Il torrente Fluvione nasce nel versante Nord del Monte Vettore, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, e si apre a valle, verso il fiume Tronto, con una profonda, selvaggia e sconosciuta valle che, in alcuni tratti, forma veri e propri tratti di forra di difficile accesso ma veramente molto spettacolari.
Inoltre la valle è costellata da numerosi vecchi Mulini, per la maggior parte non più funzionanti, che sfruttavano la corrente del Fluvione per la macinazione del grano o la produzione di energia idroelettrica.
Questo itinerario che propongo è fattibile in una unica giornata ed è suddiviso in più tappe facilmente raggiungibili con l’auto.
Nelle varie tappe poi il percorso a piedi è breve e non presenta particolari difficoltà in quanto la presenza di profonde marmitte blocca la prosecuzione in sicurezza nell’alveo fluviale, per gli esperti è comunque possibile proseguire a piedi in acqua o anche a nuoto in tutti i tratti.
ACCESSO: L’itinerario parte dalla frazione di Uscerno di Montegallo, raggiungibile in auto tramite la Strada Provinciale n.89 Valfluvione o scendendo da Balzo di Montegallo oppure salendo da Roccafluvione per chi viene da Ascoli Piceno o da Comunanza (parte opposta) dopo aver percorso la Strada Provinciale 237 bis fino al bivio con l’indicazione per Uscerno.
PRIMO SITO: LA FORRA A VALLE DI USCERNO
DESCRIZIONE: Raggiunta la frazione di Uscerno si scende verso Roccafluvione per circa 300 metri fino ad uno slargo sulla sinistra, in corrispondenza di una abitazione isolata, dove si parcheggia e, sulla destra, si trova una stradina di breccia con un segnale di divieto di accesso che scende verso il fiume. Si passa di lato ad una lunga grotta formata da un tetto di Arenaria (Formazione della Laga) e si raggiunge il ponte Romano, affacciandosi nel lato destro del ponte si può osservare la profonda, buia ed impressionante forra. Dopo il ponte a destra si prende un tratturo caratterizzato da due molazze del vecchio mulino poste ai lati, si percorrono circa 50 metri e, a destra, si entra nel fiume a monte della stretta forra. Qui il letto del fiume è davvero unico, forma numerose marmitte dei giganti ed una alta cascata chiude la prosecuzione a valle.
A monte si prosegue dapprima fino ad un laghetto incassato tra le rocce poi, uscendo dall’alveo e percorrendo altri 50 metri di tratturo, si rientra nel fiume tra alti massi fino a raggiungere la cascata della captazione del mulino con il relativo laghetto di accumulo.
Il Mulino di Uscerno invece si trova nella parte sinistra appena dopo il ponte ma non è possibile accedervi in quanto provvisto di alta recinzione, al di sotto di esso il torrente prosegue in un ulteriore tratto di forra molto spettacolare .
Di seguito le immagini della prima tappa.
SECONDO SITO: LA SECONDA FORRA E IL PONTE ROMANO
DESCRIZIONE: Scendendo a valle dalla prima tappa verso Roccafluvione, dopo circa 1,5 chilometri si intercettano due case sulla destra e, dopo circa 300 metri si trova un incrocio a destra con l’indicazione per Ronciglione-Gaico-Meschia, si scende la strada fino al ponte dove a destra un cartello indica il Ponte Romano. Nel prato sottostante si individua una traccia di sentiero che scende nel fiume.
Dopo circa 200 metri si entra nell’alveo del Fluvione dove ci si trova uno spettacolo meraviglioso e sconosciuto, il vecchio ponte Romano che sembra formare un buco di una enorme serratura nella stretta forra sovrastato dal ponte moderno.
Si può proseguire nel letto del torrente fin sotto al ponte ma poi un profondo laghetto anche qui blocca la prosecuzione. almeno se non si vuole fare una breve nuotata.
Percorrendo il ponte e scendendo alla sua sinistra si può raggiungere il ponte romano sottostante, dove crescono degli alberi e dove si può notare ancora il suo utilizzo da parte degli animali selvatici.
Di seguito le immagini della seconda tappa.
TERZO SITO: LA CASCATA DELL’ARENA E IL MULINO PIGNOLONI.
DESCRIZIONE: Scendendo ancora a valle dalla seconda tappa verso Roccafluvione, dopo circa 2,5 chilometri si nota un evidente cartello turistico a sinistra indicante la CASCATA DELL’ARENA ed il MULINO PIGNOLONI, si parcheggia nei pressi e si scende fino al Mulino in disuso ed al Ponte dove si ammira il laghetto, la bellissima cascata e la forra sottostante.
QUARTO SITO: IL PONTE NATIVO ED IL MULINO OMONIMO
DESCRIZIONE: Si prosegue in auto la discesa della valle del Fluvione verso il paese di Roccafluvione, superato l’abitato di Marsia (capoluogo del Comune di Roccafluvione) si trova un cartello turistico a sinistra indicante il PONTE NATIVO si parcheggia nel paese. Si scende a piedi dalla strada Provinciale ed in breve si raggiunge il Ponte con la chiesetta ed il Mulino, attualmente diventato una centralina idroelettrica dell’Enel, non visitabile poco dopo sulla sinistra.
La particolarità del ponte e della chiesetta è che sono stati costruiti su un ponte di roccia naturale, ormai non più visibile, sopra ad un ulteriore tratto di Fluvione molto stretto visibile affacciandosi dal ponte stesso.
QUINTO SITO: LA TERZA FORRA A VALLE DI ROCCAFLUVIONE ED IL MULINO BRANDI
DESCRIZIONE: Proseguendo in auto da Roccafluvione in direzione di Ascoli Piceno, dopo circa 500 metri dall’uscita dal paese di Marsia si incontra a destra l’incrocio per Osoli e una nota fabbrica di prodotti alimentari a base di Tartufi, si prosegue ancora verso la Salaria per 700 metri fino ad incontrare sulla sinistra un edificio pericolante messo in sicurezza con cavi di acciaio con il cartello indicante il Mulino Brandi.
