a pagina 62 del mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI”.

Si continua in quota in direzione della rocciosa cresta Nord del Monte Porche fino ad intercettare una faglia più infossata rispetto al ripido piano erboso che scende verso la Valle Lunga, dove si apre il Crepaccio riportato sul Catasto delle Grotte della Regione Marche (1 ora, 355850,5 E – 4748823,8 N; 2100 m.).

Il crepaccio di faglia, prodotto sicuramente da antichi terremoti, risulta profondo una decina di metri ma ha subito ulteriori allargamenti e crolli con il terremoto del 2016 per cui risulta pericoloso entrare fino al fondo.

Dal crepaccio si risale la cresta rocciosa Nord sovrastante fino a raggiungere la cresta Cima Vallelunga – Monte Porche percorsa dal classico sentiero con cui si raggiungono le due cime.

DISCESA: Dalla cima del Monte Porche si scende per il classico sentiero di salita verso la Fonte della Giumenta.

Di seguito le immagini dell’itinerario proposto.

1- La valletta sotto al versante Nordovest del Monte Porche che bisogna attraversare per immettersi nella Valle Lunga.
2- Giunti sulla cresta Ovest del Monte Porche si scopre la Valle Lunga.
3- E si inizia ad attraversare la testata della Valle Lunga
4- Si traversa in quota in direzione delle rocce del versante Nord del Monte Porche.
5- Il terreno si fa più ripido man mano che ci si avvicina ai canali di salita invernali al versante Nord del M. Porche.
6- La testata della Valle Lunga.
7- Proseguiamo verso la cresta Nord del Monte Porche visibile a destra in ombra dove si apre anche il crepaccio di faglia.
8 – 9- Passiamo sulla verticale dei canali di salita invernali al versante Nord del Monte Porche, caratterizzati da un piccolo torrione roccioso che si divide.
9
10 – 11- Salix retusa di grandi dimensioni vegetano nel versante Nord del Monte Porche.
11
12- Si prosegue oltre la testata della Valle Lunga osteggiando rocce su terreno molto ripido.
13- Quindi ci dirigiamo verso il crepaccio di faglia, visibile in basso al centro, a destra la Cima Vallelunga, di fronte il Pizzo Regina, il Pizzo Berro e la Cima di Vallinfante a sinistra, contornano la Valle Lunga..
14- Il crepaccio della Cresta Nord del Monte Porche, in questo punto ha subito ulteriore allargamento dopo il terremoto del 2016.
15 – Il crepaccio e il Monte Porche a destra.
16- Il crepaccio e Cima Vallelunga.
17 – 18 – Proviamo ad entrare.
18
19- Ancora alcuni metri relativamente sicuri.
20- Ma poi è meglio fermarsi.
21 – 22 – Più a valle un ulteriore crepaccio aperto dal terremoto del 2016.
22
23- Campanula scheuchzeri l’ingresso del crepaccio.
24- La Valle Lunga.
25- Il tratto da cui si accede alla testata della Valle Lunga.
26 – 29 – La ripida cresta Nord del Monte Porche, che risaliamo fino alla cresta che collega il M. Porche alla Cima Vallelunga.
27
28
29
30 – 31 -Raggiungiamo infine la cresta sommitale che ci conduce facilmente al M. Porche.
31
32- Veduta verso Nord dalla cima di M. Porche, a destra Cima Vallelunga, in fondo il Pizzo Regina ed il Pizzo Berro , il Monte Rotondo e la Cima di Vallinfante a sinistra.
33- Veduta verso Sud dalla cima di M. Porche, a destra Il Monte Palazzo Borghese e Sasso di Palazzo Borghese, sopra il Monte Argentella, sullo sfondo la Cima del Redentore a destra e il Monte Vettore a sinistra.
34 – 35 – La cima del Monte Porche.
35
36- La faglia prodotta dal terremoto del 2016 nel versante Ovest del Monte Porche
37 – 39 – Rosalia alpina a monte della Fonte della Giumenta.
38
39
40- Veduta dell’itinerario dalla cima del Monte Porche.
41- Veduta dell’itinerario dalla cresta Ovest del Monte Porche.
42- Dettaglio della posizione del crepaccio.
43- Pianta satellitare del percorso proposto.



