A valle della stazione sciistica di Sassotetto, nel Comune di Sarnano, poco al di fuori del margine Est del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, si apre una selvaggia valle poco conosciuta formata dal Fosso di Fonte Lardina.
Le pareti rocciose presenti ai lati del fosso formano un tipico ambiente di forra appenninica inoltre, nella parte iniziale delle pareti della sinistra orografica (pareti di destra in salita), si apre una suggestiva spaccatura nella roccia percorroibile, formata da una faglia tettonica.
L’escursione non presenta particolari difficoltà ma, come per tutti gli ambienti rupestri e di forra, necessita di adeguate calzature antiscivolo.
ACCESSO: L’imbocco del Fosso di Fonte Lardina si raggiunge in auto da Sarnano, prendendo le indicazioni per Sassotetto. Dopo circa 6 chilometri si raggiunge la frazione di Piobbico. Si prosegue per altri 300 metri fino al primo tornante sopra il quale è presente una deviazione a sinistra che conduce al piazzale della vecchia stazione della funivia (foto n.1) dove si parcheggia (358157,5 E – 4762982 N; 820 m).
La funivia è stata costruita nel 1963 per collegare la frazione Piobbico, a 820 metri, con Fonte Lardina, a 1280. Soppiantata dalla strada asfaltata, è caduta in disuso da ormai da più di trenta anni ed è rimasta come mostro ecologico della zona senza che nessuno si sia preoccupato di demolirla.
DESCRIZIONE: Dal muraglione della stazione della funivia inizia in salita un tratturo che in breve conduce ad una captazione di acquedotto (foto n.4). Si prosegue su sentiero in leggera salita fino a raggiungere la base delle pareti del fosso (15 minuti, foto n.32), qui occorre guardare in alto in quanto un cavo di acciaio di servizio, penzolante dai cavi di sostegno, indica il punto di salita alla faglia (3557680 E – 4763066,5 N; 885 m.).
SALITA DEL FOSSO
Per inoltrarsi nel fosso si prosegue il sentiero fino a raggiungere le pareti di destra stillicidiose, solo dall’inverno alla primavera, per poi scendere nel fondo roccioso del fosso che si risale faticosamente fino alla parete della foto n.31 che lo chiude in alto, scivolosissima anche d’estate per la presenza di muschi che ne interrompe la prosecuzione (45 minuti).
Il fosso è caratterizzato da alberi altissimi (carpino nero) e tratti molto ripidi e scivolosi che lo rendono di non agevole percorrimento.
SALITA ALLA FAGLIA
Per raggiungere invece la faglia tettonica, una volta raggiunta la prima parete rocciosa al fianco destro del sentiero (foto n.32) si sale il successivo pendio ghiaioso a destra (in salita) su traccia di sentiero, poco dopo il cavo penzolante dall’alto, fino a raggiungere la base delle pareti rocciose di colore rosso strisciate di nero (foto n.34) poste una cinquantina di metri più in alto del sentiero.
Costeggiando il ripido terreno roccioso verso destra alla base della parete (foto n. 35-36) si raggiunge l’ingresso nascosto della spettacolare faglia che si attraversa fino al fosso opposto (foto n.37 in poi)
RITORNO: stesso itinerario.
Di seguito le immagini del percorso proposto.
1- La vecchia funivia per Sassotetto, ormai ridotta ad un rudere.2- Nel tepore di un trasformatore di un quadro elettrico aperto posto in un palo nei pressi della stazione delle cimici trovano riparo dal freddo.3- La giornata, caratterizzata da bufere di neve in quota, ci ha spinto nella più riparata Forra di fondovalle.4- Il sentiero che dalla stazione della funivia sale verso il Fosso di Fonte Lardina con la captazione dell’acquedotto5- Il Fosso di Fonte Lardina, sopra allo scoglio in alto sullo sfondo a destra passa la strada per Sassotetto.6 – 8 -Le alte pareti stillicidiose delle pendici basali del versante Est del Monte Sassotetto.789 – 10 -La parete di ingresso al Fosso di Fonte Lardina, nel suo lato destro si apre la frattura tettonica percorribile.1011- Continuando il sentiero verso il Fosso si raggiungono delle zone stillicidiose alla base delle pareti.12 – 15 -Lo stillicidio dell’acqua con la formazione di muschi ad Eucladium e Palustriella ha creato delle formazioni travertinose (pietra spugna)13141516- Fasi di risalita del Fosso che si restringe man mano che si sale171819- Sotto alle pareti di destra, tra la vegetazione, si intravede anche una piccola grotta.20- La piccola grotta 21 – 22 -Altissimi alberi caratterizzano il fondo del Fosso.2223 – 24 – Nella prima parte del fosso è presente anche una piccola cascata.2425 – 27 -Salendo nel fosso il terreno si f sempre più ripido262728 – 30 -Il fosso si restringe ed è sempre caratterizzato da alti alberi.293031- Fino ad arrivare ad un masso con salto roccioso scivolosissimo che per il momento ferma la nostra prosecuzione.
LA FAGLIA TETTONICA DELLA SELVA RIBERTA
32- Al ritorno visitiamo la faglia della Selva Riberta, si sale il pendio ghiaioso sulla destra della foto in corrispondenza di un cavo di acciaio spezzato che scende dalla funivia.33- La piccola grotta sotto alla faglia.34 – La parete rocciosa sopra al sentiero dove, a destra, si apre la faglia tettonica.35 – 36 – Il ripido pendio alla base della parete prima di arrivare alla faglia.3637 -La faglia tettonica della Selva Riberta, una spaccatura che permette di aggirare la parete rocciosa sovrastante e proseguire nel canalone opposto.38 – 39 -L’ingresso della faglia caratterizzata da una piccola quercia che sale secondo la disposizione della parete.3940 – 41 – L’uscita della faglia con una seconda quercia che sembra anch’essa seguire l’andamento della parete.4142 – Dopo l’uscita la faglia prosegue ancora per pochi metri.43 – 45 – Altre immagini della faglia tettonica.444546 – 51 – Sulla parete sopra alla faglia.474849505152 – 53 – Usciamo dalla faglia per riprendere il sentiero di raggiungimento5354 – Pianta satellitare del percorso proposto.55- Dettaglio del percorso per la faglia tettonica.
LE POZZE DI ACQUASANTA – LA CASCATA DEL PELLEGRINO E LE CASCATELLE DI SARNANO
Di poco al di fuori del margine Est del Parco dei Monti Sibillini, nei dintorni di Piobbico, una frazione di Sarnano, sono state riscoperte e rese accessibili a tutti da pochi anni delle marmitte dei Giganti molto spettacolari, le Pozze di Acquasanta, formate da un affluente del Tennacola.
A poca distanza è presente anche la Cascata del Pellegrino, formata dal fosso che scende da Fonte Lardina, a valle dell’abitato di Sassotetto.
Più a valle sono presenti invece le Cascatelle di Sarnano, direttamente collegate ai primi due siti mediante un comodo sentiero perfettamente segnalato (siamo fuori del territorio del Parco).
I tre siti sono descritti solo sul web, mancano infatti sia nella cartografia che nella bibliografia della zona.
ACCESSO: Con l’auto si raggiunge Sarnano e si prosegue in direzione della stazione sciistica di Sassotetto. Giunti all’abitato di Margani si trova un incrocio che scende in direzione di Giampereto – Abbazia di Piobbico. Si parcheggia in una piazzola di lato all’incrocio prima della discesa.
DESCRIZIONE: Si scende a piedi la strada fino alla prima curva dove un cartello indica l’inizio del sentiero per le Pozze di Acquasanta e la Cascata del Pellegrino. Si prosegue a piedi nel sentiero che scende ripido con alcuni tornanti ed in circa 20 minuti si raggiunge il torrente. Da un lato sono presenti le pozze mentre dal lato opposto, a distanza di poche centinaia di metri, la cascata, entrambe perfettamente segnalate.
Le cascatelle di Sarnano sono raggiungibili a piedi da questi siti mediante sentiero segnalato di circa 2 chilometri oppure si riprende l’auto, si ritorna verso Sarnano e, poco prima del paese, all’incrocio per Garulla – Ascoli Piceno, si scende nella strada sottostante. Nel primo gruppo di case si gira a destra (disagevole) in direzione di Bisio-Garulla e si prosegue per circa 500 metri fino ad uno spiazzo sulla strada con numerosi cartelli dove si parcheggia. Si prosegue a piedi per altri 200 metri fino alle Cascatelle perfino illuminate di notte.
Di seguito le immagini della facile escursione.