Si scende la stradina di breccia sottostante fino al ponte da cui si scende al greto del fiume per un sentiero scalettato a destra, di fianco al Mulino restaurato ma non funzionante. In questo tratto il Fluvione crea una ulteriore forra caratterizzata da particolari formazioni rocciose modellate dall’acqua. Il sito è di notevole interesse naturalistico anche per la presenza del Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), che non sono riuscito a fotografare ma che ho riconosciuto e del granchio di fiume (Potamon fluviatile) ormai divenuti rarissimi.
Di seguito le immagini della quinta tappa.
SESTO SITO: IL MULINO SPINUCCI A VALLE DI OSOLI
DESCRIZIONE: Dal Mulino Brandi si ritorna indietro in auto verso Marsia per 300 metri circa fino a ritornare all’incrocio, a sinistra, per Osoli, nei pressi della fabbrica di prodotti alimentari a base di Tartufi.
Si devia a sinistra e si prosegue in direzione Osoli per circa 3,5 chilometri fino ad incontrare a sinistra una deviazione in terra battuta con un piccolo edificio agricolo trasformato in abitazione estiva (con auto rottamata nei pressi) ed una seconda abitazione di recente restauro più interna meno visibile dove il gentilissimo proprietario ci ha accompagnato ai resti del Mulino Spinucci difficilmente visibili nel sottostante greto del Torrente Noscia.
LE PORCHE DI VALLINFANTE – Sentiero Basso.
Nuovo itinerario ad anello, si snoda in una zona dei Monti Sibillini, dimenticata ed al di fuori dei normali itinerari escursionistici conosciuti, non è riportato ne nella bibliografia e neppure nella cartografia dei Monti Sibillini eppure è un tracciato antico che permetteva ai pastori di spostarsi tra tre importanti fonti di abbeveramento presenti nelle pendici Ovest della Cima di Vallinfante, la Fonte della Giumenta, la Fonte dell’Acero e la Fonte delle Vene, attraversando la parte più bassa, e anche più ripida ma più diretta, delle cosiddette Porche di Vallinfante, i diversi canaloni che scendono dalla cima omonima verso la Valle Infante.
L’itinerario è ad anello in quanto la traccia di sentiero, all’altezza dello Scoglio della Volpe, si sdoppia e le due tracce viaggiano parallele a distanza di poco più di cento metri di dislivello per cui, all’andata si può prendere la traccia più alta ed al ritorno quella più bassa, più ripida.
L’itinerario è classificato EE, non presenta difficoltà particolari ma si snoda su pendii molto ripidi, in alcuni tratti la traccia scompare sotto un’alta cotica erbosa di Falasco e quindi bisogna muoversi su terreni scivolosi e sconnessi, a tratti ricorda la Cengia dei Fiumarelli per cui è richiesto un passo sicuro e non si deve soffrire di vertigini.
Il tracciato che propongo parte dalla Fonte della Giumenta ed arriva alla Fonte delle Vene per poi ritornare di nuovo alla Fonte della Giumenta ma volendo si può fare al contrario o anche la traversata dal Monte Prata a Macchie di Vallinfante con due auto.
Il raggiungimento della Fonte delle Vene da Macchie di Vallinfante è descritto in un mio precedente articolo: “CIMA DI VALLINFANTE DA MACCHIE PER LA FONTE DELLE VENE E LE PORCHE DI VALLINFANTE” del Maggio 2022 a cui rimando.
ACCESSO: Si raggiunge in auto il nuovissimo e costosissimo parcheggio del Monte Prata (che non si è ben capito il suo utilizzo visto che gli impianti sciistici non sono stati più riaperti dopo il terremoto) da cui si parte a piedi proseguendo la strada sterrata per la Fonte della Giumenta.
DESCRIZIONE: Raggiunta la Fonte della Giumenta (354452,8 E – 4748392,7 N; 1790 m.; 40 minuti dall’auto) si devia a destra per il classico sentiero verso il Monte Porche ma dopo 150 metri si scende e si prende una traccia in piano, non facile da individuare perché il continuo passaggio delle greggi ha formato molte tracce parallele, che conduce verso la Fonte del Sambuco.
L’itinerario per la Fonte del Sambuco è riportato nel mio articolo : “FONTE DELLA GIUMENTA-FONE DEL SAMBUCO-PORCHE DI VALLINFANTE; ANCORA EFFETTI DEL TERREMOTO DELL’OTTOBRE 2016” dell’Ottobre 2018, a cui rimando.
Dopo circa 300 metri il sentiero raggiunge un ampio costone erboso (15 minuti dalla fonte) dove si scoprono le Porche di Vallinfante, qui invece di continuare il sentiero che aggira il costone ed inizia a salire, si scende liberamente il costone per circa 100 metri tenendosi verso il fosso che scende dal versante Nordovest del Monte Porche fino ad intercettare una traccia di sentiero che entra nel fosso con fondo roccioso ed esce dalla sponda opposta (354344 E – 4749040,5 N; 1700 m.).
Si prosegue su traccia di sentiero per raggiungere un secondo costone erboso dove si intercetta una traccia di scavo forse dell’acquedotto che scende a valle dalla Fonte del Sambuco posta più in alto, si scende ancora per altri 150 metri in direzione di un nucleo di Faggi sopra il quale si ritrova la traccia che conduce verso il fondo roccioso del Fosso (354374,7 E – 4749298,1 N; 1650 m.; 15 minuti).
Qui la traccia è ben visibile e scavalca anche questo secondo fosso per attraversare una zona ghiaiosa, dove il sentiero si sdoppia, una traccia sale verso la base dello Scoglio della Volpe per passare ad una decina di metri sotto allo scoglio, l’altra rimane parallela una cinquantina di metri sotto.
Si entra quindi in un fosso molto inciso e sconvolto dal terremoto del 2016, ci sono tratti franati e, guardando in direzione della cima del Monte Porche, si può osservare l’incredibile fessura e la sottostante faglia descritta nell’articolo citato sopra.
Io consiglio di prendere all’andata la traccia superiore per poi ritornare da quella inferiore.