CASCATA DELLE CALLARELLE da Calcara di Ussita.

Su richiesta di alcuni miei amici riporto questo percorso classico ma non indicato nella bibliografia, facile ed adatto a tutti, attualmente frequentatissimo dalle numerose guide escursionistiche che organizzano escursioni sui Monti Sibillini per i loro clienti.

L’itinerario, con partenza da Calcara di Ussita, permette di raggiungere la particolare Cascata delle Callarelle, situata nella Valle del Torrente Ussita, a monte della Cascata di Casali (o del Fosso del Pero), già descritta in questo sito, e in prossimità della piccola centrale idroelettrica del Comune di Ussita, alle falde della parete Nord del Monte Bove nord.

La cascata è particolare perchè è situata in una piccola forra che a monte presenta due grandi e profonde “Marmitte dei Giganti”, vasche prodotte dall’erosione dell’acqua e dei detriti trasportati con essa.

ACCESSO: Si raggiunge in auto il centro abitato di Ussita quindi, passata la piazza, si prosegue in direzione di Frontignano, si supera il Palazzetto del Ghiaccio e dopo circa 1 chilometro si trova la deviazione a sinistra per la frazione di Calcara.

Consiglio di parcheggiare in prossimità delle case al fine di evitare brutte sorprese al ritorno in quanto la strada sterrata che prosegue in direzione del Camping Colorito presenta un divieto di sosta continuo.

DESCRIZIONE: Dall’abitato di Calcara si prosegue la sterrata che si snoda verso il versante Nord della Croce di Monte Bove, si supera l’incrocio per il Camping Colorito e si prosegue a destra (cartello Callarelle, foto n.1) fino a raggiungere, in 40 minuti e circa 2 chilometri di comodissima sterrata quasi in piano, il ripiano erboso di Poggio Paradiso dove un secondo cartello indica la deviazione a sinistra (foto n.2, a destra si prosegue per la Val di Panico) e dove si può ammirare l’imponenza della parete Nord del Monte Bove Nord che incombe sopra al percorso.

La deviazione, in altri 1,5 chilometri circa, conduce all’ingresso della centrale Idroelettrica di Ussita, poco prima dell’edificio, si scende a sinistra e già si sente il fragore della cascata che si raggiunge in 10 minuti di sentiero in ripida discesa ma attualmente attrezzato con corde.

Ritornando verso la centrale si devia a sinistra su traccia di sentiero e si raggiunge la parte superiore della cascata caratterizzata dalle due grandi Marmitte dei Giganti.

Ritorno: stesso itinerario.

1- Il primo incrocio che si incontra dopo circa 500 metri dall’abitato di Calcara
2- Poggio Paradiso con il secondo incrocio ben segnalato.
3- La parete Nord del Monte Bove Nord con i suoi tre Spalti e le numerose frane prodotte dal terremoto del 2016, vista da Poggio Paradiso.
4- La sterrata finisce in prossimità del cancello della Centrale Idroelettrica di Ussita, per la cascata si scende a sinistra.
5- la ripida discesa verso il Torrente Ussita attrezzata con corde.
6 – 9- La Cascata delle Callarelle.
7- Non mancano rifiuti anche qui.
8
9
10- La parete Nord del Monte Bove Nord con i suoi tre Spalti e le numerose frane prodotte dal terremoto del 2016, vista dal piazzale della Centrale.
11- la Centrale Idroelettrica di Ussita e la su condotta forzata, sullo sfondo il Monte Bove Nord.
12- Saxifraga australis sulle pareti della forra.
13- 18- Le due grandi e profondissime “Marmitte dei Giganti” situate a monte della Cascata.
14
15
16
17
18
19- La cascata di Casali o del Fosso del Pero (anche se sfocata), vista di fronte, dalla strada per la Cascata delle Callarelle.
20- Pianta satellitare del percorso proposto.