1- La prima curva della strada per Giampereto – Abbazia di Piobbico con l’inizio del sentiero per le Pozze di Acquasanta e la Cascata del Pellegrino.2- Raggiunto il torrente una ottima segnaletica indica il percorso da fare.3- Il tabellone con la descrizione delle Pozze dell’Acquasanta.4- Il ponticello sul Tennacola che collega i due siti.5 – 12 -Le profonde marmitte dei Giganti denominate le Pozze dell’Acquasanta.678910111213- Il tabellone con la descrizione della Cascata del Pellegrino.14 – 15 – La cascata del Pellegrino.1516 – 18 -Una cascatella situata tra le Pozze dell’Acquasanta e la Cascata del Pellegrino caratterizzata da una marmitta dei Giganti perfettamente circolare alla sua base.171819- Il visibilissimo punto di partenza per raggiungere le Cascatelle di Sarnano.20 – 23 – Le Cascatelle di Sarnano.21222324 -25 -L’acqua esce anche da un foro alla base della parete2526- L’itinerario completo Cascate del Pellegrino – Cascatelle di Sarnano27 – Dettaglio dell’itinerario Pozze dell’Acquasanta – Cascata del Pellegrino 28 – Dettaglio dell’itinerario per le Cascatelle di Sarnano
LA GROTTA DEL BEATO UGOLINO E LA GROTTA DI NICOLA – Valle del Fiastrone.
La Grotta del Beato Ugolino si apre nel versante Sud del Monte Fiegni, vicino alle Caverne I/II/III/IV del Lago del Fiastrone, descritte in un precedente articolo, è una piccola e leggendaria cavità situata in una zona selvaggia di cui se ne erano perse le tracce, esistevano indicazioni in vecchi libri ma piuttosto vaghe.
Per la sua riscoperta ringrazio il mio amico Sauro T. che ci ha fornito le indicazioni necessarie e ringrazio Federico, Manuel e Roberta per le loro ricerche storiche e per avermi accompagnato.
Il raggiungimento della Grotta del Beato Ugolino è facile ma su terreno scomodo e scivoloso che necessita di scarponi da montagna, insomma non ci si va con le calzature con cui, la maggior parte degli escursionisti della zona, raggiungono le Lame Rosse.
La Grotta di Nicola invece è conosciuta e facilmente raggiungibile, situata nei pressi della strada che conduce alle Lame Rosse.
Più a monte, partendo dalla Frazione di Fiegni di Fiastra si può raggiungere, tramite comodo tratturo, il Romitorio del Beato Ugolino, una piccola Cappellina cdi colore bianco costruita nel 1961 nei pressi della Fonte d’acqua, che si dice fece scaturire il Beato Ugolino nel luogo del suo eremitaggio.
ACCESSO: Si parcheggia l’auto nei pressi della Diga del Lago del Fiastrone.
DESCRIZIONE: Si attraversa a piedi la diga e si prende il tratturo per le Lame Rosse. Dopo circa 1000 metri, si attraversa il fosso (con acqua solo a primavera) della Val di Nicola, in corrispondenza di uno slargo con prati dove il tracciato cambia direzione (352520,3 E – 4769797 N; 620 m.).
Qui si lascia il tratturo e si prende una lieve traccia che risale il fosso passando per prati, dopo circa 200 metri il fosso si restringe e ci si addentra nel bosco seguendo il ramo sinistro (in salita).
Si prosegue per altri 300 metri circa seguendo il fondo roccioso del fosso fino a raggiungere delle pareti solcate da diversi colatoi. Dirigendosi verso il colatoio più alto verso destra si sale nel bosco il bordo destro del fosso in direzione delle pareti superiori e si è già in vista della cavità (352169 E – 4770027 N; 650 m.).
Visitata la cavità si scende per l’itinerario di salita oppure, poco sotto alla grotta, si intercetta una traccia di sentiero con vecchi bolli rossi sugli alberi che conduce in quota nell’altro fosso di sinistra della Val di Nicola dove, a primavera, è presente una cascata più alta (la cascata effimera).
Scendendo quindi per il fosso e poi per prati si ritorna al tratturo per le Lame Rosse nel punto di salita.
Per raggiungere la Grotta di Nicola, dal fosso della Val di Nicola si continua il tratturo in lieve salita per le Lame Rosse per 50 metri fino ad uno slargo dove si trova una deviazione a destra usata dai boscaioli e che scende al Fiume Fiastrone (interdetta alle escursioni più avanti a causa di un incidente accaduto nel Giugno 2022).
Dopo circa 200 metri di tratturo, in corrispondenza della deviazione di direzione (Est), si trova un cartello metallico su un albero a destra con l’indicazione per la Grotta di Nicola che si raggiunge in breve (352598 E – 4769682 N).
La Grotta di Nicola è formata da un alto tetto roccioso naturale, un muretto a secco ne chiude un lato, probabilmente era anche dotata di tettoia in legno anteriore in quanto al suo ingresso è presente a terra un grande vecchio trave.
Da Fiegni invece, mediante comodo sentiero, in circa un’ora si raggiunge la chiesina del Beato Ugolino con l’omonima fontana.
Di seguito le immagini dell’escursione.
LA GROTTA DEL BEATO UGOLINO
1- Il fosso della Val di Nicola.2- Il fosso si restringe in prossimità delle pareti rocciose.3- Il colatoio finale.4- La sponda destra del Fosso con la Grotta del Beato Ugolino in alto.5 – 9 -La Grotta del Beato Ugolino.678910- Il fondo della Grotta è caratterizzato da una frattura aperta sul cielo.11 – 12 -l colatoio più alto dove primavera scende la cascata effimera del Fosso di Nicola.1213- Il colatoio si rispecchia nella pozza sottostante
LA GROTTA DI NICOLA
14- Il segnale nel bosco per la Grotta di Nicola.15 – 19 – La Grotta di Nicola1617181920 – Il muretto a secco anteriore.21- Il grande trave a terra.
LA CHIESINA DEL BEATO UGOLINO Da Fiegni (foto gentilmente fornite da Manuel O.):
22 – 23 -La Fonte del Beato Ugolino.2324- Lungo il sentiero sono presenti le stazioni della Via Crucis.25 – 26 – La facciata della Chiesa del Beato Ugolino.2627 – 28 – L’interno della chiesa.2829- Pianta satellitare del percorso proposto. GIALLO: Itinerario di avvicinamento. ROSSO: itinerario proposto.
LE CAVERNE I/II/III/IV DEL LAGO DEL FIASTRONE E FORRA DELLA VAL DI NICOLA.
Al di sopra del sentiero che dalla Diga del Lago del Fiastrone conduce verso le, ormai conosciutissime e frequentatissime Lame Rosse, si aprono ben quattro caverne molto particolari riportate sul Catasto delle Grotte e Caverne della Regione Marche.
Le caverne sembrano essere scavate dall’uomo in quanto tutte si presentano come una galleria uniforme e la porzione di pietre mancanti accumulate davanti allo stesso ingresso, eppure non ci sono minerali da ricercare nella zona ne credo mai nessuno si sia messo a scavare per fare qualche riparo di fortuna. L’unica che ha un aspetto naturale è la Caverna III in quanto presenta un pozzo finale con un possibile proseguimento in cunicoli molto bassi.
ACCESSO: Si parcheggia l’auto nei pressi della Diga del Lago del Fiastrone.
DESCRIZIONE: Si attraversa a piedi la diga e si prende il tratturo per le Lame Rosse. Dopo circa 500 metri, si incontra sulla destra un cartello di pericolo inondazioni posto poco dopo una rientranza della strada in corrispondenza di un canale roccioso. Si sale il pendio boscoso sovrastante il cartello salendo in verticale per circa 200 metri di dislivello seguendo le coordinate delle quattro caverne indicate sul Catasto delle Grotte della Regione Marche o su alcune App di navigazione satellitare (Outdooractive, Terra Map ecc.).
Non ho segnalato (omini di pietra o bolli di vernice) sul posto l’itinerario fatto per raggiungere le caverne in quanto toglierei il fascino dell’avventura ne ho potuto fare una traccia GPS da condividere in quanto il segnale nella zona è piuttosto ballerino, a volte mi indicava che ero in acqua dentro al Lago !!!
Pertanto per raggiungere le quattro caverne ci si deve affidare al navigatore satellitare e a un po’ di pazienza nel girare intorno a ciascun punto segnalato fino a che non si trovano le caverne, nel giro di due ore dall’auto le abbiamo visitate tutte e quattro e poi siamo scesi alla Forra della Val di Nicola quindi abbiamo raggiunto anche le Lame Rosse in quanto era presto.
Dopo aver trovato la Caverna IV, la più in alto, ho notato delle tracce di cinghiali che collegavano le altre tre caverne che ho trovato in breve tempo e che infatti vengono usate come ripari dagli animali selvatici.
L’itinerario di salita non è difficile ma molto scomodo a causa della fitta boscaglia di Leccio, intricata e ripida.
Il Catasto riporta poi anche la Caverna V proprio sopra il parcheggio della diga, nel versante opposto della valle ma la nostra ricerca è stata vana, sia per la maggiore vegetazione del pendio e forse perché è stata interrata poiché in prossimità della sua posizione abbiamo trovato sito analogo alle altre grotte visitate ma chiuso con terra e pietre.
La Caverna VI del Lago del Fiastrone, situata più distante dalla diga, sicuramente la più bella, è già stata visitata e descritta nell’articolo “IL BUCO DELL’ISTRICE E LA CAVERNA VI DEL LAGO DEL FIASTRONE” a cui rimando.
La piccola ma interessante Forra della Val di Nicola si trova poco sotto il sentiero delle Lame Rosse, prima che esso devia di direzione per addentrarsi nella omonima valle e superare il fosso stesso, in corrispondenza di una traccia che scende al fiume Fiastrone.