In ogni caso le due tracce viaggiano parallele tra i 1600 e i 1700 metri e scavalcano gli altri sei fossi, più o meno incisi ma ripidissimi, che costituiscono le Porche di Vallinfante.
I tracciati non sono sempre ben evidenti per la presenza in alcuni tratti, soprattutto del sentiero più basso, di cotica erbosa a Falasco dove essi si perdono ma intuitivamente si ritrovano nel fosso successivo.
Una volta superati i vari canali delle Porche di Vallinfante si raggiunge un ampio dosso erboso (1,15 ore dallo Scoglio della Volpe) a Falasco dove si prosegue in quota (353823,3 E – 4750339,8 N; 1685m.) fino a scavalcare il dosso ed intercettare l’evidente sentiero che collega la Fonte delle Vene con la Cima di Vallinfante (già descritto come indicato sopra).
Per raggiungere la Fonte delle Vene si scende nel sentiero che raggiunge dapprima un ampio ripiano erboso sottostante e prosegue scendendo nel fondo di due canaloni detritici successivi n discesa fino alla fonte stessa.
Per il ritorno alla Fonte della Giumenta, si ritorna all’ampio ripiano erboso dove sovente sono presenti bovini al pascolo, anziché risalire il dosso erboso lo si aggira in quota passando una cinquantina di metri sopra al bosco dirigendosi verso i canali delle Porche dove, poco al di sopra di alcuni alberi isolati sopra al bosco, si intercetta la traccia bassa che avvicinandosi ai vari canali, passa sotto ad un caratteristico torrione roccioso isolato che presenta anche una piccola grotta alla sua base e che, con un’ora circa, riconduce alla Fonte della Giumenta.
Anche questo tracciato attraversa i vari canali su terreno molto ripido e si perde nel Falasco in alcuni punti e in circa un’ora si riporta sulla verticale dello Scoglio della Volpe dove si riprende il sentiero fatto all’andata.
Giunti alla Fonte della Giumenta si scende all’auto per la strada sterrata fino al Monte Prata fatta all’andata.
Interessante è anche la risalita del Fosso della Fonte del Sambuco, una volta giunti, al ritorno, nel fondo roccioso del fosso lo si risale fino ad una parete rocciosa che lo chiude in alto e che forma anche una particolare grotta.
Itinerario percorso il 3 settembre 2023 con Luca e Federico.
IL BUCO DELL’ISTRICE e la CAVERNA VI del Lago del Fiastrone
Intorno al Lago del Fiastrone e nella valle sottostante si aprono numerose caverne e grotte tra cui la conosciutissima Grotta dei Frati.
Meno conosciute sono altre grotte distribuite intorno al Lago, in particolare una grotta molto caratteristica anche se di limitatissima estensione è la Grotta VI del Lago del Fiastrone.
Si raggiunge facilmente dalla strada che scende da Fiastra verso Monastero, poco prima dell’ansa del Lago si lascia l’auto nel parcheggio del lungolago (400 metri circa prima dell’incrocio per Podalla) e si sale sopra strada su traccia di sentiero che parte dal bordo ghiaioso in fondo allo slargo.
Dal bosco si ci costeggia verso Nord la strada una cinquantina di metri sopra di essa per raggiungere la zona rocciosa franata con il terremoto del 2016 e bonificata con reti plastiche, nel primo nucleo roccioso di Travertino si apre il Buco dell’Istrice, una profonda fessura che, come indicato dal nome, viene utilizzata come tana dagli animali.
Proseguendo in quota nella zona franata ma resa sicura da reti plastiche a terra si raggiunge un secondo nucleo roccioso franato con il terremoto ed attualmente imbracato con reti metalliche dove alla base si apre una seconda grotta, salendo al fianco sinistro del costone roccioso si raggiunge la Grotta VI del Lago del Fiastrone, particolare per la forma del torrione roccioso di travertino che la forma.
Il Travertino è una roccia tenera prodotta dallo stillicidio dell’acqua calcarea in presenza di particolari muschi, essa assume le forme delle specie vegetali dove si deposita il calcare trasportato dall’acqua.
Il raggiungimento di queste cavità, facile e brevissimo, può essere abbinato ad una escursione in zona come ad esempio alle Lame Rosse.
La cavità, come le altre presenti nella zona, è riportata nel Catasto delle Grotte della Regione Marche.
VERSANTE NORD DEL MONTE SIBILLA – I sentieri estivi de Le Vene.
L’imponente, selvaggio e ripidissimo versante Nord del Monte Sibilla contiene una quantità di itinerari estivi incredibile, ben 7 tracciati, paralleli grazie alle cenge naturali o creste in salita, che permettono di attraversare questo versante, all’apparenza impraticabile.
Il tracciato di cresta n.7 è il classico percorso facile, conosciuto e frequentatissimo da tutti gli escursionisti che intendono salire alla cima del Monte Sibilla e perciò riportato in tutta la bibliografia dei Monti Sibillini.
Degli altri, di fatto, il tracciato più evidente e comodo, anche se poco frequentato, è solo il n.1, mentre gli altri sono pressoché lievi tracce, sconosciuti e molto impegnativi quindi non percorsi dai normali escursionisti.
Anche su richiesta di alcuni miei amici facciamo chiarezza sui vari tracciati indicati nelle foto n.1-2 presenti nel versante Nord del M. Sibilla.
ITINERARIO N.1
Questo itinerario, l’unico con una certa frequenza da parte di escursionisti, oltre al frequentatissimo itinerario n.7, in quanto di media difficoltà, con partenza dal Rifugio M. Sibilla, raggiunge la Sella di M. Zampa per discendere nel versante opposto, è descritto in questo sito per il raggiungimento dell’Arco di Meta nel mio reportage “LE “FINESTRE” DEI MONTI SIBILLINI PARTE 1 IL TEMPIO DELLA SIBILLA, L’OCCHIO DEL CICLOPE, ARCOFÙ E L’ARCO DI META NELLA VALLE DEL TENNA” e nel reportage “MONTE SIBILLA VERSANTE NORD – ANCORA EFFETTI DEL TERREMOTO DEL 2016 – TORRIONE DI MÈTA” percorrendo il sentiero de “Le Calle della Sibilla” situato nel versante Nord.