L’EFFETTO “FATA MORGANA” IN MONTAGNA Tramonto a Monte Valvasseto e Alba al Pizzo di Meta.

In ottica la Fata Morgana, o Fatamorgana, è una forma complessa e insolita di miraggio che si può scorgere all’interno di una stretta fascia posta sopra l’orizzonte.

Tale fenomeno, che può essere osservato a terra o in mare, nelle regioni polari o nei deserti, distorce così tanto l’oggetto (o gli oggetti) su cui agisce il miraggio, da renderli insoliti e irriconoscibili. Può riguardare qualsiasi tipo di oggetti “distanti”, come isole, coste o barche. Il soggetto è mostrato in evoluzione, in posizioni diverse da quelle originarie, in una visione che può passare senza soluzione di continuità dalla compressione all’allungamento.

Questo fenomeno ottico si verifica quando i raggi di luce sono incurvati dal passaggio attraverso strati d’aria a temperature diverse, in condizioni di inversione termica, in cui la transizione tra gli strati è caratterizzata da un brusco gradiente termico, con la formazione di un condotto atmosferico. Infatti, in condizioni di tempo sereno, può capitare che uno strato d’aria molto più calda sovrasti uno strato di aria più fredda: in questo caso, la differenza tra gli indici di rifrazione può dar luogo alla formazione di un condotto atmosferico che agisce come una lente di rifrazione, producendo una serie di immagini sia dritte che invertite.

Nelle regioni polari, la Fata Morgana può essere osservata nelle giornate relativamente fredde, al contrario nei deserti e sulle distese d’acqua il fenomeno si verifica più facilmente in giornate la cui temperatura è superiore alla media.

Il fenomeno può essere osservato da qualunque altitudine: dal livello del mare alle cime delle montagne, o addirittura da un aeroplano. Generalmente è visibile anche ad occhio nudo, ma per una visione dettagliata è preferibile usare dei binocoli, un cannocchiale oppure un teleobiettivo.

Questo raro fenomeno è stato osservato in diverse zone d’Italia tra cui dalla cima del Monte Pennino, nell’Appennino Centrale (Nocera Umbra) dove nel periodo estivo e con particolari condizioni, si vede sorgere due volte il sole. Dapprima l’immagine riflessa, di colore rosso intenso e senza raggi, subito dopo, il sole con i suoi raggi accecanti.

Avendo letto che è questo fenomeno è stato osservato proprio in questi giorni di caldo al di sopra della norma, siamo partiti il pomeriggio del 19 luglio per vedere se, a il tramonto o all’alba, si poteva avere la fortuna di osservare questo raro fenomeno.

Abbiamo raggiunto il Monte Valvasseto, nei pressi della Pintura di Bolognola ed abbiamo aspettato il tramonto, la nostra costanza ci ha premiato, poco prima del tramonto il sole attraversando gli strati bassi dell’atmosfera, con moltissima umidità, si è allungato a dismisura prendendo la forma di un ovale anzichè circolare.

Il fenomeno, come indicato sopra, non è facilmente visibile ad occhio nudo, le immagini sono state scattate con un teleobbiettivo da 200 mm di focale.

Siamo quindi scesi ed abbiamo dormito in tenda all’area Pic Nic di Bolognola a causa del forte vento e, prima dell’alba, ci siamo diretti al Pizzo di Meta.

L’alba, comunque fantastica vista dalla montagna, non ci ha regalato questo raro fenomeno, ma siamo stati soddisfatti lo stesso, il mondo visto dall’alto è sempre fantastico.

Di seguito le immagini della serata e del mattino.