Di seguito le immagini dell’escursione.
1- Il cartello a circa 500 metri dalla diga che indica il punto dove salire nel bosco sovrastante.2- la rientranza della strada in corrispondenza di un buio canalone roccioso, vista dal cartello.3- L’ambiente di salita alle caverne, boscaglia fitta e ripida.4- Uno dei punti più aperti della salita, sullo sfondo il Lago del Fiastrone e, la parete rocciosa a destra dove si trova la caverna VI5 – In ordine cronologico: L’ingresso della Caverna I del Lago del Fiastrone, davanti, all’esterno, l’accumulo di pietre come se fosse stata scavata dall’uomo.6 – 8 – L’interno della Caverna I.7 89 – 10 – Le tracce di cinghiali che ci hanno guidato alle altre caverne.1011 – 12 – L’ingresso della Caverna II ed il solito accumulo di pietre esterno1213 – 15 -L’interno della Caverna II.141517 – L’ingresso della Caverna III, la più profonda ed interessante.18 – 19 – L’interno della Caverna III.1920 – 22 – Il pozzo finale della Caverna III.212223 – Scendo nel pozzo ma prosegue su strette fenditure inpraticabili.24 – 25 – Le fenditure finali troppo strette anche per me.25 26 – 27 – L’uscita dal pozzo della Caverna III.2728 – L’ingresso della Caverna IV29 – 30 – L’interno della Caverna IV30
LA PICCOLA FORRA DELLA VAL DI NICOLA
La forra, situata poco al di sotto del sentiero per le Lame Rosse, prima che esso attraversa la omonima valle, in corrispondenza di una deviazione in discesa che conduce al fiume Fiastrone riportata sulla cartografia, presenta dei brevi salti rocciosi al di sotto dei quali delle profonde Marmitte dei Giganti accumulano sempre acqua. La Forra può essere discesa con corde per poi riprendere a destra il sentiero che risale a quello per le Lame Rosse.
31 – La piccola Forra della Val di Nicola.32 – Ci apprestiamo a scendere senza l’uso di corde.33 – il primo salto.34 – il secondo salto, ci vuole la corda.35 – Le marmitte dei Giganti che contengono sempre una notevole quantità di acqua.36 – la seconda Marmitta contiene ancora più acqua.37 – 38 -Una particolarità botanica della zona: Leccio (tronco scuro) ed Orniello (tronco chiaro) fusi insieme nella stessa ceppaia come se fossero una unica specie, convivono in piena armonia.3839 – La mappa satellitare della zona di una applicazione che riporta anche le coordinate delle quattro caverne.40- La posizione delle quattro caverne nel dettaglio della zona.
LA GROTTA DE LU VALLO’ – Alta valle dell’Ambro
Nell’alta valle dell’Ambro, nel versante Nord del Monte Priora, in prossimità della formazione rocciosa denominata localmente “La Travertina”, si apre una ampia grotta conosciuta solo dagli anziani di Vetice e non riportata sul catasto delle Grotte e Caverne della Regione Marche.
La Grotta, denominata “de Lu Vallo'” perché si trova nel grande vallone che scende prima dell’Aia della Regina, verso le Roccacce, si trova a poche centinaia di metri sotto al sentiero che da Vetice attraversa il Prato Porfidia e raggiunge le Sorgenti dell’Ambro ed il Casale Rinaldi.
ACCESSO: Si raggiunge con l’auto la frazione di Vetice di Montefortino, si prosegue il tratturo verso i Campi di Vetice parcheggiando in modo tale da non ostacolare il passaggio dei trattori.
DESCRIZIONE: Si prosegue il tratturo a piedi (sentiero n.224 sulle carte, conosciutissimo e riportato nella bibliografia dei Monti Sibillini) che si dirige verso il Pizzo attraversando campi coltivati, giunti alla Fonte Vecchia si devia a destra per la Valle dell’Ambro (la deviazione a sinistra conduce verso la Samara- versante Infernaccio) e si prosegue fino ad entrare nel bosco, si intercetta il sentiero che sale dalla Madonna dell’Ambro e si prosegue, con tratti in salita, si supera la deviazione a sinistra che sale verso Il Pizzo con indicazione su un tronco e con circa 1,15 ore si raggiunge Prato Porfidia con i resti di numerosi ricoveri in pietra.
Si prosegue raggiungendo la Fonte dell’Acqua Arva e si continua per netto sentiero fino a risalire un tratto roccioso in corrispondenza dei torrioni de La Travertina oltre il quale il sentiero gira nettamente versante e si apre in alcuni tratti di prato sottostante le alte pareti rocciose dove è possibile ammirare l’imponente versante Nord del Monte Priora o Pizzo Regina e l’alta valle dell’Ambro con il versante Est del Pizzo Tre Vescovi ed il Monte Acuto (1 ora)
Si è giunti nell’ampio vallone che scende dalla Priora, appena termina il bosco (357024,4 E – 476484,8 N; 1415 m.) si lascia il sentiero che prosegue per le sorgenti dell’Ambro e si scende circa un centinaio di metri per il ripido prato sottostante costeggiando gli alberi e aggirando alcune rocce che si incontrano in basso, alla base di tali rocce si apre la ampia e doppia Grotta de Lu Vallo’ (356909,2 E – 4756492,4 N; 1340 m.; 2,30 ore dall’auto).
Raggiunta la grotta si risale sul sentiero di raggiungimento e si sale su ripidi prati e rocce verso la base de La Travertina dove si aprono altre cavità costituite principalmente da ampi tetti rocciosi poco profondi e nascosti dalla vegetazione arborea.
Quindi si consiglia di proseguire in sentiero e raggiungere le Sorgenti dell’Ambro ed il Casale Rinaldi.
Ritorno, stesso itinerario.
1- Il Balzo Rosso al primo mattino.2- Il Pizzo con il Poggio della Croce.3- Il Poggio della Croce visto dal bosco sottostante4- La “bellissima” indicazione con vernice sul tronco che indica la deviazione in salita per Il Pizzo, solo sui Monti Sibillini si vedono certe cose.5- Un fontanile ormai asciutto da anni nei pressi di Prato Porfidia.6 – 7 – I vecchi ripari di Prato Porfidia.78- Il versante Sud del Monte Amandola.9- Il Balzo Rosso visto di lato.10 – Usciti dal bosco si apre l’alta Valle dell’Ambro, le Roccacce e la Forcella Bassete.11- Il versante Est del Pizzo Tre Vescovi con la cresta in parziale ombra che abbiamo risalito anni fa (descritta nel sito) ed il Monte Acuto.12- La Travertina e la Grotta de Lu Vallo’ sottostante.13 – 17- la Grotta de Lu Vallo’1415161718- La seconda grotta più interna e profonda.19 – 20 – a colonna di roccia che separa le due grotte.2021- Il Pizzo Tre Vescovi ed il Monte Acuto visti dall’interno della grotta.22- Risaliamo i ripidi prati sovrastanti il sentiero per raggiungere altre cavità alla base de La Travertina.23- Le alte e levigate pareti de La Travertina.24- Una modesta cavità alla base de La Travertina25- Altre cavità formate da tetti di roccia poco profondi si aprono alla base delle pareti rocciose, nascoste dagli alberi.26- Ritorno a Vetice, il Pizzo e Poggio della Croce.27- E di nuovo il Balzo Rosso.28 – Pianta satellitare dell’ultimo tratto dell’itinerario per raggiungere la Grotta de Lu Vallo’.
TORRENTE FLUVIONE – FORRE E MULINI
Il torrente Fluvione nasce nel versante Nord del Monte Vettore, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, e si apre a valle, verso il fiume Tronto, con una profonda, selvaggia e sconosciuta valle che, in alcuni tratti, forma veri e propri tratti di forra di difficile accesso ma veramente molto spettacolari.
Inoltre la valle è costellata da numerosi vecchi Mulini, per la maggior parte non più funzionanti, che sfruttavano la corrente del Fluvione per la macinazione del grano o la produzione di energia idroelettrica.
Questo itinerario che propongo è fattibile in una unica giornata ed è suddiviso in più tappe facilmente raggiungibili con l’auto.
Nelle varie tappe poi il percorso a piedi è breve e non presenta particolari difficoltà in quanto la presenza di profonde marmitte blocca la prosecuzione in sicurezza nell’alveo fluviale, per gli esperti è comunque possibile proseguire a piedi in acqua o anche a nuoto in tutti i tratti.
ACCESSO: L’itinerario parte dalla frazione di Uscerno di Montegallo, raggiungibile in auto tramite la Strada Provinciale n.89 Valfluvione o scendendo da Balzo di Montegallo oppure salendo da Roccafluvione per chi viene da Ascoli Piceno o da Comunanza (parte opposta) dopo aver percorso la Strada Provinciale 237 bis fino al bivio con l’indicazione per Uscerno.