E’ anche riportato anche nella bibliografia dei Monti Sibillini di cui allego link della descrizione più dettagliata.
Il tracciato supera il fosso de Le Vene all’altezza dei torrioni che lo delimitano e prosegue in direzione del Casale Lanza che non conviene raggiungere ma per risalire al Casale della Sibilla da cui, con una lunga salita, si raggiunge la cresta Ovest del Monte Sibilla, nei pressi del termine della strada.
Per il suo tracciato, valutato EE, rimando pertanto a questi articoli e bibliografia.
ITINERARIO N.2
Notevole itinerario adatto solo ad esperti e valutato EEA, l’unico in totale risalita su cresta, aperto da me e alcuni miei amici il 29 luglio 2017, è descritto dettagliatamente in questo sito nel reportage “MONTE SIBILLA PER LA CRESTA DEGLI IMBUTI” a cui rimando, per la sua risalita è consigliata una piccozza.
ITINERARIO N.3 concatenazione dell’itinerario n.1 con l’itinerario n.4
Questo itinerario è stato proposto dal mio amico Giuseppe S. che ringrazio anche per le immagini.
Sicuramente anche questo è un itinerario difficile, valutato EEA, risale i contrafforti dei fossi delle Vene che scendono nell’imbuto verso valle e congiunge l’itinerario n.1 con il numero 4; anche qui è strettamente consigliata una piccozza.
ACCESSO: Si raggiunge la cima del torrione destro orografico del Fosso Le Vene mediante il tracciato n.1 descritto sopra.
Anziché proseguire la traccia dell’itinerario n.1 che scende nel fosso si risale su pendio erboso senza traccia in direzione del centro del fosso, si superano due tratti ghiaiosi arrivando a costeggiare le pareti da cui scendono le numerose cascatelle delle sorgenti del Fosso Le Vene.
Superato il quarto canale roccioso inciso, si giunge al tratto chiave e più impegnativo del percorso, si inizia a salire un costone erboso molto ripido alla destra del canale, si sale in verticale e, giunti sotto le sovrastanti pareti rocciose, si devia nettamente verso sinistra su cengia erbosa, si entra quindi nel canale e si risale il suo fondo roccioso per alcune decine di metri fino ad uscire nel tratto erboso della sponda di sinistra. Si continua a risalire in verticale il ripido pendio erboso sovrastante fino a raggiungere la cengia superiore dove si incontra il tracciato n.4 che si prosegue o verso destra per uscire sui pendii ghiaiosi ad Ovest della cima del Monte Sibilla oppure verso sinistra per ritornare indietro verso Est da cui si giunge all’accesso dell’itinerario n.4.
ITINERARIO N.4
Altro notevole itinerario adatto solo ad esperti, valutato EE fino alle sorgenti e alpinistico (F) fino all’uscita sul ghiaione sottostante la cresta, riportato anche nella bibliografia dei Monti Sibillini: http://www.auaa.it/articoli-escursionismo/1086-fosso-le-vene-monti-sibillini.
ACCESSO: Dal rifugio Sibilla (1540 m) si sale per il sentiero (n. 155/E10, segni bianco-rossi ) che in breve raggiunge la sella nei pressi del monte Zampa (1780 m circa, 0,30 ore), come indicato anche nell’itinerario n.1
DESCRIZIONE: Raggiunta la sella si prosegue l’evidente sentiero di cresta (itinerario n.7) fino a quota 1880 m circa dove si sdoppia, una traccia prosegue sotto cresta sul versante Sud e l’altra sul filo di cresta (359638,1 E – 4751671,1 N), qui ci si immette nel pendio erboso del versante Nord e si inizia a traversare in quota su traccia di sentiero tra l’erba, a tratti poco evidente, attraversando i Fossi di Meta e fino ad arrivare sulla cresta che divide il Fosso di Meta III dal Fosso Le Vene, risalita dall’itinerario n.2, (358417,5 E – 4751758,8 N; 1850 m.), questo punto rappresenta anche la partenza dell’itinerario n.5 descritto di seguito.
(E’ possibile anche una variante per raggiungere il filo di cresta di partenza dell’itinerario n.4; raggiunto il poggio erboso oltre il quale si apre il terzo ed ultimo imbuto di Meta (358854,1 E – 4751670 N; 1850 m.), caratterizzato sulla cresta sovrastante da uno spuntone roccioso, l’unico prima della “Corona”, anziché proseguire in quota si può scendere liberamente sul filo di cresta sottostante per circa 60 metri per prendere un tracciato più evidente in questo tratto (358845 E – 4751797 N; 1800 m.), che, in altri 500 metri di percorso in quota, facendo attenzione nell’attraversamento del fosso di Meta III, conduce direttamente all’imbocco del tracciato n.4 (358376 E – 4751898,8 N; 1785 m., 1,15 ore dal Rifugio)).
Qui si inizia a scendere il filo di cresta fino ad incrociare la netta cengia che traversa verso l’imbuto de Le Vene (358376 E – 4751898,8 N; 1785 m., 1,15 ore dal Rifugio ). Si continua in quota sotto la fascia rocciosa attraversando i fossi che a primavera generano diverse cascate fino al centro dell’imbuto (1760 m circa, 2,5 ore dal Rifugio).
Da qui si può ritornare per lo stesso percorso fatto all’andata oppure continuare a traversare.
La prosecuzione è consigliata sono ad escursionisti esperti con pratica di alpinismo in quanto non ci sono tracce di sentiero ed occorre risalire prati e ghiaioni molto ripidi dove è assolutamente necessaria una piccozza.
Si prosegue delicatamente la cengia che passa in quota sempre sotto alla barriera di rocce fino ad un canale ghiaioso con a destra una ampia zona ghiaiosa di colore rosa.