1- 2 – I raggi del sole, attraversando gli strati bassi dell’atmosfera, colmi di umidità di questi giorni di afa, creano una falsa immagine di un sole ovale anzichè circolare, questo fenomeno è chiamato Fata Morgana.
2
3a – 3b -Il fenomeno ingrandito in post-produzione.
3b – A sinistra l’esatta forma del sole, a destra la forma ovale allungata prodotta dal fenomeno ottico della Fata Morgana
4 – 6- Dopodichè il sole ha ripreso la sua forma circolare man mano che scendeva sull’orizzonte.
5
6
7 – 9- Il tramonto verso i Monti di Montelago (Camerino).
8
9
10- Un ulteriore ingrandimento mostra anche le macchie solari sulla superficie del sole.
11 – 17- Ultime fasi del tramonto
12
13- Il sole prima di scomparire, a causa sempre della grande umidità atmosferica, si appiattisce perdendo ulteriormente la sua forma circolare.
14
15
16
17
18- 19- La notte all’Area Pic Nic di Bolognola alla Valle del Fargno con un forte vento, sullo sfondo il monte Acuto.
19
20- La costellazione dell’Orsa Maggiore o Gran Carro, verso Nord.
21 – 25 – Le fasi dell’alba dal Pizzo di Meta……. niente Fata Morgana ma solo tanta umidità..
22
23
24
25
26- L’alba al Pizzo di Meta con la croce di vetta.
27- La cime del Pizzo di Meta, sullo sfondo a sinistra della croce il Monte Castel Manardo, Il Pizzo Regina, il Pizzo Berro, Monte Acuto e Pizzo Tre Vescovi, a destra Il Monte Rotondo ed il Monte Pietralata.



LE FINESTRE DEI MONTI SIBILLINI parte 2 settore Nord. LA FINESTRA DELLA Via Maurizi-Taddei, LA FINESTRA DELLA CENGIA DEI FIUMARELLI E L’ARCO DEL MONTE VALVASSETO.

Nel settore Nord dei Monti Sibillini sono presenti altre “finestre” o Archi di roccia naturali molto suggestive.

LA FINESTRA DELLA VIA MAURIZI-TADDEI AL M. BOVE NORD.

La prima è la Finestra della Via Maurizi-Taddei nel versante Nord di Monte Bove Nord ed in particolare nello Spalto Occidentale.

La descrizione dell’itinerario per raggiungere la finestra è riportata a pagina 40 del mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI” a cui rimando, ricordo che è inserita in una via di roccia pertanto è consigliata solo a persone che abbiamo esperienza alpinistica.

Credevo che il terremoto avesse cancellato questa meraviglia della natura che invece ha retto bene ed è ancora in piedi.

Ricordo che attualmente la via è inserita nella zona di protezione del Camoscio Appenninico e si può raggiungere solo nel periodo che va dal 16 luglio al 30 aprile e previa comunicazione, ai sensi del D.D. 384/2014 , almeno 2 giorni prima della data prevista per l’attività alpinistica, al Collegio Regionale delle Guide Alpine delle Marche tramite il seguente indirizzo di posta elettronica: info@guidealpinemarche.com.

Di recente sui social sono apparse foto dell’itinerario ed in particolare della finestra realizzate al di fuori del periodo indicato e ovviamente senza alcuna autorizzazione, consiglio pertanto di non pubblicare foto di zone comprese all’interno dell’area protetta scattate al di fuori di tale periodo per non incorrere in sanzioni.

1- La finestra della Via Maurizi-Taddei al Monte Bove Nord in un a vecchia foto prima del terremoto.

FINESTRA DELLA CENGIA DEI FIUMARELLI o FOSSO LA FOCE

Descritta in bibliografia per la prima volta a pagina 42 del mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI” a cui rimando e in successivi e reportage del 20 giugno 2021 e del 3 novembre 2022 riportati sempre in questo sito.

1- La finestra della Cengia dei Fiumarelli
2- Affacciati alla finestra si scoprono le cascate del Fosso >a Foce.

ARCO DEL MONTE SASSOTETTO

Un piccolo arco di roccia è presente nel versante Ovest del Monte Sassotetto, riportato nell’itinerario: “LE GROTTE DEL MONTE SASSOTETTO” del 3 aprile 2021 a cui rimando.