PRIMO SITO: LA FORRA A VALLE DI USCERNO
DESCRIZIONE: Raggiunta la frazione di Uscerno si scende verso Roccafluvione per circa 300 metri fino ad uno slargo sulla sinistra, in corrispondenza di una abitazione isolata, dove si parcheggia e, sulla destra, si trova una stradina di breccia con un segnale di divieto di accesso che scende verso il fiume. Si passa di lato ad una lunga grotta formata da un tetto di Arenaria (Formazione della Laga) e si raggiunge il ponte Romano, affacciandosi nel lato destro del ponte si può osservare la profonda, buia ed impressionante forra. Dopo il ponte a destra si prende un tratturo caratterizzato da due molazze del vecchio mulino poste ai lati, si percorrono circa 50 metri e, a destra, si entra nel fiume a monte della stretta forra. Qui il letto del fiume è davvero unico, forma numerose marmitte dei giganti ed una alta cascata chiude la prosecuzione a valle.
A monte si prosegue dapprima fino ad un laghetto incassato tra le rocce poi, uscendo dall’alveo e percorrendo altri 50 metri di tratturo, si rientra nel fiume tra alti massi fino a raggiungere la cascata della captazione del mulino con il relativo laghetto di accumulo.
Il Mulino di Uscerno invece si trova nella parte sinistra appena dopo il ponte ma non è possibile accedervi in quanto provvisto di alta recinzione, al di sotto di esso il torrente prosegue in un ulteriore tratto di forra molto spettacolare .
Di seguito le immagini della prima tappa.
1- La strada per Uscerno con lo slargo dove parcheggiare e la stradina sterrata che scende al fiume.2- La grotta con resti di muri formata da un lungo tetto di Arenaria.3- Il ponte Romano.4- Il tratturo con le due molazze che conduce alla prima forra del Fluvione.5- La parte a valle della stretta forra visibile dal ponte.6- Lo slargo del fiume a monte della forra.7- Buche e marmitte formate dall’acqua nll’Arenaria.8 – 9- La cascata a monte della forra910- La parte a monte della strettissima forra piena d’acqua11 – 12- grandi marmitte dei Giganti con le pietre arrotondate nel fondo che, poste in rotazione dall’acqua, contribuiscono alla loro formazione12- Questa Marmitta si è perfino bucata con il tempo.13- Grande formazione di Adiantum capillis veneris su un masso stillicidioso di arenaria. 14 – 25 – I grandi solchi e le Marmitte prodotti dal Fluvione sui massi di Arenaria del fondovalle, più tenera del Calcare.151617181920212223242526- Un grande vecchio tronco incastrato tra i massi dell’alveo fluviale.27 – 30 -Il profondo laghetto a monte della forra.28293031- Nonostante la calda stagione estiva trascorsa il Fluvione presenta una notevole portata con formazione di mulinelli nei punti con maggiore corrente 32 – 34 -l tratto del fiume a monte del laghetto caratterizzato da grandi massi di frana fino alla diga del mulino.333435 – 36 – Il laghetto delle foto 27-30 visto da monte.3637 – 38- La cascata sotto alla diga del Mulino in diversi tempi di esposizione.3839 – 41- La cascatella sotto alla diga.404142 – Il laghetto di accumulo per la condotta del Mulino43- Rubus caesius o rovo bluastro.
SECONDO SITO: LA SECONDA FORRA E IL PONTE ROMANO
DESCRIZIONE: Scendendo a valle dalla prima tappa verso Roccafluvione, dopo circa 1,5 chilometri si intercettano due case sulla destra e, dopo circa 300 metri si trova un incrocio a destra con l’indicazione per Ronciglione-Gaico-Meschia, si scende la strada fino al ponte dove a destra un cartello indica il Ponte Romano. Nel prato sottostante si individua una traccia di sentiero che scende nel fiume.
Dopo circa 200 metri si entra nell’alveo del Fluvione dove ci si trova uno spettacolo meraviglioso e sconosciuto, il vecchio ponte Romano che sembra formare un buco di una enorme serratura nella stretta forra sovrastato dal ponte moderno.
Si può proseguire nel letto del torrente fin sotto al ponte ma poi un profondo laghetto anche qui blocca la prosecuzione. almeno se non si vuole fare una breve nuotata.
Percorrendo il ponte e scendendo alla sua sinistra si può raggiungere il ponte romano sottostante, dove crescono degli alberi e dove si può notare ancora il suo utilizzo da parte degli animali selvatici.
Di seguito le immagini della seconda tappa.
44- L’incrocio dove bisogna scendere.45- Il ponte moderno con l’indicazione del Ponte Romano.46 – 47 – Scesi nel fiume ci si presenta davanti questo spettacolo formato dalla natura e dall’uomo.4748 – 49 – Il ponte Romani inferiore ed il Ponte moderno sovrastante.4950 – 51- La forra allagata in corrispondenza del Ponte Romano.5152 – 53 – Dettaglio architettonico del Ponte Romano.5354 – 55 – ll Ponte Romano con delle piante cresciute sopra di esso e percorso da una traccia prodotta da animali selvatici.5556- La forra prosegue a valle del Ponte Romano.57- 61 -Mentre a monte del Ponte il Fluvione prosegue aprendosi la strada tra grandi frane.58596061
TERZO SITO: LA CASCATA DELL’ARENA E IL MULINO PIGNOLONI.
DESCRIZIONE: Scendendo ancora a valle dalla seconda tappa verso Roccafluvione, dopo circa 2,5 chilometri si nota un evidente cartello turistico a sinistra indicante la CASCATA DELL’ARENA ed il MULINO PIGNOLONI, si parcheggia nei pressi e si scende fino al Mulino in disuso ed al Ponte dove si ammira il laghetto, la bellissima cascata e la forra sottostante.
62 – La cascata dell’Arena63 – La forra sottostante64 – Il Mulino Pignoloni ed il laghetto di accumulo.
QUARTO SITO: IL PONTE NATIVO ED IL MULINO OMONIMO
DESCRIZIONE: Si prosegue in auto la discesa della valle del Fluvione verso il paese di Roccafluvione, superato l’abitato di Marsia (capoluogo del Comune di Roccafluvione) si trova un cartello turistico a sinistra indicante il PONTE NATIVO si parcheggia nel paese. Si scende a piedi dalla strada Provinciale ed in breve si raggiunge il Ponte con la chiesetta ed il Mulino, attualmente diventato una centralina idroelettrica dell’Enel, non visitabile poco dopo sulla sinistra.
La particolarità del ponte e della chiesetta è che sono stati costruiti su un ponte di roccia naturale, ormai non più visibile, sopra ad un ulteriore tratto di Fluvione molto stretto visibile affacciandosi dal ponte stesso.
65 – Il Ponte Nativo con la chiesetta laterale.66 – La piccola centrale idroelettrica, ex Mulino di Ponte Nativo.
QUINTO SITO: LA TERZA FORRA A VALLE DI ROCCAFLUVIONE ED IL MULINO BRANDI
DESCRIZIONE: Proseguendo in auto da Roccafluvione in direzione di Ascoli Piceno, dopo circa 500 metri dall’uscita dal paese di Marsia si incontra a destra l’incrocio per Osoli e una nota fabbrica di prodotti alimentari a base di Tartufi, si prosegue ancora verso la Salaria per 700 metri fino ad incontrare sulla sinistra un edificio pericolante messo in sicurezza con cavi di acciaio con il cartello indicante il Mulino Brandi.
Si scende la stradina di breccia sottostante fino al ponte da cui si scende al greto del fiume per un sentiero scalettato a destra, di fianco al Mulino restaurato ma non funzionante. In questo tratto il Fluvione crea una ulteriore forra caratterizzata da particolari formazioni rocciose modellate dall’acqua. Il sito è di notevole interesse naturalistico anche per la presenza del Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), che non sono riuscito a fotografare ma che ho riconosciuto e del granchio di fiume (Potamon fluviatile) ormai divenuti rarissimi.
Di seguito le immagini della quinta tappa.
67- Il cartello turistico indicante il Mulino Brandi e la casa pericolante.68 – La Forra sotto al Mulino Brandi.69 – Le bianche rocce modellate dall’acqua del Fluvione.70- Le rocce del greto ed il ponte sovrastante.71- L’ex Mulino Brandi, ormai ridotto ad un vuoto edificio.72 – 73 – Le rocce scavate e incredibilmente levigate dall’acqua.7374 – 76 – la Forra757677 – 79 – Anche in questo punto profonde marmitte impediscono il proseguimento escursionistico a meno che non si vuole fare una nuotata.787980 – Il Granchio di fiume (Potamon fluviatile).
SESTO SITO: IL MULINO SPINUCCI A VALLE DI OSOLI
DESCRIZIONE: Dal Mulino Brandi si ritorna indietro in auto verso Marsia per 300 metri circa fino a ritornare all’incrocio, a sinistra, per Osoli, nei pressi della fabbrica di prodotti alimentari a base di Tartufi.
Si devia a sinistra e si prosegue in direzione Osoli per circa 3,5 chilometri fino ad incontrare a sinistra una deviazione in terra battuta con un piccolo edificio agricolo trasformato in abitazione estiva (con auto rottamata nei pressi) ed una seconda abitazione di recente restauro più interna meno visibile dove il gentilissimo proprietario ci ha accompagnato ai resti del Mulino Spinucci difficilmente visibili nel sottostante greto del Torrente Noscia.
