Il 17 ottobre 2020, insieme a Federico, accompagnati dalla presenza di molti animali selvatici e domestici, abbiamo raggiunto alcune grotte presenti nel versante Sud-est tra Monte Bove Sud e Forca Cervara, nei dintorni del Casale del Berro, che avevamo individuato da tempo dai versanti opposti della montagna. Le grotte si raggiungono a piedi da Passo Cattivo.
ACCESSO: Per raggiungere Passo Cattivo si sale in auto a Frontignano quindi giunti al bivio per Nocria attualmente chiuso, si prosegue per 200 metri quindi si gira a destra, si passa nel piazzale dell’ex palazzetto dello sport, si prosegue verso il gigantesco albergo danneggiato dal terremoto e si prosegue fino raggiugere la strada sterrata che in circa 4 chilometri arriva fino al parcheggio del Monte Cornaccione, alla stazione degli impianti di risalita di Pian dell’Arco. Assurdamente non si può parcheggiare nell’ampio parcheggio posto nei pressi della stazione della seggiovia in base ad una delibera comunale ma occorre lasciare l’auto lungo la strada, intasata d’estate, per evitare sanzioni.
DESCRIZIONE : Dal parcheggio (351010,4 E – 4752610,7 N; 1640 m.) si prosegue a piedi per la strada sterrata che conduce al Cristo delle Nevi – impianti di risalita di Jacci di Bicco, giunti al bivio che conduce agli impianti si prosegue in piano e in circa un’ora dall’auto si raggiunge il disastrato Passo Cattivo. Appena ci si affaccia nella Valle del Tenna sottostante il Passo Cattivo si nota a sinistra, nel pendio che sale verso Monte Bove Sud, una traccia di sentiero in quota (353339,2 E – 4751949,4 N; 1890 m.) che si dirige verso Nord-est in direzione di Pizzo Berro. Si prosegue per il sentiero dapprima ben visibile che poi si trasforma in una traccia appena percettibile ed in circa 30 minuti dal Passo Cattivo raggiunge la parte superiore di una particolare cresta rocciosa (foto n. 7-8) in pendio aperto che scende verso valle (353702,7 E – 4753051 N; 1890 m.). Si lascia quindi il sentiero e si scende per circa 100 metri lungo la cresta rocciosa costeggiandola nel lato sud-ovest a metà della quale si apre la prima grotta raggiunta profonda neppure una decina di metri ma con una bella visuale sulla valle Orteccia posta di fronte (353753,7 E – 4753012,2 N; 1850 m.; foto n.11-12)
Visitata la prima cavità si risale il pendio per riprendere la traccia di sentiero lasciata prima e la si segue dapprima sempre in quota poi in leggera e costante salita fino alle rocce della Forca Cervara.
Poco prima di raggiungere la Sella della Forca Cervara (354345,2 E – 4753708,1 N; 1950 m.) si notano nella stessa quota a destra verso la cresta Sud del Pizzo Berro, dei contrafforti rocciosi (foto n.16 e 22)ed una traccia di sentiero che scende a tornanti verso valle per poi raggirare il primo contrafforte e risalire verso il contrafforte successivo dove, in alto, si notano le altre due cavità presenti. Si risale faticosamente il ripido pendio per circa 100 metri e si raggiunge la prima grotta posta alla base dello sperone roccioso (354515,6 E – 4753794,7 N; 1950 m.). Sopra di essa, in parete, è presente una seconda cavità (foto n.17-18-19-20-21) che si raggiunge in arrampicata risalendo una paretina rocciosa a destra di circa 15 metri. Per la discesa è consigliato portarsi qualche chiodo da lasciare in loco per effettuare una più sicura discesa in corda doppia. Entrambe le cavità sono anch’esse profonde circa una decina di metri ma offrono un sicuro riparo in caso di maltempo.
Visitate queste due grotte si ridiscende il pendio dirigendosi in diagonale verso valle in direzione del Casale del Berro che si nota sulla sinistra sotto ad una zona rocciosa. Si costeggiano le rocce e si attraversa obbligatoriamente sotto a delle alte pareti (354335,4 E – 4753175,8 N; 1700 m.) oltre le quali si apre un grande anfiteatro roccioso (foto n.24-25-26 e 32) posto sulla verticale del Casale. Si risale il pendio erboso entrando nell’anfiteatro dove le pareti rocciose poste a semicerchio creano un caratteristico eco sonoro e lo si costeggia passando sotto ad una alta parete grigia stillicidiosa (foto n.27-28), si prosegue sotto alle pareti e al termine della barriera rocciosa, in prossimità di un canale erboso, si raggiunge la Fonte Vissana (foto n. 29-30-31) più particolare dei Monti Sibillini, costruita nel 1800 e costituita da un muro roccioso artificiale sopra la quale è presente una vasca interrata di circa 1 metro cubo da cui partono ben due tubi metallici da cui sgorga acqua. La fonte, (354236,7 E – 4753163,7 N; 1705 m.) non ha alcun nome, non è riportata sulle carte e non è neppure censita nel catasto delle fonti del Parco Nazionale dei Monti Sibillini effettuato dal CAI nel 2011.
Superato l’anfiteatro, con una lunga diagonale in leggera salita su pendii erbosi, ci si dirige verso la strada di fondovalle che sale verso il Passo Cattivo che si raggiunge in circa 30 minuti passando per la zona denominata “le Fosse” dove è presente un laghetto di abbeveramento per il bestiame ( foto n.36)
DISCESA: Da Passo Cattivo si prosegue la strada sterrata per il Monte Cornaccione ed in circa 40 minuti si raggiunge l’auto.
SASSO SPACCATO DA PASSO GALLUCCIO PER LA CRESTA OMONIMA.
Il 19 settembre 2020, insieme a Federico, abbiamo raggiunto la sommità del Sasso Spaccato, nel versante Nord-est della Cima di Pretare partendo da Passo Galluccio, salendo per la cresta omonima per poi compiere una lunga traversata in quota verso Nord fino alla sommità dello scoglio in parte franato con il terremoto del 2016. Dal Sasso Spaccato è possibile salire fino alla Cima di Pretare come già descritto ma si consiglia di effettuarlo seguendo il primo itinerario in quanto la successiva discesa è relativamente più facile. Lo stesso giorno siamo andati poi a verificare lo stato post terremoto delle pareti della Fascia Inferiore, sul versante Sud-Ovest del Monte Vettore, sotto all’Aia della Regina effettuando un lunghissimo giro traversando sotto le pareti rocciose con uscita a Piè Vettore per il Sentiero dei Mietitori.
La cima del Sasso Spaccato l’avevamo già raggiunta il 27 settembre 2014 su resti di un vecchio e difficile tracciato che attraversa tutto l’imbuto del Monte Vettore (Fosso di Casale) ad una quota compresa tra 1600 e 1800 metri partendo da Casale di cui ho riportato la descrizione alla voce ” TUTTE LE ESCURSIONI” .
Questo nuovo itinerario, anch’esso non riportato in alcuna guida e di direzione opposta al primo, rappresenta pertanto il secondo tracciato descritto per raggiungere questo luogo piuttosto sconosciuto e selvaggio.