ARCO DEL MONTE VALVASSETO

Un altro piccolo arco di roccia naturale è presente nei torrioni rocciosi del versante Ovest del Monte Valvasseto, il versante opposto alla palestra di roccia, facilmente raggiungibile dalla Pintura di Bolognola attraversando i Piani Gra.

Riporto il facile itinerario richiestomi gentilmente da alcuni amici.

ACCESSO: Si parcheggia alla Pintura di Bolognola e si sale a piedi per la strada che conduce alla pista da fondo Piano Gra- Macchia Tonda.

Giunti alla grande faggeta di Macchia Tonda la si percorre nel suo bordo sinistro in direzione del Monte Valvasseto. Giunti al termine del bosco si trova una traccia di sentiero che, il leggera salita, conduce nettamente a destra verso uno scoglio a forma di testa di Tartaruga.

Si passa sotto allo scoglio e si sale per un pendio ghiaioso in direzione di una fascia rocciosa continua, sempre traversando verso destra, si costeggiano le rocce fino a raggiungere l’arco, coperto da una folta vegetazione.

In zona ci sono anche altre particolarità molto interessanti da osservare, come indicato nei reportage del 04/11/2020, 1802/2021 e del 25/06/2022.

1- Superata la faggeta si nota a destra lo scoglio simile ad una testa di tartaruga sotto al quale si passa per raggiungere l’Arco del Monte Valvasseto.
2- Lo scoglio a forma di testa di Tartaruga con i Piani Gra ed il Monte Rotondo sullo sfondo.
3- Sulla sommità della fascia rocciosa che forma l’arco, sullo sfondo il Monte Castel Manardo.
4 – 7 – L’arco di roccia del Monte Valvasseto.
5
6
7
8- Il piccolo arco di roccia lascia passare la luce del sole mattutino che illumina la piante posta al suo ingresso.
9 – 10 – L’arco visto dalla sua sommità.
10
11- Pianta satellitare del breve itinerario per raggiungere l’Arco del Monte Valvasseto.



LE “FINESTRE” DEI MONTI SIBILLINI parte 1 Il tempio della Sibilla, l’occhio del Ciclope, Arcofù e l’Arco di Meta nella Valle del Tenna.

Nell’alta valle dell’Infernaccio sono presenti quattro grandi “finestre” o archi di roccia, il Tempio della Sibilla, l’Occhio del Ciclope, L’Arco del Fosso della Sibilla o Arcofù e l’Arco di Meta (o Arcufu’ secondo un autore), di seguito si riportano le descrizioni per la loro osservazione.

IL TEMPIO DELLA SIBILLA

Una delle più spettacolari “finestre” o archi naturali dei Monti Sibillini, nonché il più facilmente raggiungibile, è il cosiddetto “Tempio della Sibilla”, arco di roccia naturale posto sul versante Sud del Monte Priora, sopra le gole del Tenna, in prossimità della Cengia delle Ammoniti.

L’itinerario di raggiungimento, divenuto ormai un classico, è descritto a pagina 37 del mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” scaricabile da questo sito sotto la voce “pubblicazioni” a cui rimando.

L’itinerario è anche indicato nell’articolo del presente sito “I TERRAZZI DA BRIVIDO DEI MONTI SIBILLINI – PARTE 3”

Di seguito inserisco le bellissime immagini dell’ultima escursione a questo arco di roccia, al ritorno consiglio inoltre di visitare anche la Cascata Dimenticata o come viene chiamata attualmente la Cascata della Rota, il cui itinerario è descritto anch’esso nel mio libro.