Raggiunto il canale riempito di detriti si sale faticosamente su ghiaia per alcune decine di metri nel suo interno poi ci si sposta sulla sua sponda destra cercando di tenersi nelle zone erbose fino a superare la zona di ghiaia rosa più in alto. Oltre la zona ghiaiosa si sale liberamente in verticale in direzione della cresta sovrastante, nei prati si intercetta una traccia di sentiero che si sale verso un canale detritico obliquo dove qui si nota un netto sentiero che risale fino sulla cresta ovest dove si riprende il sentiero (segnato, pannello panoramico ) che, in direzione Est, segue fedelmente l’affilato crinale fino alla vetta del monte Sibilla (2173 m, 4,0 ore dal Rifugio ).
ITINERARIO N.5
Una ennesima cengia principalmente erbosa che taglia in quota il versante Nord del Monte Sibilla, parallelamente all’itinerario 4 e 6, viene percorsa da una sottile traccia che a volte si perde ma rimane intuitiva, anche perché non si hanno altre possibilità di deviazioni.
Percorso da me molti anni fa come per l’itinerario n.6, non mi risulta descritto nella bibliografia dei Monti Sibillini, è destinato solo ed esclusivamente ad escursionisti esperti con esperienza alpinistica, rigorosamente necessaria una piccozza, da percorrere in estate quando i canali dell’imbuto de Le Vene sono sgombri dalla neve altrimenti il tracciato può essere reso molto pericoloso.
ACCESSO: Il primo tratto di raggiungimento di questo percorso è in comune con l’itinerario n.4; una volta traversati i Fossi di Meta ed arrivati alla cresta che divide il Fosso di Meta III dal Fosso Le Vene, risalita dall’itinerario n.2, (358417,5 E – 4751758,8 N; 1850 m. 2 ore dal Rifugio).
DESCRIZIONE; Dalla cresta ci si immette nel versante Nord dove si nota, in alcuni tratti un po’ più evidente, una lieve traccia in quota che passa anch’essa in una cengia erbosa che inizia ad attraversare i vari fossi de Le Vene.
Dopo circa 300 metri dove si attraversano due canali con fondo ghiaioso fino a raggiungere il centro del Fosso Le Vene dove un ripidissimo canale con sponde rupestri richiede dei passaggi delicati su una strettissima cengia obbligata che ricorda molto la Cengia dei Fiumarelli.
Si prosegue quindi su un tratto erboso meno ripido fino a raggiungere un secondo canale molto intagliato caratterizzato da una zona rocciosa con una fascia più in alto di colore rosa, questo è il tratto più impegnativo, si attraversa con molta attenzione il canale passando proprio alla base delle rocce per poi ritrovarsi su pendio ghiaioso ma meno ripido dove si individua di nuovo una traccia che attraversa lunghi pendii ghiaiosi alternati ad erba e che riporta facilmente verso la cresta Ovest del Monte Sibilla (4 ore dal Rifugio).
ITINERARIO N.6
Questo itinerario è veramente una sottile traccia, larga poco più di 20 centimetri, che attraversa in quota l’imbuto delle Vene, poco sotto la cosiddetta “Corona della Sibilla”, al di sopra di tutti gli altri itinerari descritti, dal n.1 al n.5.
E’ un itinerario che si snoda su un pendio di oltre 45-50 gradi di pendenza dove non ci si può permettere di scivolare ed è anch’esso valutato EEA, è anch’esso destinato solo ed esclusivamente ad escursionisti esperti con esperienza alpinistica, rigorosamente necessaria una piccozza, come per l’itinerario n.5 da percorrere in estate quando i canali dell’imbuto de Le Vene sono sgombri dalla neve.
L’uscita di questo tracciato è indicata nel reportage “VERSANTE NORD DEL MONTE SIBILLA Ancora effetti del Terremoto del 2016” del 14 luglio 2021.
Percorso da me molti anni fa come per l’itinerario n.5, non mi risulta descritto nella bibliografia dei Monti Sibillini.
ACCESSO: Per percorrere questo tracciato si sale dal Rifugio Monte Sibilla per il classico itinerario n.7 (come indicato per il raggiungimento degli attacchi degli altri itinerari) , si percorre la cresta in direzione dalla cima del Monte Sibilla ed una volta giunti a quota 1960 metri il sentiero dell’itinerario n.7 scende leggermente verso il versante Sud in corrispondenza di uno spuntone roccioso che sporge verticale verso il versante Nord (359064,3 E – 4751494,4 N; 2 ore dal Rifugio).
DESCRIZIONE: In questo punto si devia nettamente nel versante Nord e si passa sotto allo spuntone dove si nota una lieve traccia che, in quota, raggiunge, in 20 minuti, la cresta degli imbuti percorsa dall’itinerario n.2 (358439,3 E – 4751533,1 N; 1945 m.). Ci si sporge verso il versante de Le Vene dove la traccia prosegue vertiginosamente in quota attraversando pendii rupestri alternati a canali molto ripidi dirigendosi verso un canale obliquo ghiaioso dove la traccia diventa un sentiero che permette di salire sulla cresta Ovest dove si riprende il sentiero (segnato, pannello panoramico ) che, in direzione Est, segue fedelmente l’affilato crinale fino alla vetta del monte Sibilla (2173 m, 3,5 ore dal rifugio ).
ITINERARIO N.7
E’ il classico itinerario escursionistico facile, adatto a tutti, che risale dal Rifugio M. Sibilla alla Sella del Monte Zampa per proseguire poi per cresta con evidente sentiero, superando il tratto attrezzato con catene della “Corona della Sibilla”, fino alla Grotta delle Fate ped alla cima del Monte Sibilla (3 ore dal Rifugio).
Rappresenta anche la discesa in comune di tutti gli altri itinerari descritti.
E’ riportato sulla bibliografia classica e cartografia dei Monti Sibillini a cui rimando.
MONTE PORCHE Cresta Nord e il Crepaccio sotto la cresta.
Itinerario non particolarmente lungo ma che richiede una certa pratica per l’attraversamento di terreni erbosi ripidi, permette di raggiungere la cima del Monte Porche attraversando la testata della Valle lunga e passando per il Crepaccio della cresta Nord.
L’itinerario non è riportato sulla bibliografia dei Monti Sibillini.
ACCESSO: Si raggiunge in auto il nuovissimo parcheggio del Monte Prata da cui si parte a piedi proseguendo la strada sterrata per la Fonte della Giumenta.