81- La deviazione sulla strada per Osoli per raggiungere i resti del Mulino Spinucci.82- La vasca di accumulo del Mulino Spinucci ormai quasi invisibile, nel greto del torrente Noscia.83- I resti ,tra la vegetazione, del Mulino.84 – Il magico e tranquillo ambiente del Torrente Noscia.85 -Pianta satellitare della valle del Fluvione con i cinque siti proposti.86 – Pianta satellitare del sito n.187 – Pianta satellitare del sito n.188 – Pianta satellitare del sito n.189 – Pianta satellitare del sito n.190 – Pianta satellitare del sito n.1
LE PORCHE DI VALLINFANTE – Sentiero Basso.
Nuovo itinerario ad anello, si snoda in una zona dei Monti Sibillini, dimenticata ed al di fuori dei normali itinerari escursionistici conosciuti, non è riportato ne nella bibliografia e neppure nella cartografia dei Monti Sibillini eppure è un tracciato antico che permetteva ai pastori di spostarsi tra tre importanti fonti di abbeveramento presenti nelle pendici Ovest della Cima di Vallinfante, la Fonte della Giumenta, la Fonte dell’Acero e la Fonte delle Vene, attraversando la parte più bassa, e anche più ripida ma più diretta, delle cosiddette Porche di Vallinfante, i diversi canaloni che scendono dalla cima omonima verso la Valle Infante.
L’itinerario è ad anello in quanto la traccia di sentiero, all’altezza dello Scoglio della Volpe, si sdoppia e le due tracce viaggiano parallele a distanza di poco più di cento metri di dislivello per cui, all’andata si può prendere la traccia più alta ed al ritorno quella più bassa, più ripida.
L’itinerario è classificato EE, non presenta difficoltà particolari ma si snoda su pendii molto ripidi, in alcuni tratti la traccia scompare sotto un’alta cotica erbosa di Falasco e quindi bisogna muoversi su terreni scivolosi e sconnessi, a tratti ricorda la Cengia dei Fiumarelli per cui è richiesto un passo sicuro e non si deve soffrire di vertigini.
Il tracciato che propongo parte dalla Fonte della Giumenta ed arriva alla Fonte delle Vene per poi ritornare di nuovo alla Fonte della Giumenta ma volendo si può fare al contrario o anche la traversata dal Monte Prata a Macchie di Vallinfante con due auto.
Il raggiungimento della Fonte delle Vene da Macchie di Vallinfante è descritto in un mio precedente articolo: “CIMA DI VALLINFANTE DA MACCHIE PER LA FONTE DELLE VENE E LE PORCHE DI VALLINFANTE” del Maggio 2022 a cui rimando.
ACCESSO: Si raggiunge in auto il nuovissimo e costosissimo parcheggio del Monte Prata (che non si è ben capito il suo utilizzo visto che gli impianti sciistici non sono stati più riaperti dopo il terremoto) da cui si parte a piedi proseguendo la strada sterrata per la Fonte della Giumenta.
DESCRIZIONE: Raggiunta la Fonte della Giumenta (354452,8 E – 4748392,7 N; 1790 m.; 40 minuti dall’auto) si devia a destra per il classico sentiero verso il Monte Porche ma dopo 150 metri si scende e si prende una traccia in piano, non facile da individuare perché il continuo passaggio delle greggi ha formato molte tracce parallele, che conduce verso la Fonte del Sambuco.
L’itinerario per la Fonte del Sambuco è riportato nel mio articolo : “FONTE DELLA GIUMENTA-FONE DEL SAMBUCO-PORCHE DI VALLINFANTE; ANCORA EFFETTI DEL TERREMOTO DELL’OTTOBRE 2016” dell’Ottobre 2018, a cui rimando.
Dopo circa 300 metri il sentiero raggiunge un ampio costone erboso (15 minuti dalla fonte) dove si scoprono le Porche di Vallinfante, qui invece di continuare il sentiero che aggira il costone ed inizia a salire, si scende liberamente il costone per circa 100 metri tenendosi verso il fosso che scende dal versante Nordovest del Monte Porche fino ad intercettare una traccia di sentiero che entra nel fosso con fondo roccioso ed esce dalla sponda opposta (354344 E – 4749040,5 N; 1700 m.).
Si prosegue su traccia di sentiero per raggiungere un secondo costone erboso dove si intercetta una traccia di scavo forse dell’acquedotto che scende a valle dalla Fonte del Sambuco posta più in alto, si scende ancora per altri 150 metri in direzione di un nucleo di Faggi sopra il quale si ritrova la traccia che conduce verso il fondo roccioso del Fosso (354374,7 E – 4749298,1 N; 1650 m.; 15 minuti).
Qui la traccia è ben visibile e scavalca anche questo secondo fosso per attraversare una zona ghiaiosa, dove il sentiero si sdoppia, una traccia sale verso la base dello Scoglio della Volpe per passare ad una decina di metri sotto allo scoglio, l’altra rimane parallela una cinquantina di metri sotto.
Si entra quindi in un fosso molto inciso e sconvolto dal terremoto del 2016, ci sono tratti franati e, guardando in direzione della cima del Monte Porche, si può osservare l’incredibile fessura e la sottostante faglia descritta nell’articolo citato sopra.
Io consiglio di prendere all’andata la traccia superiore per poi ritornare da quella inferiore.
In ogni caso le due tracce viaggiano parallele tra i 1600 e i 1700 metri e scavalcano gli altri sei fossi, più o meno incisi ma ripidissimi, che costituiscono le Porche di Vallinfante.
I tracciati non sono sempre ben evidenti per la presenza in alcuni tratti, soprattutto del sentiero più basso, di cotica erbosa a Falasco dove essi si perdono ma intuitivamente si ritrovano nel fosso successivo.
Una volta superati i vari canali delle Porche di Vallinfante si raggiunge un ampio dosso erboso (1,15 ore dallo Scoglio della Volpe) a Falasco dove si prosegue in quota (353823,3 E – 4750339,8 N; 1685m.) fino a scavalcare il dosso ed intercettare l’evidente sentiero che collega la Fonte delle Vene con la Cima di Vallinfante (già descritto come indicato sopra).
Per raggiungere la Fonte delle Vene si scende nel sentiero che raggiunge dapprima un ampio ripiano erboso sottostante e prosegue scendendo nel fondo di due canaloni detritici successivi n discesa fino alla fonte stessa.
Per il ritorno alla Fonte della Giumenta, si ritorna all’ampio ripiano erboso dove sovente sono presenti bovini al pascolo, anziché risalire il dosso erboso lo si aggira in quota passando una cinquantina di metri sopra al bosco dirigendosi verso i canali delle Porche dove, poco al di sopra di alcuni alberi isolati sopra al bosco, si intercetta la traccia bassa che avvicinandosi ai vari canali, passa sotto ad un caratteristico torrione roccioso isolato che presenta anche una piccola grotta alla sua base e che, con un’ora circa, riconduce alla Fonte della Giumenta.
Anche questo tracciato attraversa i vari canali su terreno molto ripido e si perde nel Falasco in alcuni punti e in circa un’ora si riporta sulla verticale dello Scoglio della Volpe dove si riprende il sentiero fatto all’andata.
Giunti alla Fonte della Giumenta si scende all’auto per la strada sterrata fino al Monte Prata fatta all’andata.
Interessante è anche la risalita del Fosso della Fonte del Sambuco, una volta giunti, al ritorno, nel fondo roccioso del fosso lo si risale fino ad una parete rocciosa che lo chiude in alto e che forma anche una particolare grotta.
Itinerario percorso il 3 settembre 2023 con Luca e Federico.
1- Le Porche di Vallinfante, viste dalla Fonte della Giumenta, sullo sfondo la cima del Monte Bove Sud e la Cima di Passo Cattivo.2- Nel pendio di fronte si vede il sentiero che si sdoppi sotto lo Scoglio della Volpe, che emerge, isolato, dal pendio.3- Arrivati vicino allo Scoglio della Volpe si vedono bene i due sentieri.4- Il Fosso dal fondo roccioso della Fonte del Sambuco che si può risalire al ritorno.5 – 6- Passaggio in ambiente roccioso dentro al fosso della Fonte del Sambuco.67- Superato il Fosso della Fonte del Sambuco (la cui parete finale è ben visibile) si osserva l’intaglio che scende dalla fonte nel pendio erboso sottostante e, sotto, la traccia dell’itinerario proposto.8- Lo Scoglio della Volpe.9- Oltre la verticale dello Scoglio della Volpe si osservano le due tracce viaggiare parallele.10- Il pendio dopo lo Scoglio della Volpe, parzialmente illuminato dal sole.11- Il tratto degradato e franato dal sisma del 2016 oltre lo Scoglio della Volpe.12- Guardando in alto si osserva la zona spaccata dal sisma del 2016 e la relativa faglia (riga bianca) che ha subito un abbassamento di quasi due metri.13- La Valle infante 14- I primi canaloni attraversati con lo Scoglio della Volpe illuminato dal sole, sullo sfondo la roulotte dei pastori della Fonte della Giumenta.15 – Uno dei tratti più ripidi del sentiero superiore.16- Un altro ripido tratto, ormai è giunto anche il sole, a sinistra il Monte Cardosa.17- Il dosso erboso dove si ricongiungono i due sentieri paralleli.18- La successione dei canaloni delle Porche di Vallinfante attraversati, il Monte Porche a sinistra in alto e la Fonte della Giumenta a destra in basso.19- Il pianoro a monte della Fonte delle Vene e il canalone ghiaioso di discesa.20- Il tratto iniziale del sentiero inferiore di ritorno, con il caratteristico torrione roccioso isolato con piccola cavità alla sua base.20- Il tratto iniziale del sentiero inferiore di ritorno, a sinistra lo scoglio isolato della foto precedente..21- Tratto erboso a Falasco molto ripido nel percorso di ritorno.22- Il pendio attraversato ed il Monte Cardosa sullo sfondo.23- Al ritorno si ripassa sotto alla faglia del terremoto del 201624 – 25 -Tratti molto ripidi al ritorno verso lo Scoglio della Volpe.2526 – 27 -L’ultimo tratto fino al bosco, sotto allo Scoglio della Volpe visibile sul pendio.2728 – 30 – Risalita del Fosso della Fonte del Sambuco293031- 33 – Il salto del fosso con Grotta finale.323334- La risalita del pendio destro del Fosso anziché ridiscenderlo completamente.35- Pianta satellitare del percorso proposto36- Dettaglio satellitare della prima parte dell’itinerario.37- Dettaglio satellitare della seconda parte dell’itinerario.38- Dettaglio satellitare della terza parte dell’itinerario.39- Dettaglio satellitare della quarta parte dell’itinerario.
