Tra Lookdown, neve fresca e vento forte, non siamo riusciti a fare delle uscite in quota ma ci siamo limitati a fare qualche giro classico in vallate riparate.
La prima escursione si è svolta nella Valle di Rio sacro dove abbiamo percorso con le ciaspole tutta la valle e visitato la zona dei Cascinali con i ruderi della vecchia Badia di Rio Sacro e la Grotta dello Scortico.
Vorrei sottolineare che, come anche indicato nel mio libro IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI, i Cascinali sono delle piccole costruzioni che costituiscono un villaggio realizzato ed usato anticamente d’estate dai pastori di Acquacanina e non è l’unico nel suo genere perché un villaggio simile fu realizzato anche a Prato Porfidia nella Valle dell’Ambro.
Altri colleghi indicano invece erroneamente, nella bibliografia ufficiale, che il villaggio di pastori di Prato Porfidi è l’unico del suo genere dei Monti Sibillini.
La seconda escursione si è svolta nella parte mediana del Monte Cacamillo dove, dalla Centrale idroelettrica di Bolognola, siamo saliti per un comodo sentiero a tornanti poco conosciuto che costeggia la condotta forzata fino al canale di alimentazione della centrale (Casetta Piemà) e all’imbuto del versante Nord del Monte, denominato localmente “Buggero” ad osservare il grande accumulo di neve che si è formato a causa delle numerose slavine distaccate dal rialzo delle temperature provocato dal forte vento.
La terza escursione l’ho effettuata dopo diversi mesi, a Maggio per osservare la trasformazione che subisce con il tempo l’accumulo di neve nell’imbuto Nord del Monte Cacamillo visitato tra un Lookdown e l’altro.
RIO SACRO (Si veda anche il reportage fatto nella primavera del 2020)
IMBUTO DI MONTE CACAMILLO DALLA CENTRALE DI BOLOGNOLA
Sono ritornato nell’imbuto del Monte Cacamillo (Buggero) nel mese di Maggio a vedere lo strano fenomeno di trasformazione che subisce il nevaio con il tempo dove emerge lentamente in superficie tutta l’erba, foglie, rami e tronchi, aventi meno densità della neve compatta, trascinati d’inverno, dalle numerose slavine fino a ricoprire totalmente l’accumulo di neve. Scavando sotto lo strato di erba secca superficiale è presente neve pura totalmente bianca senza alcuna traccia di erba o foglie secche.
UN ASSURDO GIRO A MEDIA QUOTA NEL MONTE COGLIA
Premessa: Il percorso descritto di seguito, effettuato il 14 luglio 2018, è destinato esclusivamente ad escursionisti molto esperti che conoscono già la zona.
E’ un percorso che
presenta difficoltà di percorrenza in alcuni tratti ripidi rocciosi ed erbosi ma
soprattutto è un itinerario che mette a dura prova le capacità di orientamento
di coloro che avranno il coraggio di ripercorrerlo, si svolge per gran parte
attraversando tratti arbustivi intricati, in molti tratti bisogna andare “a
senso” senza alcun itinerario tracciato, si trova in una zona selvaggia e di
difficile raggiungimento che metterebbe in difficoltà anche eventuali
soccorritori.
Insomma non è un
itinerario dove si va “tanto per provare” le proprie capacità ma necessita di
una adeguata preparazione preventiva.
Con ciò riporto la
descrizione di tale itinerario solo a titolo di cronaca esonerandomi dalla
responsabilità nei confronti di chiunque voglia ripeterlo senza la dovuta
esperienza mettendosi in condizioni di difficoltà e rischio, per questo motivo
e perché qualcuno (senza fare polemiche o nomi) non gradisce che si aprano nuovi percorsi per far
conoscere più approfonditamente i Monti Sibillini, abbiamo deciso di non
lasciare alcuna segnalazione lungo il percorso, ne ometti di pietre ne bolli di
vernice o altri segnali indelebili che possano facilitarne la percorrenza.
Soprattutto
l’intenzione principale è quella di dimostrare agli appassionati che la
montagna è un mondo difficile e rischioso, dove bisogna mettere in gioco le
proprie capacità psichiche e fisiche e la dovuta esperienza, anche negli
itinerari, come questo che si svolge su pendii mediani della montagna, e non
sulle alte cime e creste, che a prima vista sembrano banali e senza alcun senso
e quindi senza alcun rischio.