DESCRIZIONE: Raggiunta la Fonte della Giumenta si sale per il classico sentiero verso il Monte Porche. Giunti alla sella anziché proseguire in direzione Sud verso la sella del Monte Palazzo Borghese si sale in direzione della cima del Monte Porche su traccia di sentiero che devia verso sinistra.
Giunti alla sella Nord-ovest del Monte Porche (1 ora dall’auto, 355018 E – 4748967,7 N; 2035 m.) , si scende la valletta sottostante per risalire la sponda opposta a riprende la cresta Ovest del Monte Porche in direzione della Valle Lunga.(355458,2 E – 4749069,1 N; 2038 m.)
Giunti a scoprire la Valle Lunga si costeggiano delle rocce a destra della cresta e si entra nella testata della valle.
Qui si inizia una lunga traversata in quota su pendio molto ripido della testata della valle con tratti a 45 gradi su pendio a cotica erbosa chiusa molto scivolosa da percorrere con molta attenzione, passando sotto a rocce ed superando l’attacco dei canali di salita invernali del versante Nord del Monte Porche descritti a pagina 62 del mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI”.
Si continua in quota in direzione della rocciosa cresta Nord del Monte Porche fino ad intercettare una faglia più infossata rispetto al ripido piano erboso che scende verso la Valle Lunga, dove si apre il Crepaccio riportato sul Catasto delle Grotte della Regione Marche (1 ora, 355850,5 E – 4748823,8 N; 2100 m.).
Il crepaccio di faglia, prodotto sicuramente da antichi terremoti, risulta profondo una decina di metri ma ha subito ulteriori allargamenti e crolli con il terremoto del 2016 per cui risulta pericoloso entrare fino al fondo.
Dal crepaccio si risale la cresta rocciosa Nord sovrastante fino a raggiungere la cresta Cima Vallelunga – Monte Porche percorsa dal classico sentiero con cui si raggiungono le due cime.
DISCESA: Dalla cima del Monte Porche si scende per il classico sentiero di salita verso la Fonte della Giumenta.
Di seguito le immagini dell’itinerario proposto.
CASCATA DELLE CALLARELLE da Calcara di Ussita.
Su richiesta di alcuni miei amici riporto questo percorso classico ma non indicato nella bibliografia, facile ed adatto a tutti, attualmente frequentatissimo dalle numerose guide escursionistiche che organizzano escursioni sui Monti Sibillini per i loro clienti.
L’itinerario, con partenza da Calcara di Ussita, permette di raggiungere la particolare Cascata delle Callarelle, situata nella Valle del Torrente Ussita, a monte della Cascata di Casali (o del Fosso del Pero), già descritta in questo sito, e in prossimità della piccola centrale idroelettrica del Comune di Ussita, alle falde della parete Nord del Monte Bove nord.
La cascata è particolare perchè è situata in una piccola forra che a monte presenta due grandi e profonde “Marmitte dei Giganti”, vasche prodotte dall’erosione dell’acqua e dei detriti trasportati con essa.
ACCESSO: Si raggiunge in auto il centro abitato di Ussita quindi, passata la piazza, si prosegue in direzione di Frontignano, si supera il Palazzetto del Ghiaccio e dopo circa 1 chilometro si trova la deviazione a sinistra per la frazione di Calcara.
Consiglio di parcheggiare in prossimità delle case al fine di evitare brutte sorprese al ritorno in quanto la strada sterrata che prosegue in direzione del Camping Colorito presenta un divieto di sosta continuo.
DESCRIZIONE: Dall’abitato di Calcara si prosegue la sterrata che si snoda verso il versante Nord della Croce di Monte Bove, si supera l’incrocio per il Camping Colorito e si prosegue a destra (cartello Callarelle, foto n.1) fino a raggiungere, in 40 minuti e circa 2 chilometri di comodissima sterrata quasi in piano, il ripiano erboso di Poggio Paradiso dove un secondo cartello indica la deviazione a sinistra (foto n.2, a destra si prosegue per la Val di Panico) e dove si può ammirare l’imponenza della parete Nord del Monte Bove Nord che incombe sopra al percorso.
La deviazione, in altri 1,5 chilometri circa, conduce all’ingresso della centrale Idroelettrica di Ussita, poco prima dell’edificio, si scende a sinistra e già si sente il fragore della cascata che si raggiunge in 10 minuti di sentiero in ripida discesa ma attualmente attrezzato con corde.
Ritornando verso la centrale si devia a sinistra su traccia di sentiero e si raggiunge la parte superiore della cascata caratterizzata dalle due grandi Marmitte dei Giganti.
Ritorno: stesso itinerario.
L’EFFETTO “FATA MORGANA” IN MONTAGNA Tramonto a Monte Valvasseto e Alba al Pizzo di Meta.
In ottica la Fata Morgana, o Fatamorgana, è una forma complessa e insolita di miraggio che si può scorgere all’interno di una stretta fascia posta sopra l’orizzonte.
Tale fenomeno, che può essere osservato a terra o in mare, nelle regioni polari o nei deserti, distorce così tanto l’oggetto (o gli oggetti) su cui agisce il miraggio, da renderli insoliti e irriconoscibili. Può riguardare qualsiasi tipo di oggetti “distanti”, come isole, coste o barche. Il soggetto è mostrato in evoluzione, in posizioni diverse da quelle originarie, in una visione che può passare senza soluzione di continuità dalla compressione all’allungamento.
Questo fenomeno ottico si verifica quando i raggi di luce sono incurvati dal passaggio attraverso strati d’aria a temperature diverse, in condizioni di inversione termica, in cui la transizione tra gli strati è caratterizzata da un brusco gradiente termico, con la formazione di un condotto atmosferico. Infatti, in condizioni di tempo sereno, può capitare che uno strato d’aria molto più calda sovrasti uno strato di aria più fredda: in questo caso, la differenza tra gli indici di rifrazione può dar luogo alla formazione di un condotto atmosferico che agisce come una lente di rifrazione, producendo una serie di immagini sia dritte che invertite.