Come molti dei miei itinerari, anche questo, sebbene meno impegnativo di quello già da me descritto in precedenza per raggiungere Sasso Spaccato, è consigliato solo ed esclusivamente a persone esperte che si sanno muovere su terreni erbosi molto ripidi, è consigliato l’uso di una piccozza nei due tratti più ripidi ed impegnativi.
ACCESSO: Per effettuare l’ascensione si deve raggiungere in auto il Passo Galluccio passando da Montegallo o da Castelluccio o da Pretare a seconda del Vostro punto di partenza per la Strada Provinciale n. 477. Arrivati al Passo Galluccio si parcheggia di lato alla strada in corrispondenza di uno slargo di fronte ad una deviazione di breccia verso Est (361877,5 E – 4741455,3 N; 1170 m.).
DESCRIZIONE: Dallo spiazzo di Passo Galluccio si continua la strada a piedi per 100 metri in direzione Sud-Ovest, verso Pretare, fino a raggiungere l’imbocco di un tratturo di breccia (361791 E – 4741371 N; 1170 m. ) che inizia sopra strada e che più avanti si inoltra nel bosco in direzione Nord e che rappresenta una porzione del cosiddetto “Sentiero dei Mietitori”. Il tratturo devia verso Nord-Ovest fino ad uscire su ampi prati. Si lascia il sentiero (3616890,7 E – 4742046,8 N; 1230 m.) e si prosegue in netta salita senza tracciato sui prati in direzione della erbosa Cresta di Galluccio che si innalza oltre la cima boscosa di Monte Pianello della Macchia che in questo modo si evita di raggiungere.
Si prosegue su esile tracciato nel filo di cresta superando sempre in salita brevi tratti alberati alternati a prati fino a raggiungere un tratto roccioso della cresta che si costeggia salendo a destra all’interno del bosco. Dopo circa 200 metri di faticosa salita il bosco diventa più ripido, si raggiunge un tratto devastato da una frana provocata dal terremoto del 2016 caduta dalla parete di sinistra. Il bosco si restringe per la presenza di rocce anche nella parte destra che obbligano a percorrerlo tutto fino al termine dove si esce su una forcella (360628 E – 4742450,6 N; 1640 m. ) sulla cresta di sinistra di fronte ad una verticale parete rocciosa (foto n.11-12-13).
Si supera la parete rocciosa risalendo per brevi cenge erbose alternate a roccette con facili passaggi di II° grado per 30 metri fino a riprendere la sottile ed erbosa cresta di Galluccio che si innalza verso le pareti sovrastanti (foto n.14-15-16) da cui già si vede, in alto a destra, la cima del Sasso Spaccato.
Si risale tutta la cresta sul filo a tratti roccioso alternato con fastidiosi ginepri striscianti fino a raggiungere una barriera rocciosa che la chiude in alto, quindi raggiunte le pareti che formano anche diverse piccole grotte (360446,2 E – 4742526,3 N; 1765 m. ) , si costeggia la barriera rocciosa deviando nettamente verso destra.
Si prosegue sempre verso destra in lieve salita ma passando sempre alla base dei torrioni e delle alte pareti rocciose sovrastanti fino a raggiungere un caratteristico masso a forma di cannone da cui si scoprono le prime frazioni di Montegallo (foto n.21) .
Si prosegue in quota per ripidi prati quindi ci si innalza in netta salita obbligati da una ulteriore barriera rocciosa con una profonda grotta (360377,5 E – 4742863,4 N; 1845 m.) al termine della quale ci si trova di fronte alla cima di Sasso Spaccato. Si prosegue in piano su terreno erboso molto ripido fino a superare un primo ripido canalino ghiaioso nascosto (360335,8 E – 4743021N; 1170 m.), dopo altri 100 metri si raggiunge un secondo canalino ghiaioso (360311,9 E – 4743034,7 N; 1877 m.) che richiede un po’ di attenzione, si è di fronte alla parete est del Sasso Spaccato che si raggiunge prendendo un ultimo canalino roccioso incassato (360310,4 E – 4743034,9 N; 1880 m.) tra due torrioni di cui uno con uno strano masso appoggiato sopra (foto n.25) risalendo una breve e facile paretina rocciosa che permette di uscire pochi metri più in alto della cima del Sasso. Quindi scendendo con attenzione la stretta forcella rocciosa e risalendo il breve pendio dove si nota una profonda spaccatura provocata dal terremoto si raggiunge la sommità del Sasso Spaccato. Scendendo un po’ verso Nord si arriva a delle levigatissime placche rocciose che caratterizzano la cima, scavate dalle acque meteoriche, da cui ci si può affacciare con estrema attenzione verso Montegallo, sporgendosi mettendosi lunghi sulle placche si riesce a vedere il sottostante intaglio nel bosco provocato dalla frana che si è formata sotto al Sasso dopo il terremoto del 2016.
DISCESA: Obbligatoriamente per lo stesso itinerario di salita facendo ancora più attenzione soprattutto nella discesa della paretina sopra al bosco.
A titolo informativo le pareti della Fascia Inferiore riportate nelle foto n.2-3 si possono raggiungere da Piè Vettore per la Fonte delle Cacere ed il sentiero dei Mietitori in direzione di Passo Galluccio. Giunti alle coordinate 360361 E – 4741667 N; 1315 m.; in corrispondenza di un cartello di “Lavori in corso” (???) e si un segnale bianco/rosso su un albero (foto n.1) si individua una traccia di sentiero che sale ripida nel bosco, faticosamente, con diversi tornanti e tratti rocciosi, in 20 minuti si raggiunge la base delle alte pareti denominate “Fascia Inferiore” (foto n.2-3) dove negli anni 1975-78 grandi alpinisti come Tiziano Cantalamessa, T. Ciarma, P. Mazzanti a M.Ceci hanno aperto le prime vie di sesto grado dei Monti Sibillini (Via Piagge 80, Spigolo dell’Orso, Isabella, Giuliana).
CIMA DI FORCA VIOLA Per la cresta Est da Forca di Pala.
La Cima di Forca Viola non viene riportata neppure in alcune carte e non è contemplata nella bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini, una cima dimenticata senza nessun itinerario di raggiungimento. Eppure è la prima cima che delimita a destra, salendo, la Valle del Lago di Pilato e da cui si gode di un panorama aereo su tutta la valle.
Il sentiero che sale da Forca Viola verso le creste della Cima del Redentore non tocca questa panoramicissima cima, sale a mezza costa nel versante ovest per salire in cresta solo in corrispondenza della Cima dell’Osservatorio, scavalcando la Cima di Forca Viola e il Quarto S. Lorenzo, togliendo all’escursionista il piacere di una cavalcata su una sottile cresta aerea a cavallo tra due delle zone più belle dei Monti Sibillini, la Valle del Lago di Pilato e i Piani di Castelluccio.
La salita, effettuata il 21 luglio in solitaria, si propone come il primo itinerario estivo specifico per raggiungere questa cima. Un itinerario invernale aperto da noi anni fa (descritto di seguito) sale il canale Ovest che si innalza 200 metri prima di Forca Viola, salendo sempre dalla Valle delle Fonti, per uscire proprio sulla cima, di cui le foto n.18-19 sono la testimonianza della salita.