1- Il Casale dei Grottoni dove passa il sentiero per il Tempio della Sibilla e la cengia delle Ammoniti.
2- Di fronte al sentiero le verticali pareti delle Forre del versante Nord del Monte Sibilla.
3- Il sentiero per raggiungere il Tempio della Sibilla si snoda sotto alla Cengia delle Ammoniti.
4 – 13- L’arco naturale del Tempio della Sibilla.
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14- Sguardo in verticale sulla sottostante valle dell’Infernaccio.
15 – 18- Sulla sommità dei vari torrioni che compongono la zona denominata “I Grottoni”
15
17
18
19 – 23- Visita anche alla Cengia delle Ammoniti.
20
21
22
23- Esplorazione di piccole cavità intorno alla Cengia.
24- Traccia di Ammonite fossile, molte concihglie sono state asportate in questi ultimi anni.
25- Al ritorno ci dirigiamo verso la Cascata Dimenticata (da non confondere con la cascata nascosta posta molto più in basso) e scopriamo segni di trivella usata per aprire il sentiero per il Casale del Rio.
26 – 27- La parte superiore del Fosso del Rio
27
28 – 30- La Cascata Dimenticata o Della Rota.
29
30
31- Ritornando per il Romitorio di San Leonardo passiamo per i ruderi della vecchia fontana.
32- Profilo umano sulle pareti delle Pisciarelle.

L’OCCHIO DEL CICLOPE

L’Occhio del Ciclope è la grande finestra che si può osservare nel tratto di strada tra la Gola dell’Infernaccio e Capotenna, guardando verso le pareti dei Grottoni del Monte Priora.

Attualmente la grande finestra è raggiungibile solo alpinisticamente dalla Cengia delle capre, l’itinerario è descritto nel seguente link:

http://auaa.it/articoli-alpinismo/183-via-occhio-del-ciclope-monti-sibillini

Dalla Cengia delle Capre è possibile scendere, con estrema attenzione, per il ripidissimo vallone erboso situato a sinistra dell’Occhio del Ciclope, fino ad avvicinarsi in modo considerevole ma per sicurezza non riporto la descrizione di tale discesa in quanto molto pericolosa.

1- L’occhio del Ciclope visto dalla strada per Capotenna.
2- Il ripidissimo vallone a sinistra dell’Occhio del Ciclope.
3- Iniziamo la ripida discesa per avvicinarci alla finestra.
4- Ed ecco la grande finestra dell’Occhio del Ciclope.
5- Nel torrione in alto i nostri amici.
6- L’Occhio del Ciclope visto dal torrione di fronte.

L’ARCO DEL FOSSO DELLA SIBILLA o ARCOFU’ – I LUOGHI PIU’ SELVAGGI DEI MONTI SIBILLINI parte 2

DESCRIZIONE: Percorrendo la Valle dell’Infernaccio verso Capotenna si raggiuge il laghetto effimero prodotto dalla frana del terremoto del 2016 già descritto in questo sito (articolo: Infernaccio, mai più come prima, del Maggio 2017), si prosegue la valle per la sterrata, si supera l’ingresso, a sinistra, dell’Imbuto Le vene, anch’esso descritto in questo sito (articolo: I luoghi più selvaggi dei Monti Sibillini) e si continua per altri 600 metri, fino ad intercettare una traccia che scende verso il fiume, poco prima che la strada inizia a salire di quota verso Capotenna.

Si scende nel fiume che, oltre questo tratto, forma una seconda forra meno conosciuta dell’Infernaccio ma altrettanto bella e selvaggia, si guada bagnandosi molto e ci si dirige verso l’ingresso scuro e cupo del Fosso della Sibilla che si apre di fronte.

Si raggiunge faticosamente , tra tronchi e, a seconda della stagione, grossi accumuli di neve, il fondo del Fosso dove scende una piccola cascata che precipita dall’alto e dove, ancora più in alto si apre la grande finestra denominata “Arcofù”.

1- L’ingresso della seconda, meno conosciuta, Forra dell’Infernaccio
2-Nel fondo del Fosso della Sibilla si apre anche una grande caverna
3- Veduta dall’interno della caverna.
4- Attraversato il fiume Tenna ci si dirige a sinistra verso il fondo del Fosso della Sibilla, tra tronchi e massi.
5- I Grottoni della Priora visti dal Fosso della Sibilla.
6 – 7- Risalita del fondo del Fosso della Sibilla che, fino a tarda primavera, nasconde grandi accumuli di neve.
7
8 – 9- ll fondo del Fosso della Sibilla, in alto il grande arco di Arcofù ancora non ben evidente.
9
10- La grande cavità posta alla base del Fosso.
11- Il grande Arco del Fosso della Sibilla, sicuramente uno dei luoghi più selvaggi dei Monti Sibillini.
12- Veduta dei Grottoni della Priora dal fondo del Fosso.
13- La cascata che scende dall’alto fino a tarda primavera.
14 – 17- Gli accumuli di neve sul fondo del Fosso della Sibilla.
15
16
17
18- La cascata e l’arco.