IL BUCO DELL’ISTRICE e la CAVERNA VI del Lago del Fiastrone
Intorno al Lago del Fiastrone e nella valle sottostante si aprono numerose caverne e grotte tra cui la conosciutissima Grotta dei Frati.
Meno conosciute sono altre grotte distribuite intorno al Lago, in particolare una grotta molto caratteristica anche se di limitatissima estensione è la Grotta VI del Lago del Fiastrone.
Si raggiunge facilmente dalla strada che scende da Fiastra verso Monastero, poco prima dell’ansa del Lago si lascia l’auto nel parcheggio del lungolago (400 metri circa prima dell’incrocio per Podalla) e si sale sopra strada su traccia di sentiero che parte dal bordo ghiaioso in fondo allo slargo.
Dal bosco si ci costeggia verso Nord la strada una cinquantina di metri sopra di essa per raggiungere la zona rocciosa franata con il terremoto del 2016 e bonificata con reti plastiche, nel primo nucleo roccioso di Travertino si apre il Buco dell’Istrice, una profonda fessura che, come indicato dal nome, viene utilizzata come tana dagli animali.
Proseguendo in quota nella zona franata ma resa sicura da reti plastiche a terra si raggiunge un secondo nucleo roccioso franato con il terremoto ed attualmente imbracato con reti metalliche dove alla base si apre una seconda grotta, salendo al fianco sinistro del costone roccioso si raggiunge la Grotta VI del Lago del Fiastrone, particolare per la forma del torrione roccioso di travertino che la forma.
Il Travertino è una roccia tenera prodotta dallo stillicidio dell’acqua calcarea in presenza di particolari muschi, essa assume le forme delle specie vegetali dove si deposita il calcare trasportato dall’acqua.
Il raggiungimento di queste cavità, facile e brevissimo, può essere abbinato ad una escursione in zona come ad esempio alle Lame Rosse.
La cavità, come le altre presenti nella zona, è riportata nel Catasto delle Grotte della Regione Marche.
1- Il Lago del Fiastrone visto dalla zona franata.2- Il Buco dell’Istrice, una profonda e stretta fessura in cui non si riesce a scendere.3 – 4 -Provo ad entrare ma dopo neppure due metri mi fermo.45 – 6 -Poco più avanti si apre una seconda buca, anch’essa impossibile da esplorare.67 – 8- Nel secondo torrione messo in sicurezza con reti metalliche dopo la frana prodotta dal terremoto del 2016 si apre una piccola cavità.89 – 10 – La particolarissima struttura rocciosa di Travertino che forma la Grotta VI del Lago del Fiastrone.1011 – 12- Dettagli della struttura di Travertino che forma la grotta davvero unica in zona.1213- Nei pressi si apre una ulteriore piccola cavità usta come riparo dagli animali, come si nota dalle buche presenti sul terreno.14- Il Travertino della struttura rocciosa.15 -18 – Scorci del Lago del Fiastrone dalla zona della Grotta.16171819- Colata calcitica staccatesi dalla rupe dopo il terremoto del 2016.20- Blocco di Travertino che riporta la forma sub-fossile di alcuni vegetali che hanno contribuito a formare la roccia.21- Veduta dell’itinerario dal parcheggio dell’ansa del Lago del Fiastrone, in prossimità dell’incrocio per Podalla di Fiastra.
VERSANTE NORD DEL MONTE SIBILLA – I sentieri estivi de Le Vene.
L’imponente, selvaggio e ripidissimo versante Nord del Monte Sibilla contiene una quantità di itinerari estivi incredibile, ben 7 tracciati, paralleli grazie alle cenge naturali o creste in salita, che permettono di attraversare questo versante, all’apparenza impraticabile.
Il tracciato di cresta n.7 è il classico percorso facile, conosciuto e frequentatissimo da tutti gli escursionisti che intendono salire alla cima del Monte Sibilla e perciò riportato in tutta la bibliografia dei Monti Sibillini.
Degli altri, di fatto, il tracciato più evidente e comodo, anche se poco frequentato, è solo il n.1, mentre gli altri sono pressoché lievi tracce, sconosciuti e molto impegnativi quindi non percorsi dai normali escursionisti.
Anche su richiesta di alcuni miei amici facciamo chiarezza sui vari tracciati indicati nelle foto n.1-2 presenti nel versante Nord del M. Sibilla.
1- Panoramica di tutti i tracciati estivi del versante Nord de Le Vene del Monte Sibilla visti dal Pizzo Regina.2- Panoramica di tutti i tracciati estivi del versante Nord de Le Vene del Monte Sibilla visti dalla cima del Monte Sibilla (itinerario n.7).
ITINERARIO N.1
Questo itinerario, l’unico con una certa frequenza da parte di escursionisti, oltre al frequentatissimo itinerario n.7, in quanto di media difficoltà, con partenza dal Rifugio M. Sibilla, raggiunge la Sella di M. Zampa per discendere nel versante opposto, è descritto in questo sito per il raggiungimento dell’Arco di Meta nel mio reportage “LE “FINESTRE” DEI MONTI SIBILLINI PARTE 1 IL TEMPIO DELLA SIBILLA, L’OCCHIO DEL CICLOPE, ARCOFÙ E L’ARCO DI META NELLA VALLE DEL TENNA” e nel reportage “MONTE SIBILLA VERSANTE NORD – ANCORA EFFETTI DEL TERREMOTO DEL 2016 – TORRIONE DI MÈTA” percorrendo il sentiero de “Le Calle della Sibilla” situato nel versante Nord.
E’ anche riportato anche nella bibliografia dei Monti Sibillini di cui allego link della descrizione più dettagliata.
Il tracciato supera il fosso de Le Vene all’altezza dei torrioni che lo delimitano e prosegue in direzione del Casale Lanza che non conviene raggiungere ma per risalire al Casale della Sibilla da cui, con una lunga salita, si raggiunge la cresta Ovest del Monte Sibilla, nei pressi del termine della strada.
Per il suo tracciato, valutato EE, rimando pertanto a questi articoli e bibliografia.
ITINERARIO N.2
Notevole itinerario adatto solo ad esperti e valutato EEA, l’unico in totale risalita su cresta, aperto da me e alcuni miei amici il 29 luglio 2017, è descritto dettagliatamente in questo sito nel reportage “MONTE SIBILLA PER LA CRESTA DEGLI IMBUTI” a cui rimando, per la sua risalita è consigliata una piccozza.
ITINERARIO N.3 concatenazione dell’itinerario n.1 con l’itinerario n.4
Questo itinerario è stato proposto dal mio amico Giuseppe S. che ringrazio anche per le immagini.
Sicuramente anche questo è un itinerario difficile, valutato EEA, risale i contrafforti dei fossi delle Vene che scendono nell’imbuto verso valle e congiunge l’itinerario n.1 con il numero 4; anche qui è strettamente consigliata una piccozza.
ACCESSO: Si raggiunge la cima del torrione destro orografico del Fosso Le Vene mediante il tracciato n.1 descritto sopra.
Anziché proseguire la traccia dell’itinerario n.1 che scende nel fosso si risale su pendio erboso senza traccia in direzione del centro del fosso, si superano due tratti ghiaiosi arrivando a costeggiare le pareti da cui scendono le numerose cascatelle delle sorgenti del Fosso Le Vene.
Superato il quarto canale roccioso inciso, si giunge al tratto chiave e più impegnativo del percorso, si inizia a salire un costone erboso molto ripido alla destra del canale, si sale in verticale e, giunti sotto le sovrastanti pareti rocciose, si devia nettamente verso sinistra su cengia erbosa, si entra quindi nel canale e si risale il suo fondo roccioso per alcune decine di metri fino ad uscire nel tratto erboso della sponda di sinistra. Si continua a risalire in verticale il ripido pendio erboso sovrastante fino a raggiungere la cengia superiore dove si incontra il tracciato n.4 che si prosegue o verso destra per uscire sui pendii ghiaiosi ad Ovest della cima del Monte Sibilla oppure verso sinistra per ritornare indietro verso Est da cui si giunge all’accesso dell’itinerario n.4.