Come molti dei miei itinerari, anche questo è consigliato solo ed esclusivamente a persone esperte che si sanno muovere su terreni erbosi molto ripidi, è consigliato l’uso di una piccozza nei due tratti più ripidi ed impegnativi.
ACCESSO: Per effettuare l’ascensione si deve raggiungere in auto il paese di Castelluccio quindi si scende dalla collina e appena terminata la discesa si gira a sinistra e si parcheggia nello spiazzo erboso. Dal parcheggio parte la strada sterrata che conduce allo spiazzo di raccolta delle macerie del paese per poi dividersi. A Sinistra si va per Capanna Ghezzi che non è consigliabile prendere in quanto più lunga.
DESCRIZIONE: Dall’area di raccolta delle macerie proseguendo invece verso destra, (addirittura anche in auto in quanto non ci sono divieti ed il fondo della strada è ottimo), si raggiunge in circa 20 minuti a piedi la fontana dell’imbocco della Valle delle Fonti (355313,2 E – 4743932,5 N; 1415 m.) . Si scende il pendio oltre la fontana che si addentra nella Valle delle Fonti e si percorre tutta la valle su comodo sentiero. Giunti, in altri 25 minuti, nei pressi di una vecchia fonte (355772,6 E – 45184,5 N; 1610 m.) si devia a destra per risalire la valletta sottostante Forca Viola. Qui si nota nel pendio di sinistra una traccia di sentiero che si raggiunge risalendo 50 metri di pendio erboso. Preso il sentiero lo si segue dapprima su tratto ghiaioso poi esso attraversa il canale che scende da Forca Viola e prosegue a destra su pendio erboso ripido nel versante opposto. Si segue la traccia fino a delle rocce di conglomerato ( 356540,5 E – 4745330,3 N; 1915 m.) ben visibili da valle oltre le quali si apre il pendio erboso della sella di Forca Viola che si raggiunge in 30 minuti dal fondovalle (1,15 ore dall’auto; 356540,5 E – 4745330,3 N; 1915 m.).
Dal ripiano di Forca Viola si scende nel versante Est opposto per il sentiero che conduce al Lago di Pilato, in altri 20 minuti si raggiunge uno spiazzo posto superiormente allo Scoglio del Miracolo (357282,3 E – 4745423 N; 1880 m.) e si prosegue per altri 300 metri fermandosi in una ansa del sentiero (357473,8 E – 4745132,7 N; 1905 m.) prima di raggiungere Forca di Pala da cui si scopre tutta la Valle di Pilato. Da qui si inizia a salire la cresta erbosa sovrastante il sentiero che sale in direzione della Cima di Forca Viola non visibile dal basso. Il primo tratto è erboso e piuttosto facile poi la cresta si impenna, si può percorrere la cresta mai affacciandosi verso il Lago di Pilato per la presenza di pareti franate oppure e si devia 50 metri a destra per scavalcare questa prima barriera rocciosa per un canalino erboso molto ripido ed impegnativo, tenendosi sempre nel versante Nord da dove si vede il Monte Argentella (20 minuti) . Quindi salita la barriera rocciosa ci si riporta verso la cresta di sinistra e da questo punto si scopre già tutta la Valle di Pilato. Si prosegue in cresta di nuovo erbosa con alcuni tratti rupestri ma non eccessivamente ripida fino a raggiungere il secondo tratto roccioso che impenna nettamente e che richiede molta attenzione (30 minuti).
Si risale il secondo tratto rupestre scalettato sovrastante sul filo di cresta, su pendenze di 50-60° dove si consiglia di utilizzare una piccozza, questo è il secondo tratto più impegnativo della salita. Al termine la cresta si addolcisce e si è in vista della Cima di Forca Viola che si raggiunge in altri 20 minuti (1,30 ore da Forca Viola).
La entusiasmante e impegnativa salita non ha finito di stupire, a circa 200 metri dalla cima ci si trova la cresta tagliata da una trincea prodotta dal terremoto del 2016, (357119,8 E – 4744930,1 N; 2155 m.) lunga una decina di metri, larga circa circa un metro e profonda anche due metri in un punto, che si aggiunge ai tanti luoghi dei Monti Sibillini devastati che abbiamo visitato dopo il sisma.
Si raggiunge quindi la Cima di Forca Viola(356995,6 E – 4744823,4 N; 2230 m.) indicata da una semplice pietra traballante scritta a pennarello……..ormai non mi meraviglio più dello stato di degrado in cui versano i sentieri dei Monti Sibillini.
Dalla Cima di Forca Viola è doveroso proseguire l’aerea cresta verso il Quarto S. Lorenzo, Cima dell’Osservatorio per raggiungere la Cima del Redentore percorrendo cosi’ tutta la lunga cresta che delimita la sinistra orografica della valle di Pilato.
DISCESA: Dalla Cima di Forca viola se non si vuole proseguire la cresta si scende liberamente nel versante Ovest fino ad intercettare il classico sentiero di salita che in 30 minuti scende a Forca Viola. Se si prosegue fino alla Cima dell’Osservatorio si scende prendendo lo stesso sentiero che, dalla cresta, scende e costeggia la cresta nel versante Ovest della montagna da cui si gode il bellissimo panorama aereo dei Piani di Castelluccio per scendere in circa un’ora a Forca Viola da cui si riprende l’itinerario di raggiungimento.
PERCORSO INVERNALE: Con l’occasione riporto anche la salita invernale alla Cima di Forca Viola per il Canale Ovest effettuata alcuni anni fa e non pubblicata.
Dalla fontana dell’imbocco della valle delle Fonti Si segue il percorso estivo fino a 200 metri prima delle rocce di conglomerato ( 356540,5 E – 4745330,3 N; 1915 m.) situate nel canale di salita a Forca Viola. Qui a destra parte un canale diretto con pendenze dapprima di 35° per poi impennare a 45° nel tratto finale, che si risale interamente senza particolari difficoltà fino alla Cima di Forca Viola, con 1,3 ore dall’attacco.
Discesa: Stesso itinerario estivo o più direttamente dal Canale Ovest di Quarto San Lorenzo che vi porta direttamente in Valle delle Fonti.
Foto dei versanti e Piante satellitari del percorso proposto. Giallo: Itinerario di avvicinamento. Rosso: Salita estiva proposta. Celeste: salita invernale proposta. Verde: itinerario di discesa estivo e invernale
IL BUCO DI MONTE BERRO e altri strani incontri.
Il 1 giugno 2020, in una giornata nebbiosa, ho ripercorso la cresta che dal Monte Berro sale verso il Monte Castel Manardo, alla ricerca di un sito speleologico denominato “Buco di Monte Berro”. Ero passato altre volte nella cresta ma non mi ero mai interessato di questo pozzo o semplicemente era coperto dalla neve.
ACCESSO: Dalla Pintura di Bolognola si risale a piedi la strada che conduce alla Forcella del Fargno, dopo circa 200 metri si intercetta la deviazione (percorribile anche in auto) che sale a sinistra con diversi tornanti conduce ai campi da sci sommitali di Bolognola (Porta di Berro). Si prosegue la comoda strada sterrata attraversando in quota tutto il versante Nord del Monte Castel Manardo in direzione del Monte Amandola fino a raggiungere la cresta che bruscamente ci porta nell’erboso e meno ripido versante Est.