La
montagna è un mondo che necessita di persone disposte all’impegno mentale e fisico
prolungato e soprattutto che hanno una
immensa voglia di scoprire ed esplorare questo meraviglioso pianeta che abbiamo
a disposizione anche a costo di sacrifici fisici e anche di mettersi di fronte
a dei rischi.
Uno
dei motivi per cui abbiamo percorso questo itinerario selvaggio e di difficile
percorrenza è, oltre alla nostra esigenza di confrontarci con le difficolta
della montagna, di interesse botanico.
Durante il tragitto
abbiamo infatti trovato delle stazioni di due specie botaniche piuttosto rare.
Accesso: L’itinerario prevede come base di partenza
la frazione di Meriggio di Acquacanina, posta sul versante orografico sinistro
del fiume Fiastrone, dove è presenta anche la Abbazia di Santa Maria di Rio
Sacro attualmente gravemente danneggiata dal terremoto dell’ottobre 2016.
La frazione si raggiunge
dal Capoluogo del Comune di Acquacanina, Pie di Colle, seguendo le indicazioni,
mediante la strada che scende al fiume per poi risalire nel versante opposto.
Raggiunto il nucleo abitato (si fa per dire,
gran parte delle abitazioni sono danneggiate) si parcheggia l’auto in uno
spiazzo in corrispondenza di una fontana sulla destra (350935,3 E – 4765380,5
N; 705 m.).
Descrizione: Si percorre la strada interna che
attraversa la frazione e 100 metri prima di arrivare all’ultima casa si prende
un tratturo sulla sinistra che in lieve discesa, si dirige verso sud (351006,8
E – 4765350,4 N; 715 m).
Si segue il tratturo
superando alcuni tratti franati dove si trasforma in un sentiero.
Dopo circa 700 metri il
tratturo devia verso ovest entrando nel versante nord-est del Monte Coglia.
Dopo altri 150 metri si
incontra una deviazione (351315,1 E – 4764958, 8 N; 715 m) , a destra si sale
verso il cosiddetto “Casco di Coglia” o “Balzo Pisciatore” una piccola cascata
che si raggiunge in 10 minuti di salita.
A sinistra invece ci si
addentra nel boscoso fosso, si supera un piccolo torrente e si risale il
versante opposto, attraversando con attenzione un ennesimo tratto franato fino
a raggiungere un campo sottostrada ormai incolto caratterizzato all’ingresso da
un grande palo di legno forato che formava probabilmente un lato di un
cancello.
Si
segue sempre l’evidente tratturo che lentamente, in costante salita, e sempre
all’interno di tratti boschivi, passa di
fronte alla frazione di Vallecanto (fontana di Acquacanina) nella zona
denominata “Cocorozzo” e gira versante immettendosi in quello della Valle di
Rio Sacro.
In altri 30 minuti si raggiunge una zona aperta caratterizzata da tratti rocciosi ripidi con vegetazione arbustiva alternata a tratti erbosi aridi, in questa zona abbiamo ritrovato una rigogliosa stazione di Allium flavum dalla corolla gialla piuttosto raro nel gruppo dei Monti Sibillini.
Si rientra nel bosco ed in altri 10
minuti si raggiunge un luogo storico e magico, la “fonte della Pernice”, già
descritta nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” Anno 2014, itinerario
n.1, riportata anche in alcune carte topografiche ma non raggiunta da alcun
itinerario descritto nella bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini (351430,5
E – 4763461,8 N; 960 m.).
Non ci si immagina che in
un luogo cosi isolato e dimenticato e di alcun interesse ci possa essere una fontana
così grande.
Basta conoscere la storia
della valle per capire il motivo della presenza di una così importante fontana,
essa si trova nel sentiero percorso per centinaia di anni che da Acquacanina
conduceva nella valle di Rio Sacro dove era
presente fin dall’anno 1100 un monastero Benedettino di cui rimangono ancora
dei ruderi ma ormai totalmente ricoperti dalla vegetazione e dove, fino a 60 anni fa questo tratturo era
percorso dai pastori di Acquacanina che d’estate conducevano le loro greggi nei
cosiddetti “cascinali” casette estive di ricovero (assimilabili ad un locale
alpeggio) anch’esse ormai ricoperte dalla vegetazione e dall’ignoranza di chi gestisce
queste zone che probabilmente non sa neppure della loro esistenza.