3- Percorso n.3 di concatenamento tra l’itinerario 1 e 4.4- Il Fosso Le Vene visto dal torrione destro orografico che si raggiunge tramite l’itinerario n.15- Il pendio erboso che si deve risalire verso il centro del fosso, al centro della foto la sommità del torrione destro de Le Vene.6- La traversata del Fosso Le Vene implica l’attraversamento di tratti ghiaiosi e ripidi pendii erbosi.7- I primi contrafforti del Fosso Le Vene, in alto la cengia dell’itinerario n.4 che si deve raggiungere.8- Altri canali dove , a primavera, scendono diverse cascate.9- Il tracciato del tratto chiave dell’itinerario n.3.10- Giunti sotto al quarto fosso si prosegue verso il ripido pendio di lato, in direzione dell’arbusto in basso a destra.11- Il pendio erboso che, oltre l’arbusto in primo piano, si risale fin sotto le pareti a prendere la cengia erbosa che, verso sinistra, permette l’attraversamento del canale.12- Raggiunto il canale si entra nel suo interno fino alla sponda sinistra meno ripida.13- Il tratto di risalita del fosso, forte esposizione su erba e roccette fino a raggiungere gli arbusti in alto a destra.14- Il pendio erboso ed il fosso di risalita.15- Il pendio erboso nella parte sinistra del fosso.16- salendo sul ripido pendio erboso ci si avvicina lentamente alla cengia dove passa l’itinerario n.417- L’esile tracciato n.4 si può osservare nel pendio erboso in primo piano.
ITINERARIO N.4
Altro notevole itinerario adatto solo ad esperti, valutato EE fino alle sorgenti e alpinistico (F) fino all’uscita sul ghiaione sottostante la cresta, riportato anche nella bibliografia dei Monti Sibillini: http://www.auaa.it/articoli-escursionismo/1086-fosso-le-vene-monti-sibillini.
ACCESSO: Dal rifugio Sibilla (1540 m) si sale per il sentiero (n. 155/E10, segni bianco-rossi ) che in breve raggiunge la sella nei pressi del monte Zampa (1780 m circa, 0,30 ore), come indicato anche nell’itinerario n.1
DESCRIZIONE: Raggiunta la sella si prosegue l’evidente sentiero di cresta (itinerario n.7) fino a quota 1880 m circa dove si sdoppia, una traccia prosegue sotto cresta sul versante Sud e l’altra sul filo di cresta (359638,1 E – 4751671,1 N), qui ci si immette nel pendio erboso del versante Nord e si inizia a traversare in quota su traccia di sentiero tra l’erba, a tratti poco evidente, attraversando i Fossi di Meta e fino ad arrivare sulla cresta che divide il Fosso di Meta III dal Fosso Le Vene, risalita dall’itinerario n.2, (358417,5 E – 4751758,8 N; 1850 m.), questo punto rappresenta anche la partenza dell’itinerario n.5 descritto di seguito.
(E’ possibile anche una variante per raggiungere il filo di cresta di partenza dell’itinerario n.4; raggiunto il poggio erboso oltre il quale si apre il terzo ed ultimo imbuto di Meta (358854,1 E – 4751670 N; 1850 m.), caratterizzato sulla cresta sovrastante da uno spuntone roccioso, l’unico prima della “Corona”, anziché proseguire in quota si può scendere liberamente sul filo di cresta sottostante per circa 60 metri per prendere un tracciato più evidente in questo tratto (358845 E – 4751797 N; 1800 m.), che, in altri 500 metri di percorso in quota, facendo attenzione nell’attraversamento del fosso di Meta III, conduce direttamente all’imbocco del tracciato n.4 (358376 E – 4751898,8 N; 1785 m., 1,15 ore dal Rifugio)).
Qui si inizia a scendere il filo di cresta fino ad incrociare la netta cengia che traversa verso l’imbuto de Le Vene (358376 E – 4751898,8 N; 1785 m., 1,15 ore dal Rifugio ). Si continua in quota sotto la fascia rocciosa attraversando i fossi che a primavera generano diverse cascate fino al centro dell’imbuto (1760 m circa, 2,5 ore dal Rifugio).
Da qui si può ritornare per lo stesso percorso fatto all’andata oppure continuare a traversare.
La prosecuzione è consigliata sono ad escursionisti esperti con pratica di alpinismo in quanto non ci sono tracce di sentiero ed occorre risalire prati e ghiaioni molto ripidi dove è assolutamente necessaria una piccozza.
Si prosegue delicatamente la cengia che passa in quota sempre sotto alla barriera di rocce fino ad un canale ghiaioso con a destra una ampia zona ghiaiosa di colore rosa.
Raggiunto il canale riempito di detriti si sale faticosamente su ghiaia per alcune decine di metri nel suo interno poi ci si sposta sulla sua sponda destra cercando di tenersi nelle zone erbose fino a superare la zona di ghiaia rosa più in alto. Oltre la zona ghiaiosa si sale liberamente in verticale in direzione della cresta sovrastante, nei prati si intercetta una traccia di sentiero che si sale verso un canale detritico obliquo dove qui si nota un netto sentiero che risale fino sulla cresta ovest dove si riprende il sentiero (segnato, pannello panoramico ) che, in direzione Est, segue fedelmente l’affilato crinale fino alla vetta del monte Sibilla (2173 m, 4,0 ore dal Rifugio ).
18- La cengia che permette di traversare l’imbuto de Le Vene a media altezza.19- Il tracciato del percorso n.4.20- La cengia erbosa attraversa tutti i canali de Le Vene.21- il torrione sinistro orografico de Le Vene visto dall’itinerario n.4.22- La parte inferiore, molto più ripida, dei canali de Le Vene, in basso a destra, sopra al nucleo boschivo, si vede il sentiero n.1 che attraversa l’imbuto e risale il torrione sinistro de Le Vene. Al centro della foto risale invece l’impegnativo itinerario n.323- Veduta verso la “Corona” del M. Sibilla alla base della quale passa l’itinerario n.6, al centro della foto si nota, in alcuni tratti, la debolissima traccia dell’itinerario n.5
ITINERARIO N.5
Una ennesima cengia principalmente erbosa che taglia in quota il versante Nord del Monte Sibilla, parallelamente all’itinerario 4 e 6, viene percorsa da una sottile traccia che a volte si perde ma rimane intuitiva, anche perché non si hanno altre possibilità di deviazioni.
Percorso da me molti anni fa come per l’itinerario n.6, non mi risulta descritto nella bibliografia dei Monti Sibillini, è destinato solo ed esclusivamente ad escursionisti esperti con esperienza alpinistica, rigorosamente necessaria una piccozza, da percorrere in estate quando i canali dell’imbuto de Le Vene sono sgombri dalla neve altrimenti il tracciato può essere reso molto pericoloso.
ACCESSO: Il primo tratto di raggiungimento di questo percorso è in comune con l’itinerario n.4; una volta traversati i Fossi di Meta ed arrivati alla cresta che divide il Fosso di Meta III dal Fosso Le Vene, risalita dall’itinerario n.2, (358417,5 E – 4751758,8 N; 1850 m. 2 ore dal Rifugio).
DESCRIZIONE; Dalla cresta ci si immette nel versante Nord dove si nota, in alcuni tratti un po’ più evidente, una lieve traccia in quota che passa anch’essa in una cengia erbosa che inizia ad attraversare i vari fossi de Le Vene.
Dopo circa 300 metri dove si attraversano due canali con fondo ghiaioso fino a raggiungere il centro del Fosso Le Vene dove un ripidissimo canale con sponde rupestri richiede dei passaggi delicati su una strettissima cengia obbligata che ricorda molto la Cengia dei Fiumarelli.
Si prosegue quindi su un tratto erboso meno ripido fino a raggiungere un secondo canale molto intagliato caratterizzato da una zona rocciosa con una fascia più in alto di colore rosa, questo è il tratto più impegnativo, si attraversa con molta attenzione il canale passando proprio alla base delle rocce per poi ritrovarsi su pendio ghiaioso ma meno ripido dove si individua di nuovo una traccia che attraversa lunghi pendii ghiaiosi alternati ad erba e che riporta facilmente verso la cresta Ovest del Monte Sibilla (4 ore dal Rifugio).
24 – 25- I tracciati di raggiungimento nel versante di Meta degli itinerari proposti al versante Nord del Monte Sibilla.2526 – 27- Veduta dalla cima del Monte Sibilla degli itinerari del versante Nord de Le Vene .2728 – 29- Veduta dalla cresta degli imbuti (itinerario n.2) degli itinerari proposti al versante Nord del Monte Sibilla.2930- Pianta satellitare del Fosso Le Vene, dettaglio dei percorsi 3 e 4.31- Pianta satellitare del Fosso Le Vene, dettaglio dei percorsi 5 e 6.