In corrispondenza della curva, a sinistra, una piccola cresta molto panoramica, rappresenta la cima di Monte Berro.La strada prosegue e conduce Verso Monte Amandola quindi al Casale Grascette – Casale di Forcella Bassete – Casale Rinaldi , nell’alta Val D’Ambro.
DESCRIZIONE: Dalla curva della strada si sale direttamente la cresta sovrastante, senza tracciato, dapprima in lieve salita quindi si innalza e si inizia ad incontrare delle piccole trincee parallele prodotte probabilmente da vecchi terremoti. In circa 30 minuti dalla strada si raggiunge una profonda trincea dove si nota nel suo margine destro il Buco di Monte Berro, un pozzo largo circa 50 centimetri che si inoltra nelle viscere della montagna (357911 E – 4759404 N; 1780 m).
Dal pozzo non esce aria indicando che non ha estensione lunga ma infilandosi nel buco si può osservare che scende almeno per una decina di metri, probabilmente è un pozzo cieco prodotto da fratture sismiche in quanto una grande faglia (quella del versante Est dei Monti Sibillini) passa proprio a poche centinaia di metri da questo luogo.
Dal Buco si prosegue la salita in cresta fino ad una paretina rocciosa che si risale a sinistra e in breve ad intercettare una vecchia strada che conduce alla Fonte Gorga, a circa 450 metri sulla destra, dove è presente una captazione con il tetto sfondato ed un fontanile che, ormai anch’esso come molte altre fonti dopo il terremoto del 2016, non porta più acqua ma la zona comunque è piena di piccole vene di acqua (357238,3 E – 4759171,4 N; 1845 m).
Dalla Fonte si risale in direzione sud-ovest per prati fino alla cima del Monte Castel Manardo.
DISCESA: Dalla cima del Monte Castel Manardo si può ridiscendere più velocemente per l’itinerario classico di salita passante per la cresta Nord , la Porta di Berro e i Campi da Sci di Bolognola fino a riprendere la strada percorsa per l’accesso ll’itinerario.
L’escursione è stata interessante anzitutto per la nebbia, anche se non mi ha permesso di fare molte foto, che oltre i 1600 metri ha reso la visibilità a non più di 20 metri creando una atmosfera particolare di avventura e poi per gli ennesimi insoliti incontri che ho fatto.
Il primo è stato un ragazzo che da solo e con la nebbia voleva andare verso il Rifugio del Fargno per raggiungere il Pizzo Regina in quanto non c’era mai stato, intelligentemente ha preso il mio consiglio di non avventurarsi con quel tempo in una zona che non conosceva ed è venuto con me, rendendosi conto poi di cosa significa la nebbia in montagna se uno non la conosce.
Il secondo incontro è stato uno sci di legno piuttosto pittoresco (uno solo !!!) per cui anche costoso, trovato nei pressi della fontana di Fonte Gorga che qualcuno probabilmente ha perso ma mi domando come l’ha perso se la fonte si trova in una conca pianeggiate nei pressi della cima del Monte Castel Manardo, cioè non è potuto cadere da sopra perché sopra non c’è un pendio tale da poter perdere uno sci o se l’ha perso in questo luogo poteva sicuramente recuperarlo senza rischio per cui tale ritrovamento rimane un fatto inspiegabile . Ho guardato intorno ma non ho ritrovato ne il secondo sci ne il padrone !!!!!!
Terzo incontro molto più raccapricciante, sempre nei pressi della fonte, è stato il ritrovamento di una soletta di scarpa in plastica rigida con pianta molto lunga e stretta probabilmente da donna e con un tacco di un paio di centimetri, senza alcuna suola esterna. Per curiosità, se qualcuno riesce a spiegarmi la provenienza e l’utilizzo di questo accessorio ho riportato le foto di entrambe i lati della soletta in quanto io non riesco a spiegarmelo. Per curiosità e per non lasciare immondizia sulle montagne ho portato a casa la soletta e la farò visionare ad un mio cliente esperto in calzature per avere una risposta.
Di seguito le poche immagini della ascensione.
LE SORGENTI DEL RIO SACRO – IL CALDERONE
Dopo oltre due mesi finalmente siamo usciti, il 17 maggio 2020 con Stefano e Adriano siamo andati nella Valle di Rio Sacro ripercorrendo l’ultimo itinerario che avevo descritto proprio per dare modo ai miei amici di visitare la valle, a cui rimando per la descrizione dell’accesso.
Stavolta, oltre a visitare per devozione la Grotta dello Scortico, dove abbiamo ritrovato una rara pianta di cui riporto scheda in fondo all’articolo, abbiamo risalito completamente la Valle fino alle Sorgenti del Rio Sacro poste in un luogo selvaggio e sconosciuto, denominato in zona “il Calderone” in quanto si giunge dentro una forra con alte pareti rocciose di forma vagamente cilindrica dove termina la valle.
Tale itinerario non è descritto nella bibliografia dei Monti Sibillini, è lungo, 18 chilometri di andata e ritorno e faticoso in quanto, pur non essendoci molto dislivello, si parte da 750 metri e si raggiungono i 1200 metri di quota, per oltre la metà dell’itinerario non ci sono sentieri e occorre risalire una valle selvaggia con folta vegetazione e fondo sconnesso con salti, massi e difficoltà di cammino.
Per l’accesso alla Valle di Rio Sacro, alla Grotta dello Scortico e ai Cascinali rimando all’itinerario ” LA BADIA DI RIO SACRO”.
Per raggiungere invece “il Calderone” , dai Cascinali si prosegue la strada sterrata per un altro chilometro circa, si intercetta una deviazione a sinistra (42°59’35” N – 13°09’52” E) che conduce al “Poggiolo” e quindi al Casale Gasparri, ovviamente senza segnaletica ma indicato semplicemente con un bastone piantato a terra con alcune pietre di fianco alla strada, si prosegue altri 100 metri fino a che la strada termina in corrispondenza di un ampio slargo (1,15 ore dall’auto; 12°59’32” N – 13°09’47” E, 900 m).
Dallo slargo si prosegue nel bosco a sinistra per traccia di sentiero, mantenendosi sempre alla sinistra del torrente. Dopo circa 300 metri scende da sinistra un fossetto incassato con fondo ghiaioso (42°59’7,7″ N – 13°9’34,4″ E) che si risale per prendere un evidente sentiero che gira bruscamente a destra ed inizia ad attraversare una alta faggeta. Il sentiero risale la valle ad una decina di metri di quota rispetto al torrente che avrete sempre sulla vostra destra.
Se guardate bene su un faggio a destra del sentiero si trova infissa una vecchia lapide votiva (42°59’13” N – 13°9’35,3″ E, foto n.12-13) e successivamente grossi faggi con vecchie scritte sul tronco (foto n.11). Si prosegue il sentiero fino a che scende nel greto del Rio Sacro.
Qui iniziano le difficoltà in quanto bisogna risalire il torrente guadando più volte a destra o a sinistra a seconda delle condizioni delle sponde e della folta vegetazione o addirittura passare dentro il letto del torrente in quanto la zona non è frequentata e pertanto non ci sono sentieri.