Nelle regioni polari, la Fata Morgana può essere osservata nelle giornate relativamente fredde, al contrario nei deserti e sulle distese d’acqua il fenomeno si verifica più facilmente in giornate la cui temperatura è superiore alla media.
Il fenomeno può essere osservato da qualunque altitudine: dal livello del mare alle cime delle montagne, o addirittura da un aeroplano. Generalmente è visibile anche ad occhio nudo, ma per una visione dettagliata è preferibile usare dei binocoli, un cannocchiale oppure un teleobiettivo.
Questo raro fenomeno è stato osservato in diverse zone d’Italia tra cui dalla cima del Monte Pennino, nell’Appennino Centrale (Nocera Umbra) dove nel periodo estivo e con particolari condizioni, si vede sorgere due volte il sole. Dapprima l’immagine riflessa, di colore rosso intenso e senza raggi, subito dopo, il sole con i suoi raggi accecanti.
Avendo letto che è questo fenomeno è stato osservato proprio in questi giorni di caldo al di sopra della norma, siamo partiti il pomeriggio del 19 luglio per vedere se, a il tramonto o all’alba, si poteva avere la fortuna di osservare questo raro fenomeno.
Abbiamo raggiunto il Monte Valvasseto, nei pressi della Pintura di Bolognola ed abbiamo aspettato il tramonto, la nostra costanza ci ha premiato, poco prima del tramonto il sole attraversando gli strati bassi dell’atmosfera, con moltissima umidità, si è allungato a dismisura prendendo la forma di un ovale anzichè circolare.
Il fenomeno, come indicato sopra, non è facilmente visibile ad occhio nudo, le immagini sono state scattate con un teleobbiettivo da 200 mm di focale.
Siamo quindi scesi ed abbiamo dormito in tenda all’area Pic Nic di Bolognola a causa del forte vento e, prima dell’alba, ci siamo diretti al Pizzo di Meta.
L’alba, comunque fantastica vista dalla montagna, non ci ha regalato questo raro fenomeno, ma siamo stati soddisfatti lo stesso, il mondo visto dall’alto è sempre fantastico.
Di seguito le immagini della serata e del mattino.
LE FINESTRE DEI MONTI SIBILLINI parte 2 settore Nord. LA FINESTRA DELLA Via Maurizi-Taddei, LA FINESTRA DELLA CENGIA DEI FIUMARELLI E L’ARCO DEL MONTE VALVASSETO.
Nel settore Nord dei Monti Sibillini sono presenti altre “finestre” o Archi di roccia naturali molto suggestive.
LA FINESTRA DELLA VIA MAURIZI-TADDEI AL M. BOVE NORD.
La prima è la Finestra della Via Maurizi-Taddei nel versante Nord di Monte Bove Nord ed in particolare nello Spalto Occidentale.
La descrizione dell’itinerario per raggiungere la finestra è riportata a pagina 40 del mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI” a cui rimando, ricordo che è inserita in una via di roccia pertanto è consigliata solo a persone che abbiamo esperienza alpinistica.
Credevo che il terremoto avesse cancellato questa meraviglia della natura che invece ha retto bene ed è ancora in piedi.
Ricordo che attualmente la via è inserita nella zona di protezione del Camoscio Appenninico e si può raggiungere solo nel periodo che va dal 16 luglio al 30 aprile e previa comunicazione, ai sensi del D.D. 384/2014 , almeno 2 giorni prima della data prevista per l’attività alpinistica, al Collegio Regionale delle Guide Alpine delle Marche tramite il seguente indirizzo di posta elettronica: info@guidealpinemarche.com.
Di recente sui social sono apparse foto dell’itinerario ed in particolare della finestra realizzate al di fuori del periodo indicato e ovviamente senza alcuna autorizzazione, consiglio pertanto di non pubblicare foto di zone comprese all’interno dell’area protetta scattate al di fuori di tale periodo per non incorrere in sanzioni.
FINESTRA DELLA CENGIA DEI FIUMARELLI o FOSSO LA FOCE
Descritta in bibliografia per la prima volta a pagina 42 del mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI” a cui rimando e in successivi e reportage del 20 giugno 2021 e del 3 novembre 2022 riportati sempre in questo sito.
ARCO DEL MONTE SASSOTETTO
Un piccolo arco di roccia è presente nel versante Ovest del Monte Sassotetto, riportato nell’itinerario: “LE GROTTE DEL MONTE SASSOTETTO” del 3 aprile 2021 a cui rimando.
ARCO DEL MONTE VALVASSETO
Un altro piccolo arco di roccia naturale è presente nei torrioni rocciosi del versante Ovest del Monte Valvasseto, il versante opposto alla palestra di roccia, facilmente raggiungibile dalla Pintura di Bolognola attraversando i Piani Gra.
Riporto il facile itinerario richiestomi gentilmente da alcuni amici.
ACCESSO: Si parcheggia alla Pintura di Bolognola e si sale a piedi per la strada che conduce alla pista da fondo Piano Gra- Macchia Tonda.
Giunti alla grande faggeta di Macchia Tonda la si percorre nel suo bordo sinistro in direzione del Monte Valvasseto. Giunti al termine del bosco si trova una traccia di sentiero che, il leggera salita, conduce nettamente a destra verso uno scoglio a forma di testa di Tartaruga.
Si passa sotto allo scoglio e si sale per un pendio ghiaioso in direzione di una fascia rocciosa continua, sempre traversando verso destra, si costeggiano le rocce fino a raggiungere l’arco, coperto da una folta vegetazione.
In zona ci sono anche altre particolarità molto interessanti da osservare, come indicato nei reportage del 04/11/2020, 1802/2021 e del 25/06/2022.
LE “FINESTRE” DEI MONTI SIBILLINI parte 1 Il tempio della Sibilla, l’occhio del Ciclope, Arcofù e l’Arco di Meta nella Valle del Tenna.
Nell’alta valle dell’Infernaccio sono presenti quattro grandi “finestre” o archi di roccia, il Tempio della Sibilla, l’Occhio del Ciclope, L’Arco del Fosso della Sibilla o Arcofù e l’Arco di Meta (o Arcufu’ secondo un autore), di seguito si riportano le descrizioni per la loro osservazione.