L’ARCO DI META (o ARCUFU’ secondo un autore)

Un quarto arco di roccia è presente nell’alta valle dell’Infernaccio, l’Arco di Meta (o Arcufu’ secondo un autore) si trova nel sentiero delle Vene della Sibilla che si snoda tra i vari fossi del versante Nord del Monte Sibilla.

Premetto che il sentiero non è adatto a tutti ma solo ad escursionisti esperti che i sanno muovere su terreni ripidi e sconnessi.

DESCRIZIONE: L’itinerario per raggiungere l’Arco di Meta è descritto nel mio reportage “MONTE SIBILLA VERSANTE NORD – ANCORA EFFETTI DEL TERREMOTO DEL 2016 – TORRIONE DI MÈTA”  percorrendo il sentiero de “Le Calle della Sibilla” situato nel versante Nord, riportato nella bibliografia dei Monti Sibillini.

Una volta scesi nel versante Nord per l’evidente sentiero si supera facilmente il Fosso di Meta I, si prosegue superando con attenzione il Fosso di Meta II che, in genere a primavera, risulta ancora pieno di neve di accumulo di slavine, si prosegue quindi su terreno erboso ripido e si raggiunge la base di una alta lama rocciosa dove si apre l’Arco di Meta.

Proseguendo la traccia di sentiero si supera anche il Fosso di Meta III e si arriva al Fosso delle Vene, volendo si prosegue per sentiero evidente che scende nel fosso per poi risalire e dirigersi verso il Casale Lanza e quindi salire ulteriormente al Casale della Sibilla dove si raggiunge la cresta del Monte Sibilla chiudendo un percorso ad anello.

1- Funghi prataioli (Psalliota macrosporum) nei pressi della forcella tra il monte Zampa ed il Monte Sibilla, visibile a sinistra
2- La cresta M.Sibilla-M. Zampa con il sentiero in discesa che attraversa tutto il versante Nord del M. Sibilla.
3- Il sentiero che dalla sella del Monte Zampa scende verso il versante Nord del Monte Sibilla, visto nei pressi del Fosso di Meta I.
4- Il versante Nord del Monte Zampa.
5- Superato il Fosso di Meta I si continua su terreno ripido verso gli altri due fossi, lontano a destra, il torrione de Le Vene.
6- Il Monte Priora ed il Pizzo Berro con la Cengia delle Ammoniti, visti dal Fosso di Meta I.
7- Ripida traversata per entrare nel Fosso di Meta II.
8 – 10- Il Fosso di Meta II ancora conserva della neve.
9
10
11- Il Fosso di Meta II con la “corona” del Monte Sibilla in alto.
12- Superato anche il Fosso di Meta III, meno inciso degli altri due, ci si avvicina al Fosso de Le Vene
13 – 14 -L’Arco di Meta (o arcufu’ secondo un autore)
14
15- L’ultimo tratto erboso leggermente meno ripido prima del fosso de Le Vene, sullo sfondo l’intero pendio attraversato.
16- Il ripidissimo e selvaggio imbuto del Fosso Le Vene nel versante Nord del Monte Sibilla.
17- Il sentiero prosegue scendendo nel Fosso Lre Vene e risalendolo dalla parte opposta quindi prosegue verso il Casale Lanza che si vede nel pianoro erboso in direzione di Cima Cannafusto.
18- Il Monte Priora ed il Pizzo Berro con la Cengia delle Ammoniti precedentemente descritta.
19- Il ritorno, sempre sullo stesso sentiero.
Pianta satellitare della Valle del Tenna nel tratto Infernaccio – Capotenna con le finestre descritte.