Durante la risalita si incontrano anche diverse piattaforme di vecchie carbonaie con resti di carbone ancora a terra e a circa metà percorso sulla destra in alto scende anche una fresca sorgente proveniente dal Fosso le Frascare che scende dal versante Est del Monte la Banditella.
Dopo circa un’ora di faticosa risalita della valle il torrente si asciuga e si raggiunge una ampia ed alta faggeta con alberi secolari con sottobosco tappezzato di Allium ursinum (aglio orsino) che conferisce alla zona un intenso odore di aglio, si prosegue la valle che inizia a risalire tra pareti rocciose e dopo altri 30 minuti si divide e forma due strette forre (42°58’43” N – 13°09’51” E, 1150 m). I due rami finali della valle si possono risalire entrambe facendo attenzione alle rocce bagnate scivolosissime di alcuni salti rocciosi presenti nel fondo della forra, il ramo di sinistra è più stretto e tortuoso, si toccano entrambe le pareti con le mani, quello di destra è più largo ma entrambe terminano in un imbuto roccioso che non permette di vedere alcun panorama oltre ad un cerchio di cielo, la loro forma vagamente cilindrica ha dato il nome di “Calderone” alla zona. Il Calderone del ramo destro, da cui scende a monte la Fonte di Rio Sacro, presenta pareti più alte stillicidiose ricoperte di una folta vegetazione di verdi muschi, nonostante sia il mese di Maggio non scendevano che pochi rivoli di acqua, ricordo di esserci stato alcuni decenni fa ai primi di luglio e ancora scendeva una cascata di acqua.
L’ambiente è adatto per chi vuole trovare e cimentarsi con una natura ancora selvaggia e lontana da luoghi frequentati.
Per il ritorno si segue lo stesso itinerario.
CURIOSITA’ BOTANICA
All’interno del recinto della Grotta dello Scortico, delle dimensioni di 15 metri per 20 metri di profondità, abbiamo casualmente ritrovato la seconda stazione per i Monti Sibillini della Asperugo procumbens, una rara pianta strisciante con rametti lunghi anche diverse decine di centimetri, provvista di piccolissimi aculei che attaccandosi ai nostri pantaloni ci ha fatto notare questa stazione altrimenti la pianta passa inosservata in quanto produce dei fiori azzurri piccolissimi, inferiori ad un centimetro, che non la rendono affatto visibile.
La stazione è costituita da una ventina di piante, si ritrova solo dentro alla grotta e occupa una superficie di 4-5 metri quadri, è stata segnalata al mio amico Dott. Sandro Ballelli, esperto botanico UNICAM.
LA BADIA DI RIO SACRO
Aspettando che passi questa epidemia di Coronavirus per poter ritornare in montagna, l’ultima ascensione è datata 5 marzo 2020, riporto l’itinerario per la ricerca dei ruderi della vecchia Badia di Rio Sacro.
Parlando giorni fa con alcuni amici che avevano intrapreso invano la ricerca dei ruderi della Badia e della Grotta dello Scortico nell’ottobre 2019 nella Valle di Rio Sacro ed essendoci stato praticamente un anno fa, il 27 aprile 2019, ho rispolverato le foto fatte quel giorno, anche se non di ottima qualità a causa della giornata nuvolosa e riporto la descrizione dell’itinerario sia per ritrovare i ruderi della vecchia Badia che della Grotta dello Scortico . Di quest’ultima ho riportato la descrizione di raggiungimento nel mio secondo libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” che potete scaricare e quindi consultare in questo sito ma che, per mancanza di segnaletica, attualmente non risulta di facile ritrovamento.
Per l’accesso e raggiungimento rimando alla pagina 15 del libro, per trovare il punto di salita alla Grotta dello Scortico, dalla strada, una volta raggiunto il greto del torrente (30 minuti dalla strada dove si parcheggia l’auto) si continua su un tratto rettilineo per circa 100 metri, si intercetta a destra un altissimo pioppo, si continua per altri 200 metri in rettilineo fino ad intercettare un secondo pioppo gigantesco inconfondibile sulla sinistra della strada, l’unico della zona, di fronte il quale avevamo posto un omino di pietre che spero sia ancora presente.
Fino a qualche anno fa era presenta un vecchio cartello di legno indicante il punto di salita per la Grotta ma attualmente è mancante, come del resto della segnaletica dei Monti Sibillini.
Si prosegue per 10 metri fino a trovare sia a destra che a sinistra della strada altri due omini di pietra, in questo punto ci si addentra nel bosco a destra dove c’è un quarto omino di pietra che individua la traccia di sentiero che conduce alla Grotta dello Scortico.
Si confermano le coordinate UTM della strada nel punto in cui si sale per la Grotta indicate nel libro o, in alternativa, le seguenti: 43° 00′ 7,5” N – 13° 10′ 41″ E
Seguire poi le indicazioni a pagina 15 e 17 del mio libro a cui si rimanda.
Una volta visitata la Grotta si ridiscende alla strada e si prosegue verso i Cascinali. Dopo circa 300 metri dal punto di salita alla Grotta ci si trova in un altro punto caratteristico della valle.
Un rettilineo con una barriera rocciosa a destra della strada con un grande Tasso (Taxus baccata) che si sporge verso il fiume direttamente dalla parete rocciosa, poco prima di uno slargo della roccia che forma un riparo naturale.
Osservando bene la parete rientrante dello slargo roccioso si nota a sinistra un vecchio tronco di albero incastonato nella parete e a destra una finestra naturale rettangolare laterale, a circa 6 metri di altezza. Nella finestra mi ricordo che fino a 20 anni fa c’era una cornice recante una immagine sacra ormai scolorita che i pastori di Acquacanina avevano posto moltissimi anni fa. Mi sono pentito di non averla fotografata mai.
All’interno della finestra ancora si vedono i chiodi di aggancio della cornice e per terra tra le sterpaglie ho avuto la fortuna di ritrovare ancora riconoscibili i listelli di legno che componevano la cornice caduti dalla parete.
Proseguendo la risalita della valle in altri 20 minuti circa si raggiunge un ampio slargo che termina poi con un brusco restringimento della valle che forma una breve forra rocciosa.
Questa è la zona dove sorgono i cosiddetti “Cascinali”, piccole costruzioni in pietra a secco che erano anticamente utilizzate d’estate dai pastori di Acquacanina.
Si ma il visitatore che arriva per la prima volta qui si domanda “dove stanno queste costruzioni ?” A prima vista non si vedono poi avvicinandosi al restringimento della valle, guardando bene sulla destra si notano dei pezzi di muri a secco che difficilmente emergono a tratti da una lussureggiante vegetazione. Sono i resti dei Cascinali.
Per raggiungere invece i ruderi della Badia risulta più agevole continuare la strada passando oltre il restringimento roccioso subito dopo i Cascinali e dopo circa 30 metri salire il pendio boscoso a destra dove si trova una traccia di sentiero. Si risale mantenendosi verso destra fino a raggiungere un plateau di fianco allo spuntone roccioso che forma la strettoia nel fiume, qui sorgono dei ruderi di piccoli edifici cui quello più grande verso Nord dovrebbe essere stato la Badia riadattata poi nei secoli a Cascinale.