IL TEMPIO DELLA SIBILLA
Una delle più spettacolari “finestre” o archi naturali dei Monti Sibillini, nonché il più facilmente raggiungibile, è il cosiddetto “Tempio della Sibilla”, arco di roccia naturale posto sul versante Sud del Monte Priora, sopra le gole del Tenna, in prossimità della Cengia delle Ammoniti.
L’itinerario di raggiungimento, divenuto ormai un classico, è descritto a pagina 37 del mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” scaricabile da questo sito sotto la voce “pubblicazioni” a cui rimando.
L’itinerario è anche indicato nell’articolo del presente sito “I TERRAZZI DA BRIVIDO DEI MONTI SIBILLINI – PARTE 3”
Di seguito inserisco le bellissime immagini dell’ultima escursione a questo arco di roccia, al ritorno consiglio inoltre di visitare anche la Cascata Dimenticata o come viene chiamata attualmente la Cascata della Rota, il cui itinerario è descritto anch’esso nel mio libro.
L’OCCHIO DEL CICLOPE
L’Occhio del Ciclope è la grande finestra che si può osservare nel tratto di strada tra la Gola dell’Infernaccio e Capotenna, guardando verso le pareti dei Grottoni del Monte Priora.
Attualmente la grande finestra è raggiungibile solo alpinisticamente dalla Cengia delle capre, l’itinerario è descritto nel seguente link:
Dalla Cengia delle Capre è possibile scendere, con estrema attenzione, per il ripidissimo vallone erboso situato a sinistra dell’Occhio del Ciclope, fino ad avvicinarsi in modo considerevole ma per sicurezza non riporto la descrizione di tale discesa in quanto molto pericolosa.
L’ARCO DEL FOSSO DELLA SIBILLA o ARCOFU’ – I LUOGHI PIU’ SELVAGGI DEI MONTI SIBILLINI parte 2
DESCRIZIONE: Percorrendo la Valle dell’Infernaccio verso Capotenna si raggiuge il laghetto effimero prodotto dalla frana del terremoto del 2016 già descritto in questo sito (articolo: Infernaccio, mai più come prima, del Maggio 2017), si prosegue la valle per la sterrata, si supera l’ingresso, a sinistra, dell’Imbuto Le vene, anch’esso descritto in questo sito (articolo: I luoghi più selvaggi dei Monti Sibillini) e si continua per altri 600 metri, fino ad intercettare una traccia che scende verso il fiume, poco prima che la strada inizia a salire di quota verso Capotenna.
Si scende nel fiume che, oltre questo tratto, forma una seconda forra meno conosciuta dell’Infernaccio ma altrettanto bella e selvaggia, si guada bagnandosi molto e ci si dirige verso l’ingresso scuro e cupo del Fosso della Sibilla che si apre di fronte.
Si raggiunge faticosamente , tra tronchi e, a seconda della stagione, grossi accumuli di neve, il fondo del Fosso dove scende una piccola cascata che precipita dall’alto e dove, ancora più in alto si apre la grande finestra denominata “Arcofù”.
L’ARCO DI META (o ARCUFU’ secondo un autore)
Un quarto arco di roccia è presente nell’alta valle dell’Infernaccio, l’Arco di Meta (o Arcufu’ secondo un autore) si trova nel sentiero delle Vene della Sibilla che si snoda tra i vari fossi del versante Nord del Monte Sibilla.
Premetto che il sentiero non è adatto a tutti ma solo ad escursionisti esperti che i sanno muovere su terreni ripidi e sconnessi.
DESCRIZIONE: L’itinerario per raggiungere l’Arco di Meta è descritto nel mio reportage “MONTE SIBILLA VERSANTE NORD – ANCORA EFFETTI DEL TERREMOTO DEL 2016 – TORRIONE DI MÈTA” percorrendo il sentiero de “Le Calle della Sibilla” situato nel versante Nord, riportato nella bibliografia dei Monti Sibillini.
Una volta scesi nel versante Nord per l’evidente sentiero si supera facilmente il Fosso di Meta I, si prosegue superando con attenzione il Fosso di Meta II che, in genere a primavera, risulta ancora pieno di neve di accumulo di slavine, si prosegue quindi su terreno erboso ripido e si raggiunge la base di una alta lama rocciosa dove si apre l’Arco di Meta.
Proseguendo la traccia di sentiero si supera anche il Fosso di Meta III e si arriva al Fosso delle Vene, volendo si prosegue per sentiero evidente che scende nel fosso per poi risalire e dirigersi verso il Casale Lanza e quindi salire ulteriormente al Casale della Sibilla dove si raggiunge la cresta del Monte Sibilla chiudendo un percorso ad anello.
VARIANTE ALLA DIRETTA OVEST DEL MONTE BICCO Invernale
I miei amici Valerio, Gilberto, Silvia ed Elia mi hanno segnalato di aver salito in invernale una variante alle vie dirette parallele al versante Ovest del Monte Bicco, già riportate su questo sito.
La via si sviluppa su un canalone innevato situato subito a sinistra della “Direttissima al Monte Bicco, invernale ed estiva” su roccia aperta da me e Fausto il 20 aprile 2019 e della diretta alla Ovest del Monte Bicco su neve, riportata su un reportage del 26 marzo 2022, a cui si rimanda per l’itinerario di accesso.
La via in questione risale il pendio innevato a monte del sentiero per la Forcella Passaiola fino ad una bastionata rocciosa oltre il quale si trasforma in un canale più stretto.
All’altezza dei torrioni rocciosi il canale si fa più ripido, con passaggi a 45° e devia verso destra in direzione della cresta rocciosa percorsa dalla “Direttissima” indicata sopra.
Successivamente il pendio si allarga e si fa meno ripido, ci si dirige verso sinistra per evitare le rocce di uscita della “Direttissima” e si raggiunge la cresta Nord poco sotto l’uscita della via laterale indicata.
Il percorso intuitivo è riportato nella foto n. dove è indicata la via in questione (percorso in giallo) e dove sono riportate tutte le altre vie di salita, estive ed invernali, del versante Ovest del Monte Bicco.