La
fonte, ormai asciutta, è caratterizzata ai lati da grandi depositi travertinosi
di calcare detto localmente “pietra spugna” ad evidenziare l’elevata quantità
di calcare disciolto nell’acqua.
Questo tratto di
percorso descritto non presenta alcuna difficoltà , anzi, considerata la sua
importanza storica, è consigliato e può essere percorso da chiunque, volendo,
dalla fonte, si prosegue l’evidente
sentiero per scendere, con alcuni tornanti, fino al torrente di Rio Sacro. (vedi
descrizione riportata nel mio libro come indicato sopra).
Raggiunta la strada di
fondovalle che costeggia il fiume si consiglia di ritornare indietro per lo
stesso itinerario in modo da non allungare di troppo il tragitto.
Per chi invece ha
veramente tanta voglia di mettere alla prova le proprie capacità tecniche e di
orientamento in montagna (rileggere attentamente la premessa), dalla fontana si
ritorna indietro per circa 200 metri (351557 E – 4763627,5 N; 985m.) fino a
raggiungere la zona rupestre erbosa aperta, qui si lascia il sentiero e si sale
in verticale in direzione delle rocce rosse poste circa 200 metri di dislivello
sopra al sentiero e che diagonalmente, dalla valle di Rio Sacro, salgono verso
il versante est della montagna.
Faticosamente, senza
tracciato, in circa 30 minuti, superando ripide zone rocciose e tratti
arbustivi, si intercetta una traccia di
sentiero (vedi descrizione riportata nel mio libro come indicato sopra) ma che
si ignora, tuttalpiù va tenuta in considerazione come possibile via di ritorno
in caso di difficoltà.
Proseguendo ancora per
intricati tratti alberati si raggiunge la fascia rocciosa di scaglia rossa che
in realtà rappresenta una faglia geologica che ha generato anche alcune scosse
sismiche di magnitudo non superiore al 4 durante la crisi sismica dell’Ottobre
2016, da dove iniziano le difficoltà tecniche (351168 E – 4763694,4 N; 1190 m.).
Qui, alla base delle
rocce, si individua una lievissima traccia probabilmente prodotta dal transito
di animali (dubito che negli ultimi 20-30 anni sia passato qualcuno) che segue
fedelmente la faglia, dapprima salendo ripidamente nel pendio roccioso quindi
in piano, attraversando tratti rocciosi e alberati molto ripidi, giunge nella alberata
cresta est che dalla Punta (o Sasso) di Coglia scende verso Vallecanto di
Acquacanina denominata “Costa Acquarda”.
La traccia gira oltre la
Costa Acquarda per immettersi nel boscoso versante del grande imbuto est del
Monte Coglia, ad una quota di circa 1200 m.
Qui, oltre alle
difficoltà tecniche, iniziano anche quelle di orientamento (N.B.)
Infatti, ben presto,
all’interno del bosco, la traccia scompare totalmente in corrispondenza di
tratti erbosi ripidissimi (falasco) ad alto rischio di scivolamento, è consigliabile
l’uso di una piccozza.
Nella zona è presente una
stazione di Dictamnus albus, specie botanica rara nei Monti Sibillini.
Si traversa il ripido
pendio nord – est alternando tratti alberati con tratti erbosi scendendo di
pochi metri fino ad intercettare un canale aperto il cui bordo opposto è
formato da una fascia rocciosa diagonale che obbliga a scendere fino alla sua
base dove si ritrova la lieve traccia di percorso (350806,6 E – 4763851 N, –
1195 m.), fino a questo punto è possibile una scappatoia verso l’alto (vedi
foto n.6-7).
La traccia prosegue in un
tratto boscoso caratterizzato dalla presenza di Lecci costeggiando pareti di
scaglia rossa, (foto n.3) qui è necessario fare molta attenzione in quanto il
ripidissimo terreno trattenuto dalle piante non è compatto ed è molto scivoloso
ed una perdita di equilibrio in questo tratto potrebbe mettere in serio
pericolo l’escursionista e non vi è possibilità di scappatoie di emergenza.