Si può notare infatti che un montante della porta, ancora in piedi, è anzitutto fatto con mattoni e pietre murate al contrario delle altre casine dei Cascinali che presentano tutti dei perfetti muretti a secco realizzati con molta maestria e soprattutto tiene ancora incastonate nella struttura muraria delle cosiddette “pietre spugna” o “pietre sponga” ossia blocchi di travertino molto più teneri della pietra calcarea che compone le nostre montagne.
Probabilmente gli eremiti che vivevano nella Badia avevano utilizzato tali pietre spugna per decorare la struttura della Badia in quanto facilmente modellabili, infatti una di esse presenta delle lavorazioni ancora visibili (foto n.15).
Importante è notare che nella Valle di Rio Sacro non si trovano affioramenti di travertino, ma allora da dove proviene? Ebbene nei pressi dell’attuale Lago di Fiastra e più precisamente a monte della strada che lo costeggia, poco prima dell’incrocio per Podalla, è presente un grande affioramento di questa pietra spugna molto usata dagli abitanti del luogo proprio per la sua facilità di essere modellata. Attualmente l’affioramento roccioso è franato con il terremoto del 2016 ed aveva anche reso inagibile il tratto stradale per parecchio tempo.
Quindi i monaci della Badia che avevano un notevole influenza nella valle si erano fatti portare fino a Rio Sacro delle pietre spugna per decorare la loro chiesa.
La Badia di Rio Sacro ha origini antichissime, secondo quanto riportato nel libro LA BADIA DI RIO SACRO E LA VALLE DEL FIASTRONE scritto da Claudio Marinangeli della serie “I quaderni dell’Appennino Camerte” del 1971 lasciatomi da mio Nonno ed ormai introvabile, la Badia sembra essere stata fondata dai primi seguaci di San Benedetto che andarono a rifugiarsi nella valle del fiastrone, a Rio Sacro appunto e nella zona a valle del Lago di Fiastra dove sono presenti le cosiddette Grotte dei Frati, prima dell’anno 1000 in quanto è presente una bolla Pontificia di Celestino III datato 1192 dove elenca le ingenti proprietà della Badia di Rio Sacro, un dominio che non si era potuto formare in pochi anni.
Alla Badia fu concesso il contratto dell’enfiteusi, una pratica nota già nel diritto romano con la quale si dava in locazione terre incolte a scopo di dissodamento, da questa antica autorizzazione se così si vuole chiamare, nacque il Consorzio dei Particolari di Rio Sacro con il quale si regolavano le norme per l’utilizzo dell’agricoltura, silvicoltura e pastorizia della Valle.
Sinceramente non so se il Consorzio è ancora attivo perché gli anziani che conoscevo sono tutti scomparsi, probabilmente si perché gli abitanti di Acquacanina ancora utilizzano la Valle soprattutto per la produzione di legna da ardere, ho una copia dello statuto del 1853 rinnovato poi nel 1938, entrambe originali che mi ha lasciato mio nonno.
Spero di poterli rendere interamente consultabili sul mio sito insieme al volume sopra menzionato, per il momento allego solo le prime pagine.
Nella Badia era presente un Crocifisso molto probabilmente intagliato dagli stessi monaci e quindi di valore inestimabile che poi era stato trasferito alla Chiesa di S.Maria di Meriggio da cui nel 1972 fu rubato e mai ritrovato.
La leggenda narra che il crocifisso fu oggetto di un miracolo come si può leggere nella foto n.19 di un pagina del libro sopra menzionato.
Negli anni ’90 con mio padre ci venne l’idea di ritrovare e restaurare il cascinale di proprietà della famiglia di mio Nonno Angelo Renzi di Acquacanina ma incontrammo così tante difficoltà burocratiche tra i vari Enti ed Istituzioni che hanno competenze nella zona, anche sovrapposte e che neppure loro riuscivano a comunicare tra loro e non sapevano come poter affrontare tale richiesta e alla fine abbandonammo l’impresa. Non avevamo chiesto di costruire un rifugio ma semplicemente rimettere in sesto la piccola costruzione a secco solo per memoria storica almeno della nostra famiglia o almeno poterlo tenere pulito ma ci fu impedito anche questo ultimo gesto di buona volontà. Attualmente i cascinali, e anche la Grotta dello Scortico, sono praticamente dimenticati pur essendo riportati nelle carte geografiche dei Monti Sibillini. Mi meraviglio come nessuno si sia mai preoccupato di tenere pulita la zona, togliere le sterpaglie che ricoprono i cascinali e mantenere il ricordo di chi viveva in quei luoghi con grandi sacrifici e fatica. Eppure non si può dire che la valle non sia ancora sfruttata.
Le piante che sono state trascinate a valle fino ai Cascinali con le valanghe dell’inverno 2017 sono state tagliate e sono pronte per essere portate via, è stata sistemata la strada ma nessuno ha tagliato i rovi e le vitalbe che coprono le costruzioni. Mi viene da pensare che le Istituzioni che hanno potere di controllo nella zona non sappiano neppure della loro esistenza.
E per finire una ultima curiosità, risalendo la valle mi sono imbattuto in degli esemplari di Euphorbia cyparissias di aspetto piuttosto diverso dal normale, sono alcuni esemplari della specie botanica che sono stati parassitati da un fungo Uromyces pisi-sativi, che gli fa assumere quell’aspetto.
LA GROTTA DEL MACINICCIO
ASCENSIONE N. 995 dal 1979
Su richiesta di alcuni amici appassionati che non riuscivano a trovare tale grotta riporto la descrizione dell’itinerario per raggiungerla.
La Grotta del Maciniccio si apre in un banco di conglomerato all’interno di un bosco nel basso versante Ovest del Pizzo di Chioggia, a monte di Acquacanina, tra le zone denominate Cordelago e Piano della Fonte, ad una quota di 1030 metri. E’ una delle poche grotte riportate nella cartografia dei Monti Sibillini.
Le altre grotte indicate nella cartografia ufficiale sono la famosa Grotta delle Fate sulla sommità del Monte Sibilla, la Grotta dei Frati nella Valle del Fiastrone e la Grotta Bivacco sotto al Gran Gendarme nei pressi del Lago di Pilato, i cui itinerari di raggiungimento sono conosciutissimi e descritti nella bibliografia dei Monti Sibillini.
In alcune carte è indicata anche la Grotta del Diavolo nel versante Nord della Croce di Monte Bove raggiungibile però sono alpinisticamente.
Le altre grotte indicate nella cartografia ma il cui itinerario di raggiungimento non è descritto nella bibliografia dei Monti Sibillini sono:
la Grotta delle Fate all’Aia della Regina, nel versante Sud- est del Monte Vettore, il cui itinerario di raggiungimento è descritto nel mio libro : IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI a pagina 56;
La Grotta dello Scortico nella Valle di Rio Sacro, il cui itinerario di raggiungimento è descritto nel mio libro : IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI a pagina 13.
La Grotta del Maciniccio a monte di Acquacanina il cui itinerario di raggiungimento è descritto di seguito.
Molte altre grotte, quali ad esempio le due Grotte dell’Orso nella zona di Bolognola, la Grotta Boccalarga nella Valle dell’Acqua Gilarda, le Grotte di Casali, la Grotta di Vallelunga ecc., sono presenti nei Monti Sibillini e le più ampie o le più caratteristiche sono descritte nelle mie pubblicazioni di questo sito anche se non riportate sia nella cartografia che nella bibliografia dei Monti Sibillini.