ITINERARIO N.6
Questo itinerario è veramente una sottile traccia, larga poco più di 20 centimetri, che attraversa in quota l’imbuto delle Vene, poco sotto la cosiddetta “Corona della Sibilla”, al di sopra di tutti gli altri itinerari descritti, dal n.1 al n.5.
E’ un itinerario che si snoda su un pendio di oltre 45-50 gradi di pendenza dove non ci si può permettere di scivolare ed è anch’esso valutato EEA, è anch’esso destinato solo ed esclusivamente ad escursionisti esperti con esperienza alpinistica, rigorosamente necessaria una piccozza, come per l’itinerario n.5 da percorrere in estate quando i canali dell’imbuto de Le Vene sono sgombri dalla neve.
L’uscita di questo tracciato è indicata nel reportage “VERSANTE NORD DEL MONTE SIBILLA Ancora effetti del Terremoto del 2016” del 14 luglio 2021.
Percorso da me molti anni fa come per l’itinerario n.5, non mi risulta descritto nella bibliografia dei Monti Sibillini.
ACCESSO: Per percorrere questo tracciato si sale dal Rifugio Monte Sibilla per il classico itinerario n.7 (come indicato per il raggiungimento degli attacchi degli altri itinerari) , si percorre la cresta in direzione dalla cima del Monte Sibilla ed una volta giunti a quota 1960 metri il sentiero dell’itinerario n.7 scende leggermente verso il versante Sud in corrispondenza di uno spuntone roccioso che sporge verticale verso il versante Nord (359064,3 E – 4751494,4 N; 2 ore dal Rifugio).
DESCRIZIONE: In questo punto si devia nettamente nel versante Nord e si passa sotto allo spuntone dove si nota una lieve traccia che, in quota, raggiunge, in 20 minuti, la cresta degli imbuti percorsa dall’itinerario n.2 (358439,3 E – 4751533,1 N; 1945 m.). Ci si sporge verso il versante de Le Vene dove la traccia prosegue vertiginosamente in quota attraversando pendii rupestri alternati a canali molto ripidi dirigendosi verso un canale obliquo ghiaioso dove la traccia diventa un sentiero che permette di salire sulla cresta Ovest dove si riprende il sentiero (segnato, pannello panoramico ) che, in direzione Est, segue fedelmente l’affilato crinale fino alla vetta del monte Sibilla (2173 m, 3,5 ore dal rifugio ).
32- Pianta satellitare della prima parte dell’itinerario n.6 (imbuto di Meta).33- Pianta satellitare della seconda parte dell’itinerario n.6 (imbuto Le Vene).34- Veduta del tracciato n.6 dalla cima del Monte Sibilla. dall’alto si nota la traccia di sentiero presente sotto alle rocce della “Corona”35- La cima del Monte Sibilla vista dall’imbocco del tracciato n.6
ITINERARIO N.7
E’ il classico itinerario escursionistico facile, adatto a tutti, che risale dal Rifugio M. Sibilla alla Sella del Monte Zampa per proseguire poi per cresta con evidente sentiero, superando il tratto attrezzato con catene della “Corona della Sibilla”, fino alla Grotta delle Fate ped alla cima del Monte Sibilla (3 ore dal Rifugio).
Rappresenta anche la discesa in comune di tutti gli altri itinerari descritti.
E’ riportato sulla bibliografia classica e cartografia dei Monti Sibillini a cui rimando.
36- >Pianta satellitare del versante Nord del Monte Sibilla con tutti gli itinerari proposti.
MONTE PORCHE Cresta Nord e il Crepaccio sotto la cresta.
Itinerario non particolarmente lungo ma che richiede una certa pratica per l’attraversamento di terreni erbosi ripidi, permette di raggiungere la cima del Monte Porche attraversando la testata della Valle lunga e passando per il Crepaccio della cresta Nord.
L’itinerario non è riportato sulla bibliografia dei Monti Sibillini.
ACCESSO: Si raggiunge in auto il nuovissimo parcheggio del Monte Prata da cui si parte a piedi proseguendo la strada sterrata per la Fonte della Giumenta.
DESCRIZIONE: Raggiunta la Fonte della Giumenta si sale per il classico sentiero verso il Monte Porche. Giunti alla sella anziché proseguire in direzione Sud verso la sella del Monte Palazzo Borghese si sale in direzione della cima del Monte Porche su traccia di sentiero che devia verso sinistra.
Giunti alla sella Nord-ovest del Monte Porche (1 ora dall’auto, 355018 E – 4748967,7 N; 2035 m.) , si scende la valletta sottostante per risalire la sponda opposta a riprende la cresta Ovest del Monte Porche in direzione della Valle Lunga.(355458,2 E – 4749069,1 N; 2038 m.)
Giunti a scoprire la Valle Lunga si costeggiano delle rocce a destra della cresta e si entra nella testata della valle.
Qui si inizia una lunga traversata in quota su pendio molto ripido della testata della valle con tratti a 45 gradi su pendio a cotica erbosa chiusa molto scivolosa da percorrere con molta attenzione, passando sotto a rocce ed superando l’attacco dei canali di salita invernali del versante Nord del Monte Porche descritti a pagina 62 del mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI”.
Si continua in quota in direzione della rocciosa cresta Nord del Monte Porche fino ad intercettare una faglia più infossata rispetto al ripido piano erboso che scende verso la Valle Lunga, dove si apre il Crepaccio riportato sul Catasto delle Grotte della Regione Marche (1 ora, 355850,5 E – 4748823,8 N; 2100 m.).
Il crepaccio di faglia, prodotto sicuramente da antichi terremoti, risulta profondo una decina di metri ma ha subito ulteriori allargamenti e crolli con il terremoto del 2016 per cui risulta pericoloso entrare fino al fondo.
Dal crepaccio si risale la cresta rocciosa Nord sovrastante fino a raggiungere la cresta Cima Vallelunga – Monte Porche percorsa dal classico sentiero con cui si raggiungono le due cime.
DISCESA: Dalla cima del Monte Porche si scende per il classico sentiero di salita verso la Fonte della Giumenta.
Di seguito le immagini dell’itinerario proposto.
1- La valletta sotto al versante Nordovest del Monte Porche che bisogna attraversare per immettersi nella Valle Lunga.2- Giunti sulla cresta Ovest del Monte Porche si scopre la Valle Lunga.3- E si inizia ad attraversare la testata della Valle Lunga 4- Si traversa in quota in direzione delle rocce del versante Nord del Monte Porche.5- Il terreno si fa più ripido man mano che ci si avvicina ai canali di salita invernali al versante Nord del M. Porche.6- La testata della Valle Lunga.7- Proseguiamo verso la cresta Nord del Monte Porche visibile a destra in ombra dove si apre anche il crepaccio di faglia.8 – 9- Passiamo sulla verticale dei canali di salita invernali al versante Nord del Monte Porche, caratterizzati da un piccolo torrione roccioso che si divide.910 – 11- Salix retusa di grandi dimensioni vegetano nel versante Nord del Monte Porche.1112- Si prosegue oltre la testata della Valle Lunga osteggiando rocce su terreno molto ripido.13- Quindi ci dirigiamo verso il crepaccio di faglia, visibile in basso al centro, a destra la Cima Vallelunga, di fronte il Pizzo Regina, il Pizzo Berro e la Cima di Vallinfante a sinistra, contornano la Valle Lunga..14- Il crepaccio della Cresta Nord del Monte Porche, in questo punto ha subito ulteriore allargamento dopo il terremoto del 2016.15 – Il crepaccio e il Monte Porche a destra.16- Il crepaccio e Cima Vallelunga.17 – 18 – Proviamo ad entrare.1819- Ancora alcuni metri relativamente sicuri.20- Ma poi è meglio fermarsi.21 – 22 – Più a valle un ulteriore crepaccio aperto dal terremoto del 2016.2223- Campanula scheuchzeri l’ingresso del crepaccio.24- La Valle Lunga.25- Il tratto da cui si accede alla testata della Valle Lunga.26 – 29 – La ripida cresta Nord del Monte Porche, che risaliamo fino alla cresta che collega il M. Porche alla Cima Vallelunga.27282930 – 31 -Raggiungiamo infine la cresta sommitale che ci conduce facilmente al M. Porche.3132- Veduta verso Nord dalla cima di M. Porche, a destra Cima Vallelunga, in fondo il Pizzo Regina ed il Pizzo Berro , il Monte Rotondo e la Cima di Vallinfante a sinistra.33- Veduta verso Sud dalla cima di M. Porche, a destra Il Monte Palazzo Borghese e Sasso di Palazzo Borghese, sopra il Monte Argentella, sullo sfondo la Cima del Redentore a destra e il Monte Vettore a sinistra. 34 – 35 – La cima del Monte Porche.3536- La faglia prodotta dal terremoto del 2016 nel versante Ovest del Monte Porche 37 – 39 – Rosalia alpina a monte della Fonte della Giumenta.383940- Veduta dell’itinerario dalla cima del Monte Porche.41- Veduta dell’itinerario dalla cresta Ovest del Monte Porche.42- Dettaglio della posizione del crepaccio.43- Pianta satellitare del percorso proposto.