La traccia quindi scende
e continua per altri 300 metri in quota sempre tra alberi e tratti rocciosi fino
ad uscire dalle difficoltà, in breve ci si addentra in un ripido bosco misto caratterizzato
dal fondo detritico, con alberi sempre più alti tra cui Tigli oltre a grandi
esemplari di Taxus baccata.
4 – 5 Il versante est del Monte
Coglia – M. Val di Fibbia con, in rosso, il percorso effettuato.
Osservando bene nel bosco
si nota una vecchissima traccia di sentiero che, con numerosi tornanti, scende
collegando tra loro numerose piazzole di antiche carbonaie dove è possibile
trovare ancora del carbone, nel bosco si ha di nuovo una scappatoia verso
l’alto in caso di difficoltà (vedi foto n.6-7).
Sempre in discesa si
raggiungono le ultime due piazzole e, dal bordo di quella di sinistra, parte in
piano un sentiero molto più evidente.
(Più in basso di questo
punto dovrebbe trovarsi l’imbocco di un sentiero che scende verso il Colle di
Meriggio e quindi alla frazione dove si è lasciata l’auto ma nel giorno della
traversata non è stato ritrovato, sarà nostra cura in futuro percorrere in
salita il sentiero che parte dal cimitero di Acquacanina nei pressi della
frazione di Meriggio e sale al Colle di Meriggio per trovare il punto di
collegamento).
Lo si percorre in lieve
discesa fino ad un cambio di versante dove si scopre il vallone che scende dal
Monte Val di Fibbia denominato Valle Trocca ed in alto il rimboschimento a
conifere della cesta sommitale del Monte
Coglia.
Il sentiero si trasforma
in breve in un tratturo, si dirige verso la Valle Trocca e, dopo aver superato una
piazzola con addirittura una panchina realizzata con un grande tronco di legno,
percorre tutto il lungo versante opposto denominato “Le Coste”, ed in 30 minuti
si intercetta la strada che da Fiastra sale verso il ripetitore del M. Coglia
nella zona denominata “Coldefora”.
Dalla strada si scende in
breve alle prime case e quindi all’abitato di Trebbio di Fiastra (altri 20
minuti).
Da Fiastra si scende per
la strada che porta al Lago e subito al termine dei giardini pubblici si scende
a destra per un tratturo sconnesso fino ad intercettare la strada asfaltata in
prossimità della frazione Boccioni.
Quindi percorrendo sempre
la strada asfaltata in 30 minuti si raggiunge la frazione di Meriggio di
Acquacanina.
L’intero giro è lungo
poco più di 12 chilometri e con “soli” 500 metri di dislivello in salita.
(N.B.) In caso di difficoltà di
orientamento o di traversata salire in verticale il pendio alternato a bosco ed
erba o il bosco successivo fino a raggiungere la sommità della Punta di Coglia
anche se allungherete di molto il tragitto almeno uscirete su pascoli erbosi
aperti dei Piani di Coglia (350311,1 E – 4763461,3 N; 1500 mJ che
vi permetteranno la visione del tragitto di uscita.
Dai Piani di Coglia a qui
si scende in direzione nord per prati caratterizzati da numerosi alberi isolati
al Casale di Coglia (349667,5 E – 4764044,6 N; 1245 m.) nei pressi di Fonte
Trocca da cui per comoda strada in piano sempre in direzione nord conduce in 30
minuti alla Fonte Pozzo di lato alla strada Fiastra – Monte Coglia.
Percorrendo in discesa la
strada si raggiunge, in 40 minuti, l’abitato di Fiastra.
Evitare Assolutamente di scendere istintivamente all’interno dell’imbuto perché il terreno è troppo ripido e scivoloso e poche centinaia di metri sotto al percorso ci sono alte pareti rocciose.
GIANLUCA CARRADORINI, FAUSTO SERRANI. 14 Luglio 2018
6 – 7- Il versante nord- est
del Monte Coglia con il percorso
effettuato in rosso e quello da seguire in caso di difficoltà in arancio.