DESCRIZIONE DELL’ITINERARIO:
Accesso:
Si raggiunge in auto Fiastra quindi percorrendo la strada che la congiunge con Bolognola si attraversa il comune di Acquacanina costituito da diverse frazioni, giunti al capoluogo Piè di Colle si passa di fronte alla Chiesa di Santa Maria del Vallone, infossata sulla sinistra, si continua per Campicino quindi Oppio e proseguendo si raggiunge la fontana a 4 cannelle famosa per le sue qualità diuretiche, poco prima della frazione di Vallecanto.
Poco prima della fontana si trova l’incrocio che sale per Santa Maria Maddalena- Piani del Ragnolo.
Si prosegue in salita per circa 3 chilometri, si giunge in un pianoro erboso con al lato destro della strada una mulattiera che conduce in 50 metri alla Fonte dello Stinco, si prosegue sempre su strada asfaltata per altri 1,5 chilometri fino ad un doppio tornante, quindi ci si trova su una lunga diretta in lieve costante salita. Dopo circa 200 metri dall’ultimo tornante si parcheggia sul lato della strada.
Descrizione:
Dalla strada si sale il pendio sovrastante senza tracciato facendosi largo tra arbusti fino a raggiungere a sommità del pendio dove si trova una costruzione in muratura che costituisce una captazione di acquedotto con, poco distante, un vecchio fontanile ormai in disuso (352511,5 E – 4765691,5 N; 1085 m.).
Dal fontanile si scende circa 50 metri verso Nord e si intercetta una traccia di sentiero che si infila in diagonale in lieve discesa nel vallone boscoso. Nel prato del versante opposto si nota una traccia di sentiero che prosegue e che inganna a scendere ulteriormente invece bisogna mantenersi più alti di esso. Noi infatti, come visibile sulla traccia GPS, abbiamo seguito la traccia più bassa ma poi siamo stati costretti ad una faticosa risalita dello stretto fosso fino alla grotta.
In 15 minuti si raggiunge il fondo del vallone boscoso in corrispondenza di una zona caratterizzata da banchi di conglomerato rossastro.
Al centro del fosso, sopra alla traccia di sentiero, su una parete di conglomerato si apre la Grotta del Maciniccio ( 352787 E – 4766155 N; 1030 m. ), la cavità è piccola, in parte anche crollata di recente forse dopo il terremoto del 2016, profonda 4 metri ed alta 2 con una seconda cavità più piccola laterale ma rappresentava un ottimo rifugio in caso di maltempo per i vecchi pastori che frequentavano quel versante della montagna ormai abbandonato da decenni.
Ritorno: Stesso itinerario
Commento di Manuel
recentemente, in una mattinata autunnale in cui avevo tempo solo per una camminata non troppo lunga, ne ho approfittato per andare a cercare questa grotta. Al contrario di voi sono stato più fortunato, imbroccando subito la traccia giusta e senza finire troppo in basso come vi è capitato. Dopo aver raggiunto la grotta, ho proseguito al di sopra di essa constatando come in realtà, la prima volta che ci si va, sia più facile riuscire a trovarla arrivandoci da sopra. Pertanto mi sentirei di consigliare anche il seguente percorso alternativo:
in auto, completare il tratto rettilineo di strada in lieve salita, menzionato sopra, fino a raggiungere un tornante dove si incrocia una strada sterrata (che conduce verso l’abitato di Podalla). Lì è presente un ampio slargo dove è possibile lasciare l’auto. Procedendo a ritroso rispetto alla direzione da cui si è arrivati con l’auto, a destra si imbocca il vallone (che sulle carte non ha nome) dove più in basso inizia il fosso in cui si trova la grotta. Si procederà inizialmente su un campo in lieve discesa. Al termine del campo inizia a delinearsi il fosso, prima in maniera appena accennata poi via via sempre più marcato man mano che si scende. Conviene appena possibile portarsi alla sua destra (rispetto alla direzione di discesa), e procedere al fianco di esso avendolo dunque sempre a sinistra. Si procede in spazi aperti e dunque fin lì è facile orientarsi. Non appena si giunge al limitare del bosco (sempre con il fosso alla propria sinistra), ci troveremo davanti una scarpatina dove si potrà notare una traccia di sentiero che scende. La grotta si trova proprio lì sotto, ad una ventina di metri. A quel punto, dopo aver visitato la grotta, si può proseguire per la traccia di sentiero descritta nell’itinerario sopra (che in direzione contraria presenta il vantaggio di minor rischio di errore) e, passando per il vecchio fontanile e la presa d’acqua, risalire alla macchina completando così un percorso ad anello.
Grazie per il contributo Manuel
IL CANALE NORD DI CIMA BASSETE
ASCENSIONE N. 996 dal 1979
Il 27 dicembre 2019, nell’unica giornata di maltempo e fredda tramontana di fine dicembre, andando alla disperata ricerca di un canale innevato per far provare al nostro nuovo amico Federico una facile e didattica salita su ghiaccio abbiamo risalito il Canale Nord di Cima Bassete (non riportata sulle carte e posta sulla cresta tra Forcella Bassete e Cima Acquario, anch’essa non riportata in cartografia, e che prosegue fino a Monte Acuto), nella Valle del Fargno, non riportato sulla bibliografia dei Monti Sibillini.
Il facilissimo canale, già risalito da me e i miei amici alcune decine di volte nei decenni passati, è posto tra il canale n.3 ed il n.4 descritti nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI Pag. 86-87, era l’unico che presentava una seppur sottile ma quasi continua striscia di ottima neve ghiacciata.
Il canale, per la sua brevità e facilità lo abbiamo spesso usato gli inverni passati per effettuare anche la rapida discesa da Forcella Bassete anziché scendere dal canale della fontana.
Il canale si raggiunge dalla Pintura di Bolognola percorrendo la strada, chiusa in inverno, per il Rifugio del Fargno.
Dopo circa 2 chilometri dalla Pintura, usciti dal bosco e superato il grande scoglio tagliato dalla strada, si raggiunge la Fontana posta sulla verticale di Forcella Bassete. Si continua sulla strada per altri 200 metri fino ad arrivare alla base del canale, il più incassato del versante, 200 metri prima dell’attacco al versante Nord di Cima Acquario (Vedi IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI Pag. 86-87)
Si risale lo stretto canale su pendii di 30-40° fino al suo termine che, quest’anno per la mancanza di neve, presentava un ripido tratto di misto di 45°.
La facile salita invernale del canale è consigliata a chi si vuole cimentare con le prime salite alpinistiche su ghiaccio.
Terminato il canale si raggiunge a destra la Cima Acquario da cui si può proseguire per il Monte Acuto.
Dirigendosi invece a sinistra si raggiunge Cima Bassete da cui si scende a Forcella Bassete da cui, percorrendo l’ampio canale sottostante, si raggiunge la fontana presente sulla strada.
La salita del canale in questo particolare periodo è stata interessante in quanto le particolari condizioni di innevamento e gelo lo avevano trasformato in un ripido scivolo ghiacciato dove entravano a malapena le punte dei ramponi e le becche delle piccozze, per questo motivo e per addestramento del nostro nuovo compagno siamo saliti in cordata.
Le particolari condizioni di innevamento e gelo hanno trasformato in questi giorni le montagne in severi e pericolosi ambienti, non sono stati pochi infatti gli infortuni e i recuperi da parte del soccorso alpino di escursionisti in difficoltà illusi dalle condizioni quasi estive della montagna.
Abbiamo documentato infatti nell’uscita fatta alla Valle Orteccia (vedi reportage post-terremoto ascensione n. 992) gente che va in montagna con scarpette da calcetto, senza ramponi e senza le dovute informazioni e precauzioni e soprattutto senza avere l’umiltà di decidere una eventuale ritirata.
Poi non ci lamentiamo se accadono incidenti in montagna.
Di seguito le immagini della facile salita su ghiaccio.
CRESTA EST DEL PIZZO TRE VESCOVI DALLA VALLE DELL’AMBRO.
ASCENSIONE N. 986 dal 1979
Anche in questo caso dopo 40 anni di salite nei Monti Sibillini il Pizzo Tre Vescovi, all’apparenza una cima piuttosto banale e facilmente raggiungibile da tutti i versanti, nascondeva la ripida cresta Est che sale dall’alta Valle dell’Ambro, visibile solo da questa valle, ci ha regalato una ascensione impegnativa ed entusiasmante per lunghezza e ripidità.
La cresta Est del Pizzo Tre Vescovi che invece sale dalla valle denominata “Pescolletta” è una salita classica invernale (vedi ASCENSIONI CLASSICHE dal 2018 ad oggi; N.965).
Il 12 ottobre 2019, con Fausto, Stefano ed i nostri due nuovi amici Carlo e Federico, abbiamo risalito la cresta Est, l’itinerario è consigliato solo ad escursionisti esperti in quanto ci sono due passaggi su erba e roccette molto ripidi, che rasentano la verticalità ed è consigliato l’utilizzo della piccozza. Noi addirittura, per maggiore sicurezza con i nostri nuovi compagni, siamo saliti in cordata nei tratti più impegnativi.
Come di consueto anche questa ascensione è inedita e non è descritta nella bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini.
Accesso:
Dalla Pintura di Bolognola in auto si prosegue per la strada del Fargno fino allo slargo di Fonte Bassete, ormai asciutta dopo il sisma, sulla verticale dell’omonima Forcella (355611 E – 4758267 N; 1570 m.).
Si parcheggia quindi si risale il canalone della Fonte e per tracce di sentiero in 20 minuti si raggiunge la Forcella Bassete (355966,4 E – 4758145,7 N; 1710 m.).
Qui si scende nel versante opposto in direzione dei tornanti della strada che scende dal Casale Bassete verso le sorgenti dell’Ambro e del Casale Rinaldi posto sulla testata della valle.
Si percorre la strada sterrata per circa 2 Km , fino a raggiungere la base dell’ampio canalone Est del Pizzo Tre Vescovi il cui ripido e roccioso bordo destro orografico (cresta sinistra vista da valle) rappresenta la cresta oggetto della nostra salita, a circa 1 Km dal Casale Rinaldi visibile sulla sinistra (1 ora da F. Bassete; 355510 E – 4756590 N; 1445 m.).
Descrizione:
Dalla base della cresta Est si risale il pendio sopra strada che dopo circa 250 metri di sviluppo si impenna, in corrispondenza di una fascia di roccette alternate ad erba, in questo punto si rasenta la verticalità su terreno misto e poco stabile (355247 E- 4756570,5 N; 1610 m.).
Si prosegue in verticalità per 100 metri quindi si continua altri 100 metri su terreno meno ripido.
Si raggiunge il secondo ripido passaggio al di sopra del quale, per altri 150 metri, la cresta si fa sottile e caratterizzata da strette guglie rocciose molto caratteristiche che regalano una salita aerea e sempre sostenuta.
Dopo altri 200 metri la cresta si fa meno ripida ed erbosa per poi impennare di nuovo in corrispondenza di altri pinnacoli rocciosi (354846,2 E – 4756560,5 N; 1910 m.).
Infine la cresta si addolcisce e in ulteriori 300 metri di facile salita si raggiunge la cresta Sud del Pizzo Tre Vescovi, che scende verso Forcella Angagnola, in corrispondenza dell’inizio dell’ampio canalone Est oggetto di discesa invernale per gli amanti dello scialpinismo (1 ora e 30 minuti dalla base della cresta; 354549 E – 4756581 N; 2050 m.).
Discesa: Dalla cresta Sud si sale a destra per raggiungere la croce di cima del Pizzo Tre Vescovi quindi si scende per la cresta Nord-est fino alla sella del Monte Acuto.
Qui o si scende per evidente sentiero al Rifugio del Fargno e quindi per strada fino a Fonte Bassete oppure, più consigliata per la sua panoramicità, si sale alla cima del Monte Acuto e si scende a Forcella Bassete per la sua ripida cresta Est.
Da Forcella Bassete si riprende il sentiero fatto in salita per il raggiungimento della base della cresta, scendendo fino alla Fonte dove si lasciata l’auto.
Di seguito le immagini in successione cronologica della salita descritta.
CIMA DEL LAGO Cresta Est dalle “Roccette”.
ASCENSIONE N. 979 dal 1979.
Il 21 Luglio 2019 abbiamo risalito direttamente dalle “Roccette” la ripida cesta Est della Cima del Lago che incombe sulla Conca del Lago di Pilato.
La cresta non presenta particolari difficoltà con ultimo tratto piuttosto ripido e dislivello complessivo (sola cresta est) di circa 400 metri, non è percorsa da alcun sentiero ne è segnalata sulle guide in commercio e si propone come alternativa alla solita cresta Rifugio Zilioli – Punta di Prato Pulito – Cima del Lago, che ormai ho percorso una cinquantina di volte in tutte le stagioni.
Sicuramente risulta molto più panoramica del percorso classico perché si sale quasi in verticale sopra alla conca del Lago di Pilato e sul bordo roccioso della verticale parete Nord della Cima del Lago percorsa da diverse vie invernali.
Per la salita si raggiunge il Rifugio Zilioli alla Forca delle Ciaole partendo da Forca di Presta per il classico sentiero, diventato ormai uno stradone, che conduce al Monte Vettore.
Al Rifugio si scende per prati verso il Lago di Pilato quindi giunti in prossimità del passaggio roccioso denominato “le roccette” si devia nettamente a sinistra per prendere la cresta che diventa più ripida man mano che ci si innalza.
Dalla Cima del Lago abbiamo raggiunto poi la Cima del Redentore ed abbiamo così osservato gli ennesimi effetti del terremoto dell’Ottobre 2016 nelle creste con vari sdoppiamenti e fenditure. La maggior parte degli escursionisti che abbiamo incontrato erano totalmente ignari dei visibili effetti provocati dal terremoto.
Infine al ritorno abbiamo documentato anche il curioso mistero geologico presente nel pianoro di cresta tra la Cima del Lago e la Punta di Prato Pulito descritto di seguito e di cui ancora i geologi non sanno dare spiegazione certa.